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      Nel 1859 Darwin pubblica L'origine della specie.
      Per primo spiega il passaggio da specie a specie, e quindi la nascita di
      nuove specii,  non in termini
      lamarchiani (che diceva che la giraffa aveva il collo lungo perché gli si
      era allungato per lo sforzo di raggiungere le cime degli alberi, per
      mangiare le foglie). 
      Secondo Darwin l'evoluzione avviene come risultato di caso e
      necessità: nelle specie si hanno della mutazioni naturali casuali (piccoli errori
      nella riproduzione) e l'ambiente salva quelli adatti e elimina gli altri,
      principalmente attraverso la lotta per la vita. 
      Es: da una giraffa con il collo corto nascono 20 cuccioli con il collo
      corto e 1 con il collo lungo. Viene una siccità. Quelle con il collo
      corto muoiono, non c'è più erba a sufficienza, quella con il collo lungo sopravvive e trasmette questo
      carattere alla prole. 
      La lotta per la vita, cioè la competizione per acquisire risorse
      alimentari quando sono scarse, per Darwin è la forma principale di
      selezione dovuta all'ambiente, ma non l'unica. Esiste anche una selezione
      sessuale, i più forti e sani si riproducono di più; la predazione
      selettiva (le farfalle chiazzate si mimetizzano sulla corteccia degli
      alberi; in certe zone dell'Inghilterra, la forte industrializzazione con
      combustione enorme di carbone aveva annerito le cortecce; la varietà
      melanica, cioè nera, di farfalla chiazzata si mimetizzava meglio sugli
      alberi anneriti e così si è moltiplicata notevolmente, mentre nelle
      stesse zone quella chiazzata era mangiata dai predatori ed è molto
      diminuita di numero) ed altre forme di selezione dovute all'ambiente. 
      Per Darwin, la specie umana deriva dalle scimmie, forse dallo scimpanzé,
      perché alcune scimmie si abituarono alla posizione eretta, poi per
      selezione naturale (i bipedi sopravvivono più facilmente) e per selezione
      sessuale. 
       
      
      Obiezioni culturali e scientifiche: 
      · Viene messo da parte il finalismo perché tutto avviene per caso. Gli
      esseri viventi erano sempre stati considerati come prova della finalità
      presente nella natura (nella teologia ogni ente ha un fine ultimo
      intrinseco alla sua natura, perché creato da Dio). 
      · Viene ridimensionato il ruolo dell'uomo nel mondo. In quel periodo si
      credeva che il mondo fosse stato creato da Dio affinché l'uomo lo potesse
      utilizzare; con questa teoria l'uomo viene considerato una specie come la
      altre. 
      · Darwin non spiegò le cause di questi piccoli errori, mutazioni
      naturali. Solo oggi sappiamo, con lo studio del DNA, che sono dovuti a
      errori nella trascrizione del patrimonio genetico. Poiché la sequenza
      delle basi azotate che compone il DNA è composta da miliardi di unità,
      sui grandi numeri qualche errore nella copiatura è probabile. Se
      dovessimo copiare un romanzo di centinaia di pagine, è facile fare
      qualche errore di trascrizione 
      · Obiezioni epistemologica: viene mossa a Darwin l'accusa di non aver
      reso la teoria una teoria pienamente scientifica. Secondo Popper una
      teoria è scientifica quando un certo evento contrario può falsificarla.
      La fisica di Newton è scientifica. Se dico che tutti i corvi sono neri è
      una legge scientifica, perché nel momento in cui trovo un corvo non nero
      falsifico la teoria. Darwin dice semplicemente che sopravvive la specie
      che è adatta all'ambiente. Per falsificarla si dovrebbe trovare una
      specie che non è adatta all'ambiente, ma che sopravvive. Cosa che però
      non si può fare, perché Darwin non ha dato dei criteri per definire la
      specie adatta all'ambiente. E' la sopravvivenza di fatto di una specie che
      fa capire ai biologi che questa era adatta all'ambiente. La teoria di
      Darwin è come una tautologia, e quindi non può essere falsificata. Se
      nell'affermazione "sopravvive la specie adatta all'ambiente"
      sostituiamo alla locuzione "adatta all'ambiente" con "che
      sopravvive" (non possedendo una definizione indipendente di
      adattamento all'ambiente) otteniamo appunto una tautologia. Perciò la
      teoria dell'evoluzione non può essere sottoposta a severa verifica
      sperimentale. 
