Franco Manni I Due Manifesti del 1925
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Dalla seconda metà del XIX secolo e cioè dall’epoca del Positivismo (filosofia che riteneva che il modello della conoscenza umana fossero le scienze naturali empiriche e matematizzate) in vari Paesi sorgono contro di esso altri filosofi come Max Weber e Wilhelm Dilthey in Germania, Henri Bergson in Francia, Francis H. Bradley in Inghilterra, William James in USA, Sigmund Freud in Austria. In Italia la reazione contro il Positivismo è di Benedetto Croce (Pescasseroli 1866) e Giovanni Gentile (Castelvetrano Trapani 1875). Entrambi erano filosofi neo-Hegeliani, cioè seguaci tardo ottocenteschi e novecenteschi della filosofia di G.W.F. Hegel (Stoccarda 1770 – Berlino 1831). Croce segue però lo Hegel di Francesco De Sanctis e Antonio Labriola, mentre Gentile quello di Bertrando Spaventa. Intanto, tuttavia, sono uniti nella battaglia contro il Positivismo. Croce non insegna alla università e non è laureato, mentre Gentile laureato alla Scuola Normale Superiore di Pisa cerca e ottiene (anche grazie a Croce) l'insegnamento universitario arrivando al suo vertice. Croce pubblica dal 1903 (fino al 1952!) la più importante rivista culturale che si sia mai stata nella storia italiana: "La Critica". Quanti e quali collaboratori essa ebbe! Ma nei primi 11 anni Croce e Gentile furono quasi gli unici redattori. I) Nel 1914 si manifesta però il primo allontanamento tra i due a causa della diversa visione di Hegel e della filosofia e Gentile smette la collaborazione alla rivista.Però, nel 1920 – 1923, soprattutto, essi collaborano a costruire e promuovere e difendere la grande Riforma scolastica, di cui in questo Convegno ha parlato Maurilio Lovatti. II) Dal marzo 1923 al maggio 1924 Benedetto Croce e Giovanni Gentile intrattengono sul «caso Spinazzola» un dialogo tra sordi, poiché l’uno continua a difenderlo e l’altro insiste sull’azione punitiva. Vittorio Spinazzola era il più importante archeologo italiano, Direttore del Museo di Napoli, Sovrintendente agli scavi di Pompei, etc. Per antipatie e rivalità personali Gentile lo odiava, e per opportunismo di carriera lo voleva distruggere, a causa di una vendetta da parte della Duchessa di Aosta per un articolo che Spinazzola aveva scritto contro suo marito del 1921.Qui, sul piano morale, prima che sul piano politico, avviene la rottura della amicizia. Nel dicembre 1931 e poi nel 1944 Croce riassumerà in una lettera-memoriale le proprie valutazioni: "Ricordo molte e brutte cose, e, anzi, in questa occasione, feci la prima esperienza di ciò che quell’uomo [Gentile] realmente fosse o fosse diventato /.../ una volta che, nel suo gabinetto di ministro, gli ripetevo le mie esortazioni, egli proruppe in modo iroso e villano che quell'uomo gli era «antipatico» e «odioso». A questo scatto io mi levai: «Senti – gli dissi – sulla sedia in e cui siedi, sono stato anch’io, e non ho mai pensato che i miei dipendenti mi potessero essere "odiosi" o "antipatici" e, pur trattandoli nel caso col debito rigore, non ho mai dimenticato che il ministro è il naturale difensore dei loro diritti e della loro personalità morale». Ed egli si confuse e cercò di placarmi e mitigarmi, ma io rimasi con un sentimento severo verso di lui, parendomi che mi avesse rivelato un fondo che non conoscevo dell’animo suo, e una incoercibile rozzezza nel discernimento morale" Croce scrive questo a conclusione della sua lettera del 13 maggio, la penultima delle centinaia scritte in quasi trent’anni all’amico, dal quale si sente ora deluso sul piano umano: "Si tratta di un punto così grave, nel quale non bisogna dar luogo a fraintendimenti. Troncar la carriera e forse la vita di un uomo (il quale è già irriconoscibile dopo il tormento di dieci mesi) non è cosa da far alla svelta." III) La ultima causa di fine della amicizia tra loro è la reazione all'omicidio di Giacomo Matteotti. Croce spera in una normalizzazione delle libertà dello Statuto Albertino come le libertà di espressione del pensiero (discorsi, stampa) e di associazione (partiti politici, sindacati) e invece Gentile no. Il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, in cui il capo del governo esplicita la sua politica dittatoriale contro queste libertà suggella la opposizione tra loro. Nell’ultima lettera del loro carteggio (24 ottobre 1924) scrive in tono definitivo: «Certo, noi da molti anni ci troviamo in un dissidio mentale, che per altro non era tale da riflettersi nelle nostre relazioni personali. Ma ora se n’è aggiunto un altro di natura pratica e politica, e anzi il primo si è convertito nel secondo; e questo è più aspro. Non c’è che fare». Considera Gentile asservito a Mussolini e lo ignora negli incontri in Senato. È ripagato con giudizi offensivi.Cronaca della iniziativa di due Manifesti Il 9 marzo Gentile fa una conferenza "Libertà e Liberalismo" alla locale casa del fascio bolognese qui per "liberalismo" egli intende solamente la Llibertà degli antichi" di Benjamin Constant e lo "Stato Etico" di Hegel, cioè la libertà come indipendenza e potenza di uno Stato rispetto agli altri Stati, ma non la "Libertà dei Moderni" cioè quelle libertà di espressione e di associazione relative all’individuale