Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

La parrocchia come centro di vita cristiana (1957)

 

 

 

Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore di averci chia­mato alla salvezza eterna, e di averci dato i mezzi per raggiun­gerla: mezzi che vanno dalla redenzione operata da Nostro Signo­re Gesù Cristo a costo della sua passione e morte di croce a tutta una serie magnifica di altri mezzi destinati ad applicare a cia­scuno la redenzione operata da Lui.

Questi mezzi sono: il Vangelo che ce ne addita con sicurezza la via, e la Grazia che ci rende capaci di meritarla. Strumento di­sposto da Dio per l’attuazione di questo piano, a vantaggio di tutti e di ciascuno dei chiamati alla salvezza, è la Chiesa, fondata per questo da Cristo stesso: « Sopra di te fonderò la mia Chiesa », ha detto a San Pietro, in un testo del Vangelo che ne costituisce la carta costituzionale. Essa è una immensa organizzazione dei credenti in Cristo. Fondata, come - su granitica base, sul fondamento voluto da Cristo stesso, cioè Pietro e i suoi successori, essa manda in tutto il mondo Vescovi e Sacerdoti, a predicare il Van­gelo, a dispensare la grazia per mezzo dei Sacramenti.

Si potrà domandare se Dio non poteva disporre un altro ordi­namento provvidenziale per far giungere a tutti i mezzi di salvez­za: ad esempio, una comunicazione diretta di Dio stesso a cia­scuna anima da salvare. Questione inutile, quando ci consta che Dio ha disposto diversamente: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura, ha detto Gesù: Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi non crederà, sarà condannato » (Marco, 15, 15-16). Del resto è facile vedere come queste comunicazioni dirette (che Dio si riserva di fare quando lo crede opportuno) si sarebbero forse prestate a interpretazioni individuali, fonti di errori e divisioni nel campo dei credenti.

La diffusione e l’impianto del Cristianesimo sono avvenuti così, fin dal principio. Il libro degli Atti degli Apostoli e le lettere di S. Paolo a parecchie comunità cristiane già fin d’allora sparse nel mondo ci presentano già in atto di esecuzione il comando di Cristo: « Andate, ammaestrate tutte le genti ». Noi possiamo immaginare con quanto desiderio le comunità cristiane aspettassero la venuta degli Apostoli ad ammaestrarle e confermarle nella fede e nèlla pratica cristiana. E gli Apostoli a loro volta cercavano di mantenersi a contatto con esse: scrivevano, e tornando a visitare le comunità già fondate, istruivano, riordinavano, ammonivano. E come era naturale, quando ne avevano la possibilità, lasciavano qua e là dei loro rappresentanti. San Paolo ne ricorda alcuni nelle sue lettere: primi e più noti, Timoteo e Tito, San Giovanni si stabilì specialmente a Efeso e nell’Asia Minore; San Giacomo, sia pure per poco tempo, a Gerusalemme; mentre San Pietro, dopo le sue peregrinazioni ad Antiochia ed altrove, venne e si stabilì a Roma, diventata con lui centro di unità nella comunità cristiana, che abbastanza celermente si era diffusa nel mondo.

Ecco la Chiesa costituita dagli Apostoli e dopo di essi assi­stita e governata nelle speciali circoscrizioni formatesi dovunque da Vescovi, da Sacerdoti, i quali poi andarono moltiplicandosi coll'estendersi della Chiesa nel mondo e col crescere dei fedeli. Tale fu l’origine, nella Chiesa universale, delle Diocesi rette da Vescovi, delle Parrocchie assistite dal clero parrocchiale.

 

 

LA PARROCCHIA

 

Che cosa è dunque la parrocchia?[1]

Vi sono molti, specialmente nelle città dove le parrocchie sono molte e vicine, che non saprebbero dire: quasi non si accorgono della sua esistenza. Anche se a modo loro praticanti, la loro pratica cristiana si esaurisce nel frequentare la Messa, se volete anche i Sacramenti, in qualunque chiesa, o perchè a loro più simpatica o perchè più vicina e più comoda, salvo poi chiedere ad altri in­formazioni quando per certi atti della vita cristiana, matrimoni, battesimi, funerali, si accorgono che essi non si compiono per tutti in qualunque chiesa, ma solo in alcune determinate. Non è così da parte di quei cristiani che non ignorano che c’è per ciascuno una chiesa a cui sono in modo speciale legati, perchè è la chiesa della parrocchia a cui appartengono.