       
      · Darwinismo sociale: viene utilizzata la teoria dell'evoluzione
      per giustificare il colonialismo. Come la lotta per la vita, in un
      ambiente privo di risorse abbondanti, premia gli individui e le specie
      migliori, perché più adatte alla sopravvivenza, così nella lotta tra
      gli Stati, i più evoluti, sono destinati a sopravvivere e a trasmettere
      ai posteri la loro civiltà. Quindi è naturale che gli Stati più
      forti sfruttino gli Stati più deboli. Viene quindi spostata la teoria in
      ambito sociale, cosa che Darwin non voleva. 
      Il primo a utilizzare la teoria applicata alla
      società è HERBERT SPENCER, massimo rappresentante inglese del
      positivismo. 
      Spencer ha inglobato la teoria dell'evoluzione nella concezione di
      positivismo, creando il darwinismo sociale. Idea che ottiene grande
      successo, perché giustificava la legge del più forte. I più adatti alla
      sopravvivenza erano gli europei, che sono il popolo più civile ed
      evoluto. In questo modo viene giustificato il colonialismo: gli altri
      popoli si adeguano così a standard di vita migliori. Spencer ha fatto
      dell'evoluzione il concetto chiave del sistema filosofico. 
      È un filosofo che ha scritto tanto (pagava un segretario a cui dettare).
      La sua opera principale è I primi principi, in cui stabilisce i
      criteri generali del sistema e dà la definizione di evoluzione:
      "l'evoluzione è un'integrazione di materia e una concomitante
      dissipazione di movimento, durante la quale la materia passa da
      un'omogeneità indefinita e incoerente ad un'eterogeneità definita e
      coerente; e durante la quale il movimento conservato soggiace ad una
      trasformazione parallela". 
      
      L'evoluzione è un passaggio dal semplice al complesso e dall'omogeneo
      all'eterogeneo. 
      Dal punto di vista biologico: i primi batteri sono semplici e poco
      differenziati, il mammifero è complesso e c'è differenziazione tra gli
      organi. 
      
      Questa idea non è solo biologica, ma per Spencer, è applicabile in tutti
      i campi (cultura, arte, politica, religione). 
      Tutto è riconducibile alla legge dell'evoluzione. 
      Spencer è stato in assoluto il filosofo più letto, perché il suo
      sistema rispettava la visione dell'800 e perché rispetto al positivismo
      di  Comte e  Mill (atei) il suo era compatibile con la credenza in un Dio
      trascendente. Secondo Spencer esiste infatti l'inconoscibile, che
      è qualcosa che non verrà mai completamente eliminato. Per Spencer c'è
      sempre qualcosa di inverificabile, perché se l'uomo sapesse tutto non ci
      sarebbe neanche più progresso nel sapere. Quindi l'evoluzione del sapere
      umano, pur essendo continua, manterrà qualcosa di inconoscibile.  Qualche
      forma di avvicinamento all'inconoscibile è data dall'arte e dalla
      religione. 
      L'inconoscibile garantisce che fra scienza e religione non ci possa essere
      un contrasto,  perché hanno due oggetti diversi: la scienza il
      conoscibile, la religione l'inconoscibile. 
      La visione positivista di Spencer viene soprattutto accettata negli Stati
      Uniti. 
      Nel romanzo Martin Eden di London, il protagonista era prima povero, poi
      riesce a studiare e rimane affascinato dalla filosofia di Spencer, che
      aveva allora una notevole influenza sul grande pubblico. 
      In Italia non è tanto conosciuto, alcune opere non sono neanche state
      tradotte. 
      ETICA DI SPENCER 
      Bentham  (fondamentalmente illuminista) e  Mill (positivista) condividono una
      concezione etica chiamata utilitarismo, concezione secondo la quale
      un'azione umana è buona quando è utile per il benessere sociale, quando
      accresce il bene comune.  Il bene coincide con il socialmente utile. 