persona che è "libera" da ingerenze altrui, soprattutto proprio da quelle provenienti dallo Stato stesso. Poi Gentile presiede il "Convegno per le istituzioni fasciste di cultura" organizzato dal fascista Francesco Ciarlantini a Bologna nel 29 marzo 1925, convegno dove si decide di pubblicare il Manifesto degli Intellettuali Fascisti e si organizza la raccolta delle firme Questo Manifesto, scritto da Gentile, viene pubblicato il giorno del Natale di Roma (21 aprile) su "Il Popolo d'Italia" di Mussolini e su molti altri giornali italiani: 250 firmatari tra cui D'Annunzio, Pirandello, Ungaretti, soffici, Malaparte e molti altri. Giovanni Amendola, deputato nittiano liberale napoletano dal 27 giugno 1924, capo della Secessione dell'Aventino, vuole reagire. Egliorì di cancro esule a Parigi nel 1926, dopo che nel luglio 1919 fu bastonato dai fascisti in un agguato, e sfuggì fortunosamente a un tentativo di omicidio. Ma intanto,il 21 aprile avendo letto il Manifesto di Gentile, Amendola chiede a Croce di rispondere. E Croce risponde subito di sì! E il 23 dà ad Amendola il testo che sarà pubblicato la data simbolica del 1° maggio (quell'anno per la prima volta non era più festa civile) su "Il Popolo" di Giuseppe Donati, su "Il Mondo" di Amendola stesso, "Il Mattino", "Il Giornale d’Italia", "La voce repubblicana", "La Stampa", "Il Corriere della Sera. "… 48 firme…poi con altre due riprese si aggiungono a valanga le firme: il Manifesto fu firmato complessivamente da centinaia di intellettuali, circa 350, delle cui firme solo 270 furono pubblicate a stampa. il venerdì 1° maggio, la domenica 10 maggio e il venerdì 22 maggio. Il nome del Manifesto crociano: mai si legge lo aggettivo "antifascista" nei titoli dei quotidiani citati! la parola "antifascismo" compare una volta nel Manifesto di Gentile e mai in quello di Croce Domenica 10 maggio 1925 fu pubblicato un secondo elenco parziale e il 22 Maggio un terzo. ELENCO FIRME 10 MAGGIO • il Mondo, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. ?, col titolo: «???»; • Il Popolo, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. 3, col titolo: «Le nuove adesioni al manifesto degli intellettuali»; • Il Mattino, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. ?, col titolo: «???»; • Il Giornale d'Italia, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. 8, col titolo: «Le adesioni al manifesto dell'"intelligenza liberale"»; • Corriere della Sera, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. 1, col titolo: «Le adesioni alla risposta al manifesto degli intellettuali fascisti»; • La Stampa, nº 111 di domenica 10 maggio del 1925, a pag. 1, col titolo: «Il plebiscito intellettuale contro il manifesto Gentile»; ELENCO FIRME 22 MAGGIO • il Mondo, n° ? di venerdì 22 maggio del 1925, a pag. ?, col titolo: «???»; • Il Popolo, nº 122 di sabato 23 maggio del 1925, a pag. 3, col titolo: «Nuove adesioni al manifesto degli intellettuali non-fascisti»; • Il Mattino, n° ? di venerdì 22 maggio del 1925, a pag. ?, col titolo: «???»; • Il Giornale d'Italia, nº 122 di venerdì 22 maggio del 1925, a pag. 6, col titolo: «Il manifesto dell'Intelligenza liberale»; • Corriere della Sera di Milano, nº 121 di venerdì 22 maggio del 1925, a pag. 1, col titolo: «Le adesioni alla risposta agli intellettuali fascisti»: Anche in questi quotidiani del 10 e 22 Maggio mai viene usato l’aggettivo "antifascista". Per paura? No. Era qualcosa di più profondo e culturale. Prendiamo Piero Gobetti, l’antifascista puro ed irriducibile: nel libro più importante di Gobetti, La rivoluzione liberale, zero volte compare lo aggettivo "antifascista" e 1 volta sola il sostantivo "antifascismo"; In tutti gli Scritti Politici di Mussolini 1 sola volta "antifascista" e 1 sola volta "antifascismo". 3 volte invece "antifascista" nell'Opera Omnia di Mussolini (23 agosto 1923 – 13 giugno 1924). Interessante – a questo proposito - è l’articolo su "Togliatti e l'antifascismo" di Aurelio Lepre su Studi Storici (la rivista dell’Istituto Gramsci) nel 1985: di grande rilievo è la lettera che Togliatti invio alla segreteria del partito alla fine di ottobre 1935, in cui c'è un'aperta ammissione dell'inesistenza di un antifascismo di massa: "La grande massa degli italiani, scrive Togliatti, ha ancora molta strada da percorrere prima di diventare antifascista". Egli ritiene che la prima spinta ad una modificazione della situazione politica non verrà da una massa antifascista, ma da una parte della massa fascista; però per potere parlare con la nuova opposizione, che chiameremo fascista, "per poter agire sul malcontento dei fascisti non si può parlare loro di Matteotti". Quel 1° maggio 1925 vi furono violenze fasciste data la data simbolica per i movimenti marxisti: ... P olizia, Milizia e forze dell’ordine percuotono attivisti di sinistra a Bologna e Genova, ne arrestano numerosi a Reggio Emilia, uccidono due socialisti in una trattoria milanese, devastano la sede romana dei social-riformisti, ecc. L’indomani la stampa fascista commenterà: «se il popolo ha fatto il suo dovere, non così un gruppetto di intellettuali che, nel fatidico giorno consacrato a Marx, a Lenin ed alla "bandiera rossa", ha voluto fare il su scioperino di protesta... L’unica manifestazione