Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

La Chiesa (1949)

 

 

 

 

 

Prendiamo l'argomento della Pastorale di questa Quaresima da un fatto doloroso che non può sfuggire a nessun cristiano che pensi. Se sempre la Chiesa ha avuto i suoi avversari, detrattori, persecutori, da un po' di tempo questo fatto si va accentuando nel mondo, ed anche nella nostra nazione, che pure è cattolica nella sua enorme maggioranza. Come è noto a tutti, vi sono Nazioni a regime totalitario negatore di ogni libertà, nelle quali non solo è permessa ed incoraggiata ufficialmente una propaganda apertamente materialistica ed antireligiosa, che mira a distruggere la fede negli animi della gioventù, ma la Chiesa Cattolica è apertamente perseguitata. Come ebbe recentemente a denunciare il Papa nel suo discorso al popolo romano il 20 febbraio di quest'anno, si sono strappate con la violenza e con l'astuzia dal centro della cattolicità le chiese che le erano unite, si sono imprigionati i vescovi greco - cattolici perchè si rifiutavano di apostatare dalla loro fede; si sono perseguitati ed arrestati sacerdoti e fedeli perchè rifiutavano di separarsi dalla loro Madre, la Chiesa Cattolica; si è tolto ai genitori il diritto di educare i propri figli nelle scuole cattoliche. E si è arrivati al punto di giudicare e condannare a gravissime pene Pastori della Chiesa, come l'Arcivescovo di Zagabria e il Cardinale Primate di Ungheria, violando ogni civile libertà, come hanno dimostrato la protesta e l'indignazione di tutto il mondo libero e civile.
Ma quello che, sotto un certo aspetto, più ci deve preoccupare perchè ci tocca più da vicino, è il fatto che anche in mezzo a noi, in una nazione dove ancora è viva la professione pressochè universale della fede cattolica, si diffondono nelle masse, colla stampa e colla propaganda orale, ingiurie ed accuse infondate contro la sua Gerarchia, prendendo di mira anche direttamente, e potremmo dire di preferenza, la stessa persona augusta del Sommo Pontefice, il Vicario di Gesù Cristo, presentato al popolo come fautore di guerra e nemico delle legittime aspirazioni delle classi popolari.
A questa iniqua propaganda, che minaccia di scuotere la fede delle nostre popolazioni nella Chiesa, lasciataci da Cristo come colonna e maestra di verità, dobbiamo opporci con ogni energia. Per questo abbiamo voluto indirizzare questa nostra lettera ad illustrare al nostro popolo, - a voi tutti che siete figli affezionati e fedeli della santa Chiesa, ed agli altri figli nostri che forse hanno un poco ceduto alla iniqua propaganda, - la natura della Chiesa e della sua Gerarchia, come Cristo l'ha istituita, la sua funzione come continuatrice fra noi della sua opera redentrice, la sua multiforme benemerenza per il vero bene delle classi popolari e i nostri doveri verso di essa.

