Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

La famiglia cristiana (1955)

 

 

 

V'è una istituzione al mondo che è alla base della umanità, l'ha accompagnata fin dal suo nascere, ha sopravvissuto al crollo di tante altre istituzioni, ha subito anch'essa le sue vicende secondo i diversi gradi di civiltà, ma ha sempre avuto l'alta considcra7ione degli studiosi dei problemi umani, e la stima e l'affetto di ogni anima retta. Anzi il suo retto funzionamento nella società o il suo eventuale decadimento hanno sempre corrisposto, a consenso di tutti, a una condizione di floridezza o di crisi del consorzio umano.
Questa istituzione è la famiglia.
Essa è all'origine della vita, posta dalla Provvidenza del Creatore perchè gli innumerevoli esseri umani che sono venuti al mondo e conservano e moltiplicano la fiaccola della vita trovino non solo la possibilità della esistenza, ma anche la conveniente conservazione e il necessario sviluppo fisico e specialmente morale.
Se, per circostanze che non dipendono da lui, un essere umano viene al mondo senza una famiglia propria, questa è considerata per lui una vera disgrazia, che la società si tiene obbligata ad attenuare con provvedimenti che in qualche modo la suppliscano. E se, come pur troppo avviene, una famiglia, per una dolorosa e colpevole deviazione, non corrisponde alla funzione che le è assegnata, dall'Autore della natura, se ne vedono ordinariamente le tristi conseguenze, in un danno fisico o morale che ne viene alle creature che da essa derivano.
Per questo è unanime l'affermazione della necessità che la famiglia si conservi sempre alla altezza della sua funzione, e che si combattano e reprimano tutti gli attentati che si presentino contro la sua struttura e la sua funzione.
Pur troppo avviene che non sempre la sua famiglia corrisponda al suo ideale, o per la mancata preparazione di coloro che vengono a formarla, o per le influenze deleterie dell'ambiente. Per questo bene ha fatto l'Azione Cattolica italiana a porre quest'anno, come già altre volte, il tema della famiglia come argomento da trattare con diligenza e con fervore, per porre un argine a tante deviazioni e contribuire ad un risanamento della famiglia italiana, là dove essa subisce attacchi o prova delle crisi. Io so che nella nostra provincia, e specialmente nelle nostre campagne, vive una buona tradizione familiare, ed invito tutti a considerarla come un patrimonio prezioso da conservare e difendere. Ma non mancano i pericoli, per i cattivi esempi spesso anche diffusi imprudentemente dalla stampa, ed anche per una propaganda che è da temersi da parte di dottrine materialiste che disconoscono la natura e la dignità della famiglia e ne scalzano i fondamenti, e attentano alle sue proprietà fondamentali.
E' noto infatti che è stata presentata alle assemblee legislative della Nazione, da parte di partiti marxisti, una proposta di divorzio, la insidia cioè che già tanto male ha fatto alla famiglia in altre Nazioni.
Per questo ho pensato di scegliere la famiglia come argomento della solita Pastorale della Quaresima.