sovversiva il 1° maggio in Italia l’ha fatta il Croce con un manifesto antifascista"A Bari il 18 maggio, nell’infuocato clima anti-crociano, durante la conferenza nell’aula consiliare di Bari sulla vita religiosa della Napoli settecentesca all’apparire di Benedetto Croce c’è stata un’ovazione calorosa e dalle grida si notava che la manifestazione era diretta al noto ispiratore della risposta al manifesto degli intellettuali fascisti. Quei «vivissimi e prolungati applausi» sono una delle ultime espressioni di opposizione, nel Paese dominato dalla dittatura. Ispirati dal loro capo, l’11 Luglio gli squadristi di Napoli intonano sgangherate strofette sotto le finestre di Palazzo Filomarino, senza che i poliziotti di guardia li allontanino. Questo il ritornello di una canzoncina intonata con piglio minaccioso: Fascisti, camerati! – gridiamo a viva voce Che ce ne freghiamo – di Benedetto Croce! Bombe a man, carezze di pugnal! Nel giornale fascista "L'Impero" il futurista Settimelli nell'agosto 1925 scrive: «Appena ho cominciato a respirare, ho sentito tutto lo schifo del fetore crociano. Uomo librofago – gigantesco cacatore di libri – è il più volgare dei farabutti, che mette a nudo – mentendo spudoratamente – la sua delinquenza e dà la prova precisa della sua bassa anima di criminale in potenza».
Differenze tra i due Manifesti Ora la mia linea di analisi dei testi dei due Manifesti sarà questa: prima le differenze (per le quali ci fu bisogno di due Manifesti!), e poi le somiglianze. 0) La lunghezza: 2246 parole testo Gentile, 1253 parole testo Croce.1) sul concetto di "libertà": Gentile valuta solamente la già descritta Libertà degli Antichi – nella dicotomia di Benjamin Constant – senza cenno alla Libertà dei Moderni: "La verità è che la grande massa del popolo italiano lo sente e ne dà prova con la tranquilla indifferenza con cui assiste alle calorose proteste e querimonie delle opposizioni, che chi lavora oggi in Italia, per la libertà della Nazione nel mondo, non è l’antifascismo, ma il Fascismo, /.../ da una parte i fascisti, dall’altra i loro avversari"Mentre sulla cosiddetta (dal filosofo liberale Benjamin Constant) "Libertà dei Moderni" Gentile ne parla contro direttamente cioè attraverso idee teoriche: "Lo Stato costituzionale era perciò, e doveva essere, antifascista, poiché era lo Stato della maggioranza, e il fascismo aveva contro di sé appunto questo Stato che si diceva liberale; ed era liberale, ma del liberalismo agnostico e abdicatorio, che non conosce se non la libertà esteriore. Lo Stato che è liberale perché si ritiene estraneo alla coscienza del libero cittadino, quasi meccanico sistema di fronte all’attività dei singoli. " e Gentile ne parla contro anche indirettamente, cioè attraverso questioni pratiche di fatto. "al Governo fascista si imputano misure di polizia lesive della libertà di stampa. Questioni di fatto più che di principio. Tutte le libertà costituzionali negli Stati più liberali sono state sospese quando particolari ragioni ne abbiano dimostrata la necessità e tutti i teorici e difensori del liberalismo hanno sempre riconosciuto la legittimità di simili sospensioni. Si tratta di vedere quando il Governo ha fatto uso di queste misure di polizia, se è vero o non è vero che certa stampa (di proposito o no, poco importa) facesse correre alla Nazione il rischio dei più gravi turbamenti dell’ordine pubblico, e se perciò il Governo non abbia ben meritato dal Paese e dalla libertà, che quei turbamenti avrebbero compromesso, operando come ha operato." Invece nel suo testo Benedetto Croce condanna il lodare "l’odio e il rancore che si accendono contro un partito che nega ai componenti degli altri partiti il carattere di italiani e li ingiuria stranieri, e in quell’atto stesso si pone esso agli occhi di quelli come straniero e oppressore, e introduce così nella vita della Patria i sentimenti e gli abiti che sono propri di altri conflitti". Dunque, Croce difendeva le due Libertà dei Moderni (espressione ed associazione), cioè della persona individuale. 2) Testo di Gentile e rapporto tra intellettuali e politica: a cominciare dalla stessa intenzione di partenza "intellettuali fascisti" cioè confusione tra partito politico e funzione degli intellettuali. Poi: "Il fascismo è concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente emiseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni" Come non ricordare l'intellettuale organico di Gramsci, la subordinazione togliattiana degli intellettuali al Partito, il "tutto è politica" sessantottino? Invece nel suo testo Croce: " E, veramente, gl’intellettuali, ossia i cultori della scienza e dell’arte, se, come cittadini, esercitano il loro diritto e adempiono il loro dovere con l’iscriversi a un partito e fedelmente servirlo, come intellettuali hanno il solo dovere di attendere, con l’opera dell’indagine e della critica e le creazioni dell’arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale affinché con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie. Varcare questi limiti dell’ufficio a loro assegnato, contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore generoso." Questa idea di Benedetto Croce è stata celebrata, analizzata, espansa ed applicata a tempi nuovi dal fondamentale libro di Norberto Bobbio, Politica e cultura, scritto nei primi Anni Cinquanta per difendere questa idea di distinzione tra politica e cultura di Croce contro l’idea di Togliatti (nel suo pseudonimo Roderigo di Castiglia) che voleva gli intellettuali sottoposti al "Partito". 