Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

Il sacerdote - il seminario (1953)

 

 

 

L'anno scorso voi avete voluto molto gentilmente unire alla celebrazione del nostro magnifico Congresso Eucaristico diocesano la commemorazione del cinquantenario del mio sacerdozio. Lo avete fatto con tanta spontaneità e fede, ed io ve ne sono riconoscente. Quel ricordo ha richiamato a me la dignità e l'importanza piena di responsabilità del Sacerdozio, e mi ha indotto ad un rinnovato esame di coscienza intorno ai gravi doveri che quella dignità mi impone.
Ma io voglio ora, in occasione della consueta lettera pastorale per la Quaresima, invitare anche voi, figli dilettissimi, a pensare al sacerdozio, per conoscerne meglio la natura, sapere quello che dovete aspettarvi dal sacerdozio per il vostro vivere cristiano, e che cosa voi stessi dovete al sacerdozio, che ha nella Chiesa una parte che possiamo dire essenziale, perchè voluta dallo stesso Divino Fondatore della Chiesa e Redentore delle anime nostre.

CHE COSA DICONO DEL SACERDOTE I SUOI NEMICI

In un paese cristiano come il nostro, nessuno ignora l'esistenza del sacerdote. Tutti l'incontrano per via e ne distinguono la presenza, non foss'altro, per l'abito che porta! spesso devono dipendere da lui per documenti anagrafici in occasione di matrimoni di nascite, di funerali; spesso ancora l'incontrano sui loro passi per motivi di beneficenza, di raccomandazioni. Ma che cosa pensano di lui?
Se volessimo chiederlo in certi ambienti, dove, pur troppo, insieme colla ignoranza, si coltiva l'odio contro la religione, considerata, secondo la nota espressione marxista, come l'oppio del Popolo, destinata a sopire ogni aspirazione di progresso nelle masse popolari, noi troveremmo sulle labbra di molti fratelli nostri la parola del disprezzo, dell'odio. Il sacerdote, si dice, è un uomo fautore di ignoranza e di superstizione, è il difensore interessato dei ricchi e loro strumento nell'asservimento del popolo dei lavoratori. E così via, quando anche non si inventino a suo carico accuse infamanti o si estendano a tutti i difetti o le colpe che possonO essere state commesse da alcuno.
Anzi, l'odio fomentato nelle masse da certi suoi nemici, ha saputo più di una volta armare la mano di fanatici negatori di Dio, e colpire a morte sacerdoti intemerati, intenti al loro ministero di luce, di bontà, di pace. Se poi volgiamo il nostro sguardo al di là dei confini della nostra nazione, verso quella che si suoi chiamare la cortina di ferro, troviamo un buon numero di sacerdoti, Vescovi, Cardinali, banditi dal posto dove esercitavano il loro ministero, imprigionati, alcuni anche uccisi, come nemici della patria e del progresso, perchè non hanno voluto piegarsi a pretese che andavano contro la libertà e la dignità del loro ministero.
I sacerdoti che hanno saputo mantenersi fedeli alla loro vocazione ed alla loro funzione sacerdotale - e sono la maggioranza - non si meravigliano di questo trattamento. Così era stato predetto. Gesù Redentore, il Divino Fondatore della Chiesa e del sacerdozio, mandandoli nel mondo a continuare la sua missione ed a predicare il suo Vangelo, aveva detto loro: " Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi " ( Luc., 10,3; Ioa., 15, 20). Queste auguste parole, scritte nel Vangelo, sono state il conforto di innumerevoli sacerdoti, che nel corso dei secoli sono stati disprezzati e perseguitati per la loro fede e per il ministero da essi compiuto in mezzo alle anime redente da Cristo. Offrendo a Dio le persecuzioni di cui erano oggetto, rendevano la testimonianza della loro fede e del loro attaccamento al Maestro, già perseguitato prima di loro.

