Paola Volonghi

 

 

 

appunti tratti dalle lezioni di filosofia del
 prof. Maurilio Lovatti 
(anno scolastico 2005-06)

 

John Locke

 

 

È famoso per essere:
· Il padre del liberalismo, concezione dello Stato che è uno dei due concetti base delle costituzioni occidentali, assieme alla democrazia;
· Il padre dell'empirismo, contrapposto all'innatismo.
Le opere più famose, scritte entrambe nel 1690, sono:
· Saggio sull'intelletto umano, in cui c'è la teoria della conoscenza, in 4 libri, ed è la prima opera filosofica importante scritta in inglese.
· I due trattati sul governo che riguarda la politica.
VITA: nacque presso Bristol nel 1632. Frequentò Oxford, dove stette per molti anni, dedicandosi agli studi, soprattutto di medicina. Nel 1666 conobbe Lord Shaftesbury, di cui divenne medico personale e consigliere. Lord Shaftesbury era capo degli whig (liberali inglesi) ed era stato il primo ministro per 3 anni (durante i primi anni di Carlo II) e fu poi mandato in esilio una volta fallita la congiura contro Carlo II. L'amicizia con costui influenzò notevolmente Locke. Dal 1675 al 1679 soggiornò in Francia per motivi di salute e si dedicò allo studio di Cartesio. Sospettato di essere un oppositore agli Stuart, prima si ritirò a Oxford, poi fuggì in Olanda, dove la vita riservata gli permise di studiare e scrivere. Tornò poi in Inghilterra dopo la Rivoluzione gloriosa e si guadagnò la simpatia dell'opinione pubblica e molti incarichi. Una volta dimessosi dalle cariche pubbliche, si dedicò soprattutto agli studi di teologia e di esegesi biblica. Morì a Oates, nella contea di Essex, nel 1704.


SAGGIO SULL'INTELLETTO UMANO

I libro  contro l'innatismo
II libro   idee semplici e complesse
III libro  analisi del linguaggio
IV libro  analisi della conoscenza
Ogni libro è diviso in capitoli e ogni capitolo in paragrafi. È un libro abbastanza lungo (dalle 600 alle 800 pagine).

I LIBRO
Confutazione della tesi secondo la quale esistono idee innate, sostenuta dai cartesiani e da una tradizione neoplatonica, presente soprattutto a Cambridge: alcuni filosofi inglesi sostenevano che le cose reali sono copie di quelle idee che esistono nell'iperuranio.
Locke sostiene che i bambini piccoli non hanno idee, un neonato non ha l'idea di Dio o di materia. Locke dice che se il principio di non contraddizione fosse un'idea innata, allora tutti la dovrebbero conoscere; ma in realtà qualcuno non lo comprende. Lo stesso si può dire delle idee fondamentali in campo etico.
Sostiene perciò che non si può dimostrare l'esistenza di idee innate.

II LIBRO
Tutta la conoscenza proviene dall'esperienza (tesi empirista), dove per esperienza si intende la conoscenza sensibile.
Mettendo assieme le due tesi del primo e del secondo libro si ha il presupposto fondamentale dell'empirismo.
Locke dice che possiamo immaginare la nostra mente come una tabula rasa su cui possiamo scrivere qualunque cosa (però nella mente non ci possono stare infinite idee). Perciò tutti i contenuti provengono dall'esterno. Se per esempio su un computer non carico nessun dato, il computer non funzionerà. Perciò la capacità della mente di fare alcune operazioni è innata, ma i dati (le idee) non sono innati.
Locke condivide molte idee di Cartesio, tra cui il fatto che considera idea ogni contenuto mentale, quindi sia concetti universali (idea di triangolo) sia particolari ricordi, immagini.
Quindi l'insieme dei contenuti mentali (tutto ciò che la nostra mente può contenere) lo chiamiamo l'insieme delle idee.
Le idee si dividono in: Idee semplici e Idee complesse.

