Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

La legge di Dio (1946)

 

 

 

 

 

 

 

Nella lettera Pastorale per la Quaresima dell'anno scorso, quando ancora imperversava la guerra e con ansia si aspettava la liberazione, vi abbiamo parlato degli insegnamenti della Fede per quel tempo angoscioso e per il prossimo domani, nel quale, a Dio piacendo, si sarebbe dovuto pensare alla ricostruzione, non solo delle rovine materiali prodotte dalla guerra, ma anche e più, delle coscienze sbandate a cagione di un paganesimo pratico che si diffondeva sempre più nelle masse del nostro popolo. E per questo richiamavamo tutti ad una migliore ed integrale osservanza della legge di Dio, ad una maggiore purezza di costumi e ad un maggior senso di giustizia e di carità.
Quei richiami, dettati allora dalla realtà come era e come si prospettava nel prossimo avvenire, valgono ancora in questo tempo, per il quale appunto erano dettati, il tempo cioè della ricostruzione, che ora è faticosamente cominciato.
E' per questo che vogliamo, in questa lettera pastorale, ritornare sul medesimo ordine di pensieri, soffermandoci ancora e più largamente sulla santa legge di Dio. Siamo convinti che soltanto la legge di Dio, conosciuta da tutti e da tutti osservata meglio che non sia stata fin qui, può essere la base di salvezza per l'umanità, che, uscita dalla immane bufera, sì avvia verso quella che sarà la sua sorte futura.

LIBERTA' E LEGGE

La legge è la regola della libertà.
La libertà è un dono di Dio, di cui l'uomo va giustamente fiero. Essa, a differenza di quello che avviene di tutte le creature inferiori, costituisce l'uomo padrone di se stesso e dei suoi atti, di cui dispone a suo piacimento. Per questo la libertà, insieme colla intelligènza, forma la speciale dignità dell'uomo, collocato al disopra degli altri esseri materiali, ch'egli assoggetta a sè, indirizzandoli a scopi ch'egli stesso stabilisce. Un regime che non volesse tener conto di questa prerogativa e di questa dignità, negando all'uomo di potersi reggere da sè, senza che lo richieda il diritto degli altri o il bene comune, sarebbe un regime inumano, intollerabile.
Ma non si deve dire per questo che l'uomo abbia il diritto di usare della sua libertà a suo piacimento, assecondando ogni suo desiderio o capriccio. Libero per natura, deve usare della sua libertà per indirizzarsi al bene, così da procurare il proprio perfezionamento e il bene altrui; ma per abbassarsi al vizio e alla violenza, per assecondare le sue passioni e danneggiare gli altri e la collettività. Questo forma la sua grande responsabilità. Egli, perchè libero, capace di determinarsi al bene o al male, ha l'obbligo morale di scegliere il bene e di cooperare al bene comune dei suoi simili.
La guida provvidenziale, che lo deve indirizzare nell'uso buono e legittimo della sua libertà, è la legge. Essa è un dettame autorevole, che presenta alla libertà quello che è bene e quello che è male: il bene come cosa da farsi, il male come cosa da evitarsi. E la volontà deve inchinarsi al dettame della legge e seguire volonterosamente la via che da quella le viene indicata.
Ecco che cosa è la legge, e quale la sua funzione verso la libera volontà. Può sembrare, a prima vista, che vi sia una contraddizione, un antagonismo fra la libertà e la legge. La libertà è indipendenza, la legge è imposizione; la libertà è potersi determinare da sè, la legge è una determinazione che viene dal di fuori. E invece no, non c'è nessuna contraddizione o antagonismo; anzi, la legga è il compimento naturale, necessario, della libertà. Appunto perchè la nostra volontà è libera, e quindi ha la possibilità di determinarsi per il bene o per il male, ha bisogno di una guida sicura che le indichi la via buona: e questa guida è la legge. Seguendola, l'uomo non si priva della sua libertà, che gli rimane intatta, perchè potrebbe disubbidire, ma ne usa bene, evitando quello che sarebbe un male per lui e spesso un danno per i suoi simili, ed arricchendosi invece di un merito. Quando invece si ribella alla legge, usa sì della sua libertà, ma ne usa male, con danno suo e spesso degli altri.
La legge, in un certo senso, è per la libertà quello che è il binario per la locomotiva, che le impone una direzione, ma senza toglierle il movimento e neppure la iniziativa del medesimo, risparmiandole invece le deviazioni che produrrebbero il disastro.
L'uso della libertà per sottrarsi alla legge e fare il male, è abuso, e non merita più il nome onorato di libertà: è licenza. Pur troppo l'uomo è capace di questi abusi. Quanti delitti, quante violenze si sono compiute in tutti i tempi in nome della libertà! Ben venga dunque la legge, in buona armonia con ogni onesta libertà, ad impedirle.