CHE COSA E' IN REALTA' IL SACERDOTE

E' l'intermediario fra l'uomo e Dio.
L'orgoglio umano ha tante volte dichiarato di respingere questo mediatore: l'uomo ha la pretesa di trattare direttamente con Dio. Uno dei principi fondamentali dei pretesi Riformatori del secolo XVI fu appunto questo: rigettato il magistero della Chiesa, doveva essere lasciato alla azione individuale, di ognuno, il diritto di interpretare la rivelazione divina, e di ricavarne praticamente le direttive della vita. Una filosofia incredula accentuò il principio, spingendolo fino alle estreme conseguenze, rinnegando ogni rivelazione, per fare la ragione individuale arbitra del proprio pensiero come delle proprie azioni. Qui scompare non solo il sacerdote intermediario fra l'uomo e Dio, ma il concetto stesso di Dio. E' la forma esasperata di un laicismo risorgente, che vorrebbe escludere dalla vita individuale, come dall'ordinamento delle Nazioni, l'idea stessa di Dio, della Chiesa, e conseguentemente del sacerdozio.
Ma il popoio cristiano, come sente il bisogno di Dio, autore, regolatore, potenziatore in un ordine superiore della sua stessa vita, sente anche il bisogno dell'intermediario, del sacerdote, come Dio stesso ha voluto.
Questa funzione di intermediario si attua in due sensi: il sacerdote porta a Dio l'omaggio del popolo cristiano, e dispensa al popolo i doni di Dio. Queste funzioni ci vengono espressamente indicate da due grandi formule dell'Apostolo San Paolo, il magnifico espositore della Rivelazione cristiana in quello che riguarda i nostri rapporti con Cristo e colla Chiesa.

IL SACERDOTE RAPPRESENTANTE DEL POPOLO PRESSO DIO

Il sacerdote, dice l'Apostolo, " scelto fra gli uomini, è stabilito per essi in quello che si riferisce a Dio, e gli offre doni e sacrifici per i peccati " (Hebr., 5, 1).
L'uomo deve certamente qualche cosa a Dio. Gli deve, oltre l'obbedienza, l'omaggio della adorazione, che è riconoscimento della sua infinita grandezza, della propria dipendenza da lui, creatore, legislatore, ultimo fine. E' questo un atto essenzialmente spirituale: l'intelligenza che riconosce, la volontà che si sottomette, il cuore che vuoi amare quel bene infinito. Ma fin dai suoi remoti inizi l'umanità, fatta di spirito che dipende abitualmente dai sensi e dal mondo esterno nelle sue manifestazioni, trovò anche un segno esterno per esprimere questo omaggio a Dio, anche perchè così l'omaggio potesse assumere l'aspetto di un atto collettivo, in cui potessero convenire gli uomini, che non sono esseri isolati, ma uniti fra loro da tanti rapporti di socievolezza. E' il sacrificio:
l'offerta di qualche cosa di proprio a cui l'uomo rinuncia, per indicare il senso della sua dipendenza da Dio. Dio mostrò di gradire questo atto, che sotto la sua diretta ispirazione venne regolato nella legge Mosaica dell'Antico Testamento.
Ma il vero sacrificio, il supremo atto di culto veramente degno di Dio, a cui tutti gli altri in qualche modo si riferiscono, fu quello compiuto da Nostro Signore Gesù Cristo in Croce: è la stessa sua vita umana offerta a Dio come riconoscimento del suo dominio su ogni cosa e come espiazione dei peccati di tutti. Egli è il grande Sacerdote, a cui si applica la definizione di San Paolo, scelto fra gli uomini perchè vero uomo nella umanità da lui assunta in unione alla sua persona divina, costituito loro rappresentante in ordine a Dio, per offrirgli in omaggio e riparazione se stesso in sacrificio. Quel sacrificio ci ha redento.
Ma se la redenzione fu compiuta dal sacrificio di Cristo in croce, rimane ancora, in ogni tempo e in ogni luogo, il nostro dovere di rendere a Dio l'omaggio della adorazione e della riparazione. Per questo il sacrificio offerto da Cristo in croce si rinnova continuamente nella Chiesa, che è la comunità dei fedeli da lui fondata. Ed è qui che interviene l'altro sacerdote, che è infinitamente al di sotto della persona adorabile di Cristo, ma per sua volontà lo rappresenta in mezzo ai fedeli, fatto suo strumento per rinnovare la sua presenza fra noi e il suo sacrificio. E' quello che avviene nella Santa Messa, che si offre continuamente sui nostri altari. Qui il sacerdote rappresenta il popolo cristiano, che unito a Cristo Signore offre a Dio le sue adorazioni, le sue riparazioni: atto perenne di culto che da ogni parte della terra sale al trono dell' Altissimo.
A questa, che è la principale e incomparabile funzione del sacerdote come rappresentante del popolo presso Dio, s'aggiunge l'altra, di guidare e rappresentare ancora il popolo in tutte le altre pubbliche preghiere che la Chiesa aggiunge, quasi circondandolo, al santo sacrificio, e che formano il complesso della sacra liturgia.