LA FAMIGLIA FONTE DI VITA

La famiglia è una istituzione essenziale per il consorzio umano. E' la fonte della vita, e per il moltiplicarsi delle persone che vengono a formarla, generazione per generazione, dell'umanità.
La scienza, e specialmente una scienza di indirizzo materialista che vuol spiegare colla evoluzione ogni specie di realtà, è andata costruendo teorie sulla famiglia, presentandola come il risultato di un lungo processo evolutivo, da forme imperfette a più perfette.
Pure ammettendo uno sviluppo in quelle che sono le forme organizzative del gruppo familiare, la famiglia, - come una società di due persone, un uomo e una donna, unite in modo stabile per comunicare la vita ad altri esseri e portarli colla propria assistenza ad una autosufficienza, - è una situazione che appartiene alla stessa natura umana, considerata nelle sue caratteristiche essenziali.
E questo medesimo concetto della famiglia appartiene alla dottrina del Cristianesimo, che trova la famiglia così intesa descritta fin dalle prime pagine della Bibbia, dove si descrive Dio che, creato l'uomo, gli vuoi dare un aiuto simile a lui, che è la donna (Genesi, 2, 18), e Adamo, con istinto profetico, dice: " L'uomo lascerà il suo padre e la madre e si unirà alla sua moglie, e i due saranno una cosa sola " (Genesi, 2, 24); e ai due così uniti Dio dice: " Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra " (Genesi, 2, 28).
A cementare questa unione dei due sposi, la natura, cioè Dio che ne è l'Autore, li ha fatti in modo che si completano a vicenda, e ha dato ad essi un amore fatto di comprensione e di aiuto scambievole, che li tiene fortemente uniti, quando non vi sia un disordine che rompa quel vincolo naturale. E a rendere permanente il vincolo fra i genitori e figli sentano un amore vicendevole che non è superato da nessun altro amore.
11 fine principale di questa unione così forte e caratteristica è, come è evidente, la prole, il suo allevamento, l'educazione. Ma la unione coniugale ha anche, come appare evidente, un altro fine, che si può dire secondario, ma ha pure il suo grande valore. Nella unione coniugale essi trovano un aiuto per la loro stessa vita, resa più dolce, confortevole, nell'amore che li unisce, nella cura reciproca, nel conforto che vicendevolmente si presentano nei momenti di felicità come in quelli, che non mancano, della angustia e del dolore. Il sacro testo già citato ha espresso questo punto in un modo tanto espressivo, quando, introducendosi a parlare della formazione della donna, mette in bocca a Dio queste parole: " Non è bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto simile a lui "(Genesi, 2, 18).
Ecco, nei suoi elementi essenziali, la famiglia come Dio l'ha voluta, e come la natura ce l'insegna. Guai a chi voglia attentare a questa magnifica opera di Dio.


L'UNITA' E L'INDISSOLUBILITA' DIFESE DALL' ISTITUTO FAMILIARE

A difesa della famiglia nei suoi caratteri essenziali sopra indicati, che importano una unione intima e stabile di vita ed una comunicazione di vita ad altre creature, bisognose a loro volta di una assistenza prolungata, Dio l'ha munita di due qualità fondamentali, l'unità e la indissolubilità.
L'unità importa l'unione di un solo uomo con una sola donna. Solo così si può ottenere quella unione totale di anima, di amore, di fiducia vicendevole dei coniugi, che è essenziale alla convivenza familiare ed alla buona educazione della prole. La poligamia ha sempre portato un grado inferiore di vita, specialmente per la donna.
Ma la vera unità che renda lieta e degna la convivenza coniugale ed ottenga buoni risultati alla funzione della famiglia, non è soltanto la esclusione di un matrimonio poligamico; si richiede anche l'esclusione di qualunque relazione extramatrimoniale; anzi dirò di più, di qualunque affetto che venga a intaccare la perfetta fedeltà, l'amore e la fiducia di quelli che il matrimonio ha unito. Così intende la fedeltà coniugale Gesù, che disse nel Vangelo: " Io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già peccato in cuor suo " (Matt. 5, 28).
L'indissolubilità importa la perpetuità del vincolo matrimoniale contratto validamente. L'ha proclamata altamente Gesù colle famose parole: " Quod Deus coniunxit homo non separet: nessun uomo osi sciogliere quello che Dio ha unito " (Matt. 19, 6; Marco, 10, 9); parole che opportunamente la Chiesa ripete nel rito del Matrimonio.
La perpetuità è una proprietà insita nella natura stessa del vincolo matrimoniale, che è la base della famiglia. Non si concepisce una mutua dedizione così completa dell'uomo e della donna come è quella del matrimonio, che non sia perpetua ed ammetta invece la possibilità di una rottura. Ed alla medesima conclusione ne conduce, anche con maggior forza, la considerazione dei figli, i quali, come hanno avuto la vita dalla unione dei due genitori, così esigono la stessa unione perchè possano avere da essi le cure necessarie e specialmente l'educazione e l'amore di cui hanno bisogno.
Queste due doti, l'unità e l'indissolubilità del vincolo matrimoniale ebbero più o meno delle eccezioni in molti popoli di civiltà inferiore, e nello stesso popolo ebreo, dove fu ammesso il divorzio ed anche la poligamia, tollerando Iddio per ragioni speciali, data la qualità di quel popolo e le circostanze in cui venne a trovarsi, tra i popoli vicini. Ma Gesù revocò espressamente quella tolleranza, richiamandosi alla prima istituzione del matrimonio. " Mosè, egli disse, permise a voi di ripudiare le vostre mogli per la durezza del vostro cuore; ma da principio non fu così " (Matt. 19, 8). E proclamò apertamente la legge della indissolubilità del vincolo matrimoniale (Marc., 10, 11; Luc. 16, 18). E San Paolo la confermò chiaramente (1 Cor. 7, 10, 11).
Le obbiezioni che si fanno contro questa legge severa si riferiscono a casi pietosi, nei quali la convivenza matrimoniale diventa difficile ed anche impossibile, per cui sembrerebbe doversi dare, in via di eccezione, una mitigazione della severità della legge. Ma così si verrebbe ad intaccare un principio che è troppo importante per la compagine del nucleo familiare, con conseguenze gravissime. Infatti, mentre la severità della indissolubilità del vincolo serve ad ammonire i coniugi ad evitare tutto quello che può intaccare il mutuo amore e rendere difficile la convivenza, la visione della possibilità di sciogliere il vincolo favorirebbe i contrasti e le infedeltà che porterebbero motivi di separazione e divorzio. L'esperienza conferma, perchè nelle nazioni dove si è voluto ammettere il divorzio, esso invece di essere soltanto l'eccezione per casi specialmente gravi, andò sempre crescendo, fino a preoccupare ogni osservatore avveduto e gli stessi legislatori.
Ricordino questo gli Italiani per ogni evenienza. La coscienza onesta e cristiana del nostro popolo nella sua maggioranza, dove vige ancora il culto delle virtù familiari, ha già più di una volta sventato l'insidia che tentava di introdurre nelle nostre leggi il divorzio. Esso dovrà reagire sempre ad ogni tentativo del genere. Vi sono già, nei costumi di molti e nelle dottrine che si vengono spargendo-, insidie pericolose alla integrità della famiglia; non si aggiunga l'insidia più grave, che sarebbe l'introduzione del divorzio nella nostra legislazione civile. Dico civile, perchè la legge della Chiesa Cattolica su questo punto non muta. E molto opportunamente il Concordato fra la Chiesa e lo Stato italiano ha stabilito che la legge assista e difenda l'indissolubilità del matrimonio, fonte della unità e stabilità della famiglia.

