Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

Il fronte interno dello spirito (1942)

 

 

 

 

 

Mentre la Nazione si trova impegnata in una gravissima impresa, da cui dipendono le sue sorti future e la stessa civiltà, e tanti nostri fratelli combattono con tanto loro sacrificio, pronti ad incontrare anche la morte, è dovere di tutti cooperare perchè ad essi non manchi il necessario per resistere ad arrivare alla vittoria che ci porterà la pace. Perciò si parla di un fronte interno, cioè della resistenza di coloro che rimangono a casa intenti al lavoro ed alle opere di assistenza: fronte interno che deve cooperare con quelli che sono al fronte dove si combatte.
Ed a questo fronte interno, oltre il compito di assistere e di sostenere i combattenti, si suoi dire che spetta un altro compito, quello di preparare, coll'ordine e coi lavoro, la ricostruzione della economia e della ricchezza della Nazione, quando sarà cessato lo sforzo della lotta e tornata la pace.
Le autorità costituite, a cui spetta, attendono alla disciplina di questo fronte interno. Per questo le norme severe, le numerose regolamentazioni delle cose stesse che servono ai nostri bisogni quotidiani. Non è compito del Vescovo occuparsene, se non per ricordare il dovere della disciplina, che, se è una necessità per la salvezza e la prosperità della Patria, assume per il cristiano il valore di ubbidienza alla legge divina e di carità verso i nostri fratelli.
Ma v'è un altro fronte interno di cui è nostro dovere occuparci, per dire a voi, figli dilettissimi, la parola di Fede: quella fede che si fonda sulla verità che Dio ci ha rivelato, e di cui la Chiesa è maestra, per mezzo dei sacri Pastori stabiliti dallo Spirito Santo. E' il fronte dello spirito, che si ispira alle verità ed alla pratica della religione.



NECESSITA' E IMPORTANZA DELLA RELIGIONE

La religione, come è necessaria in tutti i momenti della nostra vita, così è anche un elemento prezioso per sostenere la resistenza del soldato dove si combatte, come dell'operaio nel campo del lavoro, dando un senso di serenità e di fiducia che non si troverebbe altrove. Ed insieme la religione crea idee ed abitudini di vita utili per quella ricostruzione del dopo-guerra, che non deve essere soltanto materiale ed economica, ma anche morale, se vogliamo che l'ordine nuovo sia un ordine veramente umano, cioè tenga conto di tutti i bisogni e le aspirazioni dell'uomo, e più di quelle più alte, che riguardano i valori dello spirito.
I nostri soldati al fronte, in generale, sentono l'importanza benefica della religione, e seguono volentieri l'opera del Cappellano militare che parla loro di Dio e li invita all'adempimento dei loro doveri religiosi; e sentono tanto più questa importanza, quanto più si trovano lontano dagli agi e dalle comodità della famiglia ed esposti a pericoli d'ogni sorta, e d'ogni momento. Anche noi, per quanto ci troviamo lontani da pericolo e in maggiori comodità, pure, di fronte al loro sacrificio ed alle necessità della Patria, dobbiamo sentirci animati ad una fede più viva e ad una pratica più fervente della religione.
La religione vera, diciamo, in tutta la sua interezza. La religione, perchè sia veramente tale, non dev'essere soltanto un sentimento vago, o ridursi a qualche cerimonia esteriore a cui si partecipa in qualche occasione straordinaria, e neppure a qualche immagine o medaglietta sacra portata indosso come un talismano, con una fiducia magari più o meno superstiziosa.
No. La religione consiste in un complesso ben preciso di verità credute con fermezza, che a loro volta determinano tutto un orientamento nella nostra vita: in tutta la nostra vita, sentimenti, pensieri, opere.
Di alcune di queste verità voglio parlarvi in questa lettera pastorale, per cavarne qualche utile conseguenza in questo momento grave; tanto più che la verità e la pratica religiosa hanno la loro importanza benefica non soltanto nel momento presente, ma sempre, per la salvezza delle nostre anime.


