Danila Galuppini - Maurilio Lovatti

 

Il ruolo del padre nella società attuale

 

Il Cantiere, marzo 2007

 

 

La sera di venerdì 9 febbraio 2007, l'auditorium S. Barnaba di corso Magenta era gremito da centinaia di persone, che si erano riunite per ascoltare una conferenza su un tema abbastanza insolito: "Figli e figlie cercano il padre".
L'incontro faceva parte del ciclo "capire per educare" dello spazio genitori, promosso dal Comune di Brescia e dall'Istituto Pasquali-Agazzi. Il relatore, presentato dalla prof. Mariella Donati, era il prof. Paolo Ferliga, psicanalista, insegnante di filosofia e storia al liceo classico Arnaldo, autore del libro Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità, Moretti e Vitali, Bergamo 2005.
Ferliga ha sostenuto che è abbastanza evidente che i giovani sono disorientati: il loro disagio lo esprimono nella passività, divenendo facili prede di TV, Internet, videogiochi ecc. Spesso i giovani mancano di iniziative e hanno timore ad affrontare la vita. La loro tonalità depressiva è utile terreno per i mass media, e ci sono anche ben precisi interessi economici che traggono vantaggio da questa situazione. La causa principale di questa situazione emotiva ed esistenziale dei giovani è legata all'assenza del padre, che mette a dura prova la vita dei figli.
Le funzioni educative e di iniziazione alla vita, che nelle società guerriere e primitive erano appannaggio dei padri, sono state via via affidate e demandate alle madri e alla scuola.... e i padri hanno accettato passivamente questo processo.
Viceversa il prof. Ferliga ha sostenuto che la presenza del padre nell'educazione è indispensabile per uno sviluppo sano ed equilibrato della persona e la crisi e il disorientamento dei giovani sono legati all'assenza dei padri.
Le immagini di miti, fiabe e sogni ci aiutano a comprendere l'importanza del padre.
Infatti il prof. Ferliga aveva iniziato la sua conferenza raccontando un breve sogno ricorrente di un paziente: vedeva un bambino al centro di una stanza bianca, una luce accecante (il bianco è un colore che esprime spesso nei sogni estrema gravità); il bambino piangeva e nemmeno la mano che si avvicinava a lui riusciva a consolarlo. Questa immagine di disperazione esistenziale può ben rappresentare il disagio dei figli che hanno percepito l'assenza del padre nella loro crescita; non tanto e non solo un'assenza fisica, effettiva, ma anche una distanza affettiva, un'assenza dal ruolo di padre come educatore, consigliere autorevole e maestro.
Il mito greco di Edipo è molto noto, come altrettanto nota ne è l'interpretazione di Freud, ma è stato riletto da Ferliga mettendone in luce significati che usualmente rimangono in ombra. Edipo era figlio di Laio, re di Tebe, e di Giocasta. Un oracolo aveva annunciato a Laio che sarebbe rimasto ucciso da uno dei suoi figli e allora il re di Tebe ordina di ammazzare il bimbo, ma il servo impietosito lo abbandona. E' raccolto dal pastore Polibo, che lo alleva con la moglie Merope e gli fa credere di essere suo padre. Durante un banchetto gli viene rivelato che Polibo è un padre adottivo. Edipo va alla ricerca del padre, di cui ignora l'identità. Uccide Laio in un duello, senza sapere che è il suo vero padre. Dopo varie avventure sposa la madre, ma entrambi erano inconsapevoli dell'incesto. Infine una pestilenza si diffuse a Tebe, Edipo scopre la sua origine, la madre si uccide, lui si acceca e poi muore esule dalla sua città. Freud definisce fase edipica quel periodo della vita del bambino nel quale si forma il super-io e si interiorizzano i divieti morali. Ferliga ha ricordato che per Freud il ruolo del padre è indispensabile affinché i figli escano dalla simbiosi con la madre; il padre deve iniziare il figlio al mondo dei valori (attraverso un processo di identificazione il bimbo pensa e, talvolta, dice: "voglio diventare come papà").
