Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, giugno 2025, pag. 25
A difesa dell'autonomia delle ACLI Mario Faini, una vita spesso controcorrente Maurilio Lovatti
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Mario Faini (1918-2004) è stato il dirigente più conosciuto delle ACLI bresciane. Impiegato all'OM, nell'autunno del 1943 si avvicina alla Resistenza tramite l'amico e collega Michele Capra e partecipa all'attività delle Fiamme Verdi. Aderisce alle ACLI fin dalle origini. Dal primo congresso delle ACLI bresciane (marzo 1947) è Segretario e membro della Presidenza provinciale. Vicepresidente e Direttore di Battaglie Sociali dal 1959 al 1967 (con Giacomo Bresciani presidente), diviene presidente provinciale nel settembre del 1967 e fino al luglio del 1971. Membro del Consiglio Nazionale delle ACLI, ha fatto parte della Presidenza nazionale dal 1957 al 1959 e poi nel 1969. Molto vicino alla posizioni di Livio Labor fu strenuo sostenitore dell'autonomia delle ACLI. Nel VII Congresso provinciale (novembre 1959) quando Michele Capra, con l'appoggio di Gianni Landi, degli aclisti dell'OM e della FIM di Franco Castrezzati, sosteneva la necessità che le ACLI si schierassero decisamente con la sinistra DC per contrastare i dorotei allora guidati da Aldo Moro, Faini, in coerenza con le sue convinzioni autonomistiche, aderì allo schieramento aclista di Giacomo Bresciani, Franco Sarasini, Mario Picchieri, Battista Fenaroli e Rita Gabelli, che si opponeva fermamente alla linea di Capra. Per lui lo scontro con Capra fu molto doloroso. Come disse qualche anno dopo, aveva dovuto scegliere tra "amicizia e verità" e con grande disagio aveva scelto la seconda, sacrificando una lunga e profonda amicizia che durava da oltre 15 anni. Anche a livello nazionale assieme a Livio Labor si impegnò nella battaglia per l'autonomia delle ACLI, sostenendo l'incompatibilità tra il mandato parlamentare e la presenza negli organismi direttivi del movimento. Per questo rifiutò la proposta di entrare nella presidenza nazionale di Ugo Piazzi (1960-61) e sempre con Labor diede vita al Moc, rivista di opposizione rispetto alla maggioranza delle ACLI. Fu decisamente favorevole alla nascita del Centrosinistra, quando questa prospettiva era decisamente contrastata dalla CEI del card. Giuseppe Siri. Durante gli anni della presidenza Labor (dal 1961 al 1969) appoggiò con convinzione il rinnovamento delle ACLI promosso dallo stesso Labor. L'11 maggio del 1971, intervenendo a Roma nel Comitato esecutivo delle ACLI, pochi giorni dopo il ritiro degli Assistenti ecclesiastici delle ACLI deciso dalla CEI, affermò: "non procuriamoci nuovi nemici, ma diamo una risposta (ai vescovi) non piagnucolosa, ma virile. Come la può dare un movimento di lavoratori. Esprimiamo chiaramente il nostro rammarico e facciamo anche notare che questo documento (della CEI) premia la DC, la destra, i cattolici del passato". Nel 1971 lasciò tutte le cariche nelle ACLI e indicò come suo successore Beppe Anni, che venne eletto presidente provinciale dopo il XII congresso provinciale (giugno 1971), salvo poi esercitare tutta la sua grande influenza sulle ACLI per farlo mettere in minoranza e dimettere due anni dopo, quando ormai Anni aveva assunto posizioni incompatibili con i valori e la tradizione delle ACLI. Per il suo pluridecennale impegno nelle ACLI è stato scherzosamente definito "il Boni delle ACLI". Lasciato l'impegno diretto nelle ACLI, si dedicò alla ricerca storica, fu tra i promotori dell'Editrice Sangallo e del Ce.Doc, il Centro di documentazione voluto dall'Azione Cattolica. Le sue numerose pubblicazioni hanno per oggetto prevalentemente la storia di Brescia nell'Ottocento e Novecento, i Ronchi (dove era nato e aveva vissuto nell'infanzia) la storia del movimento cattolico e delle ACLI, sempre con particolare attenzione ai lavoratori, agli umili, agli sfruttati. Maurilio Lovatti |
Battaglie Sociali, giugno 2025, pag. 25
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