I

DIO E IL DOVERE DELLA PREGHIERA

La prima verità religiosa, fondamento di tutte le altre, è l'esistenza di Dio. Egli è l'Essere perfettissimo, eterno, immenso, infinitamente al disopra di tutte le nostre imperfezioni e miserie. Ma quanto è lontano da noi per la sua perfezione, altrettanto è a noi vicino, intimamente presente a tutte le cose, perchè Egli le ha create e continuamente le conserva. Le forze fisiche della natura e le leggi meravigliose che le governano sono opera sua; sua è la legge morale che impone alla creatura il suo dovere e glielo fa sentire nell'intimo della coscienza.
A questo Dio, grande, onnipotente, ma che è anche infinitamente buono; che circonda la sua creatura prediletta di tante attenzioni; che vuole esser chiamato Padre, e lo è veramente, perchè dopo averci data la vita ce la conserva e sostenta con tanta amorosa sollecitudine, - a questo Dio noi ricorriamo colla preghiera nei nostri bisogni. Ce l'ha insegnato Nostro Signor Gesù Cristo, il Maestro Divino. Ed è un istinto potente dell'anima, che nei momenti più difficili ci fa giungere le mani ed innalzare al cielo lo sguardo supplichevole in atteggiamento di implorazione. " Dacci oggi il nostro pane quotidiano ", diciamo ogni giorno nella preghiera insegnataci da Gesù, specialmente quando il cielo minaccioso, o la siccità, o il cattivo andamento della stagione sembra mettere in pericolo il raccolto, o la mancanza di lavoro minaccia di privarci dei mezzi per provvedere al nostro bisogno. " Non c'indurre in tentazione ", ripetiamo pensando ai pericoli che circondano la nostra vita morale, ed alla possibilità d'una caduta. " Liberaci dal male ", è l'altra invocazione che il Maestro ci ha posto sul labbro di fronte a qualunque pericolo, a qualunque che c'incomba.
E' dunque la preghiera, figli dilettissimi, che deve sgorgare dal nostro labbro, e più erompere dal profondo dell'anima anche più del consueto, in questo momento così grave, quando noi stessi, i nostri cari, la Patria, ci troviamo in grave necessità.
Dobbiamo chiedere a Dio che protegga i nostri soldati combattenti, li aiuti a compiere intero il loro dovere, e se questo dovrà esser per il miglior bene, li faccia tornare coll'onore della Vittoria.
Dobbiamo chiedere che benedica i nostri campi e fecondi l'opera dei nostri lavoratori, perchè non manchi alla nazione il necessario per vivere e per sopperire a tutti i suoi bisogni.
Dobbiamo pregare perchè Dio illumini i Capi dei popoli, che hanno la responsabilità delle decisioni, affinchè vedano bene quello che è utile per i loro popoli e per l'umanità intera, e scclgano opportunamente la miglior via per giungervi. Pregare perchè, al di là della violenza della guerra, Egli voglia preparare le con dizioni degli animi per una pace giusta e duratura, che sia davvero una utile e tranquilla convivenza dei popoli.
E intanto dobbiamo pregare Dio che sollevi e conforti tutti i sofferenti, e sostenga l'animo di tutti per la necessaria resistenza fino al momento della vittoria e della pace.
Sono, queste, le necessità pubbliche e private della Patria in armi. Esse devono essere l'oggetto dei propositi di tutti noi e delle cure dei governanti. Ma devono entrare anche nelle nostre preghiere, fervide, insistenti. Perchè sta scritto, ed è parola dello Spirito Santo: " Se il Signore non fabbrica la casa, invano si affaticano i fabbricanti. Se i] Signore non custodisce la città, invano veglia la guardia " (Salmo 126, 1).
Pregano così le nostre popolazioni? tutti coloro che veramente vogliono la salvezza della Patria nel duro cimento? Forse non come si dovrebbe. Ed è male. Trascurare la preghiera può essere indizio di poca fede e di indifferenza religiosa, e questa non è cosa fatta per attirarci le benedizioni divine.