LA CHIESA COME CRISTO L'HA FONDATA

La Chiesa come la definisce il catechismo, è la società dei fedeli uniti dalla medesima fede nella dottrina di Cristo, dalla partecipazione ai Sacramenti, nella soggezione ai legittimi pastori stabiliti da lui.
Cristo nostro Salvatore, venendo incontro a quella che è la tendenza e il bisogno della natura umana, ha voluto che i suoi fedeli, per approfittare del frutto della Redenzione operata da lui, non restassero isolati, abbandonati alle sole risorse individuali, ma formassero una società, cioè come una grande famiglia, o secondo l'immagine cara all'Apostolo San Paolo, un unico corpo, il corpo mistico di Cristo, di cui Egli è il capo e tutti i fedeli le membra, perchè, come tutto il corpo dal capo riceve la vita, così i fedeli, attraverso persone e istituzioni che egli ha incaricato di rappresentarlo quaggiù, ricevono la vita soprannaturale, che consiste essenzialmente nella fede e nella grazia.
Questa è la chiesa come noi la vediamo, e come la storia l'ha vista conservarsi e svilupparsi attraverso i secoli. Il Vangelo ce la mostra scaturire dalla istituzione di Cristo stesso.
E' Lui che, dopo d'avere insegnato alle turbe che gli si affollavano intorno la sua dottrina, sceglie alcuni fra i suoi discepoli, gli Apostoli, e li manda ad insegnare. "Andate ed ammaestrato tutte le genti" (Mat., 28,19); "Predicate il Vangelo ad ogni creatura " (Marc. 16, 15). E vuole che i suoi fedeli imparino da essi: "Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato". Essi, battezzando, rigenereranno i fedeli alla vita della grazia, ch'egli ci ha meritato colla sua passione e morte. Essi distribuiranno in nome suo il perdono dei peccati commessi (Mat., 28, 29; Giov., 20, 23). Ad essi è dato l'incarico di guidare i fedeli nella osservanza della legge di Dio (Mat., 28, 20); ad essi il potere di sciogliere e legare; a i fedeli l'obbligo di obbedire alle loro disposizioni, sotto la minaccia di essere considerati come pagani e peccatori.
Da queste parole di Cristo appare la Chiesa come una società affidata alle cure di una gerarchia, gli Apostoli, e poichè avrebbe dovuto durare sempre, anche i loro successori.
Dato il fine altissimo a cui questa società era indirizzata, cioè la conservazione di una dottrina e di una vita divina che ci veniva da Cristo, poteva sembrare umanamente debole il fondamento a cui si appoggiava, uomini come gli Apostoli, soggetti come tutti gli uomini ad errori, a difetti, che avrebbero potuto compromettere l'opera di Cristo. Ma egli ha pensato anche questo, e viene loro incontro assicurando la sua assistenza e il suo aiuto: " Io sarò con voi (con voi che insegnate, che battezzate, che assolvete) fino alla fine del mondo" (Mat. 28, 20).
E perchè a questa assistenza divina corrispondesse anche un principio visibile di unità, egli affida la sua Chiesa ad una Gerarchia, gli Apostoli e poi i Vescovi, e a capo di questa gerarchia mette un capo, che sarà il suo Vicario, Pietro e poi i suoi successori, i Pontefici Romani. Anche questa divina investitura, che fa di Pietro e dei suoi successori i capi supremi della Gerarchia nel reggere e insegnare, risulta chiara dal Vangelo: " Tu sei Pietro, e su questa pietra io fonderò la mia Chiesa " (Mat. 16, 18). "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle" (Giov. 21; 1.5-17). " Io ho pregato per te, Pietro, perchè la tua fede non venga meno, e tu conferma i tuoi fratelli " (Luc. 22, 32).


LA CHIESA NELLA STORIA

Questa che abbiamo descritta è la Chiesa come Cristo l'ha istituita. Essa incontrò subito le opposizioni del mondo che la circondava, prima nello stesso popolo giudaico nel quale era sorta, poi nel mondo pagano, a cui veniva ad annunciare una concezione di vita tanto diversa da quella che era stata la sua: una vita fondata su un concetto di Dio perfettissimo e creatore di ogni cosa, di una legge morale stabilita da lui che poneva un freno alle inclinazioni perverse della natura viziata, di una redenzione operata dal Figlio di Dio e che si attua con una unione di mente, di cuore, di volontà con lui, di un giudizio divino a cui tutti saremo sottoposti, e di una vita futura in cui ognuno avrà il premio o la pena delle sue azioni buone o cattive.
Cristo stesso aveva personalmente incontrato questa opposizione da parte dei suoi connazionali, che lo misero a morte. Era da aspettarsi, e Cristo lo aveva predetto, che, come lui, la sua Chiesa trovasse l'opposizione del mondo. Furono le persecuzioni sanguinose dei primi secoli, che sembrava dovessero stroncare sul nascere la nuova istituzione. Ma la Chiesa superò tutte le opposizioni; e mentre i migliori dei suoi figli e dei suoi capi cadevano sotto la violenza delle persecuzioni, essa si difendeva e penetrava in tutti gli strati della società, come un fermento nuovo, che a poco a poco operò nel mondo una trasformazione profonda, nelle idee, nella vita, nelle stesse istituzioni sociali. In mezzo a una società corrotta che si avviava allo sfacelo, spuntò il fiore della santità: esempi di purezza, di sacrificio, di amore, che il mondo non aveva mai veduti prima, e che rappresentavano il più prezioso apporto alla nuova civiltà che si veniva formando.
Lo storico che guarda al succedersi dei tempi ed allo sviluppo della civiltà, non può non vedere questa insigne opera di risanamento e di progresso morale operato dalla Chiesa attraverso i secoli: risanamento nel campo delle idee, portate ad una concezione della vita tanto superiore a quella delle religioni e delle filosofie antiche, e nel campo della vita pratica, per il rifiorire caratteristico di quegli eroi di santità, che non mancarono mai nella storia della Chièsa, a differenza di ogni altra istituzione umana.
Nè questo fiorire di santità è venuto meno nella età moderna, che sembra orientarsi, nella sua vita vertiginosa e meccanica, verso tutt'altri ideali. Basta accennare alle figure radiose, così alte ed insieme così popolari, di Don Bosco, il Cottolengo, Don Orione, Don Guanella, Francesca Cabrini, e tanti altri.
Che se dal campo di quello che, per la sua risonanza, forma oggetto della storia e delle statistiche, vogliamo passare a dare un pensiero a quello che si verifica nel segreto delle singole coscienze, dobbiamo riconoscere che la Chiesa non vien meno alla funzione assegnatale da Cristo, di continuare la sua opera redentrice, a salvezza delle anime, mentre ad essa, per la sua predicazione e l'amministrazione dei Sacramenti, tante anime devono quello che hanno di buono nella loro vita spirituale, la riabilitazione dopo la colpa, la salvezza finale nel momento della morte.