3) il concetto di "religione", strettamente collegato al precedente. Per Gentile la politica del partito fascista è una "religione": "il carattere religioso del fascismo /.../ Di qui il carattere religioso del Fascismo. Questo carattere religioso e perciò intransigente, spiega il metodo di lotta seguito dal Fascismo nei quattro anni dal ’19 al ’22. I fascisti erano minoranza, nel Paese e in Parlamento, dove entrarono, piccolo nucleo, con le elezioni del 1921. contro lo Stato liberale il Fascismo si accampò anch’esso con la forza della sua idea grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa /.... / Fede, come ogni fede che urti contro una realtà costituita da infrangere e fondere nel crogiolo delle nuove energie e riplasmare in conformità del nuovo ideale ardente e intransigente"Invece nel suo testo Croce: "Ma il maltrattamento delle dottrine e della storia è cosa di poco conto, in quella scrittura, a paragone dell’abuso che si fa della parola «religione»; perché, a senso dei signori intellettuali fascisti, noi ora in Italia saremmo allietati da una guerra di religione, dalle gesta di un nuovo evangelo e di un nuovo apostolato contro una vecchia superstizione /.../ e ne recano a prova l’odio e il rancore che ardono, ora come non mai, tra italiani e italiani. /.../ nobilitare col nome di religione il sospetto e l’animosità sparsi dappertutto, che hanno tolto persino ai giovani delle università l’antica e fidente fratellanza nei comuni e giovanili ideali, e li tengono gli uni contro gli altri in sembianti ostili; è cosa che suona, a dir vero, come un’assai lugubre facezia." 4) la filosofia di Hegel: entrambi i due filosofi sono hegeliani, ma si differenziarono nei 10 anni tra l'inizio del loro rapporto 1896 e il libro di Croce del 1906. Infatti, nel 1913, Gentile e Croce dichiararono la loro separazione teorica di separazione teorica. Ma la separazione era già iniziata nel 1907, però non era stata resa pubblica: nel 1906 Croce aveva scritto il suo libro fondamentale. Ciò che è Vivo e ciò che è Morto della Filosofia di Hegel, nel quale separava radicalmente ciò che è "vivo" e ciò che è "morto" nella filosofia di Hegel. Gentile aveva scritto una recensione del libro dell'amico, ma non l'aveva pubblicata perché era troppo sfavorevole e non voleva indebolire il comune "movimento" di lotta anti-positivista.A) teoria e pratica: nel suo testo Gentile : " è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare". Come non pensare al Marx che diceva che i filosofi prima cercavano di capire il mondo ma ora devono cambiarlo. Invece Croce aveva costruito il suo sistema filosofico distinguendo nettamente i due atti teoretici dello spirito (estetico e logico) dai due atti pratici (economico ed etico). B) Lo Stato Etico: nel suo testo Gentile: "giacché la Patria del Fascista è pure la Patria che vive e vibra nel petto di ogni uomo civile, quella Patria cui il sentimento dappertutto si è riscosso nella tragedia della guerra e vigila, in ogni paese, e deve vigilare a guardia di interessi sacri /.../ Codesta Patria è pure riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni /.../ Il Fascismo, i cui capi, a cominciare dal supremo, hanno tutti vissuto l’esperienza socialista, intende conciliare due termini finora sembrati irriducibilmente contrari: Stato e Sindacato. Stato, come forza giuridica della Nazione nella sua unità organica e funzionale; Sindacato, come forza giuridica dell’individuo quale attività economica, che nel diritto possa avere la sua garanzia, attività quindi specificata socialmente e appartenente ad una categoria sociale. Stato, come organizzazione di tutte le attività individuali, nel loro ordine organico e concreto. Non regresso, perciò, rispetto allo Stato costituzionale, anzi sviluppo, maggiore determinazione intrinseca e realizzazione del suo principio di effettiva rappresentanza popolare nel potere legislativo." Iinvece Croce ("Lo stato e l'etica" 1924) : "Concepita la «moralità» come «Stato etico», e identificato questo con lo Stato politico o «Stato» senz’altro, si giunge alla concezione (dalla quale i teorici di quella scuola non rifuggono), che la moralità concreta è tutta in quelli che governano, nell’atto che governano, e i loro avversari debbono considerarsi avversari della morale in atto, degni non solo di essere, secondo legge e fuor di legge, puniti (che s’intende o può intendersi), ma di alta condanna morale. È, per così dire, una concezione «governativa» della morale/.../ bisogna tener fermo a considerare lo Stato per quel che esso veramente è: forma elementare e angusta della vita pratica, dalla quale la vita morale esce fuori da ogni banda e trabocca, spargendosi in rivoli copiosi e fecondi; così fecondi da disfare e rifare in perpetuo la vita politica stessa e gli Stati". C) la logica del pensiero: Gentile segue Hegel nella dialettica degli opposti: Tesi, Antitesi, Sintesi. Nel suo testo Gentile. "In secondo luogo, questa piccola