Bresciaoggi,  venerdì 28 gennaio 1977, pag. 3

 

 

UOMINI, FATTI, IDEE 

Il ruolo delle Acli

 

 

L'articolo di Maurilio Lovatti sul testo "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana" ha provocato l'intervento di due degli autori del libro. Pubblichiamo integralmente quanto ci è pervenuto, con una nota dell'estensore dell'articolo.
Da parte nostra precisiamo che, ovviamente, le opinioni espresse in un articolo che compare su di un giornale appartengono, nella loro analiticità, a chi firma l'articolo. Compito del giornale è di garantire che il discorso, nella sua prospettiva generale, rientri nei fini che il giornale si propone. Nel nostro caso. l'informazione, la valutazione, il dibattito su un argomento che consideriamo di notevole rilievo.
Non è dunque questione di sapere che cosa si pensi in redazione sui singoli "giudizi", ma di valutare se il giornale ha risposto al compito che si è prefisso.

 

Sono uno degli autori del volume "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana" che il vostro collaboratore Maurilio Lovatti ha recensito (si fa per dire) nel numero del 25/1/77 del vostro quotidiano.
Riservandomi una più ampia replica al Lovatti in altra sede, mi basta qui fare anzitutto una precisazione. Il L. afferma che nel libro "le lotte dei lavoratori sono scrupolosamente ignorate". Affermazione priva di fondamento per qualunque non prevenuto lettore del libro. E' vero invece che, di proposito, abbiamo voluto occuparci soprattutto del ruolo "politico" dei lavoratori cattolici bresciani, com'è detto, del resto, ed esplicitamente, nel titolo, e come è ampiamente illustrato nei capitoli introduttivi. Se avessimo voluto scrivere una storia sindacale, avremmo dato all'insieme del lavoro un impianto diverso.
Il L. trova anche da ridire sulle affermazioni del libro riguardo al clima esistente nelle fabbriche negli anni '45-50 e su quello particolare del luglio 1948. Poiché il L. a quell'epoca aveva ancora dieci o quindici anni a nascere, dovrebbe dire dove ha trovato delle informazioni da contrapporre alle nostre che sono fondate o su personali ricordi o su un'attenta rilettura dei giornali del tempo. Ci serviranno per le future edizioni del volume.
Il L., nella sua "recensione" esprime anche giudizi politici sugli autori del volume e sulla dialettica interna al movimento aclista bresciano. Poiché "Bresciaoggi" non si dissocia da tali giudizi, né su di essi esprime riserve, si deve pensare che essi son propri anche della redazione del giornale?

Mario Faini

 

Sono veramente grato a Bresciaoggi per il notevolissimo spazio che ha voluto dedicare al libro di "documenti e appunti per una storia" de "I lavoratori cattolici nella vita politica bresciana", cui ho potuto contribuire assieme a Bonafini, Faini, Fracassi e Rivali. Mi spiace, però, che la recensione abbia un carattere quasi esclusivamente ideologico e non affronti i problemi storico-politici che i "documenti e appunti" pongono e che non riguardano solo il ruolo delle Acli ma, più ampiamente, la consistenza "politica" dei lavoratori cattolici nella storia italiana. Avere, invece, centrato l'analisi del volume sul ruolo e sulla natura della DC, può certo giovare a incrementare la polemica interna alle Acli bresciane, ma non certo alla comprensione di un fenomeno che dovrebbe allarmare tutti coloro che sono convinti della validità e della necessità di un movimento di lavoratori cristiani: validità e necessità sia per l'ulteriore evoluzione del movimento cattolico che per una più piena maturazione del movimento operaio.
Se il lungo scritto pubblicato da Bresciaoggi avesse avuto meno prevenzioni di quelle più o meno esplicite che vi si leggono, avrebbe trovato il modo di dedicare meno spazio a questioni che non sono oggetto di una "storia politica" e di riservare almeno qualche riga alla non breve introduzione con cui il libro si apre. Il fatto che quella parte iniziale sia stata trascurata mi dice che si sono voluti leggere i documenti e gli appunti successivi secondo criteri che non possono essere che distorcenti della realtà, riuscendo così a eludere il problema di fondo del nostro lavoro: perché i lavoratori cattolici non hanno mai avuto storia se non con l'inizio delle Acli? E ancora: perché anche i primi anni di questa storia sono tanto intrecciati con fatti e avvenimenti che appartengono direttamente alla vita di un partito politico?
Devo ammettere che, rispetto a questi problemi, la recensione di Bresciaoggi può servire soltanto a richiamare qualche attenzione in più sul libro. Ma, sinceramente, da una recensione così lunga (anche se così univoca) era lecito aspettarsi qualcosa di più.

Pietro Segala

 

Le due lettere rendono opportune alcune precisazioni. Il rilievo dell'amico Segala, che lamenta sia stata tralasciata l'introduzione al volume, non è privo di fondamento. Ma nel recensire un libro di oltre 200 pagine purtroppo è necessario operare delle scelte e limitarsi a citare, riassumere e commentare quelle parti che si ritengono più significative. Ovviamente si tratta di scelte inevitabilmente soggettive e opinabili, ma che, in questo caso, considero fondate.
Nonostante le argomentazioni di Faini, ritengo che ogni lettore possa rendersi agevolmente conto di come, nel libro, siano sostanzialmente trascurate le lotte dei lavoratori e il ruolo positivo svolto dal sindacato unitario. Come sottolineavo nella recensione, e come Faini conferma, ciò non è dovuto a dimenticanza. E' una ben precisa scelta per giustificare la scissione sindacale. Va inoltre notato come gli autori, nelle loro lettere, si siano significativamente astenuti dal criticare la tesi fondamentale che sostenevo nella mia recensione e cioè che lo scritto è caratterizzato da un viscerale anticomunismo. Se ne deduce, ovviamente, che gli autori condividono tale valutazione.
Infine l'accusa che mi rivolge l'amico Segala di "incrementare la polemica interna alle Acli bresciane". Innanzitutto la dialettica interna alle Acli è caratterizzata da un sereno e costruttivo confronto e non già da polemiche, che servono solo a indebolire l'organizzazione. C'è, è vero, qualcuno che tenta di snaturare il dialogo in polemica, ma sono certo che la stragrande maggioranza degli aclisti è d'accordo con me nel rifiutare tale strada. Tengo comunque a precisare che le valutazioni politiche sugli autori - peraltro obiettive e incontestabili - avevano esclusivamente il fine di consentire al lettore non aclista una più completa comprensione del libro. Ciò in sintonia col principio, fondamentale, che insegna a non valutare mai un libro prescindendo dalla collocazione dei suoi autori. Nessun fine polemico, quindi. Anche perché le Acli sono un'organizzazione pluralista e altamente democratica che non solo consente, ma anzi stimola e promuove il dialogo ed il confronto interno. Non vedo perché trasferire altrove questo confronto.
Mi auguro che la mia recensione sia servita comunque ad attirare l'interesse su questo libro che, se pur non persuasivo e basato su presupposti politici per me inaccettabili, è l'unico di tale genere e merita quindi di essere conosciuto.


m.l.

 

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