IL SACRAMENTO MEZZO DI SANTIFICAZIONE DELLA FAMIGLIA

La famiglia come fin qui è stata descritta appartiene alla natura umana, come Dio l'ha creata. Ed è per questo che tutti i suoi elementi sono chiaramente indicati nella Bibbia, fin dal principio della esistenza umana. Ma Gesù Cristo, venuto a riparare l'umanità decaduta, ed insieme a compiere l'opera della Redenzione, ha aggiunto all'istituto familiare un elemento importantissimo, il Sacramento del Matrimonio. Per volontà sua, il matrimonio mantiene la sua natura e la finalità intesa a trasmettere convenientemente la vita, ma Egli elevò l'unione matrimoniale alla dignità di Sacramento, cioè di mezzo di grazia. Gesù volle annunciare questo suo disegno fino dal principio della sua predicazione, colla sua presenza alle nozze di Cana, insieme alla sua Santissima Madre ed agli Apostoli (Gio. 2, 1 e seg.). Poi l'Apostolo S. Paolo, che tanta parte ebbe nell'esporre ed illustrare la dottrina di Lui, chiamò il Matrimonio Sacramento, e gran Sacramento, dichiarandolo simbolo della unione santificante di Cristo e della sua Chiesa (Efes., 5, 32).
Pensate alla importanza, per un cristiano, di questo punto di dottrina. Egli non trova soltanto nel matrimonio una soddisfazione materiale. Egli sa che il matrimonio e la famiglia hanno uno scopo altissimo, cooperare con Dio alla esistenza di creature destinate ad onorarlo ed a salvare l'anima spirituale di cui Dio le ha dotate. Il Sacramento che ha ricevuto, che ha benedetto le sue nozze, gli ricorda questo aspetto spirituale della sua convivenza familiare, e dà alla sua vita ed alle sue esplicazioni un significato e un valore che trascende la vita naturale. Di più, l'organismo familiare, perchè possa funzionare bene e raggiungere il suo altissimo fine, deve superare molte difficoltà; difficoltà esteriori che spesso gli rendono difficile l'esistenza, e difficoltà interiori, per le passioni che si fanno sentire e tentano soffocare tutto quello che c'è di spirituale nella famiglia per lasciare libero il campo alle tendenze più basse, alla sensualità, all'egoismo, col triste contorno di infedeltà, di discordie, di profanazione delle finalità stesse della famiglia. Ed ecco il prezioso aiuto del Sacramento. Esso non si limita a dare la grazia quando gli sposi lo celebrano: come il vincolo matrimoniale rimane sempre, così, perchè elevato a sacramento, è sempre un richiamo da parte di Dio di grazie ed aiuti speciali per i bisogni della vita familiare, perchè essa continui secondo la sua natura, vincendo le difficoltà e frenando le passioni che le minacciano la rovina.
Purtroppo non è sempre così. Non sono rare le famiglie nelle quali è entrata la infedeltà, la discordia, la trascuratezza nella educazione dei figli e le altre rovine sopra ricordate. Ma non è neppure raro il caso, specialmente là dove vige in proposito una buona tradizione fondata sulla fede professata e sentita, di buone famiglie cristiane, spesso di condizione modesta, che non attirano l'attenzione del gran pubblico e non fanno parlare i giornali, ma a chi le avvicina danno lo spettacolo gradito ed edificante della famiglia come la vuole la legge di Dio, spettacolo e scuola di concordia, di amore, di purezza, di santa fecondità. Quelle famiglie molte volte non hanno risorse materiali ed esterne, ma vivono la vita di grazia: è il sacramento che le ha condannate all'origine e continua la sua funzione perchè esse lo tengono vivo ed operante. Guai a chi volesse dissacrare il matrimonio e togliere alle nostre buone famiglie cristiane il loro carattere speciale e l'aiuto che loro viene da Dio, a cui si mantengono unite!