LA LEGGE UMANA

Vi sono leggi umane, perchè sono fatte dagli uomini. E sono vere leggi, cioè col potere morale di imporsi alla nostra volontà, creando in essa il dovere di sottomettersi a una determinata norma di agire. Esse sono una necessità, quando gli uomini, come avviene in tutti i popoli civili, vivono uniti gli uni agli altri, a formare quella speciale forma di società, che si chiama la società civile, lo Stato. Data la necessità della coordinazione di tutti al bene comune, la facile diversità dei pareri, gli egoismi che potrebbero spingere ciascuno a cercare solo il proprio vantaggio, con scapito del vantaggio degli altri, non si potrebbe avere l'ordine e la comune prosperità senza una autorità che, quando sia necessario, imponga a tutti una norma di agire, vietando quello che può essere nocivo al bene comune, e comandando quello che invece si ritiene necessario.
Ecco la legge, che è fatta dagli uomini, ma s'impone per una necessità sociale. E siccome è Dio che nella sua provvidenza ha disposto la convivenza degli uomini in società, da lui viene alle leggi umane la forza di obbligare. Ed anche il diritto di imporre una sanzione, cioè una pena per i trasgressori della legge. La minaccia della pena, sancita dalla legge stessa nella sua promulgazione, serve a distogliere chi ne avesse l'intenzione dalla volontà di trasgredirla. La sua esecuzione ha anche l'effetto di incutere negli altri un salutare spavento, oltre che di mettere il colpevole nella impossibilità di ripetere la trasgressione, con danno della società.


IMPERFEZIONI DELLE LEGGI UMANE

La legge, come l'abbiamo ora descritta, è cosa pienamente ragionevole e necessaria al bene della convivenza sociale. Ma, come tutte le cose umane, ha le sue inevitabili imperfezioni.
Innanzi tutto, essa può sbagliare. Fatta da uomini, può risentire l'influenza di loro falsi principi in materia di diritto e del pubblico bene. O anche se poggiata su principi giusti, può darsi che non riesca sempre a contemplare sufficientemente i singoli casi, ed imponga quindi qualche volta gravami sproporzionati ad alcuni, o a non impedire abbastanza le trovate di uomini scaltriti, che ne possono approfittare a danno degli altri.
Inoltre - e questa è la condizione inevitabile di ogni legge umana - essa non può influire direttamente che sulle azioni esterne degli uomini. Gli atti interni, pensieri, sentimenti, propositi, come sfuggono alla constatazione degli altri uomini, così non possono essere oggetto di una regolamentazione della legge umana. Eppure quegli atti interni possono essere anche intrinsecamente cattivi, e principi di corrispondenti azioni esterne, che possono tornare di offesa e di danno alla società.
Di più, le sanzioni delle leggi umane sono spesso insufficienti, in quanto che facilmente si può sperare di evaderle, e spesso non contengono una sufficiente riparazione del male commesso.
Chi non lamenta oggi il crescere spaventoso della delinquenza d'ogni specie, dal furto alla rapina, all'omicidio, alla borsa nera che sottrae al consumo dei meno abbienti i mezzi di sussistenza più necessari alla vita? Ne è seriamente compromessa la pubblica tranquillità, la stessa incolumità delle persone e il soddisfacimento dei bisogni più gravi.
Questi difetti inevitabili delle leggi umane ci richiamano ad una legge superiore, divina.


