Maurilio Lovatti

Il caso del questore di Brescia Manlio Candrilli

 

 

Sentenza della Regia Corte d'Assise del 13 giugno 1945

 

 

 

IN NOME DI UMBERTO PRINCIPE DI PIEMONTE LUOGOTENENTE GENERALE DEL REGNO
LA REGIA CORTE STRAORDINARIA D'ASSISE di BRESCIA

composta dai Sigg:

Basile dott. cav. uff. Giuseppe  Presidente
Filisino Guido                         giudice popolare
Panteghini Pietro                       "            "
Antonelli Giuseppe                    "            "
Pedergnaga Guido                     "            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa per citazione diretta 

contro

CANDRILLI MANLIO fu Calogero e di Notarianni Teresa, nato a Villarosa (Enna) il25 marzo 1893, residente a Brescia, ex - questore -detenuto nelle carceri giudiziarie di Brescia

Imputato

del delitto previsto e punito dall'art. 5 decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944 n. 159 e art. 1 D.D.L. 22.4.45 n. 142, in relazione all'art. 51 e 54 C.P.M.G. per avere in Brescia dall'ottobre 1943 al 25 aprile 1945 collaborato con il tedesco invasore ospitandolo ed aiutandolo in tutti i più svariati modi, perseguitando i patrioti, dandogli liste di ostaggi, procedendo o facendo procedere i rastrellamenti di giovani da inviare in Germania coattivamente, dando la caccia a coloro che si volevano sottrarre al servizio militare dell'esercito della sedicente Repubblica Sociale Italiana, seviziando e facendo seviziare persone, carpire loro notizie relative alle bande di patrioti ed in altre svariate maniere.
In esito all'odierno dibattimento:

FATTO E DIRITTO

Candrilli Manlio, già segretario federale a Catanzaro e ad Agrigento, e iscritto al Partito Repubblicano, il 13 novembre 1943, fu nominato questore di Brescia, carica che tenne ed esercita sino all'aprile 1945; arrestato il 15 maggio 1945 a Como, fu tradotto alle carceri di Brescia e interrogato, fu chiamato al giudizio di questa Corte per rispondere del reato come in epigrafe a lui ascritto.
La compiuta istruttoria ha messo in evidenza la personalità morale dell'imputato: uomo violento, brutale e volgare, la cui natura essenzialmente criminale ebbe agio di manifestarsi nell'esplicazione delle sue funzioni di questore che egli diresse nel campo politico e principalmente nella lotta contro gli antifascisti e patrioti.
Egli si vantò col Crocitti (funzionario di P.S.) di avere appartenuto da giovane in Sicilia alla mafia e di avervi commesso un omicidio, dal quale riuscì ad essere assolto in Corte di Assise. E veramente mafioso si dimostrò in tutta la sua attività esplicata in Brescia.
Egli fu un questore prettamente ed esclusivamente politico, o meglio, in tale carica continuò a fare il federale della peggiore specie, trasformando l'ufficio della questura in un covo politico al servizio della lotta contro gli antifascisti ed i patrioti e degli interessi politici della Repubblica e dell'invasore tedesco. Invero nei rapporti con i funzionari ed agenti di questura, che egli sapeva e sospettava non essere fascisti e ligi alle sue direttive politiche, si comportava sopraffattore e vessatorio, minacciandoli dei rigori più estremi, della deportazione e della fucilazione.
Soleva dire nei suoi lunghi e frequenti rapporti. "vi liquido, e quando vi avrò liquidato, è inutile che veniate a piangere" (Barta), "chi non è fascista lo ammazzo io" (De Petris), "Vi stangherò" (Rossi), chi non esegue i miei ordini lo pianto al muro, ho il coltello per il manico" (Imbimbo).
Quando teneva tali rapporti nel suo ufficio, stava appeso al muro il manganello, e teneva sul tavolo un fucile mitragliatore (Rossi). La minaccia di deportazione fu qualche volta seguita dal fatto, come avvenne nei riguardi dell'agente Costa, che fu deportato in Germania (Del Monte).
Faceva arrestare i funzionari sospetti di antifascismo, quando venne a conoscenza che il funzionario di P.S. Crocitti era antifascista, prese a vessarlo e incaricò il commissario De Angelis di provocare dallo stesso dichiarazioni politiche (De Angelis).
In occasione di un funerale di un fascista, il detto Crocitti, per non avere voluto salutare il gagliardetto del Partito Fascista Repubblicano, venne schiaffeggiato da un giovinastro repubblicano, e avendone riferito al Candrilli, questi molto volgarmente gli disse: " meriteresti calci nel culo, appena saremo in questura ti darò il resto. In questura il Candrilli non solo non volle dare corso al verbale di oltraggio steso dal Crocitti, sostenendo che il Giusti lo aveva giustamente punito, ma l'obbligò altresì a chiedere scusa al Giusti (Crocitti, Monorchio, Del Monte). Animato dal suo spirito fazioso ed intransigente, ritirava le licenze di porto d'armi e di rinnovo di esercizio a persone antifasciste, segnalate dalla squadra politica, o quando avvenivano incidenti fra appartenenti alla G.N.R. o alle Brigate Nere ed agenti, faceva ricadere la colpa su questi ultimi punendoli. Tutta la sua attività era caratterizzata e improntata dalla mancanza della coscienza della legalità. Se qualche funzionario gli faceva rilevare che occorreva osservare il codice penale, gli rispondeva: "io mi chiamo maggiotto e me ne fotto" intendendo significare che era in grado di calpestare la legge. Una volta Crocitti gli disse che occorreva fare rapporto per un reato al Procuratore di Stato, e egli rispose: "chi è costui? perché non lo arresti?" ritenendo che il Procuratore gli mettesse il bastone fra le ruote (Crocitti, Monorchio). Soleva anche dire:. "la legge la faccio io", "queste leggi non vanno, perché firmate da quel cornuto del Re" (Riccardi). Non volle che venisse informata l'autorità giudiziaria per un furto commesso in una casa sinistrata da un milite della G.N.R.Voleva anche provvedere all'arresto del Vescovo di Brescia, ma ne fu dissuaso dal vicequestore di Brescia (Barta). Aveva per collaboratori nella sua opera nefasta contro l'antifascismo e i patrioti il capo di gabinetto Sciabica, commissario capo Broccardi, capo dell'ufficio politico, il Commissario Cosentino addetto all'Ufficio Politico, Quartararo Capo della squadra politica. Non si limitava ad essere un ammiratore tedesco, ma svolgeva altresì una attività al servizio di esso. Era intimo collaboratore del capitano Priebke comandante della S.S. tedesca. Offriva agli ufficiali tedeschi apparecchi radio sequestrati ad elementi antifascisti (Crocitti, Chimienti).
La sua collaborazione con il tedesco invasore si manifestò maggiormente nei rastrellamenti e nella lotta spietata e feroce contro i patrioti. Prendeva accordi per eseguire i rastrellamenti con Charobon, Capo dì Gabinetto del questore della direzione speciale di polizia presso la organizzazione Todt (Del Monte, Crocitti). Eseguiva tali rastrellamenti dirigendoli personalmente o affidandone la direzione al Quartararo. Egli stesso ha ammesso di avere partecipato personalmente ai seguenti rastrellamenti: 4 dicembre 1943 in corso Zanardelli, 10 dicembre 1943 a Gardone V.T., 4 gennaio 1944 a Villa Carcina, 23 febbraio 1944 in Corso Zanardelli, 22 giugno 1944 in città, 11 aprile 1944 al Carmine. I giovani rastrellati venivano inviati in Germania o fatti arruolare nell'esercito repubblicano. La squadra politica, capeggiata dal Quartararo, e della quale facevano parte Guido e Remo (figlio) Spinelli aveva per funzioni di condurre a fondo la lotta contro gli antifascisti e contro i patrioti mediante rastrellamenti e mediante le sevizie. Se non aveva la confessione dei patrioti dei nomi dei loro compagni di fede, nell'ufficio del Quartararo non veniva risparmiata nessuna tortura: percosse con il nerbo di bue, col cordone a filo di rame, botte alle palme dei piedi, surriscaldamento delle stesse, soffocamento a mezzo di una bottiglia di acqua, applicazione di un cerchietto di ferro alla testa che veniva stretto fino a fare scricchiolare le ossa (Romelli, Sella, Rondineili, Ronchi). Quante nefandezze inumane e brutali venivano commesse per ordine del Candrilli il quale anche vi partecipava personalmente con sadica, feroce bestialità. Infatti nel dicembre 1944, arrestato Verginella Giuseppe e malmenato dalla squadra politica, fu presentato grondante di sangue al Candrilli.