La parrocchia è una certa circoscrizione territoriale, a cui corrisponde un certo numero di persone che in essa hanno il domicilio, dove, accanto ad una chiesa che è la chiesa di tutti loro c’è un sacerdote, spesso coadiuvato da altri sacerdoti, che ha avuto dal Vescovo l’incarico di assistere religiosamente quella chiesa e quelle persone. Egli, il parroco, è messo lì al servizio di tutti. I parrocchiani sanno che hanno il diritto di avere da lui, continuamente, l’assistenza per la loro vita religiosa, l’amministrazione dei Sacramenti, l’educazione religiosa dei loro figli. Egli, dopo un po’ di tempo, conosce i suoi parrocchiani, fatto partecipe delle loro gioie e delle loro pene; tutti riceve, per consiglio e molte volte per pro­curar loro un aiuto; li visita a domicilio quando sono infermi, li conforta negli ultimi momenti, preparandoli al giudizio di Dio; è sempre pronto ad ogni loro chiamata; benedice i matrimoni, riceve al battesimo i bambini, li accompagna, defunti, alla Chiesa per l’ultima benedizione. Diventa così l’amico, il confidente di tutti.

Molte di queste prestazioni i singoli fedeli le possono avere anche in altre chiese che non sono la loro parrocchia, da altri sacerdoti che non sono del clero parrocchiale. Ed è bene che sia così. Quelle chiese e quei sacerdoti sono aiuti provvidenziali, per cui la parola e la grazia di Dio arrivano anche là dove forse non arriverebbe la parrocchia: costituiscono una maggiore libertà che viene offerta per facilitare accostamenti attraverso ai quali arriva alle coscienze la parola e la grazia di Dio. Ma questo è un aiuto straordinario, che non può essere pronto sempre ed a tutti. Il parroco invece è sempre al suo posto, a disposizione di tutti; la chiesa parrocchiale è la chiesa di tutti. In essa si celebrano con solennità le grandi ricorrenze dell’anno liturgico; ed allora non è soltanto la devozione individuale di questi o quei fedeli; è la fede di tutta la famiglia parrocchiale che si manifesta nelle cele­brazioni solenni. Così anche si stabiliscono fra i parrocchiani che le frequentano rapporti di conoscenza e di amicizia che hanno la loro importanza nella convivenza sociale.

 

LA DOMENICA DELLA PARROCCHIA

 

Quella che sopra ho delineato è la Parrocchia. Intorno ad essa sorge e si sviluppa, sotto la direzione e la cura del parroco, tutto un complesso di attività preziose per la vita cristiana dei fedeli. E’ la Chiesa in atto.

Nel giorno festivo, un numero sufficiente di Messe distribuite nelle ore più opportune dà ai fedeli la possibilità di partecipare al santo Sacrificio, l’omaggio supremo reso alla maestà del Crea­tore e Padre delle anime, mentre, breve ma ben preparata, l’omelia richiama ai fedeli la parola del Vangelo. Per molti, quella è l’unica presa di contatto col libro santo, che mentre fa conoscere la vita del Salvatore, richiama le grandi verità della fede e i supremi dettami della morale cristiana.

Una nostra cara tradizione, sanzionata poi dalla prescrizione del Papa San Pio X, aggiunse nelle nostre parrocchie alla Messa domenicale con relativa omelia anche la catechesi per tutti, nelle ore del pomeriggio: una esposizione ordinata e continua della dot­trina cristiana, chiamata appunto dal nostro popolo « la dottrina ». In altri tempi le nostre, parrocchie si affollavano in quella scuola di verità cristiane, ben preparata dai parroci e ascoltata volentieri dalle masse del nostro popolo. Questa tradizione noi dobbiamo cercare di conservare per tutti i fedeli di buona volontà, come un mezzo facile di evangelizzazione per coloro che sentono il dovere di coltivare in se stessi la consapevolezza della propria fede. Si muterà, se è il caso, l’orario per venire incontro alle necessità od anche solo alle usanze introdottesi nell’uso del tempo domenicale. E io confido che, curata e collocata bene nella giornata, la nostra dottrina potrà ancora essere discretamente frequentata. I più vicini a noi, come gli ascritti alla Azione Cattolica daranno a quella frequenza, oltre che il valore di un bene accetto strumento di cultura religiosa, anche il significato di una santificazione, vorrei dire, integrale del giorno del Signore: mattino e pomeriggio, il santo Sacrificio e la istruzione religiosa.

