La voce del popolo, 14 febbraio 2013, pag. 6

OPINIONI

 

 

 

Ambiente

Basta cementificazione

 

di Maurilio Lovatti 

 

 

In questi giorni è stato reso pubblico uno studio dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che ricostruisce l'andamento del consumo di suolo in Italia dal 1956 al 2010.
Ne esce un quadro molto preoccupante: ogni secondo si perdono 8 metri quadrati di suolo, coperti di cemento e asfalto, da case e strade, centri commerciali e capannoni. A questo ritmo ogni cinque mesi viene cementificata un'area pari a quella di Napoli; ogni anno una pari alla somma di Milano e Firenze. Con gravissime conseguenze soprattutto per il dissesto idrogeologico, ma anche per la perdita di produzione agricola. Un ritmo superiore alla media europea e che negli ultimi cinque anni si è addirittura incrementato rispetto a quello degli ultimi 50, quando si perdevano 7 metri quadrati al secondo di suolo. L'Italia, spiega l'Ispra, è passata da un consumo di suolo di poco superiore a 8 mila kmq nel 1956 ad oltre 20 mila nel 2010. Così se nel 1956 erano irreversibilmente persi 170 mq per ogni italiano, nel 2010 il valore raddoppia, passando a più di 340 mq. Una situazione sicuramente tra le peggiori in Europa.
La Lombardia è in testa a questa classifica di crimini ambientali. Nel 2010 ha superato la percentuale del 10% del territorio cementificato sul totale: la più alta tra tutte le regioni italiane. Non c'è quindi da meravigliarci per i dissesti idrogeologici che caratterizzano molte aree lombarde.
Per invertire questa grave situazione, a livello nazionale è importante che sia rapidamente approvato il disegno di legge predisposto dal governo Monti che prevede un tetto massimo per le aree edificabili, l'obbligo di mantenere la destinazione agricola per almeno 5 anni per i terreni che beneficiano di aiuti di stato nazionali e premi comunitari e che rivede il sistema degli oneri d'urbanizzazione, con l'abrogazione della norma che consente ai comuni di fare cassa con i contributi di costruzione, distogliendoli dal finanziamento delle opere per le quali sono richiesti.
Ma le regioni hanno un'effettiva possibilità di intervenire, anche in assenza di una legge nazionale pur auspicabile, poiché hanno competenze in maniera urbanistica previste dalla stessa Costituzione e quindi possono porre vincoli più severi per i piani di Governo del Territorio che i Comuni predispongono. Inoltre è possibile intervenire prevedendo incentivi alle ristrutturazioni e al risanamento di edifici esistenti fatiscenti o sottoutilizzati per disincentivare nuove costruzioni. Interveniamo prima che sia troppo tardi!

 

 

Maurilio Lovatti

 

 

La voce del popolo, 14 febbraio 2013, pag. 6

 

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