LA GIORNATA DEL CREATO

 

 

Maurilio Lovatti 

 

 

Educare all'amore per la natura

 

 

Il Cantiere, settembre 2013

 

 

Il messaggio dei vescovi italiani per l’ottava Giornata del creato (la prima domenica di settembre) è centrato, fin dal titolo, sul tema La famiglia educa alla custodia del creato. Nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, i vescovi richiamano la costituzione pastorale Gaudium et Spes, laddove afferma che la famiglia è la “scuola di umanità più completa e più ricca”. I vescovi partono dal presupposto che i provvedimenti delle autorità politiche, pur indispensabili, sono insufficienti a salvare l’ambiente dal degrado che rischia di divenire irreversibile. E indispensabile che l’educazione alla custodia del creato si radichi sempre più, e ciò è possibile solo se la famiglia si assume in prima persona questa funzione educativa.

I vescovi indicano anche i valori su cui si deve basare quest’educazione: la gratuità (“da qui sgorga la gratitudine a Dio, che esprimiamo nella gioia della condivisione fraterna, nella cura per la casa, la parsimonia nell’uso dell’acqua, la lotta contro lo spreco, l’impegno a favore del territorio”), la reciprocità e la riparazione del male. In famiglia s’impara a condividere l’impegno a “riparare le ferite” che il nostro egoismo dominatore ha inferto alla natura e alla convivenza fraterna. “Da qui, dunque, può venire un serio e tenace impegno a riparare i danni provocati dalle catastrofi naturali e a compiere scelte di pace e di rifiuto della violenza e delle sue logiche.”

In questo cammino è importante il magistero di papa Francesco, che ha esortato più volte a “coltivare e custodire il creato: è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti... Il coltivare e custodire non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. La -cultura dello scarto- tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti. La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora — come il nascituro — o non serve più — come l’anziano. Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione”.

In effetti lo spreco quotidiano e continuo di tonnellate di cibo che avviene in Italia come in ogni altro Paese economicamente avanzato non può non destare scandalo di fronte alle migliaia di persone che muoiono di fame. Anche dal punto di vista economico, la diminuzione dello spreco di cibo nei paesi ricchi comporterebbe la diminuzione della domanda globale di cibo e quindi una lieve diminuzione dei prezzi delle derrate alimentari, con sensibile miglioramento della situazione dei Paesi poveri, importatori di cibo. Ma per ridurre lo spreco di cibo è determinante l'educazione dei bambini e quindi il ruolo della famiglia. Lo stesso discorso vale per il riciclo dei rifiuti, che da causa di inquinamento e degrado ambientale possono divenire fonte di benessere per la società.

Maurilio Lovatti

 

 

Il Cantiere, settembre 2013, pag. 19

 

 

 

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