Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane,

 15-28 febbraio 1977, pag. 9 - 10

 

LETTERE AL DIRETTORE

 

 

L'identità aclista

 

 

Caro Direttore,

ho letto nei giorni scorsi lo stralcio di un articolo sul Concordato pubblicato dal Circolo ACLI di Rezzato sul proprio giornaletto e ripreso da un corrispondente locale di "Bresciaoggi", la successiva pesante risposta da parte del Presidente Provinciale; ho letto quindi la recensione di Maurilio Lovatti al libro "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana" (scritto da dirigenti aclisti) e le relative risposte degli autori del libro con replica finale del Lovatti.
La prima cosa che ho pensato e di cui sono pienamente convinto è che nessuno, dico nessuno, di questi interventi ha certamente contribuito alla crescita delle Acli, anzi hanno piuttosto contribuito a screditarle. Non è infatti pubblicizzando proprie interpretazioni circa fantomatiche alleanze precongressuali come fa il Lovatti che si faccia chiarezza nei rapporti esistenti all'interno delle ACLI; non è accusando e offendendo dalle colonne di un giornale i propri dirigenti locali ("sedicenti", "allucinati") come fa Sandro Albini, che si acquista credibilità fra i lavoratori, i giovani, le forze democratiche esterne.
Ma allora mi viene spontaneo chiedermi: come mai un dibattito che dovrebbe nascere e svilupparsi all'interno del Movimento tende invece ad uscire dal proprio ambito? I motivi possono essere molteplici (tendenza giornalistica alla strumentalizzazione, temperamento personale di alcuni dirigenti, ecc.), ma la causa principale penso si debba ricercare nella quasi assoluta assenza di dibattito e di confronto all'interno del Movimento e a tutti i livelli. A livello di Consiglio Provinciale (massimo organo politico) che viene convocato rarissimamente (3 - 4 volte in un anno) e che quindi non offre spazio al dibattito; a livello di Assemblea Quadri Dirigenti che viene convocata una volta all'anno (4 ore all'anno!!!); a livello di gruppi di Circoli ACLI (zone) che nella maggior parte dei casi sono abbandonati a se stessi.
Certo che allora capisco (non giustifico) anche il caso Rezzato, quando constato che nel Movimento non si è mai parlato di Concordato; certo che allora comprendo (non accetto) certi atteggiamenti radicalmente critici nei confronti della Chiesa perché in realtà nelle ACLI non si è mai approfondito seriamente (ma solo scritto nelle tesi congressuali e nei documenti ufficiali) il significato dell'essere Chiesa, né tanto meno i rapporti ACLI-comunità cristiana troppo spesso concepiti (ed ancora oggi vissuti) in termini di rapporti diplomatici fra dirigenti provinciali e gerarchia; certo che capisco (non condivido) anche l'intervento dell'amico Longinotti che in nome dell'autonomia propone un nuovo collateralismo con la D. C. (lettera Battaglie Sociali n. 1-2, 15-30 Gennaio 1977) perché nelle ACLI bresciane non si è mai approfondito abbastanza il significato dell'autonomia e soprattutto non si è mai costruita l'autonomia che oggi, a mio avviso, è in grave pericolo a Brescia; infine capisco (non giustifico) l'utilizzo delle colonne di altri giornali per un dibattito che dovrebbe essere esclusivamente interno alle ACLI, perché in effetti Battaglie Sociali non riesce o forse non vuole essere reale strumento di dibattito interno (a questo proposito gli attuali dirigenti utilizzano Battaglie Sociali come esclusivo strumento della Presidenza!).
Su queste cose è forse meglio riflettere se oggettivamente crediamo che le ACLI possano ancora giocare un ruolo nella società e nella Chiesa bresciana: ma a questo bisogna credere!!! (perché veramente mi viene il dubbio che anche qualche dirigente provinciale non ci creda più tanto…). Denunciare ai probiviri si è sempre a tempo, è nella ricostruzione del Movimento che non si può perdere ulteriore tempo! Certo è necessario si apra il dibattito all'interno ed a tutti i livelli per cercare una linea il più possibile concorde ed omogenea; altrimenti è probabile che fra poco ci troveremo denunciati ai probiviri, colpevoli magari di aver parlato di "Vallombrosa '70" o di aver osannato il collateralismo con la D. C., senza sapere però dove le ACLI nel loro complesso sono dirette o per quale mestiere operano: a meno che si voglia trasferire questo compito ai probiviri?

