Lettere pastorali di mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia dal 1934 al 1964

 

La Provvidenza (1941)

 

 

 

 

Vi rivolgo, o carissimi, anche quest'anno la mia parola in occasione della Santa Quaresima. E lo faccio tanto volentieri, perchè è l'esercizio di quell'insegnamento, che è tanta parte della missione del Vescovo, del nutrimento ch'egli, Pastore, deve dare al gregge affidatogli dal Pastore supremo, Cristo. Non vi dovete aspettare cose nuove, perchè il Vescovo non è posto qui per escogitare e insegnare dottrine sue, ma a ripetere gli insegnamenti che ci ha lasciato Lui, che è il vero, l'unico Maestro di verità nelle cose dello spirito: "Magister vester unus est, Christus" (Matt., XXIII, 10).
Vi parlerò di un argomento che è tanta parte della dottrina cristiana, ma al quale si pensa specialmente, come per un desiderio di conforto e di speranza, nei momenti gravi, quando il dolore viene a battere alla nostra porta, e la preoccupazione sembra invadere l'anima nostra per l'avvenire che si presenta oscuro. La luce e il conforto ci viene da Dio, che tutto dispone nella sua Provvidenza.
Ed appunto della Provvidenza vi voglio parlare, con semplicità, come ce ne ha parlato il Maestro Divino; come ce ne parla la Santa Chiesa, dalle profonde dottrine dei Santi Padri e dei teologi, alle semplici, e pur così vere ed esaurienti risposte del Catechismo. Proprio di lì, dalla grande verità della Divina Provvidenza, verrà in noi il conforto e la fiducia, che ci devono aiutare a compiere con forza il nostro dovere.