opposizione al Fascismo, formata dai detriti del vecchio politicantismo italiano (democratico, razionalistico, radicale, massonico) è irriducibile e dovrà finire a grado a grado per interno logorio e inazione, restando sempre al margine delle forze politiche effettivamente operanti nella nuova Italia. E ciò perché essa non ha propriamente un principio opposto ma soltanto inferiore al principio del Fascismo, ed è legge storica che non ammette eccezioni che di due principi opposti nessuno vinca, ma trionfi un più alto principio, che sia la sintesi di due diversi elementi vitali a cui l’uno e l’altro separatamente si ispirano; ma di due principi uno inferiore e l’altro superiore, uno parziale e l’altro totale, il primo deve necessariamente soccombere perché esso è contenuto nel secondo, e il motivo della sua opposizione è semplicemente negativo, campato nel vuoto." Invece Croce: le 4 forme dello spirito sono sullo stesso livello ed esistono sempre e nessuna è inferiore e nessuna superiore e è "sintesi" dell’altra, cioè nessuna 'assorbe' l'altra e nessuna è 'assorbita’ dall'altra: la Famiglia e la Società Civile non vengono assorbite dallo Stato, e l'Arte e la Religione non vengono assorbite dalla Filosofia.
Somiglianze tra le idee dei due filosofi In una polemica sui giornali appena prima del congresso di Bologna del 29 marzo da cui scaturì il Manifesto Fascista, Gentile descrive Croce come padre del fascismo: "Tutta l’educazione filosofica e la costante e più profonda ispirazione del pensiero del Croce ne fa uno schietto fascista senza camicia nera. Mi dispiace sinceramente di dir cosa che in questo momento gli possa far dispiacere; ma quanti amiamo il Croce e lo sentiamo vivo accanto a noi e dentro di noi, non possiamo rassegnarci ad abbandonarlo al passato /.../I giovani fascisti ora si volgono a lui e lo salutano loro padre spirituale, ancorché egli, come tanti altri, non voglia riconoscere i suoi figli. Ma a questo ci penserà la storia». In questa polemica del marzo 1925, Gentile vuole indebolire l’ex amico e squalificarlo nella sua stessa area, togliendogli la coerenza di liberale. In queste parole Gentile disonestamente oblitera le differenze, e per fare questo- però - si appoggia sulle somiglianze che erano in effetti molte, anzi moltissime. 1) lo Storicismo hegeliano: Hegel...che li fece incontrare e entrambi fecero sì che in Italia l'eroe intellettuale fosse Hegel, e nella Italia fascista ci fosse anche (oltre al tradizionalismo reazionario di origine sanfedista e machiavellico, vedi Giovanni Preziosi e Julius Evola) e non Nietzsche, diversamente che nella Germania Nazista… E dunque lo Storicismo....ciò che aveva improntato la Riforma Scolastica e la massima parte degli studi in Italia fino ad oggi2) il non essere cristiani ma il valorizzare il cristianesimo, contro l'illuminismo, il positivismo e il marxismo. Gentile nella già citata relazione "Libertà e liberalismo" che precedette il suo Manifesto scrive. "Noi in quanto cristiani concepiamo la vita in maniera spiritualista. La vera realtà, il mondo in cui collochiamo la nostra vita, non è il mondo della natura /.../ il mondo in cui noi speriamo, lottiamo, guerreggiamo è il mondo dello spirito". E noi sappiamo che Croce volle che il suo sistema di filosofia fosse chiamato Filosofia dello Spirito. E volle l'insegnamento della religione alle elementari nella sua Riforma scolastica. E qualcuno di noi ricorda il famoso discorso dopo gli orrori della WWII, Perché non possiamo non dirci cristiani.3) l'anti-materialismo e dunque l'anti-Marxismo. Poco prima del suo Manifesto, nella sua conferenza del marzo 1925, "Cosa è il Fascismo", Gentile scriveva: "il materialismo è infatti la prima radice di tutte le debolezze e magagne di cui si dovevano liberare gl’italiani per sentire veramente la patria e fare quindi un’Italia. La patria è legge e religione, che richiede l’assoggettamento del particolare a un interesse generale e perenne, a una idealità superiore a tutto ciò che c’è stato e c’è, negl’individui passati e presenti, e che per ogni singolo individuo è tutto quel che esista o abbia valore. Ma per il materialista non c’è altro che l’individuo particolare, co’ suoi istinti, col suo attaccamento alla sua vita particolare, come a bene supremo e assoluto, col suo bisogno di godere; di godere lui stesso, e gli altri in quanto il loro godimento rientri nel suo e lo aumenti: il particolare, di cui parlava il vecchio Guicciardini".E Croce nel suo Manifesto: "Noi rivolgiamo gli occhi alle immagini degli uomini del Risorgimento, di coloro che per l’Italia operarono, patirono e morirono; e ci sembra di vederli offesi e turbati in volto alle parole che si pronunziano e agli atti che si compiono dai nostri avversari, e gravi e ammonitori a noi perché teniamo salda la loro bandiera. La nostra fede non è un’escogitazione artificiosa ed astratta o un invasamento di cervello cagionato da mal certe o mal comprese teorie; ma è il possesso di una tradizione, diventata disposizione del sentimento, conformazione mentale o morale /..../ Ma non fu mai nei pensieri nei liberali di mantenere nell’inerzia e nell’indifferenza il grosso della nazione, appoggiandone taluni bisogni materiali, perché sapevano che, a questo modo, avrebbero tradito le ragioni del Risorgimento italiano e ripigliato le male arti dei governi assolutistici". 