Dante Mantovani
Presidente del Circolo ACLI di S. Eufemia

La prima cosa che abbiamo pensato nel leggere la lettera di Mantovani é che egli si considera l'unico (o quasi) dirigente aclista che crede nelle ACLI. A suo avviso tutti gli altri (non proprio tutti), a cominciare del Presidente provinciale, stanno alle ACLI per chissà quali fini .... Anzi ci stanno per svenderle, per liquidare l'autonomia, per affossarle. Non sono queste, caro Dante, insinuazioni offensive peggiori di quelle, da te ritenute tali, usate dal Presidente nei confronti dei dirigenti di Rezzato, che avevano almeno il pregio della esplicità? (A proposito, hai consultato sul dizionario il significato di "allucinazione"? Vedrai che si attaglia benissimo per definire lo stato degli amici di Rezzato quando hanno scritto quell'articoletto).
La seconda cosa che abbiamo pensato é che la domanda che si pone é retorica. Avrebbe potuto partire da qualsiasi altro fatto: l'importante era dimostrare che alle ACLI di Brescia non c'é spazio per il dibattito. Forse non sono state occasione di dibattito le riunioni del Consiglio provinciale (3 o 4 in un mese, non in un anno!) dal quale è scaturita l'attuale Presidenza provinciale e la piattaforma politica che ne rappresenta la linea e l'orientamento. Ed i tre incontri tenuti in Maggio su "Evangelizzazione e Promozione Umana" dove si é parlato proprio del significato dell'essere Chiesa? Ed i corsi estivi non sono stati occasione di dibattito e confronto? E l'Assemblea Quadri Dirigenti? Ed i Convegni su Grandi e sulla Unità Sindacale? E le riunioni di Consiglio provinciale non sono state forse occasione di confronto nonostante le continue provocazioni di amici con i quali il Mantovani firma sovente lettere in comune, dimenticando che il nostro Movimento non può vivere di "verbosità inconcludenti" ma ha bisogno di offrire alle realtà periferiche servizi e attività concrete. Nonostante tutto Mantovani ritiene che le occasioni siano ancora insufficienti? D'accordo, facciamo di più. Non vorremmo però che si pensasse di fare le ACLI con un gruppo di cervelloni che parlano, parlano e si confrontano e si confrontano, lasciando i Circoli in balia a se stessi. Se Mantovani vuole sapere qual'é la linea ed il mestiere delle ACLI a Brescia si legga la già ricordata piattaforma approvata dal Consiglio provinciale in occasione delle elezioni della attuale Presidenza: si accorgerà che non serve mutuarla dai probiviri i quali hanno dei compiti statutariamente ben definiti.

Su una cosa siamo d'accordo con Mantovani: che queste polemiche non servono alle ACLI. E allora non comprendiamo come Mantovani faccia a capire posizioni che né condivide, né giustifica, né accetta. Ma chi ha cominciato? E non ha una Presidenza il dovere, quando qualcuno comincia, di fare chiarezza, sia pure con modi più o meno eleganti ricorrendo - quando ne sussistono gli estremi - alle norme poste in garanzia dallo statuto? L'alternativa sarebbe la confusione, la perdita di identità e quindi la mancanza di un ruolo da svolgere.
E' questo che vogliono i lavoratori cristiani delle ACLI bresciane? E' questo quel che vuole lo stesso Mantovani? Noi, francamente, ne dubitiamo.

(N.B. La nota redazionale in risposta alla lettera di Dante Mantovani, a causa di alcuni errori di stampa risulta pubblicata con alcune righe fuori dal corretto ordine dei periodi. Per comodità del lettore è stata trascritta come sarebbe apparsa senza i refusi di stampa. Ndr)

 

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