LA PROVVIDENZA

Che cosa è la Provvidenza?
E' il governo che Dio tiene ed esercita di tutte le cose.
Pensate voi un ingegnere che si metta a inventare e poi a costruire una macchina, senza curare con diligenza che sia fatta in modo che abbia a funzionare per lo scopo a cui deve servire?
Egli conosce bene le leggi della meccanica, e in base a quelle leggi ha disposto tutto un complesso di leve, di ruote, di ordigni d'ogni sorta, in modo tale che poi basta che alla sua macchina si applichi una corrente elettrica o un motore d'altro genere, perchè la macchina si metta in movimento e produca in quantità cose spesso ingegnosissime.
O potete voi pensare che un padre di famiglia, che si è fatta la sua famigliola e l'ha vista rallegrata da piccole creature che riproducono le sue sembianze e formano l'oggetto del suo amore paterno, non pensi al modo di mantenerla, cosicchè non manchi il necessario per la sua sposa e per i suoi figliuoli? Per questo si cerca un lavoro che gli dia un sufficiente guadagno, e coi risparmi si provvede un alloggio e mette qualche cosa in serbo per eventuali malattie. E non s'accontenta di provvedere alla sua famiglia l'alloggio e il sostentamento, ma pensa anche alla educazione dei figli, perchè crescano buoni e virtuosi e imparino quanto è necessario perchè a suo tempo possano bastare a se stessi, e magari progredire nella scienza e farsi una posizione nel mondo.
Quello che fa l'ingegnere per la sua macchina, il padre per la sua famiglia, fa Dio per tutto il mondo: ed in questo consiste la Provvidenza.
Dio è l'autore di tutte le cose. Egli ha dato loro la prima esistenza Egli poi le assiste perchè si perpetuino, dando luogo a tutta quella sterminata quantità di esseri che formano l'Universo. Egli le ha create, perchè manifestino la sua gloria, e le creature intelligenti che siamo noi, conoscendole, vedano nella bellczza e grandezza delle creature qualche cosa della bellezza e grandezza di Dio, e ne diano a Lui la lode.
Evidentemente, nella sua sapienza, Dio non poteva accontentarsi di dare l'esistenza ad un agglomerato qualunque di elementi, buttandoli là, per così dire, nello spazio, perchè vi giacessero inerti e disordinati. Egli volle che tutte le cose create fossero contenute in un grande, magnifico ordine; e che tutte insieme servissero all'uomo, la creatura prediletta, dotata di intelligenza e di volontà. Essa vi avrebbe trovato il necessario per vivere in modo conveniente e tendere al fine fissatole da Dio, cioè una vita degna ed onesta che rendesse a Dio l'omaggio di tutto il creato, in preparazione al conseguimento di un premio, che Dio gli ha preparato nella vita futura.
Come Dio mette in opera questo grandioso disegno?
Nulla è difficile alla sua sapienza e potenza infinita. Come l'ingegnere che ha costruito la macchina non ha bisogno di muoverne direttamente i singoli pezzi, perchè li ha disposti in modo che, sotto l'impulso della forza motrice, si trasmettono a vicenda il movimento e producano l'effetto previsto, così avviene, in proporzione immensamente più grande, nell'universo intero. Alle cose create Dio ha dato determinate qualità ed energie, ed a queste ha impresso determinate leggi. Dalle loro combinazioni viene il movimento di quella enorme macchina che è l'universo materiale.
La scienza a poco a poco ha saputo scoprire tante di queste meraviglie. Se vi capitasse di sentir parlare uno scienziato, che alla cognizione delle scoperte della scienza nel campo della natura aggiunga la fede in Dio autore della medesima, sentireste con commozione e riconoscenza cose mirabili intorno alla Provvidenza divina. Ma anche senza essere scienziati, tutti abbiamo davanti a noi uno spettacolo meraviglioso nella sua grandiosità e bellezza. Pensiamo al cielo stellato che brilla sul nostro capo in una notte serena, e ricordiamo che tutte quelle luci sono mondi sterminati che si muovono nello spazio immenso colla precisione di un orologio. Pensiamo al sole che ci manda torrenti di luce e di calore, in misura varia secondo le stagioni. Pensiamo al piccolo grano di frumento, che nascosto nel terreno, in virtù del sole, della pioggia, delle sostanze fertilizzanti che la terra contiene, si moltiplica ogni anno nelle spighe dorate. E riflettiamo che in questo modo ogni anno sotto i nostri occhi, e colla cooperazione della nostra intelligenza e del nostro lavoro, anch'essi doni di Dio, si moltiplica il pane che deve darci il sostentamento. Aggiungete tutti gli altri prodotti, che ci danno il vestito e il necessario per tanti altri nostri bisogni. Avremo visto così appena qualche cosa della Provvidenza divina; ma quanto basta per prorompere in un inno di lode e di riconoscenza verso Dio grande ed onnipotente, e per nutrire verso il Padre buono che ci provvede tutto questo la fiducia di figli affezionati.
A questa che è - la Provvidenza, diremo così, generale, colla quale Dio fornisce il necessario a tutti insieme, unite la Provvidenza particolare, colla quale Dio pensa a far in modo che a ciascuno giungano realmente i benefici ch'Egli ha disposto per i bisogni di tutti. Qui ognuno ha la sua storia. Dio provvede a ciascuno il necessario, dapprima per mezzo della famiglia a cui appartiene, poi per il suo stesso lavoro. E quando questi mezzi normali vengono a mancare, interviene l'aiuto degli altri, cioè l'assistenza pubblica o la carità privata.
Magnifica virtù questa della carità, ispirata e comandata da Dio, perchè sia la rappresentante diretta della sua Provvidenza, là dove non arrivano i mezzi normali di sussistenza. Egli ne fa a ognuno un dovere verso i bisogni dei propri simili; ma si riserva spesso di suscitare uomini straordinari, che della carità verso ogni forma di bisogno fanno la professione della propria vita, mentre Egli li assiste in ogni modo, fino al miracolo. Chi non riconosce l'intervento della Provvidenza attraverso la carità e la santità, nelle meraviglie operate da San Vincenzo de' Paoli, dal Cottolengo? da Don Orione?
Ecco la Provvidenza.