IDEE SEMPLICI sono quelle idee che ci provengono direttamente dall'esperienza e che non sono scomponibili in altro. Se per esempio ho in mano un gesso, l'idea di gesso non è un'idea semplice, ma lo è l'idea del bianco di questo gesso, l'idea della leggerezza di questo gesso, l'idea di liscio di questo gesso.
Queste idee semplici si percepiscono attraverso uno o più sensi (la forma la percepisco tramite il tatto o la vista). Le Idee semplici possono essere di sensazione o di riflessione.
Quelle di sensazione provengono dall'esperienza (es: il bianco del gesso). È quindi una percezione esterna.
Quelle di riflessione si hanno quando avverto dentro di me un dubbio, so di dubitare e quest'idea non la percepisco con i sensi, ma deriva dalla riflessione su altre idee semplici. È dunque una percezione interna.
Le idee semplici non possono essere create dalla nostra mente, si dice perciò che sono subite (mente passiva).
Es: il bambino gioca con le lego; con gli stessi pezzi può costruire cose diverse.
Pezzi: dati dell'esperienza
Lego combinati: idea complessa creata dalla mente.
Locke dice che a fronte di un un'idea (percezione del soggetto) ci sta una qualità (dell'oggetto) corrispondente. La leggerezza del gesso è una qualità, il fatto che lo sento è un'idea. La qualità appartiene al soggetto, l'idea è la percezione.
La leggerezza di questa biro può essere o la leggerezza che percepisco (idea), oppure la leggerezza in sé della biro (qualità).
Distinzione tra qualità: primarie (corrispondenti a quelle oggettive di Galileo) e secondarie (soggettive per Galileo)
La divisione è la stessa di Galileo, però diversi sono il modo e la finalità:
· Galileo ha un'esigenza puramente metodologica (delimitare l'oggetto della scienza: ciò che è misurabile è direttamente oggetto di scienza, mentre le qualità soggettive possono essere indagate dallo scienziato solo se ricondotte a qualità primarie).
· Locke, invece, fa l'esempio del chicco di grano: se continuo a dividerlo arriverò ad un punto in cui non vedo e non percepisco più niente. Le qualità primarie sono quelle inseparabili dalla materia (peso, lunghezza, impenetrabilità, volume), mentre quelle secondarie sono quelle separabili (colore, odore, sapore). Parte perciò da una distinzione di carattere ontologico, filosofico: distingue ciò che veramente appartiene all'oggetto da ciò che non gli appartiene.