L' ELEMENTO UMANO

E' vero che, in mezzo a tanta luce e splendore di bene, non sono mancate e non mancano nella Chiesa le ombre: cristiani, in alto e in basso nella scala sociale, anche nella stessa categoria dei suoi ministri, che non hanno raggiunto le vette sopra ricordate, ma hanno dato e danno prova di una vita mediocre, volgare, ed anche spesso riprovevole.
Siamo ben lungi dal negare questo fatto, che dovrebbe far arrossire molti cristiani, e agli occhi di molti sembra fare svanire la nota di santità che si attribuisce alla Chiesa. Ma si deve notare che questo non dipende da un difetto intrinseco della Chiesa e delle sue istituzioni essenziali, ma dalla minor buona volontà di alcuni suoi membri, i quali, per ignoranza, per debolezza o per cattiveria, resistono alla influenza benefica che loro verrebbe dalla dottrina e dai mezzi di santità di cui la Chiesa dispone.
E' il lato umano della Chiesa, che qualche volta sembra offuscare agli occhi di chi osserva l'elemento divino, sempre fulgido di luce e fecondo di bontà. Esso deve suonare vivace rimprovero a chi se ne rende colpevole.


L'AZIONE DELLA CHIESA VERSO LE CLASSI LAVORATRICI

Ma alla Chiesa si fa spesso un altro appunto. Essa ha potuto avere una funzione utile per la salvezza delle anime; ma, si dice, non ha fatto nulla per il benessere sociale, specialmente per elevare la condizione delle classi lavoratrici. Non è forse vero che, dopo tanti secoli di Cristianesimo, vi sono ancora tante ingiustizie e disuguaglianze sociali, contro le quali tentano di reagire altri movimenti e partiti che non si ispirano alla Chiesa? Invece si fa accusa alla Chiesa di aver favorito, i grandi, i ricchi, contribuendo a tener sottomessi i poveri e diseredati della fortuna.
L'accusa è lanciata largamente, specialmente ai nostri tempi, e molti ne restano presi e tentati di abbandonare la Chiesa e la fede dei loro padri, per aderire ad altri movimenti.
Ora qui è il caso di intenderci bene, per mettere le cose a posto.
E' vero che il fine principale della Chiesa non è quello che può essere proprio di un partito rivoluzionario, che si proponga di sconvolgere colla violenza l'ordinamento della società. Nè spetta ad essa promulgare leggi concrete, che introducano riforme nell'ordinamento sociale dei popoli. Quelli che muovono alla Chiesa l'accusa, sono poi quelli che vogliono che la Chiesa non faccia della politica.
Compito della Chiesa è però di insegnare le norme morali che devono regolare le azioni degli uomini anche nei loro rapporti vicendevoli, per una convivenza che sia conforme alla legge di Dio. Essa quindi può e deve enunciare principi generali, ai quali poi si dovranno ispirare le eventuali riforme sancite dalle leggi civili. In questo senso la Chiesa può influire sulle leggi sociali.
Questo la Chiesa ha fatto e fa, anche se non sempre i suoi insegnamenti sono seguiti.
Essa ha sempre ricordato agli uomini il comando di Nostro Signore Gesù Cristo, di amarsi a vicenda e venirsi fraternamente incontro nei bisogni di ciascuno, specialmente verso quelli che per la loro più misera condizione più hanno bisogno di aiuti. E chi spassionatamente risale la storia delle relazioni fra le classi sociali, deve riconoscere l'azione benefica della Chiesa nei miglioramenti delle classi cosiddette inferiori.
Quando essa comparve al mondo, fondata da Cristo, trovò il mondo diviso in due classi contrapposte, padroni e schiavi. Questa obbrobriosa istituzione della schiavitù metteva migliaia e milioni di uomini, colle loro famiglie, a completa disposizione di altri uomini, che ne potevano usare a loro piacimento, sfruttando il loro lavoro senza riconoscere in essi alcun diritto, neppure alla vita, e solo dando ad essi quel sostentamento che voleva dire la conservazione della loro vita perchè il padrone ne potesse continuare lo sfruttamento, come si fa con una macchina, che si conserva in efficienza perchè possa continuare a produrre. Tale istituzione era riconosciuta nelle leggi dei popoli, anche civili, come Roma e la Grecia ed era considerata legittima anche dai più grandi filosofi della antichità, compresi i due grandi luminari, Platone ed Aristotele.