UNA PAGINA EVANGELICA

A parlarcene, con una eloquenza insieme semplice e sublime, fu lo stesso Maestro Divino, Gesù, in una pagina del Vangelo che non si legge senza commozione.
" Non vi prendete affanno per la vostra vita, di quel che mangerete e berrete, nè per il vostro corpo, di quello di cui vi vestirete. ...Osservate gli uccelli dell'aria, che non seminano, non mietono e non raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Ora, non siete voi molto più di essi? E perchè vi prendete pena del vestito? Considerate come crescono i gigli nel campo: essi non lavorano e non filano. Tuttavia vi dico che nemmeno Salomone, con tutto il suo splendore, fu mai vestito come uno di essi. Se dunque Dio riveste così l'erba del campo, che oggi è, e domani vien gettata nel fuoco, quanto più vestirà voi, gente di poca fede?
Non vogliate dunque angustiarvi dicendo: cosa mangeremo, o cosa berremo, o di che ci vestiremo? Sono i Gentili che cercano tali cose. Il Padre vostro sa che di tutte queste cose avete bisogno. Cercate dunque prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato per giunta " (Matt., VI, 25-33).

LA PROVVIDENZA E IL MONDO DELLO SPIRITO

Non avremmo una idea esatta e completa della Provvidenza, se ci limitassimo a quanto sopra abbiamo visto, cioè alla cura che Dio si prende di noi per procurarci il necessario per vivere.
L'uomo ha una vita superiore a quella del corpo: la vita dello spirito. Per essa, mentre l'intelligenza è capace di conoscere, la volontà è libera nelle due determinazioni. Bisognerà dire per questo che essa non rientri nelle disposizioni della Provvidenza divina?
No di certo. Anzi, l'ordine che Dio mette nelle azioni dell'essere ragionevole e libero ch'egli ha creato, forma tutto un altro aspetto, più alto, della sua Provvidenza.
Le leggi colle quali Dio dispone ed ordina tutte le cose materiali, o leggi fisiche, sono necessarie, ossia determinano il modo di agire di quelle creature, le quali ne seguono ciecamente gli impulsi, senza possibilità di eccezioni, a meno che Dio intervenga direttamente a sospenderle con un miracolo. Così nessuno penserà che, senza un miracolo, che Dio fa solo quando crede, per motivi altissimi, i pianeti e le altre stelle possono cambiare la direzione e la velocità del loro corso.
Per l'uomo non è così. La sua volontà è libera, perchè così l'ha voluta il Creatore: può quindi determinarsi a sua scelta in un senso piuttosto che in un altro, diventando egli stesso il padrone, e quindi anche il responsabile delle proprie azioni. Dio rispetta questa sua libertà, che ha creato così perchè proprio da essa vuole ottenere, in un modo più perfetto e più alto che non dalle creature materiali, una manifestazione della sua gloria. Ma non per questo l'uomo sfugge al suo governo ed alla sua Provvidenza. Egli ve lo fa rientrare per mezzo di un'altra legge, ben diversa dalle leggi fisiche, la legge morale. E' una legge scritta, come si suoi dire, nel cuore dell'uomo, che la ragione scopre; poi manifestata solennemente nella legge scritta data da Dio sul monte Sinai, e poi ancora compiuta e perfezionata da Cristo nel Vangelo. Sono dettami pieni di sapienza e di bontà veramente divina. Dio li propone alla creatura ragionevole. " Tu farai così e così. Amerai il Signore Dio tuo con tutte le tue forze, il prossimo come te stesso. Renderai a Dio l'onore che gli si deve, non offenderai il tuo prossimo nella vita, nell'onore, nelle cose sue. Dominerai le tue passioni, conservando la purezza del tuo spirito e del tuo corpo. E così via ".
Il comando di Dio costituisce un dovere, un legame altissimo, magnifico, che pone l'uomo di fronte ad una vita spiritualmente bella, degna di lui e di Dio che l'ha creato per il bene. Ma imponendogli questa legge, Dio non lo costringe. Gli lascia la sua libertà, perchè egli liberamente ubbidisca, rendendogli così un omaggio di un valore senza confronto maggiore che non la inconsapevole ubbidienza di tutto l'universo materiale.
E se l'uomo rifiuta questa ubbidienza? Egli lo può fare, e pur troppo molte volte lo fa. Forse per questo fallisce la Provvidenza divina? No. Dio permette il grave disordine; ma non gli manca modo di far rientrare nell'ordine la creatura libera. In due maniere. Innanzi tutto, con un complesso di magnifiche disposizioni, che sono costituite dalla grazia in tutte le sue molteplici e meravigliose manifestazioni. Colla grazia, Dio assiste intimamente la debolezza della nostra volontà, perchè sappia resistere alla tentazione, e le viene incontro dopo la caduta, perchè si risollevi e ripari, rimettendosi sulla via dell'osservanza della legge divina e della virtù. Tutta l'opera della Redenzione, colla Incarnazione del Figliuol di Dio, è ordinata a questo scopo. La riabilitazione di un'anima rende onore a Dio più di quanto l'abbia offeso la disobbedienza colpèvole. Ma poi, se il ribelle rifiuta la grazia e si ostina nel male, Dio ha preparato come riparazione dell'ordine sconvolto una sanzione terribile nell'altra vita che tutti ci attende: la dannazione eterna, che resterà segno della giustizia divina in coloro che non avranno seguito le vie della carità e della misericordia.
Dio ci risparmi il triste esperimento. Ma intanto, meditando l'opera della Redenzione, la vita e la morte del Salvatore, l'istituzione della Chiesa e dei Sacramenti, le vie luminose tracciate dai Santi e dai peccatori che si sono convertiti, ne abbiamo più del necessario, per veder le meraviglie della Provvidenza nella salvezza delle anime, non inferiori, anzi di gran lunga superiori a quelle che ci e dato di contemplare nelle grandezze del mondo fisico. E ciascuno di noi non ha forse, sotto questo riguardo, una sua storia particolare piena di meraviglie, che, nei momenti di riflessione, ci dovrebbero far cadere in ginocchio a lodare la grandezza, la sapienza, la bontà più che paterna di Dio?


