Battaglie Sociali, periodico delle ACLI bresciane, marzo 2018, pag. 6-7

 

Il fascismo

ripassiamo insieme

Maurilio Lovatti

 

 

Il 23 marzo 1919 a Milano, in piazza S. Sepolcro, Benito Mussolini assieme a qualche decina di militanti fonda i Fasci di combattimento. Un movimento dalla linea confusa (nazionalista, repubblicano, antiparlamentare e anticlericale, ma con rivendicazioni economiche simili a quelle dei socialisti rivoluzionari da cui lo stesso Mussolini proveniva) che sembrava non avere realistiche possibilità di successo. Infatti, pochi mesi dopo, alle elezioni di novembre del 1919, la sua lista ottenne un misero 0,08% e nessun seggio alla Camera (il senato era di nomina regia).
Ma nel giro di tre anni il fascismo vede crescere i consensi, fino alla marcia su Roma e a Mussolini capo del governo. Quali le ragioni?
1) i socialisti, che erano il primo partito con il 32,4%, dei voti, erano dominati dai massimalisti, che proponevano obiettivi confusi e rivoluzionari, che spaventavano il ceto medio e l'opinione pubblica (a Torino arrivarono a scioperare contro l'ora legale!)
2) i fascisti si ponevano come partito d'ordine (sostituivano ferrovieri e tranvieri in sciopero)
3) gli agrari prima e parte degli industriali poi trovarono nelle squadre fasciste un mezzo economico e funzionante per stroncare con la violenza scioperi e occupazioni
4) nell'opinione pubblica si era diffuso il falso mito della “vittoria mutilata” che sosteneva che all'Italia erano stati negati i benefici che le spettavano per la vittoria nella prima guerra mondiale; in realtà la colpa era di Orlando e soprattutto di Sonnino (ministro degli esteri) che pretendevano di avere sia i vantaggi del patto di Londra, sia quelli dei 14 punti di Wilson, e così abbandonarono le trattative e persero i diritti sulle colonie tedesche. Il mito delle vittoria mutilata fece crescere il nazionalismo e quindi avvantaggiò il fascismo.
Tuttavia il fascismo non sarebbe giunto al potere se non ci fossero stati errori da parte delle forze liberali e democratiche. In primo luogo c'è una responsabilità del re Vittorio Emanuele III, che prima della marcia su Roma si rifiuta di firmare lo stato d'assedio proposto dal governo Facta. Prima c'era stato l'errore di Giolitti (che pure prima della guerra aveva governato bene e fatto riforme utili per modernizzare il Paese) di includere i fascisti nei “blocchi nazionali” per le elezioni del maggio 1921, contribuendo così a legittimarli di fronte all'opinione pubblica. Poi c'è stata anche la sottovalutazione del pericolo fascista da parte di comunisti e socialisti rivoluzionari (Togliatti nel 1922 scrisse che Mussolini o Giolitti poco cambiava, erano comunque governi borghesi contro il proletariato...)
Non va dimenticato che Mussolini arriva al governo legittimamente nel 1922, ebbe l'incarico dal Re e la fiducia da entrambe le Camere. Dal 1922 al 1925 il governo Mussolini era un governo di coalizione, nel quale i fascisti avevano 5 ministri su 14. La dittatura si afferma solo nel 1925. Tra il 1925 e il 1926 vengono messi fuori legge gli altri partiti e i sindacati, e soppressi i giornali contrari al regime. La dittatura fascista ha attuato anche delle riforme positive dello stato sociale, ma ci ha portato alle leggi razziali, all'alleanza con Hitler, alla guerra, alla mutilazione del territorio dello Stato.
Anche i cattolici hanno colpe e responsabilità. La legge elettorale Acerbo del 1923, che spiana la strada al successo fascista nelle elezioni del 1924 è votata anche dai popolari. Molti esponenti cattolici lasciano il PPI per salire sul carro del vincitore. Al punto che il settimanale diocesano La Voce del Popolo li rimprovera: “un appoggio incondizionato del nuovo partito” (cioè quello fascista), mentre nel PPI “si trovano quasi esclusivamente i cattolici più attivi e preparati alla vita politica” rappresenta “un gesto d'esaltazione politica, un lasciarsi affascinare dal successo, abbandonando senza ragione i compagni di battaglia.” (5 aprile 1924).
La dittatura fascista si afferma prima in Italia, ma trova poi molti imitatori in Europa, dal nazismo in Germania, al franchismo in Spagna, ai regimi autoritari e nazionalisti nell'Europa Orientale. Come italiani non c'è da esserne orgogliosi...


Maurilio Lovatti

 

Battaglie Sociali, marzo 2018, pag. 6-7

 

 

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