4) Il Mazzinianesimo e il Patriottismo è dunque grande somiglianza, essendo entrambi i filosofi contrari sia al materialismo filosofico dei marxisti sia all’internazionalismo politico dei marxisti. Contrario dunque all’antipatriottismo marxista, al socialista "W Lenin e abbasso il Re", è il patriottismo di Croce e Gentile, la loro venerazione del Risorgimento e il loro grande rispetto per il suo apostolo e cioè l'anti-marxista (il più fiero nemico di Marx che ci sia stato in Italia) Giuseppe Mazzini. Gentile nel suo articolo "Cosa è il fascismo" parla del "vangelo fascista, è la fede della gioventù del 1919, del ’22, d’oggi: della gioventù ideale di quest’Italia, che è fatta e dev’essere ancora fatta; e rimane perciò giovine anche nel cuore dei canuti, che sentano la verità della fede che fu preconizzata da Giuseppe Mazzini. Sono pochi gli articoli di questa fede. /.../ Il primo articolo era ed è: combattere il materialismo. Il Mazzini combatté tutta la vita tenacemente, fieramente, efficacissimamente il materialismo /.../E il Mazzini sentì che questo materialismo è indegno dell’uomo che pensa; sentì che nessun uomo veramente può vivere vita degna di chiamarsi umana ispirandosi al materialismo, che fu per lui sinonimo d’individualismo." Dunque i Doveri dell'uomo prima dei Diritti dell'uomo. E nel suo Manifesto Gentile biasima il biennio rosso: "Un abbassamento del prestigio del Re e dell’Esercito, simboli della Nazione soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi delle passioni e degl’istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e disciplina. /../ Il Fascismo, pertanto, alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell’individuo a un’idea in cui l’individuo possa trovare la sua ragione di vita/.../ idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi /.../ la quale, grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa che inviti al sacrificio, attrasse intorno a sé un numero rapidamente crescente di giovani e fu il partito dei giovani (come dopo i moti del ’31 da analogo bisogno politico e morale era sorta la "Giovane Italia" di Giuseppe Mazzini)."Tutti questi punti sono anche in Croce che nel suo Manifesto – dato il contesto di opposizione agli abusi illiberali del fascismo – non sottolineò, come invece aveva fatto per decenni nei suoi libri, saggi, articoli e discorsi. Ma comunque, anche qui nel suo Manifesto, scrive : "Noi rivolgiamo gli occhi alle immagini degli uomini del Risorgimento, di coloro che per l’Italia operarono, patirono e morirono.". E scrive riferendosi al Manifesto di Gentile: "in esso si celebra la doverosa sottomissione degl’individui al tutto, quasi che sia in questione ciò." Dunque, come Gentile, accettando l'anti – individualismo patriottico e la maggiore importanza dei doveri dell'uomo sopra i diritti dell'uomo. E poi nel 1932 ne La storia di Europa Croce fece un lungo tributo a Mazzini: "il Mazzini, che sempre giudicò il comunismo «materialismo», vedeva nella storia l’educazione del genere umano e l'epopea delle nazioni /..../ Gli articoli e opuscoli di Karl Marx /.../nella loro totale mancanza di simpatia storica e umana, non risparmiavano, nella satira universale, i proletari e i loro conduttori. Quella mancanza di simpatia, quel «maggior elemento d ’ ira che non d ’ amore nel cuore», che notava in lui il Mazzini insieme con la «tempra dominatrice»; quel difetto di bontà; e il sarcasmo contro i suoi stessi seguaci, e l'unica ammirazione da lui sentita che era per gli «aristocratici», suoi rivali e suoi modelli, gli impedirono di avvicinarsi non solo alla democrazia da lui schernita, ma a ogni forma liberale. /.../ Mazzini vide che c’è qualcosa di più fondamentale che non sia la politica maneggiata dagli uomini di stato, qualcosa che deve farsi quando non si può far questa, e prima di far questa; ed è di svegliare nell’uomo il sentimento dell’universale, l’ideale, e con esso la coscienza della missione che a ciascuno è assegnata, e del dovere che ne sorge, e della dedizione di tutto sé stesso a questo dovere, che potenzia le forze e rende possibile quel che agli uomini di poca fede sembra impossibile." E il fondamentale libro di Croce del 1938, La storia come pensiero e come azione, è stato da lui addirittura intitolato col motto di Mazzini!
Una osservazione storica su quei fatti passati che non viene mai fatta Chi firmò il manifesto degli intellettuali non-fascisti (poi chiamato antifascisti) di Croce?Tanti liberali di varia estrazione come Giovanni Amendola, Francesco Ruffini, Giovanni Ansaldo, Luigi Einaudi, Luigi Salvatorelli, Giustino Fortunato, Guido De Ruggiero, Arturo Carlo Jemolo, Luigi Albertini, Piero Calamandrei, Gaetano Salvemini, Gaetano Mosca, Giuseppe Rensi, Francesco Di Sarlo.... Nessun comunista come Gramsci , Bordiga, Terraccini, Bombacci, Togliatti, nessun socialista massimalista come Serrati, Nenni , e Coccia, nessun leader socialdemocratico riformista come Turati, Treves, Modigliani , fratelli Rosselli, Buozzi e Pertini. Cioè nessun marxista per quanto moderato! Dei cattolici quasi nessuno solo Giuseppe Donati legato ad Amendola, ma non esponenti laici (ai preti era proibito dal Diritto Canonico) del PPI come Miglioli, Crispolti, Ferrari, Grandi, De Gasperi, Jacini. Il più importante giornale di sinistra, L'Avanti, non pubblicò Manifesto e firme, e scrisse un trafiletto pieno di disprezzo: "Assistiamo ad una presa di posizione degli intellettuali. In Italia questa classe ha sempre dormito: ora si sveglia e accenna a uscire dalle muffe delle biblioteche per partecipare alla vita civile del paese. Dopo l’unione degli intellettuali fascisti si è formata un’altra riunione di intellettuali liberali con a capo Benedetto Croce. I due scrittori di «Critica» sono così alla testa di due opposti movimenti.