| 
        
       Nasce ad  Aosta nel 1033. Muore a
      
      Canterbury nel 1109. 
      Collocazione storica: sorgono i comuni; si ha la lotta per le investiture;
      sinodo lateranense del 1059, in cui viene deciso il metodo di elezione del
      Papa (l'imperatore non ha più questo compito), invasione normanna in
      Inghilterra; la Chiesa tende all'autonomia dal potere imperiale. 
      Anselmo sta soprattutto in Francia e in Inghilterra. In Francia diventa
      priore dell'abbazia benedettina del Bec, in Bretagna. Qui trascorre gli
      anni più belli della sua vita, dedicati allo studio, all'insegnamento e
      alla preghiera. Cerca anche di riformare il convento e dopo una serie di
      vicissitudini (cercheranno persino di avvelenarlo) riuscirà nel suo
      intento. Lascia la Francia per accettare la carica di vescovo di
      Canterbury, in Inghilterra. Il breve periodo di episcopato, durato 4 anni,
      fu travagliato dal conflitto tra il re normanno Guglielmo II (il Rosso) e
      papa Urbano II, circa la questione delle investiture ecclesiastiche. Nel
      1103 sceglie la via dell'esilio. Solo dopo il compromesso ecclesiastico
      tra il re e papa Pasquale II, che autorizzava il vescovo di Canterbury a
      riconoscere i vescovi e gli abati nominati dal re d'Inghilterra, Anselmo
      poté riprendere il suo incarico, anche se dovette lottare fino alla morte
      per difendere il primato di Canterbury dalla interferenze feudali. 
       
      Scrive diverse opere, in alcune si riferisce anche lui, come Agostino,
      alla filosofia platonica. 
      ·  Proslogion 
      · Monologion 
      · De libero arbitrio 
      . De veritate (sulla conoscenza, ove sostiene il realismo platonico)
       Le prove per l'esistenza di Dio si possono
      distinguere in 
      
      Prove a priori, cioè quelle dimostrazioni sul piano della sola razionalità, che
      non presuppongono la conoscenza sensibile 
      
      Prove a posteriori, che presuppongono l'esperienza sensibile e vengono
      dopo questa. 
       
      Nel  Proslogion c'è la prova ontologica per dimostrare l'esistenza di Dio. 
      É passato alla storia per aver ideato una prova a priori sull'esistenza
      di Dio. 
      Questa prova può essere ricostruita, scomponendola in vari passaggi: 
       