IDEE COMPLESSE: la nostra mente unisce idee semplici tratte dall'esperienza per formare idee complesse. È il cosiddetto atomismo logico (uniamo gli atomi per creare le molecole).
Le idee complesse si dividono in:
· Idee complesse di modo: se io ho l'idea di unità, l'idea di dozzina non è altro che un insieme di 12 unità. Se ho l'idea di nota, la sinfonia è l'insieme di note. Sono idee di modo semplici perché sono date dall'unione di idee omogenee tra di loro. Un'idea di modo misto, invece, è per esempio il concetto di furto con scasso. Con furto si intende il passaggio di un oggetto da una persona ad un'altra senza il consenso della prima e con scasso qualcosa che viene rotto. Per capire il concetto di furto con scasso ho bisogno di più idee precedenti (la cosa rubata, il danno provocato). Le idee che troviamo nel diritto o nella morale sono idee di modo misto. Per esempio una bugia prevede che ci sia una persona che parla, una che ascolta e che crede alle parole dell'altra…. È di modo misto perché le idee componenti sono eterogenee tra di loro (c'è la persona bugiarda e la falsità della frase).
· Idee complesse di relazione: rapporto fra diverse idee. Per esempio doppio e triplo non sono numeri, ma relazioni fra numeri. Sono idee di relazione, poi, il rapporto che possiamo avere tra le persone (zio, fratello, nonno). Un'idea complessa po' essere formata da un'idea complessa che a sua volta è formata da idee semplici.
Alla base ci stanno sempre delle idee semplici, che presuppongono sempre l'idea di sostanza.
· Idee complesse di sostanza: il termine sostanza usato nel senso aristotelico, cioè ciò che sussiste di per sé. Le idee complesse che esprimono accidenti per Locke sono modi e relazioni. Le due possibilità (modo o relazione da una parte e sostanza dall'altra) si escludono a vicenda. Albero, cattedra, libro, biro…sono idee complesse di sostanza, come anche tutte le idee di persona e di animale. In realtà l'idea della biro non è semplice, ma è data dall'insieme di più idee semplici (la forma, il colore…). Sono tra loro idee eterogenee, ma è comunque un'idea complessa di sostanza.
È chiaro che anche il furto con scasso (un'idea di modo misto) non può essere una sostanza. Il furto esiste perché esiste il ladro, l'oggetto rubato…. Il furto non sussiste di per sé e quindi non è una sostanza.
Perché è importante questa distinzione?
Il bisogno nasce dal fatto che l'idea di sostanza presenta alcuni aspetti critici. Locke sostiene che l'idea di sostanza è oscura alla mente umana. Posso cercare di definire la sostanza in due modi diversi.
· Nel primo caso considero la sostanza semplicemente come un insieme di proprietà, che possono essere anche semplici o complesse (quest'ultime vengono ricondotte a sole proprietà semplici). Per esempio considero l'oro come metallo, giallo, malleabile… ossia un insieme di proprietà. In questo caso non c'è problema, perché io utilizzo il termina oro solo per abbreviazione, piuttosto di dire "metallo, giallo, malleabile…".
· Nel secondo caso io dico che la biro è una sostanza; in questo caso però non metto insieme solo proprietà semplici, ma anche ciò che fa essere una sostanza tale. Ammettiamo dunque che queste proprietà appartengano tutte alla sostanza e che quindi essa sussista di per sé. Si tratta quindi di substantia, ciò che sta sotto, ciò a cui tutti gli elementi ineriscono. Questa rende evidente che gli accidenti esistono solo se c'è la sostanza. Locke fa questo esempio: il saggio indiano diceva che il mondo appoggia su un elefante, l'elefante sulla tartaruga, e la tartaruga…non si sa!! Cioè io non posso avere una vera idea di sostanza. Questo secondo concetto di sostanza è oscuro, perché noi non percepiamo mai empiricamente la sostanza come una cosa che sussiste di per sé, ma come un insieme di proprietà. Perché, per esempio, il gesso non è un oggetto di percezione in sé, lo percepisco solo come l'insieme delle proprietà che ineriscono alla sostanza. È con la ragione che dico che ho degli accidenti e che la sostanza è quella che sostiene, racchiude tutte le qualità, ma mi accorgo di non poterla, in realtà, percepire.
Questa ambiguità vale quindi per le sostanze materiali. Sono sostanze perché rispecchiano la definizione aristotelica, materiali perché occupano spazio, sono fatte da materia. La collezione delle idee semplici (A, B, C…) mi dà l'idea complessa.
Locke, seguendo la terminologia cartesiana, tratta anche della sostanza spirituale, che è la mente umana come soggetto di conoscenza. È in pratica l'io come mente, che equivale al termine anima che usavano aristotelici e scolastici.
Questa sostanza spirituale è nella stessa condizione della sostanza materiale.
La mia mente = A, B, C, D, …N
Qui i contenuti sono tutti idee (ricordi, sentimenti, concetti, immagini).
Le idee, nella filosofia antica medioevale, erano sinonimo di concetto universale (Roma non era dunque un'idea, città si), per Cartesio e Locke le idee sono anche ricordi, immagini, percezioni individue….
La sostanza, oltre ad essere una collezione di idee, è anche un substratum al quale ineriscono tutti questi elementi. Siamo quindi nella stessa situazione della sostanza materiale. Non conosco mai la mia mente come soggetto che pensa tutti questi contenuti, ma posso percepirla nell'atto di fare qualcosa (ricordare, immaginare…), come non percepivo mai la mela in quanto mela, ma come l'insieme delle qualità.
Quindi quest'idea è ambigua perché non la percepisco direttamente. A livello di intuizione filosofica nessuno dubita che l'"io" esiste come non metto in dubbio che il gesso esista.
In conclusione se per sostanza intendiamo un substratum, l'idea è ambigua sia per la sostanza materiale sia per la sostanza spirituale.