Tuttavia i nostri parroci, perchè la loro cura pastorale sia viva ed aggiornata, partendo dal fatto innegabile che la dottrina tradizionale è ora da molti, da troppi, disertata, provvederanno ad istituire altre forme di cultura religiosa, adattate alle condizioni attuali, per il tempo, per la forma, per la qualità delle persone a cui indirizzarsi.

Queste forme già sono in atto in alcune nostre parrocchie. Sono giovani delle nostre associazioni, che non sanno rinunciare allo sport domenicale che li tiene lontani all’ora della catechesi pomeridiana, ma, sotto la guida di un giovane zelante sacerdote, convengono intorno a lui in un’altra ora, talvolta non senza disagio; e il sacerdote se li vede intorno a sentire l’istruzione impartita da lui, che talvolta, data la maggior libertà consentita dall'ambiente che non è la chiesa, prende anche la forma di un dialogo, con richieste di spiegazioni e discussioni, che riflettono l’interesse di giovinezze che vivono in un mondo talvolta indifferente od ostile. Ne ho avuto qualche volta io stesso personalmente la visione, potete pensare con quale soddisfazione pastorale.

Sono, ancora, corsi organizzati di quando in quando, sotto la forma più agile della conferenza, su qualche punto speciale della fede o della morale cristiana, possibilmente tenuti da sacerdoti o laici dotati di speciale competenza ed attrattiva.

Parola di Dio anche questa. San Paolo non predicava soltanto nelle sinagoghe o nelle prime chiese cristiane; parlò anche all’Areo­pago di Atene. Ben vengano queste forme nuove, a loro modo interessanti. Le parrocchie che le vengono attuando sanno interpre­tare il « docete omnes gentes » del Salvatore, aggiornandosi alle possibilità dei tempi nuovi.

Così la parrocchia è maestra di Fede.

 

 

IL CATECHISMO PARROCCHIALE

 

Le nostre parrocchie, o nella stessa chiesa parrocchiale, o in altri ambienti che le sono vicini, si vedono, specialmente nei giorni festivi, affollate di fanciulli e giovinetti, che vi portano la loro simpatica vivacità. Sono i ragazzi del catechismo parrocchiale.

E’ questa un’altra funzione caratteristica della parrocchia, che, negli intendimenti della Chiesa, è centro di istruzione religiosa per tutti, e prima di ogni altro, per i fanciulli e giovanetti, che vi apprendono i primi elementi della vita cristiana. La Chiesa ne fa espresso comando ai parroci, che ne hanno la responsabilità.[2]

Aiuto in questa grande funzione sono, in primo luogo, le stesse famiglie cristiane, a cui, prima che a qualunque altro, incombe il dovere della educazione cristiana dei figli. Segue l’inse­gnamento della religione che è in programma in tutte le scuole primarie e secondarie, sia pubbliche, sia tenute da religiosi e religiose. Ma rimane alle parrocchie, ed ai parroci che ne sono i responsabili, il compito di vegliare che a nessuno manchi questa istruzione, e di provvedervi anche direttamente con una organizzazione catechistica parrocchiale, sotto la direzione dell’Ufficio catechistico diocesano. La convergenza di tutti questi elementi non è soverchia, data l’importanza del compito educativo. Dio benedica e renda feconda l’attività di tutti per il bene delle nuove generazioni.

