Maurilio Lovatti 

 

 

Il Sinodo diocesano sulle unità pastorali

 

 

Il Cantiere, marzo 2013

 

 

Partecipare al 29° sinodo diocesano, che si è concluso solennemente il 9 dicembre, è stata per me un'esperienza significativa ed indimenticabile, anche se molto impegnativa. Il dibattito che si è svolto nell'assemblea sinodale dello scorso dicembre, durato quattro intere giornate, sempre presiedute dal vescovo, e a cui hanno partecipato circa 200 laici eletti nelle varie zone della diocesi e circa 170 tra sacerdoti e religiosi, mi ha lasciato il ricordo di una chiesa aperta al dialogo, nella quale sacerdoti e laici, giovani adulti e anziani, si confrontano sinceramente, senza pregiudizi e diffidenze reciproche, in cui si respira il clima di un'autentica corresponsabilità. In quattro giorni il Vescovo non si è mai mosso dalla presidenza, ascoltando con attenzione tutti gli interventi e tutte le proposte d'emendamento al documento finale. Le votazioni sono state decine e decine, per alzata di mano per i singoli articoli e a scrutinio segreto per l'approvazione dei vari capitoli e poi del documento finale nel suo complesso.
Lo svolgimento del Sinodo ha mostrato come non fosse reale la preoccupazione di chi temeva che esso servisse solo a ratificare decisioni già prese: il fatto che il documento sia stato ampliamente rimaneggiato e integrato dalla Commissione, tenendo conto della gran parte degli emendamenti proposti, ne è la prova indiscussa.
Dell'ampio documento finale, pubblicato anche sul sito diocesano, mi soffermo in particolare sulle parti che noi rappresentanti della zona pastorale Sud abbiamo contribuito a modificare significativamente, portando anche le riflessioni e le proposte che erano emerse nel nostro consiglio pastorale di zona.
L'avv. Giovanni Ferrari, che è il segretario del consiglio di Zona e membro del consiglio pastorale diocesano, ha proposto e illustrato una serie d'emendamenti sull'ultima parte del documento, che disciplina la fase di formazione delle Unità Pastorali (UP). Gli emendamenti, tutti approvati, erano finalizzati a facilitare la fase di costituzione delle UP e a rimuovere gli ostacoli burocratici e organizzativi alla loro formazione.
Nella prima giornata di lavori, io ho proposto un articolato emendamento sugli organismi di comunione e partecipazione, che è stato poi appoggiato da numerosi interventi e infine approvato. In sostanza questa proposta abolisce l'obbligo di costituire un consiglio pastorale in ogni parrocchia dell'UP, com'era invece previsto nel documento iniziale. Infatti, la partecipazione attiva e consapevole dei fedeli laici ai consigli pastorali è un momento insostituibile affinché si attui pienamente la corresponsabilità dei laici secondo gli insegnamenti del Vaticano II. Il Sinodo ha tuttavia preso atto, con realismo e senza ipocrisie, che accanto ad esperienze efficaci e gratificanti, molti CPP stentano a svolgere pienamente la loro funzione: chi vi partecipa ha talvolta la percezione di organi formali, inutili o scarsamente influenti, che si riuniscono saltuariamente, in alcuni casi semplicemente per ratificare decisioni già prese dai sacerdoti. L'introduzione delle Unità Pastorali (UP) comporta necessariamente l'istituzione del Consiglio dell'UP, ma per evitare la moltiplicazione degli organismi è stato accolto questo mio emendamento che elimina l'obbligo di ogni parrocchia di eleggere un proprio consiglio pastorale. Nel regolamento di ogni UP potranno essere previsti organismi di partecipazione diversi nelle varie parrocchie, dalle consulte alle assemblee. Non si tratta evidentemente di un cambio di nomi, ma del tentativo di non moltiplicare e burocratizzare gli organi di partecipazione, perché ciò provocherebbe disaffezione e vanificherebbe l'obiettivo di valorizzare la partecipazione e la corresponsabilità dei fedeli laici. Una consulta parrocchiale, infatti, può essere convocata dal parroco solo quando vi è uno specifico problema in una singola parrocchia, mentre tutti gli ordinari adempimenti pastorali saranno attuati dal consiglio dell'UP, che sarà permanente, come è attualmente il CPP. Nella stessa prospettiva è stato deciso che i consigli pastorali di zona scompariranno dopo l'attuazione delle UP in tutta la diocesi.
Un altro aspetto in cui il documento ha subito significative modifiche riguarda la pastorale sociale; grazie ad un mio emendamento sostenuto anche dal presidente provinciale delle ACLI, Roberto Rossini, e da don Mario Benedini, direttore dell'Ufficio diocesano per la pastorale sociale, tra le competenze dell'UP, oltre ai problemi relativi al mondo del lavoro, sono state aggiunte quelle della pace, della giustizia sociale e della salvaguardia del creato. Spero quindi che questi ambiti d'impegno, spesso trascurati nella vita delle comunità parrocchiali, possano essere invece rivitalizzati.
Ho sentito diverse persone, anche autorevoli, lamentarsi del fatto che questo Sinodo, limitato al tema delle Unità Pastorali, non abbia potuto spaziare su altri argomenti più sentiti e più attuali per la gran parte dei fedeli. Penso invece che l'esperienza storica dei precedenti tre Sinodi del XX secolo mostri che, al di là dei temi indicati come oggetto di discussione, il Sinodo segna sempre una svolta importante per la Chiesa, perché consente di affrontare globalmente gli aspetti significativi della vita della Chiesa diocesana, che nell'attività ordinaria sono spesso messi tra parentesi o soffocati dalla necessità di agire rapidamente. Così il Sinodo di mons. Gaggia del 1923 ha posto le basi per una rinnovata unità e consapevolezza della chiesa bresciana nell'opposizione al fascismo di cui andiamo particolarmente fieri; così nel Sinodo di Tredici del 1952 per la prima volta in Italia una relazione è stata svolta da un laico, anticipando profeticamente l'orientamento sul ruolo dei laici, che poi sarà deciso dal Concilio Vaticano II; così nel Sinodo di Morstabilini del 1979 sono state poste le premesse e assunte le decisioni di fondo per attuare a Brescia le innovative scelte conciliari, con fondamentali ricadute positive fino nel presente.
Mi auguro che questo Sinodo passi alla storia per aver attuato un rinnovamento della pastorale della Chiesa bresciana, che ci dia nuovo entusiasmo, che ci aiuti a sfuggire alle tentazioni della pigrizia mentale, del rifugiarsi nelle tranquille abitudini, nel conformismo, nell'ipocrisia, nella chiusura diffidente verso le nuove sfide che la realtà c'impone.

 

 

Il Cantiere, marzo 2013, pag. 6-7

 

 

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