Maurilio Lovatti 

 

 

La costituzione Gaudium et spes

 

 

Il Cantiere, dicembre 2018

 

 

Il 7 dicembre 1965, il giorno precedente la chiusura solenne, il Concilio ecumenico Vaticano II approva la costituzione Gaudium et spes, che tratta i rapporti tra la Chiesa e il mondo. Dopo quasi due secoli di critiche e condanne del mondo moderno da parte della Chiesa, i padri conciliari si interrogano senza pregiudizi sullo situazione dell'uomo contemporaneo:
“L'umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all'insieme del globo. Provocati dall'intelligenza e dall'attività creativa dell'uomo, si ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e d'agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla vita religiosa. […] mentre l'uomo tanto largamente estende la sua potenza, non sempre riesce però a porla a suo servizio. Si sforza di penetrare nel più intimo del suo essere, ma spesso appare più incerto di se stesso. Scopre man mano più chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, possibilità e potenza economica; e tuttavia una grande parte degli abitanti del globo è ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini non sanno né leggere né scrivere. Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto sorgono nuove forme di schiavitù sociale e psichica.” (n. 4).
I padri conciliari pongono l'attenzione della Chiesa sulla necessità di aprire un proficuo confronto con la cultura e con il mondo. Esso infatti, pur lontano spesso dalla mentalità e dalla morale cristiana, è comunque opera di Dio e quindi fondamentalmente buono. Di conseguenza, è compito della Chiesa, e dei laici in primo luogo, riallacciare profondi legami con "gli uomini e le donne di buona volontà", soprattutto nell'impegno comune per la pace, la giustizia sociale, lo sviluppo della scienza e della tecnica, in sé buone anche se possono essere usate male. Il valore centrale da cui partire è la dignità della persona:
“Cresce la coscienza dell'eminente dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile all'uomo tutto ciò di cui ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l'abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, il diritto all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà anche in campo religioso. L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato all'ordine delle persone e non l'inverso.” (n. 26).
Ne conseguono dirette implicazioni sul piano della giustizia sociale:
“Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, e pertanto i beni creati debbono essere partecipati equamente a tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità. Pertanto, quali che siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli secondo circostanze diverse e mutevoli, si deve sempre tener conto di questa destinazione universale dei beni. L'uomo, usando di questi beni, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui ma anche agli altri. Del resto, a tutti gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé e alla propria famiglia.” (n.69).

 

 

 

 

Il Concilio si pronuncia anche in modo inequivocabile sul rapporto tra economia e politica, ancora oggi molto attuale:
“Lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo dell'uomo. Non deve essere abbandonato all'arbitrio di pochi uomini o gruppi che abbiano in mano un eccessivo potere economico, né della sola comunità politica, né di alcune nazioni più potenti. Conviene, al contrario, che il maggior numero possibile di uomini, a tutti i livelli e, quando si tratta dei rapporti internazionali, tutte le nazioni possano partecipare attivamente al suo orientamento. È necessario egualmente che le iniziative spontanee dei singoli e delle loro libere associazioni siano coordinate e armonizzate in modo conveniente ed organico con la molteplice azione delle pubbliche autorità. Lo sviluppo economico non può essere abbandonato né al solo gioco quasi meccanico della attività economica dei singoli, né alla sola decisione della pubblica autorità. Per questo, bisogna denunciare gli errori tanto delle dottrine che, in nome di un falso concetto di libertà, si oppongono alle riforme necessarie, quanto delle dottrine che sacrificano i diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi all'organizzazione collettiva della produzione.” (n. 65).
Si può affermare che la Gaudium et spes espone in modo organico e lucido una nuova prospettiva per la Chiesa, che deve cercare di cogliere frammenti di verità nella mentalità e nella cultura laica, anche quando essa appare lontana dal cristianesimo. Essa rispecchia pienamente la visione di Paolo VI, divenuto Papa solo due anni prima, che è riuscito a portare a termine il Concilio salvaguardando l'unità della Chiesa.

 

 

 

 

 

 

 

Il Cantiere,  dicembre 2018, pag. 14-15

 

 

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