IL SACERDOTE DISPENSA AL POPOLO I DONI DI DIO E, PRIMO, LA SUA PAROLA

Comunicare al popolo cristiano i doni di Dio. E' l'altro ufficio del sacerdote, che lo rende vero intermediario fra Dio e il popolo. Lo afferma ancora l'Apostolo San Paolo, che, alla prima definizione del sacerdote sopra citata, aggiunge quest'altra: " Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio " (I Cor., 4, 1).
Il primo di questi doni di Dio che Dio ci dispensa per mezzo del sacerdote, è la sua parola, la sua dottrina.
L'ha portata al mondo il Salvatore, fattosi nostro Maestro. Il Vangelo ce lo descrive, intento a parlare ad una folla di gente che l'ascolta e lo segue con avidità per sentire la sua parola: gente di ogni qualità e condizione. Gli uni lo ascoltavano docilmente, e trovavano nella sua parola un pascolo prezioso, che rispondeva ai bisogni della loro anima e l'innalzava in una atmosfera superiore, al di sopra delle miserie della vita, e penetrante in tutte le profondità dello spirito. Altri lo ascoltavano con animo inquieto, con una reazione ostile, che di quando in quando si manifestava col disprezzo, colla contraddizione, fino a diventare una aperta accusa, e a preparare l'insidia per togliere di mezzo quel predicatore molesto. Erano i tenaci assertori di una tradizione, nella quale si era adulterata la rivelazione divina, adattata ad aspirazioni ed interessi umani, egoistici: erano uomini abituati ad indulgere alle proprie passioni, abilmente nascoste sotto una apparente e tenace fedeltà alle pratiche esteriori di una onestà e di una religiosità resa vuota del suo migliore contenuto.
" Nessuno, dice il Vangelo, aveva mai parlato come questo uomo " (Jo., 7, 46). Ed è per questo che la sua parola, alle volte semplice così da rispondere alle aspettative dei piccoli ed ignoranti, alle volte profonda nell'annunciare i misteri della vita divina, così da sconcertare i dottori della legge, operava un benefico rivolgimento degli spiriti. Era un mondo nuovo che si annunciava, in un momento in cui una civiltà, pure materialmente e politicamente progredita (basta ricordare i nomi della sapienza greca e della potenza romana), conteneva uno spaventoso vuoto, una corruzione desolante negli orientamenti degli spiriti e delle coscienze.
Quella parola che usciva come un fiume benefico dalle labbra del Salvatore, fu raccolta nelle pagine del Vangelo, perchè restasse anche per le generazioni venture: - libro veramente divino, che ha attraversato i secoli, in mezzo alle vicende più diverse che hanno visto perire tante altre dottrine e istituzioni, ed è penetrato in tante diverse civiltà portandovi un prezioso contenuto spirituale: - libro che forma ancora quello che di meglio si trova nella civiltà presente, ricca di elementi materiali e tecnici, ma vuota di spiritualità se non ci fossero gli elementi venuti dal Vangelo.
Ma Gesù volle che il suo Vangelo fosse affidato ad un magistero vivente, che continuasse il magistero già esercitato da lui, e pensasse ad evangelizzare le masse dei suoi fedeli, spiegando il messaggio divino. E' il magistero della Chiesa, da lui fondata come continuatrice dell'opera sua, vivificata e garantita dalla sua indefettibile assistenza. E nella Chiesa, elemento essenziale, il Sacerdozio, dal Pontefice Sommo, vicario perpetuo di Cristo e centro di verità e di fecondità cristiana, ai Vescovi continuatori dell'opera degli Apostoli, ai sacerdoti. E' la continuazione pratica, perenne attraverso i secoli e in tutto il mondo, della missione data da Cristo agli Apostoli: " Andate, ammaestrate tutte le genti. Insegnate loro ad osservare tutto quello che io vi ho comandato. Ed ecco che io sono con voi in tutti i giorni, lino alla fine del mondo " (Matt., 28, 19, 20).