Perchè il catechismo dei fanciulli riesca in modo conveniente, l’Ufficio Catechistico diocesano ne cura i programmi, prepara i catechisti procurando loro una sufficiente formazione, e ne sorve­glia l’andamento. Da parte sua la parrocchia considera il catechismo dei fanciulli come uno dei suoi compiti principali. Un tempo sembrava potesse bastare la buona volontà degli insegnanti e degli scolari, e le classi del catechismo erano spesso collocate in ambienti d’ogni sorta, pedagogicamente inadatti; ma da tempo le principali nostre parrocchie hanno cercato di attrezzarsi meglio, e si vedono, costruite per la fervida iniziativa dei parroci e la buona corrispondenza delle popolazioni che ne comprendono l’importanza, aule catechistiche costruite appositamente a questo scopo, decorose, accoglienti, mentre le lezioni si svolgono in forma di vera scuola. Il Vescovo non può che incoraggiare tutto quello che si fa perchè il catechismo funzioni bene, elemento essenziale per la buona cristiana educazione delle nuove generazioni.

Strumento di una istruzione, che nei suoi elementi sostanziali si spera rimanga anche in seguito, nonostante le difficoltà e le crisi della giovinezza e della età matura, il catechismo parrocchia­ le mira anche a formare i giovinetti alla pietà e a tutta la vita cristiana, che sono conseguenze della fede imparata e vissuta.

 

 

L’ ORATORIO

 

Compimento del catechismo parrocchiale è nella parrocchia l’Oratorio.

L’anima geniale e generosa di San Giovanni Bosco, apostolo della gioventù e sagace conoscitore dell’anima giovanile, intuì la necessità di una assistenza ai giovinetti che non si limitasse al catechismo domenicale. Il giovanetto che nel giorno festivo non va a scuola, non riesce ad occupare tutta la sua giornata in casa, dove gli mancano spazio e compagni per mettere in esercizio la sua vivacità. Invece di lasciarlo sulla strada o in balia di compagni non sempre adatti per la sua buona educazione cristiana, gli si procuri il modo di assecondare la sua vivacità senza pericolo, ed insieme di santificare bene il giorno del Signore. Ed ecco l’oratorio. Un ambiente sano, che possa contenere un buon numero di giovanetti. Un sacerdote abile e zelante che li accoglie e li assiste perchè partecipino bene alla Santa Messa. Nel pomeriggio la lezione di catechismo, con tutti gli accorgimenti per renderla utile e gradita. Prima e dopo il catechismo, in un sufficiente cortile o in locali adatti, i giovanetti potranno muoversi e giocare, sotto l’occhio vigile ed amorevole del sacerdote che li osserva, li conosce, li corregge. Prima che i giovanetti lascino l’oratorio, una breve preghiera o una funzioncina in comune, un buon pensiero dell’assistente, e poi tornano a casa. I giuochi stessi saranno scelti in modo che, mentre li divertono, possano portare anche un contributo educativo. S’aggiungano, oltre le grandi solennità dell’anno liturgico, che fanno vivere la vita della Chiesa, alcune feste proprie dell’oratorio, in onore dei Santi Patroni della gioventù (San Luigi, San Filippo Neri, San Giovanni Bosco...), celebrate con speciale frequenza ai Sacramenti e con qualche particolare folcloristico, che aiuteranno a conservare la memoria degli anni passati all’oratorio anche nella età matura.

Ognuno vede l’importanza educativa, per una buona educazione cristiana, di una simile istituzione, inserita nella vita della parrocchia. San Giovanni Bosco riuscì in questo modo a educare schiere di giovani e insieme a renderseli cari, e quindi nella condizione più favorevole per la riuscita della loro educazione. L’oratorio, così inteso da tempo e in proporzioni diverse secondo le possibilità e le circostanze d’ambiente, è entrato nelle nostre abitudini, come una attrezzatura normale delle nostre parrocchie. Per creare l’oratorio o renderlo più efficiente si sono fatti molti sacrifici, con risultati spesso imponenti: le parrocchie ne hanno avvantaggiato spiritualmente.

Il problema dell’oratorio merita di essere studiato con molta diligenza e spirito di comprensione, perchè i tempi nuovi hanno portato modificazioni sostanziali alle circostanze d’ambiente ed alla mentalità dei nostri giovani, che hanno molte altre attrattive e non si accontentano più di quelle che una volta erano i programmi e le ricreazioni favorite. Io esorto a questo studio da parte di tutti che hanno pratica dell’argomento; ma pure colle modificazioni del caso, non lasciamo morire una istituzione che ha fatto tanto bene, e che è ancor vitale.