LA FAMIGLIA SCUOLA DI EDUCAZIONE CRISTIANA E CIVILE

Come si è detto, missione essenziale della famiglia, che la rende necessaria e altamente benemerita della società, è l'educazione della prole. La stessa comunicazione della vita, senza una conveniente educazione, perderebbe gran parte del suo valore e darebbe anzi luogo a un grande, doloroso rammarico. Sarebbe come se in un campo vedessimo spuntare dal terreno i piccoli germogli, ma poi, perchè trascurati dall'agricoltore, privi di irrigazione e di concime, soffocati da zizzania, li vedessimo inariditi, consumati da parassiti, sostituiti da una vegetazione di male erbe.
Tutti sentono la necessità della educazione, e spesso si sente lamentare la sua mancanza, nella stampa, nei discorsi dei magistrati, nelle conversazioni private, specialmente di fronte ai casi dolorosi e purtroppo frequenti di giovinezze sciupate che crescono senza ideali, e di una delinquenza minorile che forma una delle grandi preoccupazioni della società moderna.
Ma a chi spetta il compito della gioventù?
Spetta alla scuola, che si trova a contatto delle anime giovanili che guida sulle vie del sapere. Spetta allo Stato, che deve, per quanto gli è possibile, curare l'ambiente, perchè non diventi pericoloso alle giovinezze che si affacciano alla vita, a preparare i mezzi di cui possano avvantaggiarsi gli educatori. Spetta specialmente alla Chiesa, a cui Dio ha affidato la cura delle anime da avviare alla salvezza, e che per questo dispone di due grandi mezzi affidati a lei dal Redentore, una dottrina di virtù e mezzi di grazia che sono i Sacramenti.
Ma prima che a tutti questi il compito di educare spetta alla famiglia, dove le giovinezze ricevono la vita e la passano a gran parte della loro esistenza, e trovano, coi mezzi di sostentamento materiale, le prime cognizioni e le prime esperienze, che tanto possono influire sul loro orientamento morale. Spetta ai genitori, a cui Dio, chiamandoli cooperatori suoi nel dare la vita, ha dato colla esperienza, colla autorità e con un amore singolarissimo, gli elementi necessari per un grande ascendente sull'animo dei figli, specialmente nella loro prima età. L'uomo, il cittadino, è stato detto, si forma sulle ginocchia della madre, perchè da lei, e naturalmente anche dal padre, si prepara la vita morale della creatura a cui ha dato la vita del corpo.
Non sarà mai ricordato abbastanza ai genitori questo altissimo compito che Dio ha loro assegnato, e di cui dovranno rispondere a Lui, come per uno dei più grandi doveri che formeranno argomento di giudizio. Ma sono bene preparati tutti i genitori a compiere un dovere, una funzione di tanta importanza? Purtroppo non lo si può dire. Molti entrano nello stato matrimoniale e si costituiscono una famiglia solo per un desiderio di piacere, e se si vuole, anche del piacere in sè onesto di avere intorno a sè figli che rallegrino la casa; ma non pensano alle responsabilità che si assumono per la loro educazione. E' necessario invece che i giovani si preparino al matrimonio colla visione chiara del dovere che assumono davanti a Dio ed alla società per la buona educazione dei figli.
La pedagogia, che si assume il compito di studiare sperimentalmente le leggi che reggono lo sviluppo della personalità, dei sensi, dell'intelligenza, della volontà e del sentimento, si è costituita nell'ultimo secolo in scienza completa, con abbondanza di indagini e di mezzi. Ma non basta, per educare, conoscere e sviluppare nell'educando la tecnica dello sviluppo delle sue facoltà naturali. Perchè una pedagogia sia veramente educativa è necessario che orienti tutta la attività del fanciullo e del giovane su basi che trascendono la conoscenza sperimentale delle leggi psicologiche. La pedagogia cristiana, cioè l'educazione come l'insegna la fede e la tradizione cristiana, non può prescindere da alcuni principi superiori, che la rendono veramente educativa.