LEGGE DIVINA, LEGGE NATURALE

Che al di là, al disopra delle leggi umane vi sia un'altra legge, che ha autore Dio stesso, l'hanno affermato in ogni tempo le menti migliori che hanno scrutato le ragioni ultime delle cose, e lo conferma la coscienza di ogni uomo ragionevole ed onesto, dotto ed indotto, che, prima ancora di conoscere le leggi del proprio paese, sente di dover considerare come proibite alcune azioni perchè cattive, di doverne compiere altre perchè buone e doverose. Così tutti spontaneamente riprovano l'omicidio, la frode, la calunnia, ed approvano invece l'amor filiale, la fedeltà, la beneficenza, e così via.
Anzi, non solo ognuno sente nella propria coscienza una legge che comanda e proibisce, prima di conoscere o di considerare l'esistenza di leggi umane, ma le menti più elette e le coscienze più oneste sentono di poter riprovare come ingiuste anche alcune delle leggi fatte dagli uomini, perchè offensive di un diritto preesistente: come leggi tiranniche che pretendessero di sopprimere o limitare senza ragione sufficiente l'onesta libertà di pensare, di agire, di manifestare la propria opinione. Segno questo evidente che, al disopra delle leggi fatte dagli uomini, si ammette un'altra legge, la quale stabilisce diritti e doveri, che la stessa legge umana non può sopprimere.
Questa legge superiore alle leggi umane è la legge naturale, o divina. Naturale; perchè è insita nella nostra natura di creature ragionevoli, e si fa conoscere ad esse senza bisogno d'altro che di una intelligenza e di una coscienza onesta. Divina, perchè soltanto Dio, autore della natura, ha potuto imporle questa legge.
Come è anteriore alle leggi umane, la legge naturale è il loro fondamento, perchè da essa le leggi umane traggono la regola e il valore; perchè è la legge naturale che stabilisce nella società umana l'esistenza di una autorità che può colle sue leggi dirigere l'attività dei cittadini; ed è ancora essa che traccia i principi generali, di cui le leggi umane stabiliranno le applicazioni concrete.
La pretesa di ogni forma di assolutismo di Stato, che faccia lo Stato fonte unica e illimitata del diritto, è da riprovarsi come ingiusta e fonte di ogni tirannia.
L'esistenza di questa legge naturale rientra nel disegno della sapienza di Dio creatore e della sua Provvidenza. Come infatti Dio nella sua sapienza governa tutto il mondo materiale con leggi, le leggi fisiche, che determinano e mantengono l'ordine che in esso si riscontra, così governa anche il mondo dello spirito, cioè della intelligenza e della volontà, con una legge, la legge morale, che stabilisce la differenza del bene e del male, del vizio e della virtù, e ci impone di fare il bene, di evitare il male.
La legge di Dio ha la sua sanzione proporzionata, immancabile, che si esplica nel premio e nel castigo che Dio darà nella vita futura secondo i meriti di ognuno, ma si anticipa in modo solo iniziale ed imperfetto anche nella vita presente, cioè colle buone o cattive conseguenze che ordinariamente fanno seguito all'esercizio del bene o del male, e colla testimonianza della coscienza, di soddisfazione per il dovere compiuto, di rimorso per il male.


LEGGE DIVINA POSITIVA

La legge divina non è solo quella che si manifesta a tutti e ciascuno nella intimità della coscienza e nel consenso del genere umano. Dio ha voluto manifestarci anche positivamente la sua volontà, nella sua rivelazione. La rivelazione divina contiene preziose verità che hanno coronato ed innalzato il complesso delle conoscenze a cui arriva colle sue forze la nostra ragione. Ma contiene anche comunicazioni non meno preziose intorno alla volontà di Dio a nostro riguardo. E' la sua legge, sparsa nella sua parola scritta che è la Sacra Scrittura, e culminante in due codici divini: il Decalogo ed il Vangelo: il Decalogo promulgato da Dio sul Sinai per il popolo eletto; il Vangelo che contiene gli ammaestramenti raccolti dalla viva voce di Gesù, il Redentore venuto a portarci la salvezza. Essi sono diventati il codice della umanità, e a quelli l'umanità si rifugia fidente per trovare il fondamento, la garanzia del suo bene più vero, il bene dello spirito, che domina ogni altro elemento della sua civiltà.
Colla sua legge scritta Dio ha voluto confermare la legge naturale, di cui l'uomo può perdere la percezione, perchè accecato dalle passioni o distratto da una vita troppo assorbita da una attività tutta esteriore e materiale; ed insieme l'ha resa più completa e determinata nelle sue prescrizioni.
Non v'è nulla di più venerando e insieme di più semplice, di più aderente alle esigenze della nostra natura, delle prescrizioni contenute nei dieci Comandamenti. Non s'è mai udita al mondo parola più elevata, più capace di innalzare l'umanità ad un alto livello di bontà e di purezza, come quella che il Vangelo ci ha conservato.

