Maurilio Lovatti
 Testimoni di libertà. Chiesa bresciana e Repubblica sociale italiana (1943-1945),
 Opera San Francesco di Sales, Brescia 2015, pag. 336, € 24

 

 

Corriere della Sera, edizione bresciana, 27novembre 2016, pag. 1

La scenescenza del clero

Preti, numeri al collasso 

di Massimo Tedeschi

 

 

 

Si può essere credenti o agnostici, cattolici o laici, ma la sorte del clero bresciano non è tema che possa lasciare indifferenti. Il prete (parroco o curato) è figura nodale e costitutiva delle comunità locali, dei nostri paesi, dei quartieri cittadini. Nel Novecento il sacerdote è entrato nella storia individuale e collettiva dei bresciani come guida, pastore, autorità morale, educatore, maestro, assistente sociale, mediatore familiare, leader politico. Libri di diversa natura, usciti di recente, hanno messo a fuoco alcuni di questi aspetti. «Testimoni di libertà» di Maurilio Lovatti ha gettato un fascio di luce su fulgide figure di sacerdoti impegnati nella Resistenza. Il romanzo di Aldo Ungari «Un cammino», velatamente ispirato alla figura di mons. Luigi Fossati, ha dato veste narrativa alla figura novecentesca del sacerdote-parroco. Anche don Giuseppe Fusari, nella sua sintetica «Storia di Brescia», ha laicamente evidenziato il ruolo di alcune figure di sacerdoti, giungendo però a parlare di «crollo del sistema cattolico» nella seconda metà del XX secolo.
Un crollo che si rispecchia anche nei numeri del clero di casa nostra. Basta confrontare gli annuari del 1976 e del 2016 della diocesi per avvertire i contorni drammatici e precipitosi di questa svolta: in quarant’anni i sacerdoti sono passati da 1.031 a 778 (- 24%), i seminaristi da 326 a 51 (- 84%), i sacerdoti neo-ordinati da 33 a 4 (-87%). Accanto ai numeri ci sono le percentuali che descrivono la rapida senescenza del clero diocesano: nel 1976 i preti con età inferiore al cinquant’anni erano il 53%, oggi sono il 23%. In compenso gli ultra 70enni, che quarant’anni fa erano il 10%, oggi sono il 36%. Crisi delle vocazioni, tagli numerici e invecchiamento non hanno risparmiato neppure gli ordini religiosi nelle cui fila i maschi sono diminuiti del 39% e le loro case del 25%, mentre le religiose hanno perso il 64% degli «organici» e il 66% delle case. Reggono, paradossalmente, le scelte esistenziali più impegnative: a Brescia ci sono ancora 97 suore di clausura in 7 monasteri. I numeri descrivono non solo gli effetti della crisi delle vocazioni (soprattutto femminili), della laicizzazione della società, della secolarizzazione del nostro tempo, ma prefigurano la marginalità numerica e la perdita di peso e ruolo sociale di figure che hanno improntato con il loro magistero una storia plurisecolare. Si può essere credenti o agnostici, ma non si può negare che il tramonto di questa élite in abito talare cambia non solo l’immagine, ma l’identità stessa di Brescia.

 

 

 

 

Maurilio Lovatti
 Testimoni di libertà. Chiesa bresciana e Repubblica sociale italiana (1943-1945),
 Opera San Francesco di Sales, Brescia 2015, pag. 336, € 24

 

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