La Crociata Italica di don Tullio Calcagno (gennaio 1844 - aprile 1845)

a cura di Maurilio Lovatti

 

Dio e Patria

articolo di fondo di don Tullio Calcagno (10 gennaio 1944)

 

 

Siamo cattolici apostolici romani, figli devoti e membri vivi, almeno d'abito e di proposito, dell'unica Santa Chiesa e tali intendiamo e speriamo di restare, con la grazia di Dio, fino alla tomba, nella eternità della Chiesa trionfante. Cattolici rispettosi della santa tradizione; ossequienti della sacra gerarchia; osservanti (pur con le nostre debolezze e peccati) della santa legge; professanti fermissimamente la fede cristiana cattolica fino alla condanna dell'ultima eresia, il modernismo, fino al dogma dell'infallibilità, non solo della Chiesa cattolica, come unica depositaria della divina rivelazione ma anche del Papa, quando, come Capo della Chiesa e legittimo interprete della Sacra Scrittura e tradizione, insegna "ex cathedra, in materia di fede e di costumi", come in un argomento apodittico e definitivo di verità. Cosicché, fin d'ora, a priori, condanniamo come la Chiesa condanna, ripudiamo come la Chiesa ripudia, ritrattiamo come vuole la Chiesa che si ritratti, e vogliamo che sia come non detto tutto quello che eventualmente avessimo a dire contro il dogma cattolico.
Siamo italiani al cento per cento, a nessuno secondi (diciamo a nessuno) nell'amore dell'Italia, perché subito dopo Dio e la sua Chiesa, dopo la sua verità e la sua giustizia, anzi per amore stesso di Dio e della sua Santa Religione, per il nostro cattolicesimo stesso, amiamo la patria nostra; sopra ogni altra cosa al mondo, più di noi stessi e della nostra vita...
Siamo repubblicani, perché riteniamo, con P. Lacordaire, che la repubblicana sia la forma di governo " più logica e più legittima ", ossia più conforme alla ragione ed al diritto comune. Siamo repubblicani perché riconosciamo che col duplice tradimento del re dell'8 settembre... il Regno d'Italia ha cessato d'esistere per tutti gli italiani e per tutti gli uomini onesti, e ad esso è succeduta, nel modo più legittimo, la RSI, sotto la guida di colui, che, fino alla vigilia della vergognosa catastrofe, era il Duce universalmente conosciuto da popoli e governanti, da Pontefici e Sovrani...
Siamo repubblicani, perché Dio ci comanda, per bocca di S. Paolo, di "obbedire ai nostri superiori". Siamo infine repubblicani perché crediamo che la salvezza, anzi la vittoria d'Italia, può venire e verrà soltanto dalla RSI e dal suo Capo e dal suo Governo, pur proveniente dal fascismo un po' a ragione, ma molto più a torto, malfamato, ripudiato e condannato.
Perché prima di tutto Mussolini e il fascismo non hanno fatto soltanto del cortigianismo monarchico e borghese, dell'indulgentismo, del gerarchismo, del paratismo, ma anche qualche altra cosa, come la Conciliazione, la restaurazione del Matrimonio cattolico, l'insegnamento cattolico nelle scuole, l'Ordinariato militare, la legislazione sociale, le bonifiche, le colonie marine, montane ed elioterapiche, le opere assistenziali popolari, villaggi e le case rurali e operaie, l'Impero, la guerra vittoriosa di Spagna, Monaco, l'Albania ed altre grandi opere di civiltà che non c'è bisogno di ricordare. Poi, ed ancor di più, perché la RSI "tiene fede alla parola data secondo la tradizione d'onore della nostra Nazione e continua la guerra" a fianco dei grandi, leali, generosi alleati liberamente scelti per una causa sacrosanta...
Questi in breve i nostri principi religiosi e politici. Fedeli ad essi ed al precetto di Cristo, diremo sempre quello che sentiamo di dover dire, senza equivoci, senza reticenze, senza veli di " carnale prudenza, sì sì, no no ". E ci studieremo di "insegnare", come il Divin Maestro, "la via di Dio nella verità, senza guardare in faccia alle persone" né di parte farisaica né di parte erodiana. "Tutto quello che udiamo nelle orecchie predicheremo di sui tetti", nella fiducia che tutti gli italiani, almeno i cattolici, che vogliono stare "dalla parte della verità, ascoltino la sua voce", anche se, priva di ogni autorità, ha solo il valore che ha, per quello che dice.
Giacché, anche se sacerdoti, in questo foglio, parliamo da semplici cittadini e da uomini privati; il che non vuoi dire, s'intende, che ciò che diciamo possa disdire alla dignità sacerdotale ed alla professione cattolica, che anzi è nostro fermissimo proposito di fare onore all'uno e all'altro sacro carattere.
I giudei a Cristo, Uomo-Dio, preferirebbero Barabba, assassino sedizioso e alla regalità del Cristo il dominio straniero, e gridano: non abbiamo altro re che Cesare.
Noi invece proclamiamo "non abbiamo altro re che Cristo", "Dio e Patria, Verità e Giustizia" è la nostra bandiera... All'armi Italiani: Dio lo vuole. L'Italia agli Italiani: a noi!

 

tratto da Annarosa Dordoni, Crociata Italica. Fascismo e religione nella repubblica di Salò (gennaio 1944 - aprile 1945), SugarCo, Milano 1976, pp. 23-24

 

 

 

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