DOVERI VERSO DIO

Ci vengono innanzi tutto indicati i nostri doveri verso Dio.
Non è giusto che, dopo d'aver avuto da lui l'esistenza e la conservazione, con una provvidenza sapiente ed amorosa, più che paterna, noi lo dimentichiamo come se non esistesse, come se fosse un estraneo col quale non avessimo nulla a che fare; peggio, che gli preferiamo una creatura. Ecco, da parte nostra, l'adorazione:
riconoscerlo per quello che è, perfettissimo, infinito, nostro creatore e signore, e insieme riconoscere il nostro niente, la nostra dipendenza da lui. Di fronte alle aberrazioni degli uomini, che a lui avevano sostituito creature, idoli più o meno mostruosi, o la personificazione delle forze della natura, facendole oggetto di adorazione e di culto, Dio mette in guardia il suo popolo, e lo richiama ad una concezione monoteistica, più degna, della divinità.
Espressione della nostra riverenza verso Dio deve essere il rispetto verso il suo nome e tutto ciò che si riferisce a lui e ce lo può rappresentare, ed il culto reso a lui, anche in modo esteriore e sensibile, come conviene alla nostra natura, fatta di anima e di corpo.
Questi doveri elementari verso Dio, che dovevano regolare la pratica religiosa del popolo ebreo, conservano ancora, conserveranno sempre, tutta la loro ragione d'essere, la loro attualità. Quanti sono che si dicono anche cristiani, e vivono come se Dio non esistesse, forse senza mai un pensiero a lui, di adorazione, di riconoscenza, di preghiera, di deplorazione dei propri peccati, di cui gli dovranno pure rendere conto. E come pur troppo, invece della parola di riverenza e di lode, troviamo sulla bocca di molti, di troppi, la bestemmia, che è l'oltraggio volgare, empio, irragionevole, che nessuna circostanza, nessun pretesto giustifica. Pur troppo la bestemmia è ancora tanto diffusa fra noi, così da costituire quasi una triste prerogativa del popolo italiano, anche a differenza di altri popoli. Dovremmo tutti vergognarcene e sentirci offesi, e non sarà mai abbastanza lodato ogni sforzo, ogni iniziativa destinata a sradicare il triste vizio, come la vigilanza dei genitori e degli educatori, per impedire che i nostri fanciulli e i nostri giovani la apprendano dalla bocca dei compagni negli ambienti del loro lavoro e dei loro convegni.
E non cesseremo dal ricordare a tutti l'obbligo di santificare il giorno del Signore, destinato ad onorare lui ed a provvedere ai bisogni della nostra anima, assorbita negli altri giorni dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Pur troppo, da una parte la trascuratezza della pratica religiosa, e dall'altra tante distrazioni che orientano per altre direzioni la nostra gioventù, tendono a trasformare il giorno festivo in giorno di dissipazione, quando non anche di peccato.