Essendo stato intercettato un biglietto scritto dal Verginella in cui questi chiedeva ai suoi amici che venisse catturato un alto personaggio fascista onde ottenerne il cambio con la sua liberazione, fu decisa dal Candrilli la sua uccisione che venne eseguita dalla squadra politica all'ordine di Quartararo in Lumezzane e lo stesso Quartararo subito dopo l'uccisione del Verginella telefonò al Candrilli che tutto era andato bene (Del Monte). Ed in seguito all'arresto di detto Verginella, il Candrilli propose un premio di lire 20.000, - per ciascuno, al Quartararo e allo Spinelli. Il Ronchi, arrestato il 20 novembre 1943 per avere lanciato una bomba alla caserma Pastori, essendosi rifiutato di sottoscrivere un verbale di interrogatorio predisposto dal Candrilli, per ordine di costui ed in sua presenza fu sottoposto alle più inumane e bestiali torture. Fappani, confidente del Candrilli, denunciò Ronchi, Gentilini e Ghitti perché costretto dal Candrilli con fucile mitragliatore spianato contro il viso. Al Gentilini diede due minuti di tempo per confessare facendogli puntare in bocca la canna del fucile mitragliatore (Ronchì). Il Rondinelli, arrestato nel dicembre 1944 venne colpito con nerbo di bue e con treccia di rame in presenza del Candrilli (Rondinelli). Il Mazza arrestato nel dicembre 1944, fu sottoposto a torture pure in presenza del Candrilli, il quale non esitò a compiere l'atto schifoso di sputargli in faccia. Robertelli, condotto in questura. e arrivato all'ufficio del Quartararo, senti che il Rondinelli veniva battuto. Uscito dal detto ufficio il Candrilli, rivoltosi al Robertelli, gli disse: "34 sono stati arrestati, tu sei il 35, tua moglie 36, abbiamo metodi convincenti e vi stermineremo tutti e dovrete parlare". Per due volte il Candrilli presenziò alle torture del Robertelli ed una volta egli stesso gli surriscaldò le palme dei piedi gonfie dalla battute, con un grosso accendisigaro (Robertelli). Per 27 giorni Romelli fu torturato nell'ufficio del Quartararo col quale il Candrilli si congratulò quando vide arrestato e tramortito dalle percosse il Romelli dando ordine che nulla si tralasciasse perché esso cantasse. Nell'ufficio del commissario De Angelis, Candrilli disse al Romelli: "tengo ancora il vecchio manganello coi chiodi e se non canterai a mio piacimento, te lo batterò sulla testa finché il sangue spruzzerà il soffitto" e poi diede ordine a Quartararo e Spinelli, di portarlo con loro per farlo maturare.
La sua volgare crudeltà non risparmiò la signora Pasotti Maria che fece frustare in sua presenza dai fratelli Speciale, per non avere voluto ritirare una denuncia di furto a carico di un sedicente avvocato Gramigna allora suo protetto. In seguito a bombardamento aereo, nella notte del 12 al 13 luglio, evasero dal carcere 249 detenuti, fra i quali circa un centinaio di detenuti politici, il Candrilli che serbava rancore contro il direttore del carcere Pandolfelli, perché convinto che trattasse umanamente i detenuti politici, fece convocare il tribunale militare straordinario per giudicare il Pandolfelli, il capo guardia ed otto agenti arrestati, e sulla base di una sua denunzia per favoreggiamento in evasione, richiese l'applicazione almeno di due pene esemplari che furono pronunziate da un tribunale straordinario. Non potevano che essere pene capitali ed a tale scopo fece approntare un plotone di esecuzione al comando del sottotenente Spinelli (Chimienti, Crocitti). Fortunatamente il tribunale sì dichiarò incompetente. Questa fu l'opera criminale svolta dal novembre 1943 all'aprile 1945 da questo uomo abbruttito da una insana e nefanda ferocia e nella quale sfogò la sua smania di persecuzione contro gli antifascisti e contro i patrioti e nella quale non si può non ravvisare la sua responsabilità per il delitto di collaborazione contestatogli per virtù degli art. 5 D.L.L. 27 luglio 1944 n. 157, 1 D.L.L. 22 aprile 1945, 142 in relazione all'art. 51 C.P. militare di guerra. Escludendo l'ipotesi di intelligenza e corrispondenza col nemico di cui l'art. 54 del detto codice, per la quale non sussistevano sufficienti elementi di prova, è manifestamente e ampiamente provato la colpevolezza dell'imputato per il delitto di aiuto, al nemico previsto e punito dall'art. 51 C.P.M.G.
Infatti il Candrilli, eseguendo i rastrellamenti che avevano per risultato le retate di migliaia di giovani da inviare in Germania e di arruolare nell'esercito repubblicano, nel perseguitare ed arrestare i patrioti, veniva a favorire le operazioni militari del tedesco invasore eliminando gli elementi che avrebbero seriamente ostacolato le dette operazioni con la scienza e la conoscenza di favorire il tedesco invasore che era il nemico del legittimo Stato italiano, costituito dal Regno d'Italia. Per questo delitto la pena adeguata è quella di morte che non può essere evitata da nessuna attenuante, perché l'attività del Candrilli ha sparso tanto orrore e tanto strazio di molte giovani vite da non destare nessuna pietà, ma deve essere colpito dalla severa giustizia punitiva con la più grave sanzione che essa può infliggere.