LA PROVVIDENZA NELLA VITA DELLE NAZIONI

Ma non è ancora qui tutto il campo della Provvidenza divina. Gli uomini non vivono isolati. Essi formano nuclei stretti da vincoli di sangue, di interessi, di tradizioni: sono le famiglie e, più in grande, i popoli e le nazioni.
Anche le nazioni, come gli individui, hanno le loro vicende or tristi or liete, periodi di splendore e di oscurità, di prosperità e di decadenza. Ora, anche le vicende dei popoli e delle nazioni, come quelle degli individui, sottostanno ai governo della Provvidenza. Dio ha dato alle nazioni, attraverso la loro storia, doti caratteristiche, destinate, nei disegni della sua sapienza, ad esercitare una propria funzione nella grande famiglia dei popoli che è il mondo, non necessariamente in contrasto cogli altri popoli, ma in collaborazione con essi, perchè ne venga una civiltà veramente umana. E a questi popoli ha distribuito le ricchezze sparse sulla terra, non perchè gli uni se ne impadronissero privandone gli altri, ma invece se le distribuissero ragionevolmente scambiandosele, cosicchè tutti possano vivere di quello che Dio ha creato per tutti. E perchè ci possa essere questa armonia di popoli diversi per civiltà, indole, cultura, posizione geografica, ha stabilito una norma comune di diritto, il diritto naturale, al quale, sia pure attraverso alle proprie singole leggi, tutti si riferiscano come a fondamento, ed ha mandato per mezzo del Divin Redentore, un messaggio di amore e di pace.
Pur troppo, come i singoli uomini mancano molte volte alla legge che Dio loro ha dato, e Dio lo permette per non toglier loro il privilegio del libero arbitrio, così avviene che anche i popoli manchino alla legge di giustizia e di pace che è fatta per essi. E Dio permette che ne vengano inimicizie e violenze. La storia ne è piena. Ma la storia, a chi sa rivolgere indietro lo sguardo attraverso gli anni ed i secoli, fa vedere un disegno provvidenziale, come cioè, attraverso vicende varie e spesso crisi e violenze, si maturino le sorti dei popoli che hanno saputo meritarsi la protezione divina, facendosi strumenti di virtù e di civiltà.
Un fatto grandioso che risalta nella storia dei popoli, è la storia della Chiesa di Cristo, fondata per il bene spirituale di tutti. Spesso trascurata, osteggiata, perseguitata, molte volte è sembrato che stesse per perire, come superata dalle mutate condizioni della civiltà. Ma essa è sopravvissuta sempre, mostrando che Dio nella sua Provvidenza le ha affidato la funzione di essere un faro di luce e di bontà in mezzo ai popoli e alle nazioni; e spesso le ha dato l'incarico di conservare e ricomporre quanto di buono e di vitale rimaneva in mezzo alle lotte ed alle distruzioni dei popoli. E' una constatazione che la storia fa scrutando nel passato, per esempio attraverso alla caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche. Essa ci può riempire l'animo di speranza anche in mezzo alle vicende dei tempi nostri, quando in un prossimo avvenire, deposte le armi, bisognerà pure ristabilire un po' di bontà e di amore.
Come la Chiesa, così, in un altro ordine di cose, anche le singole nazioni hanno la loro storia, nella quale si manifesta l'opera della Provvidenza. L'uomo si agita e Dio lo conduce. La patria nostra, l'Italia, ha avuto anch'essa la sua missione fra i popoli, rimasta faro di civiltà, di cultura, di arte, a cui tutte le nazioni hanno attinto, anche attraverso le sue vicende non sempre liete. E possiamo dire che Dio ha mostrato molte volte per lei una vera predilezione, sia ponendo in essa la sede del suo Vicario ed il centro della sua Chiesa, sia conservandole l'unità religiosa, e risparmiandole molte volte sciagure e catastrofi. Mentre questo ricordo ci ispira un senso di fierezza e di riconoscenza verso l'Altissimo, esso ci permette di concepire una ferma speranza, che anche nelle competizioni presenti non le mancherà la protezione divina, e Dio le concederà la sua giusta e ragionevole sistemazione dopo la bufera.
Facciamo in modo di meritarci questa protezione, colla adesione franca alla fede cattolica, che come è stata ed è un dono di Dio, così forma la nostra gloria più bella e il fondamento più vero della nostra civiltà. A questa adesione uniremo la preghiera fidente, perchè Dio illumini la mente di coloro che hanno la responsabilità della direzione, e sostenga il braccio di coloro che combattono, ed una vita più pura ed onesta, memori dell'ammonimento dello Spirito Santo, che " il peccato fa infelici i popoli: Miseros facit populos peccatum " (Prov. XIV, 34).