VERSO SE STESSI E VERSO GLI ALTRI

La legge di Dio segue l'uomo anche nei rapporti con se stesso e coi suoi simili.
A se stesso l'uomo deve il rispetto verso la sua natura come Dio gliel' ha data. Quindi la conservazione della sua vita e lo sviluppo armonico di tutte le sue facoltà, del corpo e dello spirito, usate ciascuna per lo scopo fissato dalla natura, cioè da Dio stesso. Questo importa, per lo spirito, il procurarsi una sufficiente conoscenza delle verità della fede, e di quelle altre nozioni che siano necessarie per l'adempimento. dei doveri del proprio stato, e la cura di mantenere il dominio della ragione sulle passioni. E per il corpo, la sobrietà, perchè l'intemperanza nel cibo e nella bevanda non nuoccia alla salute e all'uso della ragione, e la purezza, contro l'abuso delle inclinazioni del senso, che devono essere mantenute nei limiti delle funzioni a cui devono servire. Sobrietà e purezza, che rappresentano la sanità dell'anima e del corpo insieme, mentre gli eccessi contrari sono la rovina del corpo e una vergognosa schiavitù dell'anima.
Nei rapporti cogli altri, la legge di Dio vuole che ne sia rispettata la vita e l'incolumità personale. La vita è un dono di Dio: un sacro deposito, che ognuno deve conservare, usandone per fare del bene, fino al momento di restituirlo a Dio stesso, che ci dovrà giudicare del modo con cui ne avremo usato. " Non ucciderai! "è stato detto ad ognuno. Solo la necessità della legittima difesa propria o della Patria, quando non vi sia altro mezzo per provvedervi sufficientemente, potrà permettere all'uomo di armarsi contro altri uomini. Ma questo non dovrebbe mai verificarsi fra uomini e nazioni, che sanno di essere stati messi al mondo accanto ad altri uomini e ad altre nazioni per cooperare al bene di tutti, non per sopraffarsi colla violenza. Al primo uomo che sparse il sangue del suo simile Dio lanciò la sua maledizione, e il nome di Caino rimase oggetto di orrore, come del maledetto da Dio. E perchè la passione non trascini l'uomo sulla via del delitto, Cristo nel suo Vangelo ha proibito anche il risentimento, l'odio, lo spirito di vendetta, ed ha comandato invece l'amore, il perdono, il compatimento, l'aiuto vicendevole, come tra fratelli, figli del medesimo Padre che è nei cieli, che tutti ama e sopporta, e fa sorgere il sole tanto pei buoni come per i cattivi (Matt., V, 45).
Come suona bene, a conforto e speranza, questa parola divina, mentre l'umanità è appena uscita da una guerra spaventosa di stragi e di rovine, di cui porta e porterà per molto tempo i segni e le conseguenze, e mentre, anche a guerra finita, non è finita la triste vicenda di vendette e di rapine, e si sparge ancora sangue fraterno!
La legge di Dio comanda anche il rispetto della proprietà altrui, frutto del lavoro o di una legittima trasmissione; mentre, ad attenuare i troppo gravi contrasti e differenze sociali, che mettono molti nella indigenza di fronte a pochi ricchi che nuotano nell'abbondanza, comanda a costoro di compensare convenientemente il lavoro degli operai, e di provvedere ai bisogni di tutti considerandosi come depositari dei beni di fortuna per amministrarli in vantaggio di tutti.