LA PREGHiERA NON DEPRIME GLI ANIMI

Ad alcuni sembra che la preghiera non sia l'atteggiamento virile proporzionato al momento, cioè allo sforzo che la Nazione sta facendo per ottenere il raggiungimento dei suoi scopi. Pensano che la preghiera sia espressione di debolezza d'animo o che debba inclinare verso una specie di quietismo e di inerzia, come di chi non consideri suo compito l'agire, ma si voglia rifugiare nell'aiuto che ci dovrebbe venire dall'alto.
Non è così.
Certo, la preghiera fatta a Dio poggia sulla persuasione di una nostra debolezza ed insufficienza. Ma chi vorrà negare di sentirsi debole, o potrà escludere il timore che ci manchi qualche cosa nello sforzo immane che stiamo compiendo? Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti; abbiamo bisogno che non manchino i raccolti, che le stagioni siano favorevoli, che nessuno dei cittadini manchi al suo dovere: dalla mancanza di tutto questo potrebbe venire un danno gravissimo. Ed è per questo che noi ci rivolgiamo a Colui da cui tutto dipende, che ha in mano i tempi e le stagioni, che influisce sulle coscienze dei singoli, e gli chiediamo che benignamente ci conceda tutto quello che ci è necessario.
E non è neppur vero che la preghiera induca alla neghittosità, svalutando l'attività di ciascuno nell'aspettativa dell'intervento di Dio. La preghiera del cristiano non è fatta così. Quando il contadino recita ogni mattina il suo Pater noster, e rivolge a Dio la domanda " dacci oggi il nostro pane quotidiano ", non per questo smette il suo lavoro, ma anzi va più fidente al suo campo e lavora da mattina a sera e sparge volentieri il suo sudore, nella speranza che Dio benedica il suo lavoro e lo renda fecondo. Dio che ci invita a rivolgere a Lui la nostra preghiera filiale, è il medesimo che ci ha dato la mente e le braccia per pensare e lavorare, e mentre ci farebbe rimprovero del nostro tempo sciupato nell'ozio, interviene a benedire il nostro lavoro. E a noi il nostro stesso lavoro diventa più volonteroso e fidente, l'accettazione dei sacrifici e delle privazioni più facile e serena, quando sappiamo che al di sopra di noi c'è un Padre buono e potente, a cui ci siamo rivolti perchè benedica e potenzi noi, il nostro lavoro, le nostre sofferenze.
Preghiera dunque, assidua, costante, devota. Ecco un primo dovere, che sarà un prezioso elemento soprannaturale, cristiano, di quel fronte interno, che è necessario in questo momento di guerra, e guerra di proporzioni così vaste. La Chiesa ci mette sul labbro questa preghiera nella sua liturgia: " O Dio, che spezzi le guerre ed espugni colla potenza del tuo braccio quanti assalgono coloro che sperano in te, concedi il tuo aiuto a noi tuoi servi che imploriamo la tua misericordia, perchè, repressa la violenza dei nostri nemici, ti sciogliamo un inno incessante di lode. Per Gesù Cristo nostro Signore " (Messale Romano, Messa tempore belli). Ed ancora: "Onnipotente sempiterno Iddio, che reggi il corso dei cieli e della terra, accogli clemente le suppliche del tuo popolo, e concedi ai nostri giorni il beneficio della tua pace" (Messale Romano, Messa della Il Domenica dopo l'Epifania).


II

SECONDO DOVERE, LA PENITENZA

Dopo che alla preghiera, la nostra fede ci invita allo spirito di penitenza, in conseguenza di un'altra verità non meno fondamentale della prima.
Dio è il nostro creatore, che si prende cura di noi colla sua provvidenza paterna. Ma è anche il nostro legislatore. Egli ci ha dato la sua santa legge, e a questa legge noi dobbiamo la nostra ubbidienza. Ribellandoci, invece di meritare la sua benevolenza e i suoi benefici, ci meritiamo i suoi castighi. Il massimo castigo che Dio infligge per il peccato è l'eterna dannazione; ma non è detto che Dio non punisca anche in questa vita.
Figli carissimi, non avete mai pensato, sotto il peso di questa guerra gigantesca che comprende ormai buona parte del mondo, di vedere in essa il castigo di Dio per tanti peccati che si commettono in tutto il mondo? Apostasia di individui e di nazioni, che non vogliono riconoscere il dominio di Dio e cercano di sradicare l'idea stessa di Dio dalla mente dalla coscienza degli uomini. Ed anche tra i popoli cristiani, la bestemmia, la profanazione del giorno del Signore, la trascuranza dei doveri religiosi, il decadimento della famiglia - col disconoscimento dei suoi grandi doveri, la fedeltà degli sposi e la buona educazione dei figli -, la scostumatezza, colla ricerca sfrenata del piacere anche a costo di abbrutirsi, l'ingiustizia e la frode nei rapporti economici, l'abbandono della carità insegnataci da Cristo per dar luogo a odii ed inimicizie. Non vi pare che questa odiosa serie di peccati e di delitti rappresenti con troppa verità quella che è diventata la vita di tanti in ogni parte del mondo? e che anche le nostre popolazioni, per quanto in diversa misura, ne abbiano la loro parte?
Ed allora, se vogliamo che Dio ci guardi con benevolenza e ci protegga nel momento grave che attraversiamo, dobbiamo alla preghiera aggiungere la riparazione. Questa riparazione prende nel linguaggio cristiano un nome comprensivo, a noi noto per la predicazione che ne ha fatto Gesù Cristo nel Vangelo: penitenza.
La quale penitenza, come la intende il Vangelo, comprende tre cose. Primo il pentimento, che contenga la deplorazione sincera da parte della nostra coscienza di ogni disordine che torni di offesa a Dio. Poi l'espiazione, che ci faccia prendere le angustie e le tribolazioni della vita come una riparazione delle offese arrecate da noi e da altri alla legge di Dio. E finalmente il proposito di una vita migliore e più degna, nell'osservanza esatta della legge divina.
Il mondo non comprende questo linguaggio cristiano, che pure è così profondamente vero, alla luce di Dio e delle sue disposizioni. Ma pure noi sentiamo che i migliori per altra via se volete e per altri motivi, vengono sostanzialmente alle medesime conclusioni, ed affermano la necessità di una vita più austera, cioè più mortificata: perchè solo così, cioè abituandosi a rinunciare al soddisfacimento delle proprie voglie, i cittadini sapranno sopportare serenamente quelle privazioni e quei sacrifici che si rendono necessari perchè la Patria possa continuare nella sua resistenza.
S'aggiunga che l'austerità della vita prende in questo momento anche il significato di rispetto verso i nostri fratelli, che lontano di qui, al fronte di guerra, espongono ogni giorno la vita per la nostra difesa.
Vorremmo, figli dilettissimi, che tutti sentissero queste esigenze del momento, in nome della fede e della disciplina civile, e non si dovesse invece qualche volta deplorare il fatto di spettacoli indecenti, dove pur troppo accorre un pubblico immemore della sua dignità e della gravità del momento.