VALORE DI QUESTA MISSIONE

Figli dilettissimi, osserviamola questa opera benefica del sacerdote, che tutti abbiamo avvicinato nella nostra vita, e che ci ha lasciato ricordi tanto cari, come una impronta preziosa, come una spinta al bene.
Il sacerdote, fatto pargolo coi pargoli, li ammaestra nelle verità fondamentali del catechismo, che sono una prima iniziazione a quelli che saranno poi i grandi problemi della vita.
Nel giorno festivo, che è il giorno del Signore, quando specialmente il cristiano si ricorda di essere tale, è il sacerdote che in chiesa commenta la parola di Dio, facendo conoscere il Vangelo e spiegando la dottrina e la morale cristiana. La parola del sacerdote invita a riflettere ai propri doveri, doveri che ci accompagnano in tutte le circostanze della vita. Sono i doveri individuali, familiari, professionali. Guai se, in mezzo all'agitarsi vertiginoso di una attività che ci assorbe e quasi ci impedisce di riflettere ai problemi della vita morale, non trovassimo sulla nostra via il maestro e l'amico fedele, che i problemi morali ha studiato alla luce del Vangelo e dell'insegnamento della Chiesa, e con franchezza e insieme con fraterno interessamento per il nostro bene spirituale ci dice quella parola, che forse nessun altro sa od osa dire, e che può determinare nella nostra vita quelle riflessioni e quelle decisioni, dalle quali può dipendere la nostra salvezza eterna.
E questo il sacerdote fa per una missione ricevuta, per il bene delle anime e della stessa società, senza lasciarsi guidare da spirito di parte o di vendetta. Come vorrei che lo comprendessero quei cari figli miei, a cui va tutto il mio affetto paterno, che si sono lasciati adescare dalla propaganda di un partito e di una ideologia, che col pretesto di discutibili vantaggi materiali allontanano gli incauti dalle grandi verità della nostra fede, e preparano, come già altrove è avvenuto, un regime di persecuzione per la religione e la Chiesa. Riflettendo, essi vedrebbero negli ammonimenti della Chiesa, che il sacerdote ripete, non una azione di partito, ma una parola franca, che rientra nella sua missione e di predicare la legge di Dio e guidare i fedeli sulla via della verità e della salvezza.

IL SACERDOTE CI DISPENSA LA GRAZIA

L'altro dono di Dio che il sacerdote dispensa, dopo quello della sua parola, è la grazia. Dono prezioso, divino, che solo il cristiano è in grado di apprezzare.
La grazia ci innalza all'ordine soprannaturale, ci conferisce una speciale amicizia con Dio, ci dà la capacità di meritarci la vita eterna. E' il dono con cui Dio aveva coronato l'opera della creazione dell'uomo. Perduta per il peccato originale, la redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo ce l'ha rimeritata, e ce la distribuisce per mezzo dei Sacramenti. Ed ecco che ritorna sulla nostra via il sacerdote che ce li amministra e ci introduce nei misteri della grazia.
Il Battesimo ce l'ha data una prima volta: è stata una rinascita ad una vita nuova di ordine superiore, secondo l'espressione usata da Cristo stesso nel Vangelo (Io., 3, 3). La grazia allora ricevuta era un germe prezioso destinato a fiorire poi in una vita di virtù e di grazia. La Penitenza ci ha ridonata la grazia, se perduta col peccato: una risurrezione preziosa sul modello della risurrezione di Gesù Cristo, frutto della infinita paterna misericordia di Dio. L'Eucarestia, Cristo misteriosamente presente sotto le apparenze del pane per diventare il cibo delle anime nostre, rinvigorisce in noi la vita della grazia, la rende più forte, feconda di buone opere. Il Matrimonio benedice e santifica l'unione degli sposi, divenuti sorgente di nuovi figli di Dio. L'Estrema Unzione conforta la malattia del cristiano, per renderla più sopportabile e meritoria, e disporlo a scambiare la vita presente colla vita eterna del cielo.
E' tutto un magnifico edificio di vita soprannaturale. E sempre è il sacerdote che viene a noi, prepara in noi le vie di Dio, e ci conferisce il suo dono. Quanti ricordi preziosi e cari nella nostra vita, confortata dalla presenza e dalla parola accogliente del ministro di Dio! Presenza non temuta e fuggita, come avviene per molti che del Cristianesimo non hanno compreso, o hanno perduta pel non uso la vera nozione, ma desiderata, accolta con animo lieto e riconoscente, come si accoglie un padre, un amico buono, e come è veramente, un ministro di Dio.
Portato dal suo ministero ad avvicinare i suoi fratelli nei momenti di maggior bisogno, egli ne conosce le necessità, le angustie, i dolori, ed è sempre pronto a venir loro incontro col consiglio, coll'aiuto della sua carità. Ama i giovani che egli vuole avviare sulla via del bene, i pèccatori che aspettano la sua mano che li riconduca al Signore, i miseri ed i lavoratori, di cui conosce le condizioni e i bisogni, pronto ad avviarli verso un miglioramento delle loro condizioni sociali.
Che avverrebbe del popolo cristiano se non avesse il sacerdote? Il nostro popolo, che vive la vita cristiana, lo sa: esso desidera il sacerdote, lo domanda con insistenza, come una benedizione di Dio, mette in lui le sue migliori speranze. Lo sa il Vescovo, che riceve le sue insistenze quando, per necessità di cose o per scarsezza di sacerdoti, trasloca un sacerdote e forse non subito può mandare chi bene lo sostituisca. Solo dove, colla ignoranza religiosa, è scossa o perduta la fede, il sacerdote trova indifferenza, o peggio, ostilità.