 

LA PARROCCHIA CENTRO DI ONESTA RICREAZIONE

 

La ricreazione, come si è visto, è sempre stata parte integrante dell’oratorio. Essa mira ad attirare ed occupare sanamente i giovinetti ed i giovani ed a intrattenerli volentieri nei giorni festivi. Ma ora il divertimento ha assunto proporzioni vastissime e forme un tempo non pensate. Basta vedere come se ne interessino i grandi giornali ed ogni sorta di persone, fino quasi ad assumere le proporzioni dei più grandi avvenimenti della Nazione!

E allora, non bastano più, per gli stessi giovinetti, i piccoli domestici divertimenti, e neppure una modesta ginnastica dei nostri oratori d’una volta. Anzi il problema si allarga e prende pro­porzioni imponenti. La richiesta di divertimenti non si limita più ai giovinetti e agli stessi giovani, ma prende, quasi direi, ossessiona, tutti. E’ così avvenuto che accanto agli oratori sono sorti saloni attrezzati per recite e per il cinematografo, che ha assunto le proporzioni che tutti sanno. E poi i campi sportivi, dove i giovani della parrocchia, anche senza aspirare a diventare i campioni dello sport nazionale e internazionale, si esercitano con quell'interessamento che è diventato di moda. Così un salone parrocchiale, un cinematografo e un campo sportivo sono venuti ad aumentare la attrezzatura delle nostre parrocchie. Essi si affollano di giovani e non soltanto di essi; intervengono anche gli adulti (i grandi) colle loro famiglie. E così è la parrocchia che si è trovata nella possibilità, vorrei dire nella necessità, di procurare un divertimento onesto, quasi familiare, alle proprie famiglie.

Ben venga anche questa nuova attività della famiglia parrocchiale, la quale naturalmente importa un impegno di grandi proporzioni, e richiede una direzione e una vigilanza bene assennata da parte di chi è responsabile di tutta l’attività parrocchiale. Per tutelare specialmente la sicurezza morale degli spettacoli, l’autorità ecclesiastica ha istituito in ogni diocesi un centro dello spettacolo che lo sorveglia e lo indirizza.

 

 

ASSOCIAZIONI PARROCCHIALI

 

Nelle parrocchie vi sono sempre state pie unioni, senza carattere ufficiale, in cui anime volonterose coltivano qualche speciale forma di pietà, o cercano stimolo verso la perfezione cristiana (confraternite, terzi ordini, apostolato della preghiera, ecc.). Queste unioni continuano ed hanno una utile funzione, anche se di proporzioni modeste.

Da alcuni decenni è sorta ed ha grandeggiato una speciale forma di associazione, che è nelle singole parrocchie ma ha anche una organizzazione ed una risonanza nazionale: l’Azione Cattolica. Essa ha carattere volontario. Cominciò fra i giovani: sempre più generosi i giovani quando hanno avuto una buona educazione ed hanno imparato a conoscere la vera finalità della vita, e pronti a rispondere ad un invito verso una missione di bene da compiere nella massa a cui appartengono. Ma poi gradatamente sorse l’Azione Cattolica nella gioventù femminile, nelle donne, negli uomini, negli studenti universitari, ripetutamente benedetta e incoraggiata dal Santo Padre e dai Vescovi.

Suo scopo è di stimolare alla osservanza della vita cristiana in tutta la sua pienezza, seguendo gli insegnamenti che vengono dalla Gerarchia della Chiesa, ed insieme uno spirito di apostolato verso gli ambienti in cui ciascuno si trova. La parrocchia coltiva nei suoi fedeli la Azione Cattolica, e a sua volta questa coopera a qualunque opera buona nella parrocchia: alla difesa della fede, al catechismo, all’oratorio, alle missioni e così via. Essa è riuscita a formare tra i suoi membri dei soggetti che sono riusciti a portare la vita cristiana in tutte le forme anche più alte della vita pubblica.