Il primo colpo contro la schiavitù venne dalla predicazione che la Chiesa fece della uguaglianza di tutti gli uomini, perchè fratelli, figli del medesimo Padre che è nei cieli. Non fu un decreto che abolisse senz'altro la schiavitù. Le leggi continuarono ad essere emanate dallo Stato, e la schiavitù continuò ancora sotto la sua protezione. Man mano però che la società evolveva, la coscienza cristiana di tutti imponeva ai padroni un trattamento più umano, fraterno, col rispetto della responsabilità dello schiavo e della sua famiglia, sicchè, se ne rimase il nome, non era più in sostanza la schiavitù del mondo antico.
Nel Medio Evo, quando l'idea cristiana si era ormai affermata fino ad informare le leggi e i costumi dei popoli vediamo sorgere ed affermarsi nei liberi comuni quell'artigianato, che rappresentò una vera emancipazione del lavoro, considerato come una appartenenza della libera personalità del lavoratore stesso.
Quando, in pieno evo moderno, coll'introdursi delle macchine e l'aumentare vertiginoso della produzione, si produssero i grandi concentramenti di capitali, resi onnipotenti di fronte alle masse lavoratrici, e queste cominciarono ad organizzarsi per difendere il loro diritto ad un giusto e ragionevole trattamento, la Chiesa venne incontro a queste rivendicazioni, deplorando le misere condizioni dei lavoratori e riconoscendo il loro diritto di farsi valere per ottenere condizioni migliori, più umane, più corrispondenti alla loro dignità di persone ed ai loro bisogni, e riconobbe il diritto di associarsi per avere maggior forza nelle loro rivendicazioni di fronte alla onnipotenza del capitalismo dominante, più che se ciascuno dovesse difendersi da sè. Così già più di mezzo secolo fa Leone XIII nella immortale enciclica Rerum Novarum ammetteva pubblicamente le giuste rivendicazioni degli operai e la legittimità dei sindacati come mezzi per farle valere.
E Pio XI nella sua enciclica Quadragesimo anno, sviluppando la dottrina del suo predecessore, non solo riconosceva il diritto ad una giusta retribuzione del lavoro, ma auspicava anche una evoluzione del contratto stesso di lavoro, dalla forma del puro salariato verso una specie di contratto di società, con una equa compartecipazione agli utili della azienda.
E il suo successore Pio XII felicemente regnante non manco di ribadire ripetutamente la necessità di introdurre nell'ordinamento della società quelle riforme che, senza violare i diritti di ognuno, attenuino la troppo grande differenza fra le condizioni economiche delle diverse classi sociali. E affermando la legittimità della proprietà privata, - quasi espansione e difesa della personalità umana e utile fonte di iniziativa, per promuovere e incrementare la produzione e con essa la ricchezza comune, - affermava la necessità di un ordinamento sociale che rendesse facile il diffondersi della piccola proprietà anche nelle classi lavoratrici, aprendo la via a ragionevoli riforme che rendessero possibile un certo sminuzzamento della proprietà stessa. E insieme, tanto egli come i suoi predecessori, sopra ricordati, affermarono con insistenza la funzione sociale della proprietà, nel senso che secondo l'insegnamento di San Tommaso, la proprietà dei beni materiali può appartenere in particolare ad alcuno, ma l'uso di tutti i beni materiali è ordinato alle necessità di tutti.
Con questi insegnamenti, ripetuti e ribaditi con forza da quando cominciò a presentarsi acuta la questione sociale, la Chiesa ha mostrato di prendersi cura affettuosa degli interessi delle classi lavoratrici e di un migliore assetto economico della società. Ai poteri competenti prenderne atto e procedere alle corrispondenti attuazioni.