[...]Finora gli intellettuali hanno dato uno spettacolo miserando di servilità e di faziosità. Cambieranno? Auguriamolo nell’interesse dell’umanità. Ma per ora ne dubitiamo". Gramsci non firmò dunque. E mai Gramsci menzionò i due Manifesti nelle migliaia di pagine dei Quaderni dal Carcere ! Sergio Caprioglio scrive nel 1993 sulla rivista Belfagor che Gramsci non accettava il rimprovero di Croce a Gentile per il pericoloso «indiscernimento fra istituti economici, quali sono i sindacati, ed istituti etici, quali sono le assemblee legislative», e la «commistione dei due ordini», una esperienza cui tendeva l'Italia fascista (nell'aprile 1926 la legge Rocco codificherà l'ordinamento corporativo e il nuovo monopolio sindacale fascista), ma che era già largamente in atto nella Russia comunista con la soppressione di qualsivoglia divisione dei poteri, la fine del ruolo autonomo dei sindacati e la dittatura del partito unico. E come l'organicista Gramsci avrebbe potuto ammettere quel distacco degli intellettuali dalla cosa pubblica, quella scissione fra intellettuale e cittadino teorizzata da Croce nel suo manifesto? Sembra paradossale- scrive Caprioglio - me ne rendo conto, ma se leggiamo il programma di lavoro del convegno fascista di Bologna, si ha la sensazione - quasi un capogiro — di rileggere il piano di studi di Gramsci in carcere. " E non firmò neanche Gobetti che in quel momento riteneva Croce troppo amico di Giolitti, politico che lui odiava.Cos'altro, oltre a questo odio politico, impedì al liberale Gobetti di firmare il manifesto antifascista? Dice Caprioglio: "Nessun dubbio che la sortita di Croce, per l’autorevolezza del promotore e la dimensione nazionale dell'iniziativa, costituiva di per sé una seria insidia al monopolio dell'antifascismo estremo tenuto a Torino da Gobetti e dalla sua «Rivoluzione liberale». Essa apriva un varco e offriva un'alternativa all'antifascismo troppo esposto ai comunisti di Gobetti". Gobetti però cambiò tre mesi dopo, e cioè nell’agosto 1925, per due fatti principali: 1) il 28 giugno del 1925 si tenne a Roma il Consiglio Nazionale del Partito Liberale in cui parlò Croce: "A noi, come a tutti coloro che lottano per un ideale, spetta ripetere le parole di Lutero innanzi alla Dieta di Worms: «Qui sto io. Non posso altrimenti. Dio mi assista. Così sia!». Ho detto le parole di Lutero." Trascinato dall’oratore il Consiglio nazionale approva per acclamazione una mozione risolutamente antifascista, di sostegno ed esortazione «ai senatori e deputati liberali che – con invitta fede – si adoperano a salvare la pericolante civiltà politica italiana, ed a tutte le vittime della persecuzione politica». Il 29 giugno a Torino la città di Gobetti vennero sequestrate tutte le copie del quotidiano La Stampa che aveva riportato integralmente il discorso di Croce.2) nell'agosto del 1925 in risposta al fascista Ciarlantini, quando Croce scherniva "coloro che hanno scelto per sè l'ufficio di eccitatori e promotori del pensiero, della letteratura e dell'arte italiana, e di curatori dell'esportazione di cotesti prodotti all'estero /.../ Che cosa, dunque, il pensiero e la letteratura e l'arte italiana potrebbero chiedere al presente regime? Proprio il contrario di quello che esso a loro offre; perché ogni giorno esso, con le violenze, coi fattacci, con le parolacce, con gli schiamazzamenti, con le parate e le chiassate, con l'esaltare le prodezze ciclistiche e aeroplanistiche sopra le opere del cuore, della fantasia e dell'intelletto, e con l'indurre nei giovani il disprezzo per queste, contrasta la formazione dell'ambiente a loro favorevole". Questo colpì fortemente Gobetti che era un giovane e teneva tantissimo all'educazione seria ed intellettuale dei giovani! ed ecco che pochi giorni dopo, sulla Rivoluzione Liberale, scrisse il saggio spartiacque "Croce oppositore", in cui Gobetti fa un’eulogia del filosofo napoletano e lo indica come capo morale dell’opposizione anti-fascista.Consideriamo ora un punto decisivo per il presente che viviamo noi adesso Croce il 20 marzo poco prima del convegno di Bologna su La Critica aveva scritto che "non è vero che l'ufficio del liberalismo è oramai esaurito e che presente ed avvenire spettano al contrasto tra le due fondamentali tendenze, il socialismo o comunismo da una parte e il reazionarismo o fascismo dall'altra". La verità di quello che nel 1925 scriveva Croce la ha realizzata la storia. Le potenze liberali Francia, Impero Britannico e Stati Uniti d’America prima con l'aiuto dei comunisti sovietici stroncarono i nazi-fascisti, poi con la Guerra Fredda stroncarono