P. Q. M.

Visti gli artt. 5 D.L.L. 27 luglio 1944 n. 159, 1 D.L.L. 22 aprile 1945 n. 142 in relazione all'art. 51 C.P.M.G. 27 dello stesso codice, 32 C.P.M.P. n. 483, 484, 488, C.P.P.
Dichiara Candrilli Manlio colpevole del reato ascrittogli come previsto dagli articoli sopraccitati e lo condanna alla

pena di morte

e alle spese processuali. Ordina che l'estratto di questa sentenza sia affisso in questo comune e sia inserito per una sola volta nel "Giornale di Brescia".
Visto l'articolo 9 D.L.L. 27 luglio 1944 sopraccitato, ordina la confisca dei beni del condannato a favore dello Stato.

Brescia, 13 giugno 1945

Il Presidente f.to Basile
Il Cancelliere f..to Diurisi

Avverso la presente sentenza venne interposto ricorso per Cassazione dell'imputato Candrilli Manlio.

Addì, 13 giugno 1945 Il Cancelliere f.to Diurisi

Con sentenza 6 luglio 1945 la Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal Candrilli Manlio.

Brescia, 26 luglio 1945 Il Cancelliere f.to Diurisi

In data 30 luglio 1945 venne dalla cancelleria trasmesso estratto della sentenza autenticato per la redazione del fascicolo d'esecuzione alla Procura Generale della Corte Straordinaria d'Assise locale.

Il Cancelliere f.to Forzenigo

Il 30 luglio 1945 venne trasmessa copia autenticata della presente sentenza alla locale Regia Intendenza di Finanza per la procedura della confisca dei beni a favore dello Stato del suddetto condannato.

Il Cancelliere f.to Forzenigo

Il 30 luglio 1945 spedito estratto all'ufficio di pubblicità per la pubblicazione sul periodico "Il Giornale di Brescia".
Il Cancelliere f.to Forzenigo.

In data 31 luglio 1945 venne affisso estratto della suddetta sentenza all'albo di questo comune come è stato demandato dalla sentenza stessa.

Il Cancelliere f.to Forzenigo
Si attesta che l'esecuzione della condanna a morte mediante fucilazione del Candrilli Manlio fu Calogero ebbe luogo il giorno primo settembre 1945 alle ore 6.10 in Brescia e nel poligono di tiro a segno di Mompiano, come emerge dal relativo verbale redatto dalla Procura Generale della Procura Generale della Corte Straordinaria d'Assise locale comunicato per visione a questa Cancelleria.

Brescia, 1 settembre 1945

f.to Forzenigo Cancelliere

Il 12 maggio 1947 trasmessa copia Intendenza di Finanza di Brescia per profitti Regime

f.to Bressi Cancelliere

Il 27 dicembre 1947 spedita alla locale Intendenza di Finanza dietro richiesta di questo Ufficio stessa copia della presente sentenza, munita della formula esecutiva di cui all'ultimo comma dell'art. 475 C. P. Civile.

Il Cancelliere f.to Bressi

Per copia conforme all'originale che si rilascia a richiesta dell'avv. Antonino Sorgi, per uso di revisione di processo.

Brescia, 14 maggio 1957

Il Cancelliere f.to Merulla



fonte: Ludovico Galli, Una vile esecuzione. Il dramma di Manlio Candrilli questore di Brescia della Repubblica Sociale Italiana, Brescia 2001, stampa a cura dell'autore, L. Galli, via Pavoni, 21 25128 Brescia, pag. 48-57

 

 

 

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