III LIBRO
Parla del linguaggio. Si capisce che Locke concepisce la realtà distinta su 3 livelli:
1) cose, mondo materiale, (es:albero)
2) idee, mondo della conoscenza (es: l'idea di albero )
3) parole, mondo del linguaggio (es: albero, tree, arbre)
Il rapporto che c'è tra idee e parole è convenzionale, perché a un'unica idea di albero corrispondono tante parole (in lingue diverse).
Nel linguaggio noi possiamo fare la distinzione tra nomi comuni e nomi propri. Se prendo un nome proprio allora ho una corrispondenza biunivoca (se dico Roma intendo solo la Roma città, capitale dell'Italia). Il problema si ha con i nomi comuni, per esempio il nome città corrisponde in realtà a tante città. Locke dice che il linguaggio deve necessariamente contenere nomi comuni che corrispondono a concetti astratti (perché se dessimo a tutte le cose un nome proprio, persino ad ogni filo d'erba, la comunicazione sarebbe impossibile).
Locke era nominalista o concettualista?
Un nominalista pensa che di universale ci sia solo il nome, quindi città è universale a livello del linguaggio, però nel secondo livello, cioè quello del mondo delle idee, nella nostra mente non c'è un concetto universale di città.
Il concettualista dice che il nome di città è una parola che esprime l'idea di città, cioè il concetto universale (o generale come lo chiamava Locke) a cui sul piano delle cose corrispondono Roma, Milano, Londra….
Nel secondo libro del saggio Locke accenna all'astrazione, portandoci a pensare che è un nominalista, e fa questo esempio: il bambino vede il latte che è bianco, nella sua memoria si imprime il bianco. Se vede un'altra cosa bianca, siccome non è evidente la differenza tra due bianchi diversi, applica la stessa concezione di bianco che ha in testa.
Uno allora potrebbe pensare che la parola bianco è universale, ma l'immagine che noi ci creiamo nella mente di bianco non lo è. Se così fosse allora Locke sarebbe nominalista.
Nel terzo libro del saggio, però, ci si trova di fronte ad un'altra situazione. Quando tratta delle idee astratte (o general ideas) distingue vari casi: idea di sostanza, di modo o di relazione. Pone una distinzione, dice che noi abbiamo:
· Essenza reale
· Essenza nominale
Quando io uso la parola "oro" intendo un metallo con determinate caratteristiche A, B, C… che sono un insieme di idee semplici. Questa è l'essenza nominale del termine oro, ossia il suo significato.
Con il progredire della conoscenza scientifica, noi siamo in grado di perfezionare le nostre conoscenze. Per esempio solo recentemente si è scoperto che il numero atomico dell'oro è 79, questo nel '600 era sconosciuto. Dietro all'essenza nominale c'è quindi l'essenza reale, quella disposizione, organizzazione di particelle minute che formano la materia che noi non conosciamo e che fa sì che le proprietà che riscontriamo siano sempre connesse tra di loro.
Locke dice: noi l'essenza reale non la conosciamo. Dicendo questo intendeva proprio che in linea di principio c'è qualcosa di inconoscibile nell'essenza reale: anche oggi che gli strumenti sono più numerosi di quelli del '600 non possiamo conoscere a fondo l'essenza reale.
Per gli scopi pratici (se per esempio devo andare a prendere dal gioielliere qualcosa d'oro) l'essenza nominale è più che sufficiente, ma se noi vogliamo capire a fondo perché la malleabilità appartiene proprio all'oro questo non lo possiamo sapere.
Es: orologio di Strasburgo: questo è stato il primo orologio animato e fu costruito da un artigiano abbastanza abile. Un contadino del Seicento che vede quest'orologio, vede solo l'effetto, non vede sicuramente tutti i meccanismi che ci stanno dietro. Noi nell'essenza reale e in quella nominale siamo come i contadini: vediamo una faccia esterna della realtà, ma non sappiamo perché sia così, non vediamo cosa ci stia dietro.
Alcuni dicono che Locke sosteneva questo perché al tempo le conoscenze erano limitate e quindi non si poteva sapere tutto; ma in realtà lui quest'idea la intende in generale (sempre).
Un empirista potrebbe dire: se l'essenza reale non la percepisco come faccio a sapere che esiste? Locke dice che se anche non la possiamo vedere, tramite la ragione sappiamo che necessariamente ci deve essere una causa oggettiva delle cose, qualcosa che fa si che determinate collezioni di caratteristiche si presentino costantemente all'esperienza.
Nel caso dell'idea complessa di sostanza è evidente che l'essenza reale non coincide con la nominale (perché se noi la conoscessimo allora avremmo anche tutta la conoscenza reale).
Per quanto riguarda le idee complesse di relazione e sostanza, invece, l'essenza reale e quella nominale coincidono.
