Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili,

Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2009, pag. 451, € 20

 

CRONACA
Bresciaoggi, Domenica 13 dicembre 2009, pag. 15

 

 

 

LO SCOOP. Dalle carte dell’archivio diocesano una rivelazione sulla storia dell’informazione locale

I cattolici e quel «baratto» per il Giornale di Brescia

di Massimo Tedeschi

 

La moral suasion, l'influenza che la Chiesa di Brescia da mezzo secolo esercita sul Giornale di Brescia (pur non detenendo in forma diretta azioni dell'Editoriale bresciana) si basa sull'orientamento culturale e religioso di chi ha il controllo della maggioranza azionaria, ma discende anche da un ruolo svolto direttamente dalla diocesi, e in particolare da mons. Tredici, nella storia del giornale. Lo rivelano i documenti che Maurilio Lovatti ha potuto consultare in archivio diocesano.
La vicenda è sempre stata circondata da uno stretto riserbo, e s'era affacciata parzialmente sull'Enciclopedia Bresciana di don Fappani. Ma ora trova completa illustrazione nella ricerca storica di Lovatti.
Il Giornale, in edicola dal 27 aprile del 1945 come Organo del Cln, era tornato dopo poco tempo sotto il controllo di un pool di azionisti comprendente Banca San Paolo, Credito Agrario, Tassara e alcuni azionisti privati. Nell'aprile del 1949 Antonio Folonari di Ludriano di Roccafranca, possidente e agricoltore illuminato, più tardi presidente dello Zooprofilattico e delle Iar, rastrella alcune azioni e, alleandosi con Tassara, conquista il controllo del giornale. Dell'operazione lo stesso Folonari aveva probabilmente avvisato mons. Tredici, che l'aveva ricevuto l'11 febbraio.
IL NUOVO ASSETTO determina la fine della direzione di Leonzio Foresti, esponente della Dc, a cui il 19 aprile succede Mino Pezzi. Intenzione di Folonari è quella di avere un giornale non più schiacciato sulle posizioni della Dc, anche se ossequiente verso l'autorità del vescovo. Una svolta comunque laica che mette a rumore gli ambienti cattolici. Il vescovo e mons. Almici - ricostruisce Lovatti - erano "indignati" per il licenziamento di Foresti e temevano il venir meno di un prezioso sostegno alla Dc in vista delle elezioni amministrative del '51. Il 20 aprile sul tema dell'assetto proprietario del Giornale di Brescia si riuniscono in curia Tredici, Almici, l'avvocato Fausto Minelli per la Banca San Paolo, l'on. Lodovico Montini e l'on. Stefano Bazoli. In precedenza, sullo stesso argomento, il vescovo aveva già incontrato individualmente Minelli, Boni, Foresti, Montini e Bazoli.
IN LUGLIO Francesco e Lodovico Montini prospettano al vescovo la possibilità che Folonari ceda le azioni da lui controllate per 35 milioni, e si pensa a mons. Montini per mobilitate la finanza cattolica nell'onerosa impresa. In agosto lo stesso Folonari chiude però la strada a questa possibilità pur dicendosi pronto a includere nel consiglio d'amministrazione due nomi graditi alla diocesi, Minelli e Rampinelli.
La Dc a quel punto medita di dar vita a un proprio quotidiano, e forte di questo "spettro" mons. Almici incontra Folonari. In quell'occasione viene prospettata a Folonari (molto sensibile all'argomento) la possibilità che, in cambio della sua rinuncia alle azioni, il Vaticano gli attribuisca il titolo di conte. Lo stesso mons. Tredici scrive dopo pochi giorni a Folonari offrendosi come garante dell'accordo: nessun nuovo quotidiano della Dc e "sì" al titolo nobiliare in cambio della cessione gratuita delle azioni. L'operazione è complicata dal fatto che parte delle azioni controllate da Folonari rientra in un patto di sindacato. A ridosso del Natale del 1950, la svolta. Monsignor Tredici riceve in dono le 1.050 azioni personali di Folonari e le 3.300 del patto: esse vengono formalmente intestate al notaio Giuseppe Bianchi, presidente diocesano degli uomini di Azione Cattolica, che riconosce essere le azioni "di effettiva ed esclusiva proprietà di Sua Eccellenza il vescovo di Brescia". Il quale il 25 dicembre scrive a Folonari ringraziandolo del passo compiuto che consentiva al vescovo "di influire così che il Giornale si mantenga indipendente dai partiti, ma rispettoso dell'indirizzo che a me sta a cuore per il bene della religione e insieme della tranquillità e del benessere della provincia che ci è cara". Tre giorni dopo mons. Tredici scrive a mons. Montini, a Roma, per informarlo che il progetto di "assicurare colla maggioranza delle azioni l'influenza decisiva sull'indirizzo del Giornale di Brescia ora è un fatto compiuto, quantunque non pubblico, come del resto doveva essere".
FOLONARI, da parte sua, dopo la donazione di altri 15 milioni per contribuire alla costruzione di una chiesa a Roma, come omaggio al Papa, e dopo aver costruito a proprie spese la chiesa di Ludriano, alla cui inaugurazione intervengono sia mons. Tredici sia mons. Montini, ottiene nel 1951 il titolo di conte dello Stato della Città del Vaticano. È l'ultimo titolo nobiliare concesso dal Vaticano. Folonari, che non aveva eredi diretti, non lo trasmise a nessun discendente.
Il vescovo tratterrà le azioni per il tempo necessario a un riassetto proprietario che assicurerà, da allora e per sempre, il controllo del giornale da parte della componente cattolica. All'indomani delle elezioni del '51 Tredici poteva scrivere a Montini: "La faccenda del Giornale di Brescia ora è sistemata. Anche altri amici hanno acquistato alte azioni, cosicchè l'influenza nostra sul giornale è assicurata. Si è avuto il collaudo in queste elezioni: il giornale, senza dichiararsi apertamente per la Dc, ha parlato delle liste apparentate con particolare benevolenza verso la Dc; questo certo ha giovato".
La riservatezza che ha sempre circondato la vicenda è stata rotta da Lovatti, meritorio segugio storico. Che riporta una definitiva lettera del luglio 1954 di Tredici a Montini: "Siamo riusciti ad assicurare in mani fidate la maggioranza delle azioni, e di conseguenza l'influenza sull'indirizzo del giornale. Ma questa situazione non deve comparire, perché altrimenti si avrebbe la reazione degli altri, e specialmente del gruppo Beretta, che potrebbe pubblicare un altro giornale, o una edizione bresciana di altro giornale, con danno non piccolo. In realtà si può essere abbastanza contenti dell'indirizzo politico, non propriamente democristiano, ma benevolo. Per il lato morale, pur troppo non si riesce a tutto quello che si vorrebbe. Io per iscritto e a voce non ho mancato di richiamare il direttore a criteri morali più seri…". Ma le nuove mode si affacciavano, incontenibili, anche sul giornale ricondotto "in mani fidate". 

Massimo Tedeschi

 

 

Bresciaoggi, Domenica 13 dicembre 2009, pag. 15

 

 

 

Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2009, pag. 451

 

 

Giacinto Tredici, vescovo di Brescia in anni difficili

 

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Maurilio Lovatti Scritti di storia locale

 

 

 

Maurilio Lovatti, Giacinto Tredici vescovo di Brescia in anni difficili, Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2009, pag. 451, € 20