 

 

LA FAMIGLIA PARROCCHIALE

 

Tutte le attività sopra accennate fanno della parrocchia una organizzazione complessa ed importante. E’ la cellula che insieme a tante altre analoghe sparse nella città, nella diocesi, nel mondo, contribuisce a formare la Chiesa, organismo ben vivente; il corpo mistico di Nostro Signore Gesù Cristo, in cui si conserva e circola la vita della grazia.

La parrocchia, per parte di coloro che hanno la coscienza di appartenervi, si può anche dire una famiglia, dove i membri si sentono uniti come da una certa parentela spirituale, impegnati ad aiutarsi, specialmente verso coloro che sono più bisognosi.

Il parroco, cioè il sacerdote che il Vescovo ha messo a reggere quel gruppo di fedeli, — e proporzionalmente anche gli altri sacerdoti che lo coadiuvano, — diventano i padri, i consiglieri nati, dei parrocchiani. La loro casa è sempre aperta a tutti: ci va il povero come il benestante. A che fare? Ad esporre le proprie condizioni difficili, il proprio caso di coscienza, il bisogno che hanno di un consiglio per qualche situazione complessa, spesso dolorosa, assillante. E infatti, a chi meglio che al parroco si rivolgerebbero, mentre egli è lì proprio per loro, con un’anima benevola, aliena da interessi propri, tutta dedicata agli altri, fornita di esperienza dei casi della vita, di una cultura morale ispirata al Vangelo? Il parroco ispira a tutti confidenza: li ascolta, espone il suo parere, il suo consiglio, più come di un amico, di un fratello, di un padre, che di un giudice. E intanto egli condivide il dolore degli afflitti, gode coi felici, incoraggia i timidi, gli sfiduciati. E i visitatori che lo hanno sentito una volta, che hanno discusso con lui, sanno di poter battere ancora a quella porta, che è la porta di tutti, saggia, accogliente, anche se qualche volta la risposta ha dovuto essere ferma, severa, per ricordare ad alcuno il suo dovere.

Alla porta del parroco non vanno solo per chiedere un consi­glio od un conforto. Tante volte chi viene da lui ha bisogni materiali: gli manca la casa, il lavoro, il pane, ed ha famiglia, figliuoli che patiscono la fame. E al parroco cercano una raccomandazione, un posto di lavoro, un soccorso immediato... Quante volte il parroco si trova in un penoso imbarazzo! Lavoro non ce n’è, mancano le case o esigono un affitto impossibile; le finanze del parroco sono stremate, impari a tanti bisogni. Fa quello che può, promette una raccomandazione, e intanto esorta alla pazienza ed alla fiducia nella Provvidenza, deciso per altro a farsi lui stesso, per quanto gli sarà possibile, strumento di quella Provvidenza.

Intorno al parroco vi sono nella parrocchia altre persone ani­mate da sentimenti di carità, che ricordano le parole del Maestro divino: « Quello che farete ai vostri fratelli bisognosi lo fate a me », e sono pronte a venire incontro ai bisogni dei loro fratelli. Le anime sante e generose di San Vincenzo de’ Paoli e di Federico Ozanam (a due secoli di distanza il medesimo spirito, che è lo spirito di Gesù) hanno saputo raccogliere le anime volonterose in associazione semplice, senza nessuna complicazione burocratica; a quella si ispirano quelle che ora si chiamano le Conferenze di San Vincenzo. Le persone volonterose si incontrano, assumono informazioni, e poi mettono insieme il loro obolo e vanno personalmente a portarlo alle famiglie bisognose; ed all’obolo, al pane od al vestito per i bambini aggiungono una parola buona, semplice, fraterna, parola di fede e di carità, la carità di Gesù Cristo che non cerca il rumore; e poi partono per tornare una prossima volta, persuase di aver dato qualche cosa, ma di aver avuto (compenso più che sufficiente) non tanto la riconoscenza dei beneficiati, quanto la soddisfazione di aver fatto un po’ di bene nel nome del Signore, e di avere imparato qualche cosa, che cioè vi sono persone più infelici e bisognose di loro, e che, se Dio ha dato a loro qualche possibilità, lo ha fatto perchè si facciano strumenti della sua Provvidenza a vantaggio degli altri. I bilanci annui delle Conferenze di San Vincenzo si sono fatti sempre più cospicui nel succedersi degli anni; ma i bilanci che infilano cifre e cifre non possono esprimere tanti atti di virtù, che attenuano le sofferenze, che addolciscono i rapporti fra gli uomini e le classi sociali.