Relazione: se ho concepito l'idea di triplo, la sua essenza nominale, allora non ho bisogno di sapere altro.
Modo: se ho la definizione di triangolo, le proprietà che ne derivano sono già contenute nell'idea di triangolo.
Modo, ad es la corruzione. Una volta che ne ho l'essenza nominale (la definizione del reato nel codice penale) ho anche quella reale, perché per noi un comportamento è corruzione se rientra in questa definizione.
Si ha una differenza per le idee complesse di sostanze e le idee complesse di relazione e modo, perché la sostanza sussiste di per sé, non è costruita dall'uomo, ma trovata..
Delle idee di modo e relazione io posso dare la loro definizione; allo stesso modo uno potrebbe pensare ingenuamente che possa stipulare liberamente una definizione anche alle idee di sostanza.
Se dico che tutti i cigni sono bianchi e metto il termine bianco nella definizione di cigno, nel momento in cui scopro quello nero, non lo posso chiamare cigno perché non è bianco. Ma se io vedo che quello nero è molto simile a quello bianco e cambia solo il colore, non chiamare cigno il cigno nero sarebbe un artificio verbale. Se io introducessi il bianco nella definizione non riuscirei neanche ad allargare la mia conoscenza scientifica.
Lo scopo della conoscenza scientifica non è quello di definire tutte le cose (perché se io chiamo nello stesso modo la rosa e l'elefante non ha senso; se invece chiamo oro dei pezzi di metallo che hanno caratteristiche uguali allora ha senso).
In conclusione: le idee complesse di sostanza io non posso definirle come voglio, perché se decidessi io mi creerei un mondo ideale che non rispecchia la realtà. Se al linguaggio voglio assicurare una funzione conoscitiva, allora nel caso della sostanza non dobbiamo far coincidere le due essenze.
NELLE IDEE COMPLESSE DI SOSTANZA NON COINCIDONO L'ESSENZA REALE E L'ESSENZA NOMINALE
Se noi prendiamo in considerazione la geometria sappiamo che è una scienza deduttiva. Se invece prendiamo la biologia, con la definizione di cigno, gatto…, non posso pensare che proceda nello stesso modo della geometria, usando il metodo deduttivo, ossia non può trarre dalla definizione tutte le conseguenze. Quindi:
· Matematica, geometria, etica, diritto si basano su idee complesse di modo o relazione e sono scienze che seguono il metodo dimostrativo.
· Le scienze della natura (biologia, fisica) non sono mai assolutamente certe e quindi non possono essere deduttive, perché presuppongono idee di sostanza.
Nel II libro Locke parla di astrazione e utilizza l'esempio del latte per sostenere che l'astrazione è la separazione tra le circostanze di tempo e luogo dal contenuto dell'idea.
Es: ho visto il bianco tal ora tal giorno. Siccome i diversi tipi di bianco non sono distinguibili, allora il ricordo del bambino del bianco rimane come un'immagine associata al nome bianco e un foglio lo vede bianco, perché è simile al concetto che lui ha immagazzinato.
In questo caso Locke sarebbe un nominalista (l'idea di bianco, in quanto nome, è universale, ma non lo è l'immagine che ci associo).
Però nel II libro non era interessato al tema dell'astrazione (che riguarda solo le idee semplici) che tratta molto velocemente.
Nel III libro, invece, quando distingue l'essenza nominale da quella reale e quando afferma che tutte le idee complesse sono definibili (specificando l'essenza nominale), allora si può capire che Locke intendeva che nella nostra mente c'è l'idea universale.
Quando Locke parla delle idee generali intende dire che l'idea è indicata dalla parola ma rispecchia la realtà. Per i nominalisti, invece, l'idea generale è in realtà un'idea particolare (immagine) associata al nome (o anche idee particolari usate come generali).
L'idea è un tramite tra le parole e le cose in generale.
Nel caso delle idee generali, se Locke fosse nominalista, allora l'idea generale di albero dovrebbe essere un'immagine qualsiasi di albero associata al nome. Per Locke la nostra conoscenza delle idee generali è l'essenza nominale, qualcosa conosciuto dall'intelletto.
Es: se penso all'albero, allora penso a qualcosa che risponde a tutti i criteri.
Secondo questa concezione può invece essere interpretato come concettualista, perché le nostre rappresentazioni mentali non sono pure immagini. Si ricorda poi che riteneva che l'idea astratta che abbiamo nella nostra mente non rispecchia un'idea in re, non era cioè realista come S. Tommaso.
In conclusione, Locke è stato considerato concettualista da alcuni interpreti e nominalista da altri.
Il profe pensa che sia concettualista.