 

PERCHE' LA CONDANNA DI CERTI SISTEMI

Da quello che si è detto si comprende che, se la Chiesa ha condannato e condanna il marxismo nelle sue diverse manifestazioni, non è per la cura che esso si prende degli interessi delle classi proletarie, e neppure per certe critiche che esso fa ad inconvenienti propri dell'ordinamento attuale della società. La ragione della riprovazione della Chiesa sta in questo, che quei sistemi si fondano su una concezione materialistica della vita, che porta alla negazione dello spirito, e quindi di Dio e della religione, e ad una organizzazione totalitaria della società, che offende la libertà e la dignità della persona umana. Quello che è avvenuto e che avviene in tutti i paesi dove progressivamente si è instaurato un regime comunista, è la giustificazione migliore dell'atteggiamento della Chiesa. Dovunque, non soltanto si è vista la soppressione della libertà del lavoratore, che si è trovato di fronte ad un capitalismo di Stato non meno duro del capitalismo che ha dominato fin qui, ma si ebbe la propaganda ufficiale della irreligione e dell'ateismo, e la soppressione pratica della libertà della Chiesa, quando questa non voglia mettersi supinamente al seguito del totalitarismo imperante.
Lo ricordino tanti dei nostri fedeli cristiani, che sotto il miraggio di miglioramenti economici che non sono impediti di ricercare in altro modo e con altri metodi, arrischiano di farsi complici e responsabili della scristianizzazione della patria nostra.

UNA OBBIEZIONE CHE HA SAPORE DI MONITO

Si fa spesso una obbiezione. Se è vero che tali sono i principii sociali del Cristianesimo, perchè dopo tanti secoli di predicazione cristiana non se n'è ottenuta l'attuazione?
Certo non avrebbe dovuto essere così, e si sarebbe stati in diritto di aspettarci qualche cosa di meglio. Ma nel darci ragione di uno stato di fatto che è doloroso, bisogna tener conto di diversi coefficienti.

Innanzi tutto bisogna riconoscere che si richiede ordinariamente una lunga evoluzione perchè certe riforme che involgono problemi talvolta poderosi possano attuarsi.

Poi si noti che riforme di questo genere, perchè divengano leggi della società civile, devono essere formulate non dalla Chiesa ma dallo Stato, e gli stati moderni non sono quelli che ammettano tanto facilmente l'influenza della Chiesa, sia pure l'influenza di dottrine e di massime di carattere sociale.

Ma poi bisogna riconoscere che pur troppo vi sono molti cristiani, quindi figli della Chiesa, i quali preferiscono il proprio egoistico tornaconto agli insegnamenti che la Chiesa fa sentire a tutti. Una volta messisi nel mondo degli affari, prendono la mentalità corrente dell'affarismo e dimenticano di portare anche in questo campo la loro mentalità cristiana, che dovrebbe essere fatta di amore e di comprensione verso i diritti e le necessità degli altri. Ad essi va un meritato rimprovero, con richiamo alla responsabilità che si assumono per il discredito che, sia pure ingiustamente dalla loro insensibilità viene alla Chiesa. Dovrebbero tutti quelli che hanno una parte nel fenomeno della produzione e distribuzione della ricchezza, ricordare che al giudizio di Dio, come ci è descritto nel Vangelo, il Giudice non domanderà loro quanto hanno prodotto in merci o in capitali, ma se hanno avuto comprensione dei bisogni dei deboli, e ne hanno tenuto conto nella esplicazione della loro attività economica, anche a costo di rendere un po' minore la somma degli utili del capitale.