OBBIEZIONI CONTRO LA PROVVIDENZA. IL DOLORE

Alla grande verità della Provvidenza divina si fanno delle obbiezioni. Sono nubi che sembrano nascondere la grandezza e la bontà dell'opera di Dio nel governo delle sue creature. Talvolta la nostra anima ne resta turbata, e sul labbro sembra spuntare il lamento, e forse la bestemmia. " Perchè Dio vuole, o permette?... Se fosse veramente buono...
Ma le difficoltà sfumano una volta che siano considerate al lume della fede, in una visione più ampia e più completa delle verità che essa ci insegna intorno alle nostre relazioni con Dio.
Non ci indugeremo sulle difficoltà che alcuno volesse affacciare contro la Provvidenza, perchè ha domandato l'uno o l'altro favore, solitamente materiale, e non l'ha ricevuto. Evidentemente, si sbaglia se si concepisce Dio come un fornitore obbligato dei nostri infiniti piccoli bisogni, che molte volte rappresentano più il nostro egoismo e i nostri capricci che una vera ragionevole necessità. Dio non ci lascia mancare il necessario, anche se questo necessario non è precisamente quello che pensavamo noi.
Le obbiezioni contro la Provvidenza vengono specialmente dalla esistenza del dolore e del male.
Perchè, si dice, Dio, che ha fatto la sua creatura prediletta oggetto di tanta sollecitudine paterna, permette nella vita il dolore che tanto ci fa soffrire?
Certo, in una concezione della vita intesa come un godimento dei sensi e dello spirito, nel soddisfacimento di tutti i nostri desideri, il dolore rappresenta un contrasto stridente. E noi siamo tentati di ribellarci.
La ragione umana, nelle sue migliori manifestazioni, come nel pensiero degli stoici, ha saputo dire belle cose per riconciliare l'uomo col dolore. La vera risposta ce la dà in modo esauriente la nostra fede.
In primo luogo, il dolore non è entrato nel piano primitivo della Provvidenza. Dio ha creato l'uomo in uno stato perfetto di felicità. Non la felicità completa, che Dio ci riservava come premio in Paradiso, dopo una vita buona di merito, ma pure una vera felicità. Nel paradiso terrestre dove Dio l'aveva posto, l'uomo avrebbe dovuto lavorare, ubbidire alla legge di Dio, e questa gli imponeva anche una mortificazione, cioè l'astinenza dal frutto proibito. Ma il dolore, come la morte, no. Tutte le creature erano perfettamente sottoposte all'uomo; egli ne poteva usare senza che gliene venisse alcun male. Il dolore è entrato nella vita dell'uomo col peccato, come uno dei castighi con cui Dio l'ha punito. Prima dunque di lamentarci quando il dolore ci fa soffrire, pensiamo che abbiamo offeso il Creatore, e che è una sua creatura che ci punisce. E se vediamo soffrire anche i santi e gli innocenti, ricordiamo che prima di essi altri hanno peccato, ed è per la loro ribellione, che Dio ha soppresso il privilegio ed ha permesso che dagli agenti naturali ne potesse venire, col dolore, l'attentato alla nostra incolumità.
Dio però non ha voluto sopprimere completamente la felicità. Egli ci permette di gustarne in certa misura anche qui: quante gioie ragionevoli ed oneste accompagnano I 'esercizIo virtuoso delle nostre attività sensibili e spirituali! Ma di più, ha conservato la perfetta, infinita felicità nell'altra vita, come premio se l'avremo ubbidito in questa. E ha disposto che il dolore sopportato bene quaggiù, con spirito di fede e con docilità alle disposizioni della Provvidenza, diventi fonte di espiazione e di merito per la gloria dell'al di là. E per mostrarci tutta la dignità del dolore cos7i inteso e farcelo amare, Dio ci ha voluto mostrare i dolori del suo Divin Figliuolo incarnato, dolori che ci hanno valso la Redenzione. Il cristiano che pensa alla felicità che gli è promessa in Paradiso, e ai dolori ed alla morte di Gesù Salvatore, si riconcilia coi suoi dolori, e non li trova più inconciliabili colla Provvidenza di Dio.