Questa iniziativa di carità ne ha ispirato recentemente un’altra, di respiro più ampio ma ispirata al medesimo spirito. Non più soltanto alcune persone riunite in quelle associazioni, ma molti nella parrocchia, che in fraterno aiuto cristiano si tengono pronti ad ogni aiuto di cui dal parroco o dai suoi incaricati venga segnalato il bisogno: aiuto di danaro, di alimenti, di arredi di casa, ecc. E’ la famiglia parrocchiale che si tiene unita, guidata dallo spirito della carità, che è lo spirito di Gesù. E sulla carità così intesa germoglia e si conserva la Fede, la vita cristiana.

Le esperienze in questo senso sono state interessanti. La parrocchia, che pure tanto si attende dalla sua organizzazione esteriore, vive così una sua vita, interna, fraterna, benedetta da Dio. E’ la carità che fiorisce sul fondamento della fede. E se normalmente è la fede che conduce l’anima a perfezionarsi nella carità, molte volte, nei disegni di Dio, è la carità, se si vuole in una forma ancora imperfetta ma sincera, che, colla benedizione di Dio, conduce alla fede.

 

* * * * *

 

Carissimi, vi ho descritto, con parole semplici ma, confido, aderenti alla realtà, la parrocchia, come la Chiesa l’ha istituita; come tutti la viviamo, perchè ciascun fedele è iscritto in una parrocchia.

E’ un organismo destinato ad essere vivo, ad essere la fonte o la sede nata di gran parte della vita cristiana. Un organismo che è determinato dalla Chiesa nella sua struttura fondamentale, ma suscettibile di continuo sviluppo nei mezzi e nei metodi, in corrispondenza delle necessità dei tempi. Vale anche qui quella che è la norma di ogni organismo sociale: aggiornamento, cioè sviluppo in corrispondenza dei tempi.

Al Clero parrocchiale, col mio ringraziamento affettuoso per lo zelo che essi dimostrano nel loro arduo compito, la mia parola è questa: tutti compresi della funzione che la Chiesa vi ha affida­to, amate la vostra parrocchia, assistetela, potenziatela al massimo secondo i bisogni e le possibilità, perchè sia veramente viva e corrispondente ai bisogni dei tempi. Ricordate quanto ho scritto nel Sinodo (n. 104), là dove, dopo d’aver ricordato quale dovrebbe essere l’attrezzatura normale di una parrocchia moderna (sostanzialmente, quanto ho qui ricordato), ho aggiunto: « Condizione essenziale, anime apostoliche di parroco e di vicarii cooperatori, più avveduti e di grande spirito di iniziativa e di sacrificio ».

E a tutti i fedeli, — ben lontano da una visione ristretta che impedisca di considerare anche tanti altri preziosi strumenti che la Chiesa ci offre per la vita cristiana, — dico: conoscete la vo­stra parrocchia, interessatevi di essa, amatela come la casa dove siete nati spiritualmente, la famiglia a cui appartiene, la vostra famiglia spirituale. Ricevete da lei i tesori di cui è depositaria e distributrice, e datele la vostra corrispondenza. Come, in grande, la Chiesa non è soltanto il Clero in tutta la sua Gerarchia, ma con esso tutti i fedeli, che formano il Corpo Mistico di Cristo, così la parrocchia non è soltanto il Clero parrocchiale e gli altri che possono avere qualche speciale mansione, ma è formata da tutti, sacerdoti e fedeli; anzi i sacerdoti vi sono per i fedeli.

Che il Signore ci benedica tutti.

 

Brescia 3 marzo 1957.

 

 



[1] Can. 216, 30.

[2] Codice di D. C., can. 467-1329 e seg., e disposizioni della S. Congregazione del Concilio.

 

 

 

 

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