LA FAMIGLIA E LA SOCIETA' CIVILE

L'uomo non può vivere da solo, come un selvaggio, privo della possibilità di provvedere convenientemente ai suoi bisogni. Dio lo ha posto accanto ad altri uomini suoi simili, unito ad essi nella famiglia e nella società civile. Perchè questi due organismi naturali possano funzionare rettamente, rendendo possibile e meno disagiata la vita, Dio li ha muniti di leggi sapienti, aderenti alla loro natura, che ne sono la garanzia.
La famiglia, fondata sull'amore e sulla stima vicendevole dell'uomo e della donna, è destinata a trasmettere convenientemente la vita, e a curare colla vita del corpo delle nuove generazioni anche la formazione delle loro anime alla virtù mediante l'educazione. Le leggi della famiglia, come Dio l'ha voluta, sono: la fedeltà, che unisce in una unione intima ed indissolubile l'uomo e la donna, diventati principio di trasmissione della vita; la purezza, che tempera e modera le inclinazioni dei sensi, perchè le sorgenti della vita non siano profanate; l'amore dei coniugi fra di loro e dei genitori e dei figli, che li renda solleciti gli uni degli altri, e renda il nido familiare pronto alla sua funzione, conforto nelle necessità, scuola di virtù.
Fondamento della magnifica istituzione, che le dà un carattere sacro come sacra è la sua funzione di trasmettere la vita a creature di Dio, e le assicura le sue benedizioni, è il sacramento del matrimonio.
Guai se la famiglia non si attiene alla sua natura, come Dio l'ha voluta ed alle leggi sapienti di cui l'ha munita! Perde tutta la sua bellezza, il suo profumo, la sua funzione, e diventa un campo di contese e di ignominie, scuola di vizio alle nuove generazioni, con tanto danno delle anime, ed anche della società, che da essa attende cittadini formati alla virtù ed invece li riceve inquinati in radice.
La società civile è anch'essa una condizione di vita per gli uomini, che vi trovano la possibilità di una vita sufficientemente fornita del necessario. Ad essa tutti si sentono inclinati dalla stessa natura, che fa loro sentire il bisogno dell'aiuto altrui, e insieme la possibilità di portare alla comune convivenza il proprio utile contributo.
Anche la società civile ha le sue leggi. Essa stessa se le dà, proporzionale alle condizioni dei tempi. E siccome in regime democratico le leggi si fanno col contributo di tutti i cittadini, noi tutti siamo chiamati, in questo momento così grave della storia della Patria nostra e del mondo, a darle una nuova costituzione, cioè una legge fondamentale che la regga per il bene di tutti. Per questo ognuno di noi deve sentire il dovere di dare il suo voto, scegliendo secondo coscienza persone e programmi, da cui si possa sperare il vero bene della Patria.
Vi possono essere varietà nelle forme di governo. Ma vi sono alcune norme generali da cui la società civile non può prescindere, se vuol raggiungere lo scopo assegnatole dalla natura e da Dio, che è il vero benessere temporale di tutti, benessere materiale e spirituale. E' necessaria la collaborazione di tutti al bene comune, che importa la disposizione di ognuno a rinunciare alle proprie mire egoistiche; e la disciplina nella subordinazione alla legittima autorità, che sola può rendere possibile quella collaborazione. Disciplina però, che deve essere di esseri ragionevoli, di persone che hanno una propria responsabilità, e non possono rinunciare ad una onesta libertà, e non devono diventare come tante macchine, prive della propria personalità, in mano di uno Stato totalitario. Per questo una buona costituzione deve escludere quelle forme di totalitarismo che hanno fatto la loro triste prova, e noi non dobbiamo permettere che ritornino, sotto qualunque forma, ad informare le istituzioni della Patria.
La costituzione di una Nazione cristiana come è la nostra, deve riconoscere la dipendenza dalla legge di Dio, e non rifiutare a Lui, come qualche volta si è fatto, l'omaggio della propria venerazione e riconoscenza. Deve affermare il fondamento della famiglia come Dio l'ha voluto, poggiato sulla santità e l'indissolubilità del matrimonio; il diritto dei genitori cristiani ad avere l'insegnamento religioso nelle scuole dove devono mandare i loro figliuoli per apprendere le nozioni necessarie alla vita. Deve riconoscere la Chiesa, depositaria, in nome di Dio, dei mezzi di salvezza per tutti noi, e mantenere con essa rapporti di vicendevole rispetto e collaborazione, pure nella distinzione e indipendenza delle relative funzioni.
Questi sono postulati della dottrina sociale della Chiesa, che ogni fedele deve avere presente, e volere che siano attuati, ora che si tratta di stabilire quella che sarà la legge fondamentale dello Stato. E' dovere di ogni buon cristiano, quando eserciterà il suo ufficio di cittadino dando il suo voto, di scegliere fra i programmi e le persone che gli vengono presentati quelli che gli diano affidamento sicuro, che questi principi saranno attuati.
Come ha le sue leggi la vita dello Stato, hanno le proprie anche le amministrazioni minori, comuni e province; anche per queste ognuno ha il dovere di procurare col suo voto l'elezione di persone oneste e abili, che sappiano bene amministrare, ispirandosi alla loro coscienza cristiana.