IL MALE NEL MONDO

Se il dolore turba la nostra sensibilità, vi è qualche cosa che sembra turbare più profondamente la nostra ragione: è l'esistenza del male nel mondo, s'intende, l'unico vero male, che è il peccato.
Il male è l'opposizione della creatura libera a Dio legislatore. E' il disordine nel piano della Provvidenza: disordine più grave che una immensa catastrofe che avvenisse a causa di un terremoto o di un vulcano, perchè quella catastrofe è l'effetto delle leggi fisiche, mentre il male è la ribellione della creatura alle leggi morali, che Dio ha posto al governo dell'uomo. Eppure il male c'è e quanto! Perchè Dio non lo impedisce?
Premettiamo che non tocca a noi chiedere a Dio conto delle sue disposizioni, che rimangono in sè giuste e sapienti, anche se noi colla nostra intelligenza limitata non ne vediamo l'intima ragione. Vi sono però alcuni punti che la fede ci insegna, e che bastano a rivendicare la sapienza e la santità della Provvidenza divina, anche di fronte alla permissione del male.
Innanzi tutto, sarebbe una falsità ed ingiustizia attribuire a Dio l'esistenza del male. No: Egli anzi ha fatto tutto quello che era moralmente necessario per impedirlo. Ci ha dato la sua legge che lo vieta nel modo più categorico, e alla nostra volontà non lascia mancare gli aiuti, perchè possa avere la forza di resistere alle sue attrattive. Ci lascia però la nostra libertà; e con questa noi pur troppo possiamo resistere alla legge ed agli aiuti di Dio. Egli, come sopra già abbiamo accennato, fa poi rientrare nell'ordine la volontà ribelle, o inducendola alla conversione, o se questa resiste agli inviti della sua misericordia, punendola severamente. Se per impedire il male avesse dovuto privarci della libertà, avrebbe così impedito tanti beni che da questa derivano, come tutti gli atti buoni e meritori, che non possono essere tali se non sono liberi, e che sono la più bella cosa di tutta la creazione.
Dio dunque non è causa del male, solo lo permette. Ma v'ha di più: Egli nella sua santità e sapienza ne sa ricavare il bene. Non è forse dal più gran delitto, l'uccisione e la morte del Figliuol di Dio incarnato, voluta dall'odio e dalla perfidia dei Giudei, che è venuta la Redenzione del mondo? E così dalle persecuzioni continuate attraverso i secoli contro la sua Chiesa, Dio ha disposto che ne venisse, oltre la gloria di tanti Martiri, una prova evidente della divinità della Chiesa stessa; come tanti peccati che si commettono sono l'occasione di infinite manifestazioni della misericordia di Dio, che va in cerca del peccatore, lo chiama e lo converte.
E' questo un pensiero che la Chiesa svolge nella liturgia del Sabato Santo, dove, richiamando la rovina prodotta dal peccato dei progenitori, innalza un inno di lode al Signore per il bene che ne ha ricavato colle meraviglie della Redenzione. Noi ci uniremo a questi sentimenti della Chiesa, e invece di scandalizzarci perchè Dio permette il male, penseremo che anche noi abbiamo avuto dei peccati da farci perdonare, e ringrazieremo Dio che ci ha usato e vuole usarci ancora misericordia.


