Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, giugno 2020, pag. 10

 

Grazie Europa

Maurilio Lovatti

 

 

Nelle scorse settimane, nei vari social, nell'ambito di una ben orchestrata campagna di stampo leghista e sovranista, giravano numerosi post in cui polemicamente si accusava la Comunità europea e in particolare la Germania per la mancata solidarietà verso l'Italia. Forse val la pena di ricordare che quando gli effetti della pandemia erano massimi e le nostre terapie intensive tutte piene, diversi bresciani sono stati salvati perché trasferiti in Germania, mentre il vicino Veneto, con oltre un terzo delle terapie intensive ancora libere, non aveva dato la disponibilità alla Protezione civile.
Anche dal punto di vista economico, la presenza dell'Europa sarà fondamentale per cercare di uscire dalla crisi economica prodotta dal corona virus. Nel breve periodo sono disponibili tre strumenti europei per i Paesi più colpiti.
Il SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) mette a disposizione circa 100 miliardi di euro garantiti dalla CE per sostenere la cassa integrazione straordinaria dei singoli Stati membri in seguito alla chiusure per l'epidemia. La Banca Europea per gli Investimenti ha messo a disposizione degli Stati membri 240 miliardi di euro per investimenti. Qui è stato potenziato uno strumento già esistente. Nel 2019 infatti l'Italia aveva già usufruito di 11 miliardi sui 63 a disposizione di tutti i Paesi della CE. Poi c'è il famoso MES (Meccanismo europeo di stabilità), che nella versione ultima permette ad ogni Paese di avere in prestito al massimo il 2% del proprio PIL per spese e investimenti nel settore sanitario (per l'Italia circa 36 miliardi). E' evidente che l'Italia potrebbe spendere questi soldi nella sanità anche senza ricorrere al MES. La differenza sta tutta e solo negli interessi da pagare su questi debiti. Col MES è solo dello 0,1% annuo. Con i tradizionali canali di finanziamento del debito pubblico siamo circa al 1,8%. In 10 anni sono circa 5 miliardi di interesse risparmiati. Chi di noi, se dovesse contrarre un mutuo per acquistare una casa, andrebbe da una banca che gli chiede un interesse dell'1,8, quando in un altra ti chiedono solo lo 0,1%?
A medio e lungo termine lo strumento previsto è il Recovery Fund, fondo per la ripresa, non ancora definito in tutti i dettagli in sede europea, disponibile dal 2021, che secondo la proposta della Commissione erogherà 500 miliardi di aiuti a fondo perduto e 250 di prestiti a lungo termine, da restituire entro il 2058. Secondo la proposta l'Italia sarà il Paese più beneficiato, con 81,8 miliardi di trasferimenti e 90,9 di prestiti a lungo termine.
Questo è lo stato della questione. Tuttavia va rilevato che nell'acceso dibattito, talvolta decisamente ideologico, sugli aiuti europei e sulla più o meno tempestiva solidarietà europea, si trascura spesso il fatto più importante. L'Italia ha un mastodontico debito pubblico. Con gli scostamenti di bilancio proposti dal governo e approvati dal parlamento (prima 25 miliardi e poi altri 55) supererà nettamente il 150% del PIL. Questo equivale a dire che lo Stato è indebitato in modo tale che su ogni cittadino grava mediamente un debito pari ad un anno e mezzo del suo reddito. Una cifra enorme. Se l'Italia non fosse nell'euro e se la Banca Centrale Europea non intervenisse continuamente e con grandi acquisti dei nostri titoli, la spesa per interessi del nostro Paese sarebbe insostenibile e lo spread salirebbe alle stelle, mandandoci dritti verso il fallimento o verso una cura lacrime e sangue. E' vero che adesso, causa pandemia, si può accedere a prestiti quasi a costo zero. Mai ciò accresce il peso che scarichiamo sulle future generazioni, e poi prestiti comunque vanno prima o poi restituiti e, da questo punto di vista, è proprio l'essere nella CE che ci consente di farlo a condizioni non disastrose. Non fosse che per questo, dovremmo dire unanimi: grazie Europa! Di cuore.

 

 

Battaglie Sociali, giugno 2020, pag. 10

 

 

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