VERSO LA SOCIETA' INTERNAZIONALE

La legge divina va più in là della organizzazione della società civile, o dello Stato, perchè nessuna forma di attività umana le può sfuggire.
Vi sono al mondo molte Nazioni, molti Stati, i quali hanno fra loro relazioni varie, di vicinanza, di coltura, di scambi di materie prime e di prodotti. Queste relazioni possono svolgersi pacificamente; ma possono anche dar luogo a soprusi, a violenze, e a quella suprema violenza che è la guerra, di cui abbiamo pur troppo esperimentate le tragiche rovine.
Come nella società civile v'è una organizzazione giuridica ed una autorità, che dirime autorevolmente le controversie tra i cittadini senza che questi ricorrano alla forza per farsi ragione da sè non ci dovrà essere una organizzazione delle Nazioni, che analogamente risolva le loro controversie, senza che queste ricorrano alla violenza della guerra?
Ciò sembra in contrasto colla sovranità ed indipendenza che ogni Stato si attribuisce, e che ha evidentemente un fondamento ragionevole ed una funzione utile per lo sviluppo delle caratteristiche che ciascun popolo, ciascuna convivenza nazionale ha dalla natura, dalla sua cultura, dalla tradizione, dalla storia. Ma la ragione stessa, in nome della solidarietà di tutti gli esseri umani, e meglio ancora, in nome del precetto generale di Cristo che ci comanda di amarci, e di aiutarci a vicenda al di là di ogni frontiera, di ogni interesse, di ogni differenza di razza, vuole che vi sia fra le nazioni un vincolo, una organizzazione, anche a costo di incidere sulla loro assoluta sovranità, così che si possano dirimere autorevolmente le controversie fra le nazioni senza ricorrere al barbaro mezzo della guerra. Qualche cosa si è tentato in questo senso dopo la prima guerra mondiale colla Società delle Nazioni, uscita dal trattato di Versailles. Ma essa ebbe un esito sfortunato, frutto di quella mancanza di spirito veramente umano e cristiano che caratterizzò tutto quel trattato e quella pace. Dopo il cataclisma più grave della seconda guerra mondiale, è sorta un'altra organizzazione internazionale, l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), col patto che tutte le Nazioni le sottopongano le controversie che potrebbero presentare il pericolo di una guerra, e che essa possa intervenire contro uno stato che si facesse aggressore. Sarà un organismo veramente vitale? Potrà compiere effettivamente la sua missione, alla quale tutti i popoli guardano con speranza e con ansia?
Il problema è estremamente difficile, e già l'umanità ha visto con timore sorgere le prime difficoltà e le prime discordie di interessi contrastanti delle nazioni più potenti, e nel contrasto di opposte ideologie. Che cosa potrà impedire che si scatenino ancora le forze del male per i contrasti, talvolta inevitabili, di interessi e di prestigio?
Durante gli ultimi episodi della guerra immane da cui l'umanità è appena uscita, è comparso un terribile strumento di forza e di distruzione, al di là di ogni precedente e di ogni previsione, la bomba -atomica. Il suo uso in un'altra guerra vorrebbe dire distruzioni senza confronto più grandi; sarebbe la distruzione della umanità. Tutti i popoli pensano ad essa con terrore. Che proprio da questo terrore debba dipendere l'unica speranza della esclusione di una guerra futura? Chi potrà garantire l'umanità che, ridotti all'uso della violenza, i popoli non possano essere trascinati ancora in una gara spaventosa di chi arriverà prima ad usura il potente mezzo di distruzione?
Siamo a questo punto. E' il fallimento di una civiltà materialistica, fondata sulla forza e sul progresso della scienza, la quale, senza una regola d'ordine superiore, non è riuscita che ad apprestare i più potenti mezzi di distruzione.
Non deve essere così, se al timore del terribile ordigno si sostituirà o si aggiungerà un altro timore, a cui ci ha educato, con tanta maggiore dignità e speranza la nostra fede, il timor di Dio, e la sua santa legge: ed insieme un grande precetto di amore, che Cristo ha dato alla umanità, l'amore degli uomini fra di loro, destinati ad essere fratelli e non nemici: amore fondato su un altro amore più grande ancora, l'amore di Dio.
Voglia il Signore che, di fronte al fallimento di tutti gli altri mezzi, l'umanità riconosca il salutare dominio di Dio e della sua santa legge, e si dia a potenziare, al di là delle bombe, delle trincee e dei carri armati, la coscienza cristiana. L'appello, come di una necessità per la salvezza della umanità, è stato lanciato ripetutamente dal Vicario di Cristo; ora lo abbiamo sentito anche dalla bocca di alcuni dei potenti da cui dipendono le sorti della pace nel mondo. Possa entrare questa persuasione nella coscienza di tutti, e preparare efficacemente quella ricostruzione generale, che tutti aspettano dopo tante rovine.

Figli dilettissimi, vi abbiamo richiamato alla considerazione della legge di Dio. Essa è l'unica nostra salvezza. Facciamo che essa domini veramente sovrana nelle nostre coscienze e in tutta la nostra vita, per la dignità e salvezza eterna delle nostre anime, e per la prosperità vera della nostra vita presente.
Dio ci benedica tutti, e fecondi i nostri buoni propositi.

Brescia, prima Domenica di Quaresima del 1946.

 

 

 

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