Ma non tutti sono così. E la forza delle idee si fa sentire, e lo farà tanto più, quanto più penetrerà la persuasione che anche il mondo economico non sfugge al carattere di responsabilità morale che è proprio di ogni attività umana. Ed è da confidare che la predicazione della dottrina sociale della Chiesa, mentre colla sua giusta temperanza pone in guardia contro esagerazioni che sarebbero nocive, sarà una forza preziosa per avviare la coscienza pubblica verso un assetto migliore della società.

LA CHIESA E LA PACE

Altra accusa che si fa, specialmente in questi tempi così agitati dal ricordo e dal timore della guerra, alla Chiesa e alla stessa persona augusta del Papa, è che l'una e l'altro siano stati o si rendano responsabili della guerra, di cui sarebbero fautori, sia pure per l'interesse di altri. L'accusa è pur troppo diffusa dalla stampa comunista fra le masse popolari.
Non c'è nulla di più falso e di più iniquo di questa accusa.
La guerra è il flagello di cui tutti sentono lo spavento, come ne hanno esperimentato i danni orribili. Ed è una vera onta per l'umanità che non si siano risolte le competizioni dei popoli e gli interessi e le ambizioni dei grandi senza ricorrere a un mezzo così iniquo e sproporzionato. Perché la guerra, lungi dal sistemare la convivenza dei popoli, ha lasciato tante distruzioni, tante ingiustizie, e pur troppo tanti germi di contese future. Nessuno più di chi predica la dottrina di pace e di amore portata da Cristo sente tutto l'errore per un flagello così grande. Ed il Papa ha fatto di tutto per impedirlo prima, per lenirne poi le conseguenze. Il primo suo messaggio il giorno dopo la sua elevazione, mentre il mondo già vedeva l'imminenza del flagello, fu un invito alla pace. Altro invito accorato Egli fece sentire ai capi delle Nazioni pochi giorni prima dello scoppio della guerra invitando tutti a leali intese, lanciando quel motto che tutto il mondo sentì: " Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra ". E scoppiato il conflitto, si ripeterono periodicamente i suoi inviti, ai quali egli aggiungeva le condizioni che sole avrebbero potuto costituire le garanzie di una stabile pacifica convivenza fra i popoli e di tranquillità e concordia nell'interno delle singole nazioni. I suoi messaggi Natalizi del tempo di guerra sono pieni di inviti ed ammonimenti. Si può dire che era l'unica parola di pace e di amore che echeggiasse nel mondo in quegli anni sciagurati di violenza e di odio.
E i suoi inviti e i suoi ammonimenti continuarono sempre e continuarono dopo finita la guerra, salutando ogni iniziativa che possa rappresentare un tentativo di unione fra i popoli e di organizzazione di un pacifico modo di intendersi e di risolvere le controversie internazionali. E ai suoi messaggi il Santo Padre aggiungeva la preghiera, chiamando più di una volta tutti i fedeli, e specialmente i bambini, ad unirsi nella supplica al Re della pace.
Solo una voluta dimenticanza di queste memorabili manifestazioni della sua volontà di pace, o un perverso travisamento delle sue parole e delle sue iniziative può spiegare l'iniqua propaganda che giornali e partiti fanno fra le masse popolari, per presentare il Papa come fautore della guerra.

IL PAPA E LA CARITA'