SANTITA' PROPRIA DI UN TANTO MINISTERO

Di fronte a un ministero tanto alto e tanto pieno di responsabilità, chi prova una viva trepidazione è proprio lui, il sacerdote, che misura le sue capacità e le confronta colla missione che gli è conferita, di intermediario fra Dio e il popolo cristiano, interprete dei suoi bisogni spirituali, distributore dei doni di Dio, guida verso la salvezza. Egli per il primo sente che una missione così alta, divina, dovrebbe trovare in lui una santità corrispondente. Ed è proprio sempre il sacerdote all'altezza della sua missione?
Purtroppo non mancano in lui i difetti; cd ogni sacerdote lo riconosce, e recita ogni giorno il "mea culpa ", non solo come un rito liturgico, ma come intima, dolorosa convinzione. Sono però, ordinariamente, i difetti che anche il popolo cristiano comprende e perdona. Essi non gli tolgono la sua fiducia, e sono ordinariamente compensati da una vita di dedizione al bene del popolo e di sacrificio.
Qualche volta però si grida allo scandalo. Spesso avviene che si tratta di calunnia o di esagerazione dei malevoli, dei suoi nemici: e ve ne sono sempre di nemici del sacerdote. Ma può avvenire che qualche volta il fatto sia vero. Il primo a confondersi è lui stesso il sacerdote; il primo a piangere è il suo Vescovo, e con lui piangono i buoni. Frutto delle miserie che tutti portiamo con noi. Ma lo possiamo dire: si tratta di casi isolati. Voi, diletti figli della Chiesa Bresciana, conoscete i vostri sacerdoti, e sapete che, nella grandissima maggioranza, essi sono degni, sia pure attraverso a difetti, che non tolgono la loro onorabilità, la stima di cui il popolo li circonda. Per ottenere che Dio tenga lontano da noi una simile disgrazia, e per riconoscenza per il bene che i nostri sacerdoti ci fanno, tutti dobbiamo pregare per loro, ed invocare dal Signore il dono di santi sacerdoti.