III

Preghiera, dunque, penitenza. Sarà questo il contributo specificamente cristiano che noi daremo allo sforzo che fa in questo momento la Patria, mentre nulla rifiuteremo di quei compiti di ordine materiale ed economico, che formano l'attuale disciplina civile della azione.
Ma dalla nostra fede religiosa noi attingiamo anche elementi preziosi per la ricostruzione del dopo-guerra, alla quale porteremo il nostro contributo spirituale, mentre siamo pronti a partecipare a tutta la impostazione tecnica e materiale che sarà data, e già fin d'ora si prepara, all'opera grandiosa.

UN SANO OTTIMISMO

1. Innanzi tutto, la nostra fede nella Provvidenza amorosa di Dio ci dà la possibilità di mantenersi in un sano e sereno ottimismo. Non nel senso che non ci dobbiamo aspettare momenti gravi e difficili, quando l'immane sforzo guerresco già porta a tutti difficoltà, e gravi difficoltà; ma nella fiducia cristiana, che la Provvidenza voglia continuare la benevolenza colla quale ha sempre favorito la Patria nostra, anche nei suoi momenti più gravi:
persuasi che essa vorrà, come suole, dalle vicende della guerra ricavare quello che potrà giovare al nostro bene futuro, dei singoli come della Nazione.
Questa fiducia avrà in noi tanto maggior fondamento, se ci sforzeremo di mantenere alla Patria nostra quella prerogativa che ha fatto la sua gloria migliore, cioè l'attaccamento alla fede cattolica e la moralità delle nostre masse. Pur troppo l'una e l'altra, la fede e la moralità, come abbiamo detto sopra, mostrano molte volte segni di decadenza. Deve essere nostro sacro impegno di arrestarla efficacemente. Ritorni la pratica della fede e della pietà cristiana, colla santificazione della festa, colla frequenza alla parola di Dio ed ai sacramenti. Ritorni in tutti il senso profondo della dignità della vita, improntata a quella purezza di costumi, che è uno dei tesori più preziosi portati all'umanità dal Cristianesimo, e rappresenta insieme la santità fisica e morale degli individui e dei popoli. Essa attirerà sul nostro popolo le benedizioni di Dio, mentre non potrà che avvantaggiare la prosperità della Nazione. Non è da generazioni infrollite dal vizio, che non sanno imporsi una rinuncia nella corsa del piacere, che si possono aspettare le popolazioni numerose e forti, e le aspirazioni verso gli ideali più nobili che costituiscono la vera civiltà e il progresso.