ALCUNi PRINCIPI DI EDUCAZIONE CRISTIANA

1. - L'uomo, fino dal primo suo svolgersi nella vita, è una creatura di Dio, a cui Dio stesso ha dato un fine ed ha segnato la via per raggiungerlo. Il fine è la salvezza dell'anima, la via segnata è una legge che Dio stesso ha stabilito e ci fa conoscere per mezzo della stessa nostra ragione e in modo più completo colla sua rivelazione. E' necessario quindi che fino dal primo svolgersi della sua ragione il fanciullo sia iniziato al pensiero di Dio, pensiero che poi si svolgerà in corrispondenza della cresciuta sua capacità. Ma bisognerà iniziano al pensiero, non di un Dio lontano a cui pensare in certi momenti della vita, ma di un Dio vicino, che ci è sempre presente, come padre buono che si deve amare, e come legislatore a cui si deve ubbidire. La pretesa di alcuni, di aspettare a parlare di Dio e della sua legge quando il giovane ha raggiunto la sua maturità e può scegliersi liberamente la sua via, è un'idea falsa ed esiziale, perchè priva il giovane, proprio nel tempo della sua formazione spirituale, di un elemento così importante e fondamentale per il suo orientamento e per assisterlo nelle prime lotte della sua vita morale. Certo, non basterà per questo che gli si insegni qualche formula e qualche pratica religiosa meccanicamente imparata ed eseguita, ma Dio dovrà entrare come elemento principe della sua vita spirituale. E qui ci vorrà tutta la fede e la abilità dei genitori, che sappiano conoscere la vita intima del fanciullo ed inserirvisi con amore.

2. - Altro principio che deve informare e dirigere la educazione del fanciullo e del giovane è la dottrina del peccato originale. La nostra fede ci insegna che l'uomo non si è conservato nella condizione perfetta nella quale Dio l'aveva creato in origine. Il peccato dei progenitori, diventato il peccato della umanità, tolse all'uomo i privilegi di cui Dio l'aveva fornito: prima la grazia, e poi altri doni preziosi, fra i quali una scienza perfetta delle cose divine e l'ordine nella sua persona, colla subordinazione della sua parte sensibile alla ragione. Un gran dono di Dio fu la Redenzione operata da Nostro Signore Gesù Cristo. Ma essa, mentre ci ha ridonato la possibilità di riacquistare la grazia, non ci ha tolto la concupiscenza, cioè la insubordinazione della nostra parte inferiore alla ragione. In certo modo l'esperienza di ognuno conferma questa verità della fede, perchè ciascuno sente in sè con belle prerogative di cui deve gloriarsi, anche l'umiliazione di cattive inclinazioni che tendono al male. Di conseguenza, mentre è bene coltivare nel fanciullo e nel giovane le buone tendenze che la natura gli ha conservato, non possiamo assecondare tutte le sue inclinazioni, perchè alcune sono cattive e lo portano al male. Ne segue che deve considerarsi buono e necessario elemento della educazione cristiana la modestia e la mortificazione.
Con essa il fanciullo ed, il giovane devono imparare ed abituarsi a non assecondare tutti i desideri e le inclinazioni, ma per resistere a quelle che la retta ragione e la legge di Dio, che i genitori insegneranno, ci dicono non essere buone. Criterio di educazione, questo, molto importante, ma purtroppo trascurato da una tendenza diffusa di volere accontentare il fanciullo in tutti i suoi capricci.

