Maurilio Lovatti 

 

 

Chiesanuova nei primi anni del Regno d'Italia

 

 

Il Cantiere, marzo 2016

 

 

In seguito alla vittoria nella seconda guerra d'Indipendenza ed al successo della spedizione dei Mille, nel 1860 Brescia entra a far parte del Regno d'Italia. La città ha allora circa 40 mila abitanti; Sindaco è il conte Diogene Valotti. Per oltre un decennio la città è assillata da problemi edilizi ed urbanistici: stradine e vicoletti urbani di difficile percorribilità, fiumi a cielo aperto anche in vie principali, come via S. Faustino, case fatiscenti e malsane, le mura della città bisognose di manutenzioni. Pochi sanno che Napoleone III, che aveva soggiornato a Brescia prima della battaglia di Solferino, nel 1861 manda a Brescia il celebre architetto francese Viette affinché disegni accuratamente il palazzo della Loggia, con l'intenzione di costruirne uno uguale a Parigi (costruzione che non sarà realizzata a causa dell'abdicazione dell'Imperatore dei francesi dopo la guerra contro la Prussia del 1870). Nel 1860 nasce a Brescia, per iniziativa di Zanardelli (deputato liberale eletto a Iseo), la prima associazione di mutuo soccorso tra gli operai, che garantiva ai soci protezione ed aiuti in caso di malattia, infortuni e invalidità (non c'era ancora l'assistenza pubblica).
Dopo l'Unità si stampavano a Brescia due giornali, La Sentinella Bresciana, organo dei liberali moderati, e il cattolico L'Osservatore Lombardo. Dal 1870 si pubblicherà la Provincia di Brescia, zanardelliano (cioè liberale riformista) e dal 1878 il cattolico Cittadino di Brescia.

 

 

monumento a Giuseppe Zanardelli

 

In questo quadro storico qualcosa si muove anche a Chiesanuova. Curato di Bottonaga era dal 1856 il nobile don Carlo de Antoni, che è il primo in assoluto, almeno stando ai documenti, a cercare di rendere Chiesanuova autonoma dalla parrocchia di S. Nazaro, alla quale la zona di Bottonaga aveva fatto parte da sempre. Ai primi di marzo del 1873, durante il periodo di vacanza della parrocchia di S. Nazaro, poiché era morto il prevosto mons. Giovanni Setti, i Rappresentanti di Bottonaga, con il consenso e per desiderio del curato don Carlo, inviarono al vescovo mons. Girolamo Verzeri una lunga lettera con la quale chiedevano in nome della popolazione che "la Frazione col proprio territorio venisse separata dalla chiesa matrice e costituita in Parrocchia autonoma ed indipendente".
La richiesta è motivata con l'aumento della popolazione della parrocchia dei santi Nazaro e Celso, che si componeva di 4.650 anime in città, e 2.500 nella campagna fuori dalle mura; di questi 1300 circa appartenevano alla frazione di Bottonaga. Vi erano nella diocesi quasi 300 parrocchie con una popolazione inferiore e quindi, dal punto di vista del numero di fedeli, l'erezione di una parrocchia autonoma sarebbe stata possibile. Nella lettera si rilevava inoltre che la distanza della chiesa matrice, variava da un chilometro circa fino a 6 chilometri, in un ampio territorio, dal perimetro di circa 12 chilometri, tutto sparso di case e famiglie rurali. Dal ricco beneficio parrocchiale si poteva separare una piccola parte da assegnare al parroco di Bottonaga, che avrebbe usufruito anche delle offerte varie della chiesa, mentre il prevosto e i canonici curati di S. Nazaro e Celso non avrebbero più dovuto concorrere al suo sostentamento. Vi era già inoltre tutto ciò che serviva per costituire una parrocchia, come la chiesa, la sacrestia, il campanile, la casa del parroco e gli arredi per il culto, oltre ad "una conveniente chiesa sussidiaria in S. Maria della Noce, dove risiedeva pure un sacerdote con capellania quotidiana e obbligo dell'assistenza agli infermi e alle funzioni". Tra le tante ragioni a favore della separazione da S. Nazaro si sosteneva pure che il parroco non poteva conoscere bene i fedeli e che l'adempimento del precetto pasquale, che doveva farsi esclusivamente nella chiesa cittadina, sfuggiva ad ogni sorveglianza (evidentemente i giovani approfittavano dell'occasione per sottrarsi all'ossessiva e severa sorveglianza di genitori e parenti).


 

mons. Girolamo Verzeri (lapide nel duomo vecchio di Brescia)

 

 

Il 7 marzo 1873, il vescovo Verzeri risponde precisando che mancano due condizioni per l'erezione di una nuova parrocchia, e cioè l'autorizzazione dello Stato a separare amministrativamente la parrocchia e la costituzione di un'indipendente Fabbriceria (era l'Ente che provvedeva alla conservazione e mantenimento dei beni dei luoghi sacri, solitamente formata dal parroco e altri 4 consiglieri). Il Vescovo concludeva la sua lettera lasciando aperte tutte le possibilità, affermando che "le Signorie Loro possono essere certe che Noi pure desideriamo di vedere se non in tutto staccata, almeno provveduta sufficientemente codesta contrada".
Per superare il primo ostacolo, il 12 dicembre 1873, vigilia di S. Lucia, arriva l'autorizzazione ministeriale richiesta; per superare il secondo è istituita, con atto notarile del 10 settembre 1874, la nuova Fabbriceria per la chiesa di S. Maria Assunta. Nonostante ciò la richiesta di erigere la nuova parrocchia si arena. Allora nel maggio del 1876, con il parere del comune di S. Nazaro Mella, venne inviata al Vescovo una nuova richiesta (dal 1861 al 1880, la zona sud di Brescia, comprensiva anche di Folzano, costituiva un comune autonomo di circa 4400 abitanti, col suo consiglio comunale e il suo Sindaco).
Finalmente, il 20 febbraio 1877, il vescovo Girolamo Verzeri risponde gelando tutte le attese: "Sentito il parere di persone sagge e prudenti, e ponderate tutte le circostanze, abbiamo dovuto determinarci ad abbandonare, almeno per ora, il progetto e lasciare le cose come sono".
Questa decisione è accolta da don Carlo con gran dolore e disappunto: il 25 aprile 1877 scrive al parroco di S. Nazaro per rimettere il suo incarico; è convinto a rimanere dal vescovo ausiliare mons. Giacomo Maria Corna Pellegrini Spandre. Conduce ancora per anni la sua battaglia per costituire la nuova parrocchia, ma senza esito, fino al 1883, quando rinuncia definitivamente all'incarico di curato di Bottonaga.

 

Maurilio Lovatti

 

 

Il Cantiere,  marzo 2016, pag. 12 - 13

 

 

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