GIUSTIZIA E CARITA'

2. Dalla dottrina del Cristianesimo verranno le idee madri più feconde per una ricomposizione della umanità sconvolta.
Alla costituzione di un ordine nuovo che poggi, veramente su basi durature, feconde di concordia e di prosperità per tutti, dovrà presiedere un profondo senso di giustizia e di carità. Lo ha proclamato ripetutamente il Vicario di Cristo, il Santo Padre Pio XII nei suoi appelli al mondo intero, ed è nella coscienza di tutti. Giustizia, perchè ogni popolo abbia nel mondo il posto che gli spetta nella convivenza umana, in corrispondenza ai suoi diritti, in proporzione dei suoi bisogni e delle sue capacità. Carità, perchè a questa soave, e potente virtù, portata da Cristo al mondo, come un dono divino, spetterà il compito preziosissimo di attutire gli screzi, di colmare le distanze, e di spingere efficacemente gli animi, verso una mutua ed effettiva collaborazione.
Noi pregheremo l'Altissimo, nelle cui mani stanno i cuori degli uomini, perchè tutti coloro a cui spetterà il compito ponderoso della pace e della ricostruzione, possano effettivamente ispirarsi a questi principi supremi, e creare su queste basi quel nuovo ordine che è da tutti auspicato.
Ma queste grandi idee, giustizia e carità, imitazioni della giustizia e dell'amore con cui Dio governa le cose, devono radicarsi anche nelle menti delle masse popolari, di tutti i cittadini, perchè la vera pace ed armonia, oltre che fra i popoli, deve stabilirsi e mantenersi anche nell'interno delle nazioni, fra i cittadini e le classi sociali, animando nel loro spirito, che è lo spirito del Vangelo, le relazioni scambievoli e le istituzioni che le dirigono. Su queste basi sarà facile anche premunire le masse dalle false ideologie, che hanno sconvolto la società con tanto danno, dove le masse se ne son lasciate illudere.


LA FAMIGLIA CRISTIANA

3. Elemento prezioso per il buon ordine e la sanità morale della società, è la famiglia, e vogliamo dire la famiglia cristiana, come Dio l'ha voluta e Cristo santificata, fondandola su un sacramento da Lui istituito, e dotandola di leggi provvidenziali.
La famiglia è il semenzaio delle nuove generazioni, non solo perchè in essa sbocciano le nuove vite umane, ma anche perchè in essa questi esseri umani trovano l'efficace orientamento verso quella che sarà la loro vita, buona, onesta, utile alla società.
Per questo la famiglia deve essere mantenuta come Dio l'ha voluta, salda nella sua compagine, perchè fondata su un vincolo indissolubile, nutrita da un mutuo amore accompagnato dalla fedeltà, dalla stima e dal compatimento; e ferma anche nella sua funzione educativa, che si esplica attraverso la vigilanza, la correzione, il buon esempio, e tutti quei sussidi che alla sana educazione vengono dalla religione.
Il popolo italiano sente ancora, in generale, la dignità della famiglia. Possiamo dire con compiacenza che la sentono le nostre popolazioni bresciane. Ma non mancano però, purtroppo, deviazioni e trascuratezze nella funzione educativa.
L'ora grave che viviamo, mentre tanti padri e tanti sposi sono lontani dal focolare domestico a compiere il loro dovere verso la Patria in armi, esige più che mai che la famiglia conservi la sua dignità, come un nido di pace e di bene, dove i combattenti torneranno a riprendere il loro posto e a continuare la loro funzione nella società. Le provvidenze del Regime per i bisogni materiali delle famiglie meritano ogni lode. Ma queste provvidenze materiali non bastano se non vi si aggiunge il contributo morale della coscienza cristiana, che farà della famiglia un soave nido di virtù.

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Figli dilettissimi, ecco alcuni pensieri, fonti di buoni propositi, che vi abbiamo richiamato, perchè costituiscano, come dicevamo con linguaggio desunto dal tempo di guerra, il fronte interno dello spirito. Sono elementi di vita cristiana, necessari sempre ma specialmente nel tempo presente.
L'austerità della santa Quaresima, ormai imminente, formerà l'ambiente propizio per farli fruttare.
Al di là della Quaresima, vi auguriamo i santi gaudi Pasquali, nell'adempimento esatto, da parte di tutti, del precetto Pasquale, attorno all'altare di Cristo risorto, che vorrà risorgere in tutti i vostri cuori.
Il nostro pensiero non può in questo momento dimenticare i nostri cari soldati lontani per l'adempimento del loro dovere:
per essi sale in modo speciale al Cielo la nostra preghiera.
Vi benediciamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.

Brescia, 1 febbraio 1942.

 

 

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