La voce del popolo, 16 gennaio 2020, pag. 6

AMBIENTE

 

 

 

La furia del fuoco

 

di Maurilio Lovatti 

 

 

Oltre 7 milioni gli ettari di bosco andati in fumo, oltre 2 mila abitazioni distrutte dai roghi, 25 persone morte, 165 milioni di dollari il danno stimato solo per le assicurazioni. Gli animali morti - tra cui i koala - non si contano più. In Australia c’è una vera e propria emergenza umanitaria e ambientale. Quali sono le cause di questo disastro?
Secondo gli esperti, in Australia circa la metà degli incendi è stata causata da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose (in Italia invece il 95 per cento ha cause antropiche, prevalentemente colpose). Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane.
A differenza degli incendi in Italia, gli atti dolosi hanno un'importanza marginale. Ad essere rilevante in questo caso non è tanto la causa degli incendi, quanto la facilità e rapidità della propagazione. E qui è indubitabile la responsabilità dei cambiamenti climatici, prevalentemente causati dalle emissioni umane, ma aggravati anche da eventi naturali (come il riscaldamento della stratosfera della zona antartica nel settembre 2019).
Infatti, il 2019 è stato in Australia l’anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900 a oggi. Nell’ultimo anno le temperature medie sono state 1,5 gradi più alte rispetto alla media 1961-1990, le massime oltre 2 gradi in più, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente. Un’ondata di calore terrestre e marino ha fatto registrare nel paese temperature record a dicembre, con 42° di media nazionale e con punte di 49 (in Oceania dicembre è l'inizio dell'estate) mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione perde rapidamente acqua per evaporazione e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono evidentemente durare più a lungo. La causa della diffusione delle fiamme è il vento, che spinge l’aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano in giornate molto ventose. Incendi molto grandi e intensi sono addirittura in grado di crearsi il vento da soli: l’aria calda sale così rapidamente da attirare violentemente altra aria dalle zone circostanti. Il risultato è una firestorm, con il quale l’incendio si auto alimenta.
Paradossalmente tutto ciò avviene in un Paese il cui primo ministro, Scott Morrison, è un negazionista climatico e non ha mai preso provvedimenti per la riduzione dell'uso di carbone, che è molto elevato, nel settore termoelettrico.

 

Maurilio Lovatti

 

 

La voce del popolo, 16 gennaio 2020, pag. 6

 

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