      1- DIO È L'ENTE DI CUI NON SI PUÓ PENSARE IL MAGGIORE 
      è quell'ente che ha tutte le qualità positive al massimo grado (se due
      sono sapienti, uno può esserlo di più dell'altro, colui che sa tutto è
      onnisciente; il più potente tra tutti è invece onnipotente). Questa 
      definizione non implica però l'esistenza di Dio. 
      2- DISTINZIONE TRA ESISTENZA NELL'INTELLETTO E ESISTENZA IN REALTÀ 
      L'ateo, che Anselmo chiama stolto, perché nel suo tempo non vi erano
      intellettuali atei dichiarati, ha in mente il concetto di Dio, anche se non
      crede che esista in realtà. Se io dico l'essere di cui non si può
      pensare il maggiore, lo stolto capisce che è Dio. Anselmo fa l'esempio di
      un pittore che deve dipingere un quadro: inizialmente il quadro è solo
      nel suo intelletto e non ancora in realtà; quando l'ha dipinto, il quadro
      è sia nell'intelletto sia in realtà. 
      3- DIO ESISTE NELL'INTELLETTO 
      Anche lo stolto deve ammettere che Dio esiste nell'intelletto 
      4- TESI:DIO ESISTE ANCHE IN REALTÀ (è ciò che Anselmo vuole dimostrare) 
      5- SI SUPPONE, per assurdo, CHE DIO ESISTA SOLO NELL'INTELLETTO 
      6- CIÒ DI CUI NON SI PUÒ PENSARE IL MAGGIORE È CIÒ DI CUI SI PUÒ
      PENSARE IL MAGGIORE 
      Se penso a Dio esistente nell'intelletto potrei dire: se esistesse anche
      in realtà avrebbe una qualità in più rispetto a quello pensato
      esistente nell'intelletto (la qualità positiva in più è l'esistenza).
      Ne deriverebbe quindi che Dio (ciò di cui non si può pensare il
      maggiore) è ciò di cui si può pensare il maggiore… 
      7- Il punto 6 È CONTRADDITTORIO 
      8- quibdi DIO ESISTE ANCHE IN REALTÀ 
      La maggior parte dei filosofi ritiene non valida la prova ontologica di
      Anselmo, tra cui: 
      ·  San Tommaso: la prova ontologica è un passaggio
      dall'essenza all'esistenza. 
      L'essenza è l'insieme dei predicati essenziali che determinano la cosa.
      Se dico:l'uomo è un animale razionale, l'essenza è la razionalità. Per 
      Aristotele poteva essere vista come la nozione, il concetto di forma
      (l'uomo è concepito come animale razionale). Anselmo sostiene che
      l'essenza di Dio è la perfezione, cioè tutte le qualità positive al
      massimo grado. 
      San Tommaso dice: se noi conoscessimo adeguatamente l'essenza di Dio,
      allora potremmo sapere con certezza che esiste. In pratica, l'essenza
      implica l'esistenza. 
      Per Tommaso, però, l'uomo non conosce adeguatamente l'essenza (perché se
      io voglio in qualche modo provare l'esistenza di Dio è perché non ne ho
      già una conoscenza adeguata) e quindi non si può fare il passaggio
      dall'essenza all'esistenza di Dio. 
      La prova, per Tommaso, non è un errore logico, ma non è valida perché
      l'uomo non conosce adeguatamente l'essenza di Dio. In conclusione, secondo
      lui, si può provare l'esistenza di Dio solo a posteriori e non a priori. 
      · Per  Kant  (anche lui crede che la prova ontologica sia un passaggio
      dall'essenza all'esistenza), a differenza di Tommaso, la prova ontologica
      è un vero e proprio errore logico. 
      Supponiamo che abbia in tasca 100 talleri (moneta d'oro prussiana di
      grande valore) o che non li abbia. Averli o non averli è diverso (sono
      ricco o sono povero). Però, l'essenza del tallero rimane inalterata, sia
      che li abbia o meno. Pretendere di far derivare l'esistenza dall'essenza
      è un errore logico. 
      Perché questo? L'essenza è un insieme di proprietà, ma per Kant 
      l'esistenza non è una proprietà costitutiva che determina l'essenza. 
      Nel momento in cui formulo la definizione di Dio, specificando quindi un insieme
      di proprietà, ci sono due casi: o in queste proprietà consideriamo anche
      l'esistenza e commettiamo però un errore logico (poiché abbiamo detto
      che l'esistenza non è una proprietà che concorre all'essenza); o non
      includiamo l'esistenza nelle proprietà essenziali. Se però non la
      includiamo, non scatta la contraddizione (ciò di cui non si può pensare il
      maggiore è ciò di cui si può pensare il maggiore) e la prova non
      conclude più nulla. 
      Kant dice che la definizione è arbitraria (si può definire ciò che si
      vuole), ma se includo l'esistenza nell'essenza sbaglio. 
      Es: se definisco ippografo = ippogrifo che esiste, allora l'Essenza dell'ippografo
      diviene: {cavallo, alato, esistenza} 
      Ipotesi per assurdo: l'ippografo non esiste 
      Sostituiamo a ippografo: ippogrifo che esiste 
      ne deriva: l'ippogrifo che esiste non esiste; è una Contraddizione 
      Quindi è vero che l'ippografo esiste e di conseguenza anche l'ippogrifo
      esiste. 
      Conclusione: la prova ontologica è sbagliata perché l'esistenza non può
      concorrere a determinare l'essenza. 
      Contro la prova ontologica, anche il contemporaneo Gaunilone, che era un
      monaco, formula l'argomento dell'isola perfetta, che come tale dovrebbe
      esistere, ed invece non esiste. 
         |