All'opera per impedire e far cessare la guerra, il Papa, vero Vicario di Cristo che ha predicato la carità, ha aggiunto sollecitudini, che si direbbero infinite, per alleviare le sofferenze prodotte dalla guerra, e venire incontro ai bisogni ed alla miseria di tanti sofferenti sparsi nel mondo. E possiamo dire che, se le sua carità fu veramente universale, l'Italia nostra, perchè più vicina alla sua residenza ed insieme più colpita dalla sventura, ebbe un posto tutto speciale nei soccorsi della sua carità.
Durante la guerra l'opera paterna del Padre comune organizzò la ricerca delle notizie di tanti dispersi nella prigionia, lontani dalla possibilità di comunicare colle proprie famiglie. Le visite ai campi di prigionieri da parte dei suoi rappresentanti in ogni parte del mondo portarono spesso il conforto della buona parola paterna e il soccorso materiale di cibi, vesti ed altro.
E dopo la guerra, la storia non potrà dimenticare il fatto grandioso del Pontefice, e dopo di lui dei Vescovi, fattisi distributori di soccorsi d'ogni sorta. Tanti, d'ogni parte del mondo, fornirono al Santo Padre i rifornimenti di cui essi potevano disporre, e il Santo Padre, o direttamente o per mezzo della Commissione Pontificia costituita a questo scopo, mandò dovunque soccorsi, che arrivarono provvidenzialmente ai bisognosi, con speciale riguardo ai bambini. Il fatto grandioso fu ed è a conoscenza di tutti. E tanti, fra coloro stessi che per partito preso si son fatti denigratori del Papa e della Chiesa, hanno goduto, essi e i loro bambini, della carità paterna del Papa; come, durante il turbine della guerra, molti furono, fra gli uomini politici che ora lo osteggiano, coloro che goderono della ospitalità del Papa e della Chiesa, in conventi, collegi, e nello stesso Vaticano.
E' necessario che queste cose si sappiano e si ricordino, per rintuzzare una propaganda di denigrazione e di odio che si diffonde fra le masse del nostro popolo.

CONCLUSIONE: UN DOVERE E UN MONITO

Figli dilettissimi, vi abbiamo richiamato brevemente la natura della Chiesa e di coloro che nella Chiesa rappresentano l'opera del suo Divino Fondatore e Capo vivente, Gesù Cristo. Vediamo di conoscerla bene e farla conoscere, perchè tutti la possano amare come si merita e partecipare dell'opera sua salvatrice. E difendiamola dai suoi denigratori, come si difende la madre da chiunque attenti al suo onore.
Ed insieme, tutti che abbiamo avuto dal Signore la grazia di appartenere alla sua grande famiglia, al suo mistico corpo, ricordiamoci di un grande dovere, di cui molti pur troppo non si rendono conto. L'appartenere alla Chiesa di Gesù Cristo, come sacerdoti o come fedeli, non è soltanto avere il proprio nome scritto sui libri di anagrafe della propria parrocchia, o frequentare qualche volta il tempio per compiere i nostri doveri religiosi. No: appartenere alla Chiesa, come è una grazia di Dio, così ci impegna tutti quanti a vivere in modo corrispondente a questa nostra qualità, in chiesa, in casa, al lavoro, nella professione, nell'esercizio di tutti i nostri doveri. In difetto di ciò, mentre non parteciperemmo integralmente di suoi effetti di grazia, commetteremmo una grave colpa contro la Chiesa a cui apparteniamo. Perchè molti, giudicando dalla nostra condotta poco cristiana, ne ricaverebbero un giudizio sfavorevole alla Chiesa stessa.
E' questa l'origine di alcune accuse che le si fanno, di fronte al popolo che ci osserva. E specialmente, vorrei dire, in questo momento di convulsioni sociali, è necessario che gli appartenenti alla Chiesa informino i loro giudizi e il loro modo di fare a quella che si chiama la dottrina sociale della Chiesa, cioè la sua dottrina intorno ai rapporti fra le classi sociali. Per questo, mentre i lavoratori devono attingere dalla loro appartenenza alla Chiesa il dovere di dare coscienziosamente il proprio lavoro, con spirito di collaborazione per il bene di tutti, i detentori della proprietà e datori di lavoro non devono mostrarsi restii a giuste riforme, che tendono ad elevare le condizioni delle classi inferiori e diminuire le distanze troppo grandi fra la loro condizione e quella degli altri.
Solo così si è veramente cristiani, e si difende praticamente la Chiesa dalle accuse dei suoi nemici e di quei suoi figli che si lasciano sedurre da essi.
Ed a quelli dei nostri figli che per promesse di miglioramenti materiali si inducono a sostenere coloro che denigrano e combattono la Chiesa, ricordiamo la loro responsabilità ed incoerenza. Non si può dirsi veri cristiani quando si favoriscono coloro che cercano di scristianizzare le masse popolari.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. E vi auguriamo la Santa Pasqua. Confidiamo specialmente che il risveglio cristiano che si è notato in città nei giorni benedetti dalla Santa Missione abbia ad avere la sua conferma e il suo sviluppo nella frequenza ai Sacramenti, ora che la Chiesa per il nostro bene ce lo comanda.

Brescia, Quaresima del 1949.

 

 

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