Maurilio Lovatti
La Storia segreta del Giornale di Brescia
Bresciaoggi, mercoledì 28 novembre 2012 CULTURA,
pagina 38
TRA
CRONACA E STORIA. Nuova ricerca dopo il libro su mons. Tredici
La carta
stampata e l´influenza persa della Diocesi
Aldo
Sorlini
Un saggio di
Maurilio Lovatti ripercorre le vicende del controllo azionario sul «Giornale
di Brescia» dal dopoguerra ai giorni nostri.
Con qualche
sorpresa
Al
centro c´è un´affermazione categorica, tranchant: «È stupefacente
constatare che è ancora oggi largamente diffusa la falsa opinione che Il
Giornale di Brescia dipenda in qualche modo dalla Curia». Analisi
arditamente semplificatrice dei complessi rapporti interni al mondo
cattolico bresciano o nuova lettura che ribalta un luogo comune assestato
e apre scenari interpretativi diversi sul rapporto tra «i poteri»
cattolici della nostra città?
Comunque
la si voglia interpretare, l´affermazione che caratterizza l´ultimo
lavoro di Maurilio Lovatti intriga. E spinge alla lettura del saggio breve
«La storia segreta del Giornale di Brescia», che il docente di filosofia
bresciano, «prestato» alla ricerca storica, pubblica ora sul suo sito
web all'indirizzo http://www.lovatti.eu/gb.htm
Il
Vescovado, sede della Curia bresciana
LOVATTI
si è imbattuto per la prima volta nei rapporti tra la Chiesa bresciana e
il quotidiano di via Solferino lavorando alla ponderosa biografia del
vescovo monsignor Giacinto Tredici, data alle stampe tre anni fa (Giacinto
Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà
Bresciana, 2009).
Allora
aveva ricostruito in particolare le origini dell'influenza diocesana sul
giornale, rivelando tra l´altro il ruolo, a cavallo tra il 1949 e il ´50,
dello stesso Tredici e di monsignor Giuseppe Almici nell´ottenere da
Antonio Folonari di Ludriano di Roccafranca (che insieme al cavalier
Filippo Tassara deteneva il controllo della società Editoriale Bresciana
e voleva slegare la testata dall´influenza democristiana), la
disponibilità delle sue azioni in cambio di un titolo nobiliare da parte
del Vaticano. Azioni che furono intestate al notaio Giuseppe Bianchi,
presidente diocesano degli uomini di Azione Cattolica, che all'epoca firmò
una dichiarazione nella quale affermava di essere fiduciariamente
intestatario del pacchetto azionario, «che riconosce essere di effettiva
ed esclusiva proprietà di Sua Eccellenza il Vescovo di Brescia».
Le
azioni ricevute dalla Curia, unite a quelle della Banca San Paolo e dei
suoi alleati - riassume Lovatti all'inizio di questa sua nuova ricerca -
assicuravano «il pieno controllo dell'Editoriale Bresciana».
Ed è da quel «pieno controllo» che Lovatti riparte per focalizzare la
sua ricerca proprio sulle vicende editoriali che coinvolgono la Curia
bresciana. Secondo i documenti che ha potuto consultare, infatti, quelle
azioni (salite negli anni ´50 e ´60 fino a 61.608 dopo un aumento di
capitale) restano sempre di proprietà del Vescovo di Brescia, anche
quando, nel 1964, vengono date in gestione alla Scuola Editrice. E da
allora e fino al 1979, quell'8 per cento del capitale della Seb è stato
anche annualmente remunerato, sotto forma di erogazioni liberali da parte
della Scuola Editrice, con un contributo all'Azione Cattolica diocesana
pari all'ammontare dei dividendi delle azioni.
INTANTO, tra il 1978 e il ´79, quasi tutte le azioni della Scuola vengono
acquistate dall'Opera per l´Educazione cristiana, controllata dal notaio
Giuseppe Camadini. La svolta societaria, avviene però l´anno successivo,
quando la Banca San Paolo deve cedere le sue azioni - a causa delle
deliberazioni assunte dal Comitato interministeriale per il credito e il
risparmio sulle partecipazioni bancarie nei quotidiani - e lo fa in favore
della Gold Line di Roma, che raggruppa le editrici cattoliche La Scuola,
Morcelliana e Studium. «Dal consuntivo della Banca del 1980 - sintetizza
l´autore - si evince che le azioni sono state vendute per £ 874.912.000,
cifra enormemente al di sotto del valore di mercato», mentre l´anno
successivo «tutte le azioni Seb e Gold Line sono rivendute allo stesso
prezzo (non sono dichiarate plusvalenze) dalla Scuola Editrice alla
Fondazione Tovini amministrata dal dott. Giuseppe Camadini: a tutt'oggi la
Tovini possiede il 91,6% della Gold Line, che possiede il 74,3% della Seb
che controlla il Giornale di Brescia. (...) Nel giro di poco più di due
anni - conclude Lovatti - Curia, La Scuola e Banca San Paolo perdono ogni
influenza sul Giornale di Brescia».
Le
conclusioni del saggio, che peraltro si addentra, documentandoli, anche
sui corrispettivi economici delle diverse transazioni, sono dunque già
scritte: «Fino al 1980 la Seb, e quindi il Giornale di Brescia, erano
della Banca San Paolo (i cui 1232 azionisti erano espressione di tutte le
realtà del mondo cattolico bresciano, compresi vari ordini religiosi
locali, maschili e femminili) e per l´8% del Vescovo», cioè «erano un
patrimonio comune dei cattolici bresciani. Adesso sono di fatto proprietà
di una Fondazione civile privata, autoreferenziale e chiusa, che risponde
del suo operato solo a sé stessa e non al Vescovo», dal momento che «solo
un membro del CdA è scelto dal Comitato tra una terna di nomi proposti
dal Vescovo (attualmente è mons. Gabriele Filippini)», mentre «il
Vescovo e, tramite lui, la Chiesa bresciana non possono determinare linee
guida, principi, strategie pastorali della Fondazione. Non possono
nominare e revocare i membri del Comitato permanente. In pratica la
diocesi è completamente estromessa».
FIN
QUI la ricostruzione storica, basata sui documenti consultati, e che porta
l´autore all´affermazione iniziale. Ma da qui anche l´interpretazione
che di ogni singolo passaggio si può dare e che difficilmente è
spiegabile senza addentrarsi nei meandri delle relazioni di un mondo ricco
e variegato, ma anche estremamente complesso, come quello cattolico
bresciano.
Qui, oltre alle carte degli archivi, esiste un tessuto di relazioni e - ci
hanno insegnato la cronaca e la storia - di intese e «gentlemen
agreement», che sono talvolta sconosciuti sia al cronista che allo
storico. E forse proprio questa zona grigia può aprire spiragli di
informazione rispetto alle conclusioni di Lovatti e dare qualche risposta
all'aridità delle cifre.
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