IV LIBRO
Locke si ispira a Cartesio. Esistono 3 gradi di conoscenza:
I genere: intuitiva II genere: dimostrativa III genere: sensibile
I primi due generi sono uguali a quelli di Cartesio, che distingueva:
· La conoscenza dimostrativa si ha quando attraverso passaggi intermedi giungiamo a una conclusione che non può essere rifiutata se le premesse sono vere. Nella dimostrazione di un teorema, per esempio, si parte da un'ipotesi. Se questa è vera, se non commetto errori, allora la conclusione non può non essere vera. Locke, come anche Cartesio, pensava che la conoscenza dimostrativa presuppone la conoscenza intuitiva, perciò dal punto di vista logico la conoscenza intuitiva viene prima della conoscenza dimostrativa. Perché se ho A+B=C che posso scrivere anche A=C-B, devo intuire che sono la stessa cosa e quindi posso continuare la dimostrazione. Si potrebbe dire che la conoscenza intuitiva è l'applicazione istantanea del principio di non contraddizione. Queste due conoscenze sono perciò certe. Le usiamo in matematica, in fisica (quando ad esempio abbiamo i principi della dinamica dai quali si deducono le conseguenze), etica, diritto (perché l'essenza nominale coincide con quella reale).
· La conoscenza sensibile viene invece utilizzata nel campo della natura. Però questa conoscenza non è così certa come quella dimostrativa e intuitiva.


