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    scorse settimane, nei vari social, nell'ambito di una ben orchestrata
    campagna di stampo leghista e sovranista, giravano numerosi post in cui
    polemicamente si accusava la Comunità europea e in particolare la Germania
    per la mancata solidarietà verso l'Italia. Forse val la pena di ricordare
    che quando gli effetti della pandemia erano massimi e le nostre terapie
    intensive tutte piene, diversi bresciani sono stati salvati perché
    trasferiti in Germania, mentre il vicino Veneto, con oltre un terzo
    delle terapie intensive ancora libere, non aveva dato la disponibilità alla
    Protezione civile.Anche dal punto di vista economico, la presenza dell'Europa sarà
    fondamentale per cercare di uscire dalla crisi economica prodotta dal
    corona virus. Nel breve periodo sono disponibili tre strumenti europei per i
    Paesi più colpiti.
 Il SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency)
    mette a disposizione circa 100 miliardi di euro garantiti dalla CE per
    sostenere la cassa integrazione straordinaria dei singoli Stati membri
    in seguito alla chiusure per l'epidemia. La Banca Europea per gli
    Investimenti ha messo a disposizione degli Stati membri 240 miliardi di
    euro per investimenti. Qui è stato potenziato uno strumento già
    esistente. Nel 2019 infatti l'Italia aveva già usufruito di 11 miliardi sui
    63 a disposizione di tutti i Paesi della CE. Poi c'è il famoso MES (Meccanismo
    europeo di stabilità), che nella versione ultima permette ad ogni Paese di
    avere in prestito al massimo il 2% del proprio PIL per spese e
    investimenti nel settore sanitario (per l'Italia circa 36 miliardi). E'
    evidente che l'Italia potrebbe spendere questi soldi nella sanità anche
    senza ricorrere al MES. La differenza sta tutta e solo negli interessi da
    pagare su questi debiti. Col MES è solo dello 0,1% annuo. Con i
    tradizionali canali di finanziamento del debito pubblico siamo circa al
    1,8%. In 10 anni sono circa 5 miliardi di interesse risparmiati. Chi
    di noi, se dovesse contrarre un mutuo per acquistare una casa, andrebbe da
    una banca che gli chiede un interesse dell'1,8, quando in un altra ti
    chiedono solo lo 0,1%?
 A medio e lungo termine lo strumento previsto è il Recovery Fund,
    fondo per la ripresa, non ancora definito in tutti i dettagli in sede
    europea, disponibile dal 2021, che secondo la proposta della Commissione
    erogherà 500 miliardi di aiuti a fondo perduto e 250 di prestiti a lungo
    termine, da restituire entro il 2058. Secondo la proposta l'Italia sarà
    il Paese più beneficiato, con 81,8 miliardi di trasferimenti e 90,9 di
    prestiti a lungo termine.
 Questo è lo stato della questione. Tuttavia va rilevato che nell'acceso
    dibattito, talvolta decisamente ideologico, sugli aiuti europei e sulla più
    o meno tempestiva solidarietà europea, si trascura spesso il fatto più
    importante. L'Italia ha un mastodontico debito pubblico. Con gli
    scostamenti di bilancio proposti dal governo e approvati dal parlamento
    (prima 25 miliardi e poi altri 55) supererà nettamente il 150% del PIL.
    Questo equivale a dire che lo Stato è indebitato in modo tale che su ogni
    cittadino grava mediamente un debito pari ad un anno e mezzo del suo
    reddito. Una cifra enorme. Se l'Italia non fosse nell'euro e se la Banca
    Centrale Europea non intervenisse continuamente e con grandi acquisti dei
    nostri titoli, la spesa per interessi del nostro Paese sarebbe
    insostenibile e lo spread salirebbe alle stelle, mandandoci
    dritti verso il fallimento o verso una cura lacrime e sangue. E' vero che
    adesso, causa pandemia, si può accedere a prestiti quasi a costo zero. Mai
    ciò accresce il peso che scarichiamo sulle future generazioni, e poi
    prestiti comunque vanno prima o poi restituiti e, da questo punto di vista,
    è proprio l'essere nella CE che ci consente di farlo a condizioni non
    disastrose. Non fosse che per questo, dovremmo dire unanimi: grazie Europa!
    Di cuore.
  
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