efficacemente il comunismo sovietico. Eppure, il nostro italiano comunista Palmiro Togliatti, dal canto suo, nel suo piccolo, stroncò efficacemente sulla sua rivista "Rinascita" il romanzo di Orwell 1984 che era stato pubblicato a puntate da "Il Mondo" del crociano Pannunzio e favorevolmente recensito da Croce nel 1949. Togliatti nel 1950, rispondendo alla recensione a Croce dell'anno precedente, dopo avere insultato personalmente ed infangato la persona di George Orwell, scriveva: "Non si può essere antifascista e anticomunista". Questa frase, pesante, influente, iconica, è ancora attuale oggidì, penso. Questo Convegno di oggi è l'unico fatto nel Centenario Aprile 1925 - Aprile 2025. Perché? Avrebbe potuto farlo il Parlamento della Repubblica Italiana visto che Croce è stato per 40 anni Senatore prima del Regno e poi della Repubblica.Avrebbe potuto farlo il Ministero della Istruzione visto che sia Croce sia Gentile sono stati Ministri della Pubblica Istruzione. Avrebbe potuto farlo una grande Università tipo La Sapienza di Roma o l'Alma Mater di Bologna visto che entrambi Croce e Gentile sono stati filosofi rinomati in tutto il mondo.Avrebbe potuto farlo lo "Istituto Gramsci", visto che Antonio Gramsci riteneva Benedetto Croce il più grande filosofo del mondo dei suoi tempi.Avrebbe potuto farlo il dipartimento Cultura del PD visto che questo partito si dichiara antifascista e Croce ha scritto quel Manifesto Antifascista.Avrebbe potuto farlo Fratelli d'Italia visto che Gentile è riconosciuto da quel partito come il loro più grande filosofo.Avrebbe potuto farlo la Università Cattolica visto che sia Croce sia Gentile erano antimaterialisti, erano spiritualisti e veneratori della tradizione cristiana.MA: la sinistra in Italia è di ispirazione marxista (non cartista e laburista come in UK, né jeffersoniana come in USA) e non vuole discutere e ricordare un manifesto antifascista scritto da un liberale monarchico di destra, quando nessun comunista, nessun socialista e nessun socialdemocratico lo aveva appoggiato. MA: la destra italiana è di derivazione storica fascista (non proveniente da quei Conservatori di destra Inglesi e Francesi che con Churchill e De Gaulle stroncarono il fascismo), eppure ora essa non vuole ricordare tale derivazione precisa e storica contraria alla Unione Europea, contraria agli Stati Uniti, e contraria alla Russia di Putin: tutte superpotenze che esplicitamente e testardamente affermano e riaffermano il loro antifascismo. Dunque la nostra destra non poteva fare una celebrazione di Gentile che schiettamente apertamente chiaramente e fortemente si dichiarava fascista. MA: il Parlamento della Repubblica di oggi non è come il Parlamento del Regno di 100 anni fa, con parlamentari che si chiamavano Benedetto Croce, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini, Gaetano Mosca, Giustino Fortunato, Luigi Albertini, Francesco Ruffini. Oggi il livello culturale dei nostri parlamentari è molto più basso, così basso che, nonché potere parlare di questi eventi in una celebrazione del centenario, non sono neanche consapevoli della loro esistenza e/o del loro valore storico. MA: il Ministero della Istruzione (non più Pubblica) è quanto mai lontano nelle idee educative e nelle politiche scolastiche dagli ideali di Croce e Gentile, ed è in una caduta libera di immersione nel pedagogismo anglosassone come "teoria" e nel lassismo sessantottino come "pratica". MA: il mondo accademico della università italiana non vuole di colpo ammettere di avere ignorato la figura e il pensiero di Croce per 70 anni a pro del marxismo, dell'esistenzialismo, dello strutturalismo, del pensiero debole, del postmodernismo, etc. etc. Quel Croce che mai insegnò alla università e che non era nemmeno laureato, e che col mondo accademico aveva poco o nulla a che fare. MA: il mondo cattolico ufficiale (Università Cattolica, per esempio) non vuole ricordare due filosofi, considerati i più grandi italiani del XX secolo, che erano però entrambi atei. Ecco, dunque, che il convegno di Brescia è stato fatto da alcuni studiosi liberali, laici, senza cariche accademiche, senza cariche politiche, non simpatizzanti per il fascismo, non simpatizzanti per il comunismo, persone che, sempre poche o pochissime, ma in Italia ancora esistono. Bibliografia Mimmo Franzinelli, Il filosofo in camicia nera. Giovanni Gentile e gli intellettuali di Mussolini, Mondadori, 2021 Mimmo Franzinelli, Croce e il fascismo, Laterza, 2024 Emilio R. Rapa (a cura di), Storia di due manifesti, Feltrinelli, 1957 Aurelio Lepre, "Togliatti e l'antifascismo", Studi Storici, 1985/3, 507-521. Sergio Caprioglio, "Gobetti, Gramsci e il Manifesto del 1° Maggio 1925", Belfagor, Vol. 48, No. 6 (30 novembre 1993), pp. 629-645. Norberto Bobbio, Politica e Cultura, Einaudi, Torino, 1955. Benedetto Croce, "La città del Dio Ateo", Il Mondo, anno I, n.34, 8 ottobre 1949, p. 1. Roderigo di Castiglia (alias Palmiro Togliatti), "Hanno perduto la speranza" (recensione al libro di Orwell), Rinascita, anno VII, n. 11-12, nov. dic. 1950, pp. 515-516. Massimo Tedori, "1984 di Orwell: Croce, Togliatti e l’antitotalitarismo in Italia", Una Città, n° 273, 2021 marzo [su internet:
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