PER AVERE SACERDOTI BUONI E SUFFICIENTI LE VOCAZIONI

E' veramente un dono di Dio la presenza di un numero sufficiente di sacerdoti, e sacerdoti degni.
Il Vescovo, padre del sacerdozio, ogni anno, con animo trepidante e insieme pieno di intima gioia, impone le mani su un certo numero di giovani che diventano sacerdoti. E' una giornata di festa per la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita. Lo dice l'abbraccio affettuoso con cui, a funzione finita, il Vescovo si congeda, benedicendoli, dai nuovi sacerdoti, che egli in nome di Dio ha ordinato. Lo dicono i volti commossi e raggianti di gioia dei parenti, dei conoscenti, dei compaesani, che hanno assistito al sacro rito, così pieno di maestà. Lo dicono i conoscenti, i compaesani, che con festa tanto cara e imponente partecipano alla prima santa Messa dei nuovi sacerdoti, e gli altri che accolgono festanti il nuovo sacerdote che viene mandato dal Vescovo a cominciare il suo ministero.
Ma come sempre, ai suoi doni il Signore vuole la nostra cooperazione. Se vogliamo sacerdoti sufficienti e ben preparati, dobbiamo tutti adoperarci per procurarceli.
Cooperano alla preparazione di buoni sacerdoti le buone famiglie cristiane, che sanno veramente vivere il sacramento di Matrimonio che le ha formate; dove il buon esempio di vita veramente cristiana dato dai genitori, e la educazione da essi con diligenza impartita fanno crescere figli virtuosi, pii, puri, che amano veramente il Signore e sono bene preparati alla chiamata della vocazione.
Cooperano al sorgere e al coltivarsi delle vocazioni sacerdotali i nostri oratori, dove i fanciulli vivono bene, lontani dai pericoli, bene formati dal catechismo frequentato con diligenza ed amore.
Cooperano i gruppi del piccolo clero, ben coltivati dal sacerdote, con decoro, con devozione, con conoscenza ed amore delle sacre funzioni.
Cooperano i gruppi di fanciulli cattolici e di aspiranti, che dall'Azione Cattolica imparano l'amore alla vita cristiana ed anche a forme, sia pure infantili, di apostolato.
Cooperano alle vocazioni sacerdotali anche buone maestre e buoni maestri profondamente cristiani, che sanno tenere le loro classi bene ordinate, e mentre insegnano le diverse materie scolastiche, sanno col loro esempio, colla loro bontà, colle loro iniziative geniali e piene di fede, far amare ai fanciulli la virtù, la pietà, la fede, l'amore per il Signore e per la Santa Chiesa.
Tutti cooperatori, questi, sui quali la Chiesa fa il suo assegnamento, e che io qui pubblicamente ringrazio, come li ringraziano i nostri sacerdoti, che sanno di avere, anche per mezzo loro, sentita la chiamata del Signore.

IL SEMINARIO!

Con tutti questi mezzi ed altri ancora che rimangono nascosti nelle vie della Provvidenza, si manifestano le vocazioni al sacerdozio, cioè le chiamate del Signore. Ma rimane lo sviluppo di queste chiamate, cioè la preparazione al sacerdozio, che richiede lungo tempo e cure diligenti. E' questo il compito del Seminario, che io devo in modo particolarissimo raccomandare a tutti voi.
E' facile comprendere quante cose si richiedano per una conveniente preparazione al sacerdozio, negli anni critici della giovinezza. Si richiede un lungo corso di studio: studio delle scienze sacre, perchè il sacerdote possa essere maestro di esse in mezzo al popolo cristiano; studio anche delle scienze profane, perchè non manchi al sacerdote quella media coltura che possiede una parte della società fra la quale verrà a trovarsi nel suo ministero. Si richiede una buona formazione alla disciplina e a tutte le virtù proprie del suo stato. Dove potrà il giovane avere questa lunga, profonda preparazione?
Prima che la Chiesa regolasse in modo definitivo questo punto importante di disciplina ecclesiastica, la preparazione dei futuri sacerdoti avveniva, secondo le circostanze, per mezzo di qualche istituto o presso qualche volonteroso sacerdote che se ne prendeva la cura, senza una direzione unica che coordinasse e dirigesse le diverse istituzioni. Evidentemente però così la preparazione era lasciata alle diverse iniziative ed a circostanze varie. I risultati erano bene spesso insufficienti. Fu merito del Concilio di Trento (1545-1563) l'aver ordinato definitivamente questa funzione così importante. Quel Concilio, tanto benemerito per aver preso solennemente la difesa del dogma cristiano e promossa la vera riforma della disciplina in un momento tanto critico della storia della Chiesa, si prese cura del problema della formazione del clero, e decretò l'erezione dei Seminari nelle singole diocesi, o in speciali raggruppamenti di diocesi quando fosse necessario. In questi seminari, sotto la direzione del Vescovo, si sarebbe provveduto alla necessaria preparazione di studio e di educazione dei futuri sacerdoti. E dopo quella saggia disposizione la Chiesa curò sempre, a costo anche di tanti sacrifici, l'erezione dei Seminari, perchè corrispondessero veramente ad uno scopo così importante.