3. - Su questi due principii fondamentali si basa l'educazione cristiana, che prima di ogni altro devono studiarsi di impartire i genitori. E non è questa educazione, l'opera di tempi determinati, come l'orario del catechismo. E l'opera assidua di ogni momento quando se ne presenti l'occasione, pur mantenendo quella discrezione che renda l'educazione stessa quasi una gioia per il fanciullo che sente di imparare ed essere buono, non un peso insopportabile alla sua naturale vivacità.

4. - Il fanciullo ha anche la sua personalità, incipiente ed imperfetta se volete, ma vera, ed anche questa deve essere preparata dagli educatori. La loro azione, così necessaria, non deve essere soltanto una serie di comandi e di proibizioni, di rimproveri e di lodi, che potrebbero perdere ogni loro effetto passato il momento. L'educatore, pur non trascurando mai la sua parte, ed intervenendo direttamente a tempo opportuno, deve tendere a formare la coscienza del fanciullo, cosicchè impari anche a dirigersi da sè. E lo farà insegnando, a tempo opportuno e in modo adatto alla capacità della mente del fanciullo, i principi che devono dirigere le loro azioni. Come si ricordano volentieri, nell'età matura, certi insegnamenti dati a suo tempo, con autorità insieme a bontà, dai genitori. " Mio padre, si dice con compiacenza, mi ha insegnato così "; " Mia mamma mi ha sempre detto questo e quest'altro ". Coscienza formatasi alla scuola dei genitori.

5. - La formazione di questa coscienza incontra dei momenti critici, che sembrano mettere i genitori nell'imbarazzo. Il fanciullo comincia a mettersi davanti problemi che hanno un aspetto delicato: il mistero della vita. La tradizione della educazione cristiana, confermata autorevolmente da un'enciclica del 8. Padre Pio XI di venerata memoria, riprova quella che si suoi chiamare educazione sessuale, fatta a molti collettivamente diversamente preparati, come un programma di scuola. Ma non riprova un insegnamento fatto a ciascuno nel momento opportuno, quando se ne vede la necessità, e fatto da coloro che ne hanno la autorità e la competenza. E meglio che a qualunque altro questo spetta ai genitori, quando lo sappiano fare. Ma l'insegnamento deve essere graduato, fatto nella luce della Provvidenza di Dio che tutto ha disposto con amore, e dell'amore stesso dei genitori, specialmente della madre che ha dato la vita. E la rivelazione condotta con serietà e prudenza conduca alla purezza come preparazione conveniente alla famiglia.

6. - I genitori coscienti del loro dovere si riconosceranno facilmente insufficienti per l'opera grande della educazione della loro prole, e sentiranno il bisogno di aiuto. La Chiesa, che ha l'incarico della salvezza delle anime, viene incontro a questo bisogno dei genitori. Lo fa col catechismo organizzato nella scuola e nell'insegnamento domenicale della parrocchia, ed aggiunge al catechismo un altro sussidio educativo della massima importanza ed efficacia, che è stato stabilito da Cristo stesso, voglio dire la frequenza dei Sacramenti della Confessione e della Comunione, che oltre l'efficacia soprannaturale che hanno nel comunicare la grazia, contengono un meraviglioso elemento pedagogico di primissimo ordine. Errerebbe gravemente la famiglia cristiana che non ne tenesse conto.

