Il testamento di Pio XII 

a cura di Maurilio Lovatti

 

 

 

Miserere mei Deus, secundum (magnam) misericordiam tuam.

 

Queste parole, che, conscio di esserne immeritevole ed impari pronunciai nel momento in cui diedi tremando la mia accettazione alla elezione a Sommo Pontefice, con tanto maggior fondamento le ripeto ora in cui la consapevolezza delle deficienze, delle manchevolezze, delle colpe commesse durante un cosi lungo Pontificato e in un 'epoca cosi grave ha reso più chiara alla mia mente la mia insufficienza e indegnità. Chiedo umilmente perdono a quanti ho potuto offendere, danneggiare con le parole e con le opere. Prego coloro, cui spetta, di non occuparsi né preoccuparsi per erigere qualsiasi monumento alla mia memoria, basta che i miei poveri resti mortali siano deposti semplicemente in luogo sacro, tanto più gradito, quanto più oscuro. Non mi occorre di raccomandare i suffragi per l'anima mia, so quanto numerosi sono quelli che le norme consuete della Sede Apostolica e la pietà dei fedeli offrono per ogni Papa defunto. Non ho nemmeno bisogno di lasciare un "testamento spirituale" come sogliono lodevolmente fare tanti zelanti Prelati, poiché i non pochi Atti e discorsi, da me per necessità di officio emanati o pronunziati, bastano a far conoscere, a chi per avventura lo desiderasse, il mio pensiero intorno alle varie questioni religiose o morali.

Ciò premesso, nomino mio erede universale la Santa Sede Apostolica da cui tanto ho avuto, come da Madre amatissima.


15 maggio 1956 

Pius PP. XII

 

 

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