Maurilio Lovatti 

 

 

La conversione ecologica che ci chiede Papa Francesco

 

 

Il Cantiere, settembre 2015

 

 

L'enciclica Laudato Sì di papa Francesco non è passata inosservata. Ha scosso le coscienze e comincia a produrre conseguenze. Non ultima la decisione del presidente Obama di dare la priorità alla battaglia sul clima nell'ultimo periodo della sua presidenza.
Nel primo capitolo dell'enciclica, pubblicata lo scorso giugno, papa Francesco traccia un quadro realistico e allarmato ad un tempo sulla situazione del pianeta. Il pontefice descrive i gravi mutamenti climatici in atto a causa del riscaldamento globale, il problema della scarsità dell'acqua soprattutto per i più poveri, la grave perdita delle biodiversità in atto, gli effetti dell'inquinamento, il deterioramento della qualità della vita umana e la degradazione sociale che si diffonde. Insiste sul fatto che le reazioni a questa situazione, sia della politica, sia della cultura, sono troppo deboli, del tutto inadeguate alla gravità della situazione. Afferma: "Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le future generazioni, e che richiede di limitare al massimo l'uso di risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l'efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare." (n. 22).
Il secondo capitolo dell'enciclica approfondisce il significato dalla natura che emerge dalla Bibbia. Secondo Francesco il pensiero ebraico cristiano da un lato valorizza la natura come opera della creazione divina, ma dall'altro la "demitizza", poiché "senza smettere di ammirarla per il suo splendore e la sua immensità, non le ha più attribuito un carattere divino" (78). L'uomo può modificarla con la scienza e la tecnica (che, come la ragione umana, sono doni di Dio), ma senza violarla, cercando di consegnarla integra alle future generazioni.
I capitoli quarto e quinto forniscono alcune linee d'orientamento e d'azione. Particolarmente significativo mi sembra l'affermazione perentoria dello stretto legame tra economia e salvaguardia del creato. Scrive Francesco: "Non ci sono due crisi separate, una ambientale e l'altra sociale". La soluzione richiede "un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura" (139). E ancora: "Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse" (92).
Qual è però la visione economico-sociale di papa Francesco? Da un lato egli è fortemente critico verso ogni forma di liberismo in economia. Già nella Evangelii Gaudium (n. 54) aveva esplicitamente criticato il "principio della ricaduta favorevole", cioè la falsa tesi sostenuta da alcuni economisti, secondo cui ogni crescita economica favorita dal libero mercato riuscirebbe di per sé a produrre una maggiore equità e vantaggi per tutti, anche per i più poveri. Egli pensa che sia la politica a dover governare l'economia indirizzandola al bene comune e non viceversa. D'altro lato, ovviamente, il Papa non è marxista, cioè non pensa che una società giusta debba presupporre l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione.
In positivo quale linee propone il Pontefice per riformare l'economia? Il principio base è quello sul quale aveva ripetutamente insistito Giovanni Paolo II, e cioè la subordinazione della proprietà privata alla destinazione comune dei beni (93) Inoltre dalla Laudato sì possiamo ricavarne almeno quattro proposte più specifiche.
1) La liberazione dal "paradigma tecnocratico" (106-114). Un cambiamento di mentalità che superi la frammentazione del sapere dovuta all'iperspecializzazione delle tecniche e renda consapevoli che è necessario impedire che, come negli ultimi anni, la finanza soffochi l'economia reale. Non si può coltivare l'idea di una crescita illimitata, perché ciò suppone "la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta".
2) Il rafforzamento dei poteri degli organismi internazionali per imporre regole comuni (164).
3) La consapevolezza del maggior dovere dei pubblici poteri di intervenire nell'economia per indirizzarla verso il bene comune (129).
4) Intervenire sull'educazione per favorire la "conversione ecologica" e comportamenti individuali improntati alla responsabilità ambientale anche nelle "piccole azioni quotidiane", come differenziare i rifiuti, evitare sprechi di cibo, acqua ed energia, usare l'automobile solo per necessità. E' meraviglioso, scrive il papa, che l'educazione sia capace di motivare queste scelte "fino a dar forma ad uno stile di vita" (211-212). L'ultimo capitolo, il sesto, è infatti totalmente dedicato all'importanza dell'educazione ambientale, che è compito primario, oltre che della famiglia e della scuola, anche delle comunità ecclesiali.
Scrive il Papa: "Alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l'ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti" (217).
Ovviamente l'enciclica è molto più ricca e complessa di quanto si possa scrivere in poche righe. L'unico consiglio che si può dare è leggerla e meditarla!

 

 

Maurilio Lovatti

 

 

 

 

 

Il Cantiere,  settembre 2015, pag. 6 - 7

 

 

 

 

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