IL SEMINARIO BRESCIANO

La nostra diocesi fu tra le prime a corrispondere alle nuove direttive della Chiesa per la costruzione del Seminario. Il mio venerato predecessore Mons. Domenico Bollani (1559-1579), che aveva preso parte personalmente al Concilio di Trento, intraprese subito l'erezione del primo seminario, come contemporaneamente faceva a Milano, in proporzioni naturalmente più vaste, S. Carlo Borromeo, di cui egli godeva, l'amicizia. E prima di morire, superando gravi difficoltà d'ogni- sorta, Mons. Bollani riuscì a fornire alla diocesi il Seminario, da lui affidato alla direzione e cura di santi sacerdoti, che non mancarono alla diocesi in quel tempo pure tanto difficile. L'organizzazione poi della educazione e degli studi dei seminaristi si modellò sulle regole con molta sapienza compilate da S. Carlo.
Il primo nostro seminario, iniziato dal Bollani e poi ampliato in seguito, fu l'edificio che ora è occupato dall'Ospedale Militare in Brescia. Soppresso quel seminario in seguito ai rivolgimenti che seguirono la rivoluzione francese e il dominio napoleonico, un altro distinto Vescovo nostro Mons. Gabrio Maria Nava, otteneva per il seminario il convento annesso alla chiesa di San Pietro in Castello, prima che vi tornassero i Carmelitani. Ma la soluzione, insufficiente, non poteva essere che provvisoria. Più tardi Mons. Gerolamo Verzeri acquistò il palazzo Santangelo, che, riordinato ed ampliato, e ultimamente restaurato dal mio venerato predecessore Mons. Giacinto Gaggia, è ancora il nucleo principale del Seminario diocesano, mentre un benemerito sacerdote, Mons. Pietro Capretti, acquistava l'ex-convento annesso alla Chiesa del Santo Corpo di Cristo (detta volgarmente di S. Cristo), per istituirvi sotto la sua direzione il provvidenziale ospizio dei chierici poveri, che divenne poi, unito al Seminario Santangelo, la sede del Seminario minore.

IL SEMINARIO NUOVO!

Ora siamo a questo punto. Mentre il Seminario Santangelo, attualmente sede del Liceo e della Teologia, può continuare a compiere abbastanza bene la sua funzione (salvo un opportuno cambiamento nella distribuzione delle classi) l'altro piccolo Seminario di Santo Cristo risulta affatto insufficiente al cresciuto numero dei seminaristi in corrispondenza all'aumento della popolazione e delle parrocchie della diocesi. Si pensi che abbiamo tre sezioni della prima e seconda classe della scuola media, oltre la doppia sezione di altre classi. Di più il vecchio fabbricato del piccolo seminario è fatiscente e assolutamente inadatto alle esigenze moderne di un istituto di educazione come è il Seminario di una diocesi vasta ed importante come la nostra.
Conseguenza di questa situazione è la urgente necessità di provvedere un nuovo seminario, che, aggiunto al seminario Santangelo, possa bastare ai bisogni della diocesi. Tale è stata anche la deliberazione della Sacra Congregazione dei Seminari, in seguito ad una visita fatta a nome della Santa Sede.
Mentre si sono studiati e si studiano da persone competenti i progetti per l'opera che ci sta tanto a cuore, già è stato lanciato alla Diocesi un appello, che io ora rinnovo solennemente. Sarà un avvenimento importante per la diocesi, per la fede e la formazione cristiana delle nostre popolazioni: un'opera che si aggiunge alle altre opere con cui si provvede alle necessità delle singole parrocchie, che vanno attrezzandosi per le necessità della vita moderna. A quelle opere mancherebbe la possibilità di corrispondere allo scopo per cui furono erette, se mancasse un clero sufficiente e ben preparato che ne fosse l'anima.
L'opera del Seminario deve dunque entrare nel programma di ogni fedele, di tutte le parrocchie, della Azione Cattolica, degli istituti religiosi e di tutte le istituzioni bresciane, che devono sentire il dovere di contribuirvi con tutte le loro forze. Il nuovo Seminario dirà ai Bresciani di domani la fede, la buona volontà, la generosità dei Bresciani d'oggi, tutti, nessuno eccettuato.
Dio benedica l'opera nostra, che è opera sua, e ci faccia superare tutte le difficoltà.
Figli dilettissimi, vi ho parlato del sacerdote, nostro rappresentante presso Dio e dispensatore a noi dei suoi doni spirituali, di cui tutti sentiamo il bisogno e l'importanza. Rispettatelo, amatelo,, seguite i suoi insegnamenti, le sue direttive, che vengono a voi in nome della Chiesa che tutti ci affratella. E vi ho parlato del Seminario, il grande istituto che provvederà la nostra Chiesa di un sacerdozio sufficiente e preparato, in proporzione ai nostri bisogni. Ascoltate la parola del Vescovo, che vi parla in nome della Chiesa e di Dio.
Che il Signore ci benedica tutti.

Brescia, Quaresima del 1953.

 

 

 

 

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