7. - Ma la principale condizione perchè l'educazione data dai genitori, abbia una pratica di vita veramente cristiana ed esemplare, cosicchè i figli vedano la concordia, l'amore, il rispetto vicendevole di papà e mamma, li vedano frequentare puntualmente i doveri religiosi, non odano mai sulla loro bocca la bestemmia o un parlare scorretto. Vedano non solo la mamma ma anche il padre interessarsi della loro vita quotidiana, della frequenza al catechismo, li vedano entrambi partecipare insieme alla loro preghiera. E' facile capire l'influenza grande di simili esempi familiari sulla educazione dei figli. Ho accennato sopra con quanta compiacenza e gratitudine, anche nella età matura si dica: " mio padre, mia madre, mi hanno insegnato così ". Ora aggiungo: e con altrettanta compiacenza, mista di familiare fierezza, possano dire, come norma indiscutibile di azione: " Mio padre, mia madre facevano così ".
8. - Importa molto anche il metodo che i genitori terranno nell'educare. Una sana pedagogia potrà dare tanti utili suggerimenti in proposito, fondati sulla psicologia del fanciullo. E sarebbe certo desiderabile che i genitori, che sono i primi insegnanti e i primi educatori, fossero messi in condizione di conoscere e seguire le norme della scienza. Ma al di qua di questa preparazione che potremmo dire scientifica, vi sono considerazioni molto ovvie, la cui trascuranza può compromettere l'esito dell'opera educativa. I genitori, che hanno da Dio l'incarico e l'autorità di guidare e comandare, e non accondiscendere in tutto, come molte volte si fa, alla volontà ed ai capricci dei fanciulli e dei giovani. Ma non per questo dovranno eccedere e mostrarsi sempre violenti e dispotici. Assecondiamo pure nelle cose ragionevoli la loro libertà; li avranno più facilmente docili quando le circostanze lo vorranno. E si mostrino sempre animati da bontà e dolcezza verso di loro. Ciò servirà anche per avere più facilmente la loro confidenza, che permetterà di esercitare molto opportunamente la parte del consigliere nelle loro prime difficoltà. Soprattutto non si arbitrino di imporsi in modo assoluto quando si tratta di disporre del loro avvenire. Qui ordinariamente la funzione dei genitori si limita al consiglio; se non vi sono gravi ragioni, lascino che essi seguano la loro vocazione.


LA PREPARAZIONE ALLA FAMIGLIA

Quanto è stato detto finora può bastare per dare un alto concetto della famiglia e della importanza della sua funzione, per le singole persone e per la società che da quella riceve i suoi componenti.
Ma la famiglia è un organismo molto delicato, che facilmente può trovare circostanze che la facciano deviare dalla sua vera natura come Dio l'ha voluta. Esperienza conferma purtroppo in modo impressionante questa affermazione. La famiglia esige dunque una conveniente preparazione.
La preparazione si fa negli anni che precedono il matrimonio. L'augusto sacramento inaugura la vita familiare in tutta la sua complessità e i suoi doveri: guai se gli sposi non vi arrivano ben preparati.
E' la natura stessa che porta il giovane e la giovane, giunti a una certa maturità, verso quello che sarà il compagno o la compagna per tutta la vita. E qui comincia il fidanzamento. Esso deve servire per la vicendevole conoscenza dei due, cosa necessaria perchè possano formare una unione che abbia la probabilità di una facile intesa e di una buona riuscita nella vita di tutti i giorni, e per sperimentare che l'amore non sia soltanto la fiamma di un giorno o un esaltamento di sensi, ma una affetto provato e fondato sulla conoscenza e la stima. Ma quel periodo non deve essere il pretesto per profanare la giovinezza in disordini che tolgono all'amore tutta la sua dignità e non possono far presagire bene per quella che sarà la famiglia futura. Per questo i fidanzamenti non comincino troppo presto e non si trascinino troppo lungamente. A questo dovrà tendere la vigilanza dei genitori.
Invece il tempo del fidanzamento dovrà servire per concepire e coltivare propositi di vita familiare che troveranno la loro attuazione negli anni che seguiranno; e per procurarsi quelle conoscenze e quelle abitudini che rendano poi possibile e facile il provvedere a tutte le necessità della famiglia.
Purtroppo questa preparazione molte volte manca, e gli anni del fidanzamento si riducono ad anni di libertà sconfinata, profanatrice della giovinezza. Per questo voglio qui segnalare una bella ed utile istituzione della nostra città, l'Istituto pro Famiglia, che mentre ha l'aspetto di una scuola di economia domestica e procura alle giovani una conoscenza pratica delle necessità della vita familiare, e del modo di provvedervi coi propri mezzi, in un ambiente sereno e profondamente cristiano, coltiva nelle giovani lo spirito di famiglia, e le assiste anche moralmente nel tempo del fidanzamento, estendendo con prudenza la sua opera formativa anche agli stessi fidanzati. L'importanza e la responsabilità propria del matrimonio e della famiglia merita bene una preparazione di questo genere.