DUE ALTRE PAGINE EVANGELICHE

Vi sono due pagine del Santo Vangelo, degne di essere aggiunte a quella che abbiamo citato sopra, e che rispondono magnificamente alle due obbiezioni contro la Provvidenza che abbiamo ora ricordato, dell'esistenza del male e del dolore. Sono due parabole.
La prima ci presenta un ricco epulone, pieno di ricchezze, di cui abusa per darsi al bel tempo; e di fronte a lui un povero mendicante, Lazzaro, " il quale pieno di piaghe giaceva alla porta del suo palazzo, bramoso di sfamarsi colle briciole che cadevano dalla mensa del ricco, ma nessuno gliene dava; e i cani andavano a leccargli le piaghe. Ora avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli Angeli nel seno di Abramo ". Così chiamavano gli Ebrei un luogo di riposo, dove dopo la morte i buoni aspettavano la venuta del Messia per essere ammessi alla vista di Dio. " Morì anche il ricco, e fu sepolto nell'inferno ". La parabola immagina che dal suo luogo di tormenti il ricco epulone preghi Abramo di mandargli Lazzaro a portargli il refrigerio di un po d'acqua. Ma gli vien risposto: "Ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro similmente del male. Adesso egli è consolato e tu sei tormentato" (Luca, XVI, 19-25).
Come è proprio vero che pensando alla vita futura scompare ogni apparenza di ingiustizia per l'esistenza del dolore e della sventura, che tante volte ci fa fremere!
L'altra, è la parabola della zizzania. Gesù parla di un uomo, "il quale seminò nel suo campo del buon seme. Ma mentre gli uomini dormivano, venne un suo nemico e seminò la zizzania in mezzo al grano. Cresciuta l'erba e venuta a frutto, comparve anche la zizzania. E i servi di quel padre di famiglia andati a lui gli dissero: Signore, non hai tu seminato il buon seme nel tuo campo? donde è venuta la zizzania? Ed egli rispose: "Un mio nemico ha fatto questo". I servi gli chiedono se dovessero andare subito a strappare la cattiva erba; ma egli risponde: "No, che forse cogliendo la zizzania non strappate con essa anche il grano. Lasciate che l'uno e l'altra crescano fino al tempo del raccolto; e allora dirò ai mietitori: Strappate prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla, poi radunate il grano nel mio granaio"" (Matt. XIII, 24-30).
Il significato della parabola è molto evidente: ma Gesù si incarica di darne la interpretazione ai discepoli. Il padrone è Dio che non semina che del buon grano, cioè non fa che del bene: la zizzania, cioè il male che si trova nel mondo, è opera del demonio, e di coloro che lo seguono. Dio lascia crescere il male, per non impedire insieme anche il bene. Ma verrà la fine del mondo. " Il Figliuol dell'uomo manderà i suoi angeli a togliere dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori di iniquità, e li getteranno nel fuoco. Allora i buoni splenderanno come il sole nel regno del Padre loro " (Ivi, 37-43).
Sarà il trionfo del bene, ed insieme la completa giustificazione della Provvidenza.