Per il prof. Ferliga il dubbio è l'origine del sapere, la ricerca del padre (e della madre) è spontanea e naturale nel bambino perché se non sappiamo da dove veniamo, se non conosciamo le nostre origini, non sappiamo nemmeno dove andare, la nostra vita non ha senso. Se viene meno la presenza del padre, il figlio viene riassorbito nell'inconscio, nel non senso.
Il padre però, per svolgere questa sua funzione di guida e di apertura al mondo dei valori, deve saper dire i no che fanno crescere (come nella fiaba del principe ranocchio, è il padre che obbliga la bimba a mantenere le promesse fatte al ranocchio, nonostante il ribrezzo della figlia; questo richiamo ai valori porta nella fiaba al lieto fine: in realtà il ranocchio è un bellissimo principe!). Il padre contribuisce in modo determinante e con un ruolo insostituibile a creare quel giusto rapporto con le regole che non vanno assolutamente violate e con lo spazio di libertà che va concesso in base all'età del figlio. Il padre deve esercitare quel ruolo di separazione anche con la figlia.
I figli, ha ricordato Ferliga, non sono nostri, hanno un percorso di maturazione e di formazione del sè da realizzare, un disegno che né il padre, né la madre possono tracciare (ma che già Qualcuno ha abbozzato) questo richiede un grande sacrificio da parte dei genitori, come il sacrificio di Abramo, fermato dalla mano di un angelo quando sta per sacrificare Isacco. Il coltello di Abramo ha una duplice valenza, indica la separazione dalla madre e da se stesso.
Il ruolo del padre dunque qual è? Il padre deve guidare e accompagnare per mano il figlio finché non sia in grado di camminare da solo e poi "seguirlo" lasciando che talvolta cada, aiutandolo a rialzarsi e sostenendolo nel cammino; tutto ciò che noi genitori possiamo sperare di dare ai figli sono le radici per crescere e le ali per volare.
Nel mondo antico e medioevale abbiamo grandi figure di patriarchi, persone autorevoli a sagge, che costituivano per i giovani un modello da imitare o a cui chiedere consiglio e aiuto. Nella società contemporanea non vi sono più figure così, l'educazione dei figli è sempre più affidata alle donne (il prof. Ferliga ha ricordato la crescente percentuale di insegnanti femmine in ogni ordine di scuola). I padri, è la conclusione del relatore, devono riappropriarsi del loro ruolo educativo per il bene non solo dei figli, ma dell'intera società.
Dopo la conferenza è seguito un ampio dibattito.
Ci sembra però opportuno completare l'analisi del prof. Ferliga, ricordando come nelle scritture, e in particolare nei Vangeli, l'importanza del ruolo del padre sia affermata con chiarezza. Innanzitutto nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, Dio stesso viene paragonato al Padre. Noi tendiamo normalmente ad interpretare questo paragone come un mezzo che ci permette, a partire dalla nostra conoscenza della relazione coi padri terreni, di comprendere meglio il rapporto con Dio. Ma è possibile, come insegna anche S.Agostino, un'interpretazione inversa e speculare: l'immagine che le scritture ci danno di Dio Padre, buono, misericordioso e, al tempo stesso, giudice che ci richiama al rispetto dei comandamenti, può indicarci un modello del ruolo paterno (sia pure ideale e perfetto, e quindi umanamente irraggiungibile) utile a orientare i nostri comportamenti. Così come la preghiera di Gesù ai Getsemani che dice: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu" (Mt, 26,39) e sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt, 27,46), ci ricorda la nostra situazione esistenziale di bisogno: tutti noi abbiamo avuto bisogno del padre.

Danila Galuppini
Maurilio Lovatti

 

 

 

Il Cantiere, marzo 2007, pag. 8-9

 

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