Maurilio Lovatti 

 

La riconciliazione con la natura

 

 

Il Cantiere, febbraio 2007

 

 

Come tutti abbiamo potuto constatare di persona in quest'inverno insolitamente mite, l'aumento di temperatura del nostro pianeta sta diventando un fenomeno sempre più inquietante.
Secondo le previsioni elaborate dall'Organizzazione mondiale per la Sanità (Oms) all'inizio di gennaio, sulla base delle tendenze attuali dei consumi energetici, la temperatura media potrebbe da qui al 2070 aumentare da un minimo di 2,2 gradi ad un massimo di 3. Nel primo caso si avrebbe un aumento del numero di morti pari a 36.000 l'anno che diventerebbero 86.000 nel secondo caso. Già oggi le concentrazioni di polveri sottili e ozono che il calore "intrappola" sopra le grandi città causa circa 9.000 morti l'anno, solo in Italia: è stato calcolato che ogni 10 microgrammi d'incremento dell'ozono nell'aria si avrà una crescita della mortalità pari al 0,3%. Inoltre da qui al 2070 si avrà un aumento sensibile delle alluvioni che coinvolgeranno oltre 15 milioni di persone. L'aumento della temperatura provocherà anche l'incremento delle malattie causate da microrganismi come la salmonellosi: per ogni grado d'aumento di temperatura si avrà un aumento di malattie infettive dal 5 al 15%. Anche in provincia di Brescia sono ben 24 i complessi industriali che emettono quantità di inquinanti superiori ai limiti stabiliti dall'Unione europea: l'elenco completo è stato pubblicato da Bresciaoggi il 12 gennaio 2007 a pag. 21. Si potrebbe continuare a lungo con questi dati sicuramente preoccupanti per le sorti del nostro pianeta. Sempre più l'opinione pubblica diviene consapevole della necessità di cambiare, anche nello stile di vita quotidiana, se si vuole evitare il peggio: l'interesse per le problematiche ecologiche non è più ristretto a pochi esperti o alle persone particolarmente coinvolte, ma sta divenendo parte della cultura comune e diffusa.
Anche la Chiesa ha avviato da anni una riflessione sull'importanza della salvaguardia del creato, a partire dalle riflessioni di Giovanni Paolo II che già quindici anni fa scriveva: "…alla radice dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L'uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo con il proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma e una propria destinazione anteriore datale da Dio, che l'uomo può, si, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell'opera della creazione, l'uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui." (Centesisimus Annus, 1991, n.37).
A livello diocesano opera da anni un Ufficio per la pastorale del Creato, e proprio il responsabile di questo settore, don Gabriele Scalmana, ha recentemente pubblicato un importante contributo su questo tema: mi riferisco allo scritto La riconciliazione con la natura, pubblicato sui Quaderni teologici 2006 del seminario diocesano, che rappresenta una chiara e profonda sintesi del punto di vista cristiano sui rapporti tra uomo e natura. Don Gabriele ricorda come ancora nel 1930 il grande fisico Robert Andrews Millikan (1868-1953, Nobel per la fisica nel 1923) affermava l'impossibilità che un sistema così esteso come la terra potesse essere compromesso dall'attività del genere umano. Ma lo sviluppo incessante delle tecnologie di sfruttamento dei combustibili fossili, delle materie prime, delle risorse biologiche ha mutato in pochi decenni lo scenario mondiale e a partire dal 1970 la comunità scientifica internazionale si sta interrogando con preoccupazione sulle conseguenze di uno sviluppo economico sempre più impetuoso e non rispettoso dell'ambiente naturale. Don Gabriele non manca di notare che secondo alcuni intellettuali una parte della responsabilità in questo stato di cose è anche della concezione cristiana secondo la quale la natura è stata creata da Dio per l'uomo. Ma precisa: "La riflessione cristiana ha chiarito che la persona umana rimane al centro dell'interesse del credente, ma non col ruolo di "dominatrice" (Dio resta sempre il "padrone" di tutto), bensì di amministratrice premurosa dei doni di Dio, in relazione necessaria e solidale con tutto il creato". Non solo, ma la natura è divenuta infine un "principio ermeneutico" fecondo per un pensare teologico ed etico originale che ha dato origine alle cosiddette eco-teologie e che stimola tutti i credenti a non trascurare questi problemi. Di fatto, sia i politici sia gli ecologi si rendono sempre più conto dell'importanza delle religioni, compreso il cristianesimo, nella soluzione dei problemi ambientali contemporanei.
Se la prospettiva teologica cristiana tende alla riconciliazione universale e se, al contrario, viviamo in un mondo conflittuale, il compiuto del cristiano consiste nello stabilire relazioni felici, ricostituire gli equilibri infranti, ridare valore e dignità alle cose offese dal consumismo e dallo spreco. Giovanni Paolo II non ha esitato a parlare di "conversione ecologica": "Occorre, perciò, stimolare e sostenere la conversione ecologica, che in questi ultimi decenni ha reso l'umanità più sensibile nei confronti della catastrofe verso la quale si stava incamminando. L'uomo non più "ministro" del Creatore, ma autonomo despota, sta comprendendo di doversi finalmente arrestare davanti al baratro".
Anche la Dichiarazione congiunta di Giovanni Paolo II e del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (10 giugno 2002) ribadisce: "Occorre un atto di pentimento da parte nostra, ed il rinnovato tentativo di considerare noi stessi, di considerarci l'un l'altro, e di considerare il mondo che ci circonda, nella prospettiva del disegno divino della creazione. [… Occorre] un cambiamento quanto più possibile radicale, che potrà indurci a cambiare il nostro stile di vita, ed i nostri insostenibili modelli di consumo e di produzione. Una genuina conversione in Cristo ci permetterà di cambiare i nostri modi di pensare e di agire".
Don Scalmana distingue quattro ambiti di conversione: rivivere il lavoro come riconciliazione e bellezza, la cura della terra, coniugare natura e giustizia e infine la contemplazione.
Per ragioni di spazio non mi è possibile ricostruire le interessanti e stimolanti riflessioni di don Gabriele su questi quattro argomenti. Chi fosse interessato può leggere il testo di don Scalmana sul 

Sito internet della parrocchia

cliccando poi su "Salvare il creato"

 Il testo di don Gabriele è anche ricco di riferimenti bibliografici per approfondire l'argomento.

Maurilio Lovatti

 

 

Il Cantiere, febbraio 2007, pag. 11-12

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