CONSEGUENZE

Ecco la dottrina della Provvidenza, come ce l'insegna la nostra Fede. Abbiamola sempre presente, soprattutto nei momenti oscuri: ci porterà luce e conforto.
Ma questa verità ci impone anche dei doveri.

1. Innanzi tutto, la dottrina della Provvidenza deve ispirarci un senso di ammirazione e di riconoscenza. Ammirazione per la grandezza della azione divina che comprende tutte le cose, e l'ordine magnifico dell'Universo. Riconoscenza, perchè in questo ordine ha dato una parte specialissima a noi uomini in generale, ed a ciascuno in particolare, preparandoci il necessario per la nostra vita fisica, morale, sociale, pur lasciandoci il merito di cooperare alle sue disposizioni, diventando, come cause seconde e sotto la sua guida e il suo aiuto, noi stessi artefici secondari del nostro benessere e della nostra salvezza.

2. In secondo luogo, una grande fiducia. Abbiamo sentito il Maestro divino ripeterci: " Non vogliate angustiarvi per il vostro avvenire " (Matt. VI, 25). E per animarci ad una grande fiducia, ci ha rappresentato Dio come un Padre che conosce i nostri bisogni, e ci ha invitato a rivolgere a lui la nostra preghiera, chiedendogli filialmente il pane di ogni giorno, il perdono delle nostre colpe, la liberazione da ogni male. Non seguiremo l'invito del Maestro, e pregheremo con fiducia. E pregando non commetteremo l'errore di chiedere soltanto il necessario per i bisogni della vita materiale, ma chiederemo prima a Dio l'aiuto per la vita tanto superiore dello spirito, e nei momenti di sconforto penseremo a quello che Dio ci promette in Paradiso.

3. La fiducia e la preghiera non dovranno limitarsi a quello che ci riguarda individualmente; la vorremo estendere anche ai bisogni dei nostri cari presenti e lontani, ed alle sorti della Patria nostra e del mondo intero. Fiducia che in un mondo pieno di egoismo e di violenza possa stabilirsi un ordine di pace fondata sulla giustizia, e in esso la Patria nostra possa avere quel posto che la Provvidenza stessa le ha assegnato in corrispondenza coi bisogni del suo popolo intelligente, laborioso, fecondo.

4. Mentre però tanto ci attenderemo dalla protezione divina, non faremo alla Provvidenza il torto di starcene fatalisticamente neghittosi ed inerti. Sarebbe una concezione falsa della Provvidenza. Se Dio, dando alle cose materiali leggi fisse, ha dato a noi intelligenza e volontà libera, è perchè ha voluto che anche queste collaborassero al disegno della sua Provvidenza. E noi dobbiamo usarne con tutto l'ingegno, senza lasciare inoperosa nessuna delle nostre attività, facendo anzi di esse strumenti vivi della Provvidenza, a utilità nostra e dei nostri simili. E se in tempi normali questa collaborazione vorrà essere un lavoro assiduo ed intelligente per aumentare la produzione di quelle cose che devono servire al bisogno di tutti, nel tempo presente, quando la Nazione si trova a dover fronteggiare una situazione difficile per la sua sicurezza ed il suo sviluppo, la collaborazione nostra dovrà comprendere anche una virile resistenza, pronta a sopportare tutti i sacrifici che le circostanze stesse ci impongono, senza scoraggiamenti o critiche, che potrebbero indebolire lo sforzo collettivo della Nazione.
La benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, sia con tutti noi, e ci accompagni nell'adempimento dei nostri doveri e nel raggiungimento dei nostri fini, nella vita presente e nella futura.

Brescia, 15 febbraio 1941.

 

 

 

torna alla pagina indice su Giacinto Tredici

 

Maurilio Lovatti indice generale degli scritti