TUTELA E DIFESA DELLA FAMIGLIA

L'importanza dell' Istituto familiare merita bene che sia assistito e difeso.

1. La Chiesa, depositaria della divina rivelazione e ministra del Sacramento, ha prima di ogni altro potere l'incarico di difendere l'istituto familiare e di regolarlo nella sua origine e nella sua funzione.
La Chiesa lo fa, difendendo la dottrina cristiana sul matrimonio e sui diritti e doveri dei coniugi e dei genitori, e mettendo in guardia i fedeli contro gli errori che in proposito possono presentarsi e diffondersi, e regolando la retta formazione della f amiglia cristiana nella sua legislazione matrimoniale. E questa è di sua esclusiva competenza, perchè fra cristiani non v'è matrimonio vero e legittimo, e quindi onorato dagli uomini e benedetto da Dio, se non il sacramento, che è regolato dalla Chiesa.

2. Lo Stato, nella nostra Nazione cristiana, riconosce questa competenza della Chiesa, riconosce il matrimonio come è regolato e celebrato dalla Chiesa, ne prende nota, e lo tutela per tutti gli effetti civili, che vengono regolati dalle sue leggi. A questo scopo, per il Concordato felicemente concluso fra la Chiesa e lo Stato Italiano, è stabilito che il parroco stesso che ha celebrato il matrimonio comunica copia dell' atto relativo all'ufficio comunale, dove ne viene presa e conservata nota.
Ho accennato alla tutela, da parte dello Stato, degli effetti civili del matrimonio: questi effetti esenziali, derivanti dalla natura stessa del rapporto familiare, sono regolati dal Codice Civile. Ma al di là di questa parte essenziale, è bene che lo Stato, come cerca di assistere sempre meglio le singole persone nelle loro necessità, si prenda cura anche delle necessità delle famiglie, che costituiscono una realtà sociale anche non oltre le singole persone che le compongono. Lo deve fare creando intorno alle famiglie un ambiente per quanto possibile sereno, col reprimere quello che può attentare alla pubblica moralità. Ed è bene che lo faccia anche sovvenendo alle necessità materiali ed economiche della famiglia.
Una assistenza di questo genere è quella che lo Stato ha stabilito imponendo nei contratti gli assegni familiari in proporzione del numero delle persone a carico di ciascuna famiglia.
Il principio può essere suscettibile di sviluppo. Così tutti vedranno volentieri tutte quelle forme di aiuto per cui, o da parte di iniziative private o con contributi di vario genere si provvedano alle famiglie abitazioni convenienti, data la funzione essenziale che la casa esercita nella vita della famiglia. E nello sforzo di alleviare l'altra grande piaga sociale che è la disoccupazione con tutte le sue dolorose conseguenze, perchè non si potrebbe, almeno entro certi limiti, convenire che nell'assumere lavoratori dovesse essere titolo di preferenza la considerazione del numero dei componenti la famiglia e dei suoi bisogni? Sarebbe anche questo un giusto riconoscimento della realtà familiare.
Carissimi, vi ho parlato della famiglia, secondo il concetto che ce ne dà la dottrina cristiana, mostrandone la natura, la dignità, la funzione, e specialmente il suo compito essenziale della educazione della prole.
Mentre benedico tutte le vostre famiglie, che vorrei tutte affidate ad una speciale benedizione di Dio, vi ripeto l'invito tanto necessario; tenete alta la tradizione familiare della nostra gente, e preservatela con ogni cura da ogni profanazione che le potesse venire, o da false dottrine che venissero diffondendosi, o dalla mancanza delle virtù necessarie da parte di coloro che le compongono.
Che il Signore ci benedica tutti.

Brescia, 23 febbraio 1955.

 

 

 

 

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