I DUE TRATTATI SUL GOVERNO

Cacciato Giacomo II, con re Guglielmo i diritti costituzionali erano garantiti e quindi non c'era più timore. Locke pubblica questi due trattati a sostegno del re e degli whig.
I edizione 1690
II edizione 1694
III edizione 1698
Queste tre edizioni escono sempre anonime per il timore di vendette degli assolutisti.
Dieci anni dopo la sua morte, nel 1714, esce la quarta edizione, la prima con il nome di Locke.
Locke è il padre del liberalismo.
Differenze tra liberismo e liberalismo: liberale è una concezione politica, liberista è una concezione economica. Si può essere liberali senza essere liberisti e viceversa, anche se storicamente spesso i liberali sono anche liberisti in economia.
Liberismo si contrappone a interventismo o dirigismo da parte dello Stato. Il liberista ritiene che lo Stato deve intervenire poco nel campo economico perché, nel libero gioco della domanda e dell'offerta, se è lasciato libero ogni soggetto economico tende al proprio interesse. Alla fine si forma un equilibrio che favorisce lo sviluppo economico. Perciò l'economia tende ad equilibrarsi in maniera naturale: essere avidi è un difetto, però se tutti sono così si crea comunque un equilibrio naturale che porta al progresso. Come l'ape regina non fa niente, ma la produzione nell'alveare continua, allo stesso modo se lo Stato non interviene l'economia va avanti lo stesso e alla lunga la mancanza di intervento dello stato è positiva.
Gli antiliberisti dicono che noi non siamo tutti uguali, che il libero sviluppo economico  accentua le differenze e quindi lo Stato deve intervenire.
Il liberalismo presenta due aspetti:
· Esistono delle libertà fondamentali inalienabili che sono quelle che noi troviamo nelle costituzioni occidentali: libertà di pensiero, di parola, di stampa, di opinione. Nessuno ai nostri tempi direbbe che queste libertà sono dei mali. Nel 1832 Gregorio XVI (Mirari vos) pensava che la libertà fosse un errore (perché se uno ha la libertà di stampa può divulgare sia cose vere che cose false). Locke sosteneva che queste libertà fondamentali che devono essere garantite ad ogni persona sono la libertà di stampa, di parola… più il diritto alla proprietà. Era giusto uno Stato che garantiva queste libertà naturali ed essenziali dell'uomo, lo stato che non le garantiva era dispotico. Prima, nel medioevo, si pensava che l'autorità venisse da Dio, allora si diceva che il re aveva il diritto di fare le leggi, perché aveva ricevuto l'autorità dal papa, e il papa l'aveva ricevuta da Dio stesso. Nel XIII secolo San Tommaso aveva rivalutato il pensiero aristotelico ritenendo che l'uomo è un animale sociale e quindi ha dei diritti come cittadino. Queste libertà possono essere capite grazie all'uso della ragione, analizzando razionalmente la natura umana. Se lo Stato è creato per evitare lo stato di natura, allora ha il compito di garantire queste libertà fondamentali.
· Il miglior modo per garantire queste libertà è che lo Stato sia composto da poteri distinti: "The balance of powers", l'equilibrio dei poteri. Può anche avvenire che un sovrano assoluto governi in maniera saggia, ma solo per il fatto che è uno solo con tutti i poteri potrebbe venire meno al suo compito. La divisione dei poteri che abbiamo noi (legislativo, esecutivo, giudiziario) non è quella di Locke, ma risale a Montesquieu. Locke prevedeva il potere legislativo, al parlamento, e governativo (esecutivo), al re. È però il primo che sostiene esplicitamente che senza un bilanciamento dei poteri lo Stato non può essere giusto. Questa divisione era quella per cui si erano battuti gli whig nella Rivoluzione e verrà inclusa nel "Bill of Rights". Il potere legislativo ha tre limiti:
· Di contenuto: anche se il parlamento è eletto dai cittadini, ciò non significa che può fare leggi su ogni cosa (magari l'orario di andare a dormire). Le leggi devono essere fatte in vista del bene dello Stato, ossia per il bene comune e per la conservazione della specie e non devono invadere la sfera personale, privata.
· Di competenze: fin dove lo Stato deve intervenire a regolamentare la vita dei cittadini? Se uno si droga senza recare danno agli altri perché dovrebbero arrestarlo?! In questo caso non si sa bene se lo Stato debba intervenire o meno. Lo Stato quindi non può esercitare la sua sovranità su tutto. Oggi è la corte costituzionale che controlla se le leggi sono costituzionali, cioè se rispettano i diritti inalienabili della persona sanciti dalla Carta costituzionale.
· Formale:le leggi devono essere pubblicate in modo costituzionalmente corretto. Oggi la legge deve essere approvata da entrambe le Camere e pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Le leggi devono avere una forma generale, universale, mentre gli atti del governo (esecutivo) possono essere nominativi.
In conclusione: il liberalismo dice che c'è uno Stato che ha il dovere di tutelare le libertà fondamentali, stabilire la divisione dei poteri e porre dei limiti.

 

 

N. B. Gli appunti sono stati presi durante le lezioni e non sono stati rivisti, ne integrati con le spiegazioni del manuale di filosofia in adozione

 

risorse internet su Locke

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