      Bentham aveva introdotto l'utilitarismo contro il liberismo (cioè la
      dottrina che sostiene che lo Stato non deve intervenire nell'economia):
      credeva che lo Stato dovesse intervenire per tutelare e proteggere i più
      deboli. 
      Se uno nega il liberismo, lo Stato deve fare leggi per correggere
      ispirandosi a un criterio di utilitarismo (aumento del bene comune). 
      Quando Spencer scrive i principi dell'etica sostiene che l'utilitarismo in
      astratto è il sistema migliore per un società evoluta. 
      Secondo Spencer l'evoluzione è graduale e solo ad uno stadio avanzato
      dell'evoluzione si può pensare che gli uomini convivano seguendo le
      regole dell'utilitarismo. Nella seconda metà dell'800 (quindi in una
      società poco evoluta) la società deve usare una morale relativa o
      provvisoria. 
      Es: la guerra, gli eserciti sono una cosa dannosa e inutile (consumano
      risorse, comportano spese molto alte) ma nella sua società, se
      l'Inghilterra non avesse un esercito verrebbe distrutta, oppure non
      potrebbe mantenere un impero coloniale, quindi è moralmente utile
      spendere per la guerra, nell'ambito della morale relativa. In una società
      evoluta i Paesi non avranno più eserciti. 
      Quindi l'utilitarismo sarà applicato in futuro ad una società evoluta.
      Si devono perciò porre delle regole della morale relativa. Le regole
      della morale relativa si stabiliscono adattando quelle della morale
      utilitaristica alle particolari condizioni di tempo e di luogo. 
      Critiche:  Henry Sidgwick, il più grande moralista inglese dell'ottocento,
      autore dei Metodi dell'etica, accusava la distinzione tra morale assoluta
      e relativa di essere ambigua e che il metodo di ricavare le norme della
      morale provvisoria da quelle della morale assoluta non funzionava. 
      ALTRI ESEMPI DI CONCEZIONI CHE SI ISPIRANO AL
      DARWINISMO 
      Oltre al darwinismo sociale, le idee di Darwin sono state usate per
      fondare numerose concezioni biologiche e filosofiche che talvolta
      arricchiscono la teoria  dell'evoluzione, ma spesso la stravolgono e
      falsano il pensiero di Darwin o lo applicano a campi di ricerca estranei
      alla biologia. 
      Il filosofo della scienza Karl Popper (1902-1994) ha elaborato una
      interessante teoria evoluzionistica della conoscenza, che studieremo il
      prossimo anno. 
      L'immunologo Gerald Endelman, grande scienziato e premio Nobel per
      la biologia, ha sostenuto il "darwinismo neurale" (1987)
      riferendosi al fatto che, nello sviluppo del cervello nel feto e nel
      neonato, i neuroni si formano non nel luogo in cui si collocheranno nel
      cervello, ma nel tubo neurale; poiché si formano molti più neuroni di
      quelli, pur numerosissimi (pari a 10 alla 11) che formano il nostro
      cervello, durante lo spostamento vi è una selezione e i neuroni che non
      raggiungono la loro posizione non sopravvivono. 
      Il filosofo contemporaneo Daniel Dennett, nel libro L'idea
      pericolosa di Darwin (1995) ha cercato di dimostrare, in modo in vero
      poco convincente, che i meccanismi dell'evoluzione darwiniana sono come un
      "acido" universale che corrode tutto ciò con cui viene a
      contatto e si moltiplica in tutti i campi, dalla biologia, alla cultura e
      alla società. 
      Si sono anche formate una psicologia darwinistica,
      una medicina darwinistica, una economia darwinistica, e così via...
      Teniamo però presente che per Darwin la selezione era un fatto puramente
      biologico. 
      L'ULTRADARWINISMO 
      Sotto questa voce possiamo raggruppare quelle teorie che si ispirano a
      Darwin, ma cercando di ridurre a pochi concetti base la concezione
      dell'evoluzione, spiegano la realtà in modo "ideologico",
      distorcendola in qualche modo. Tra gli esponenti dell'ultradarwinismo,
      oltre al filosofo contemporaneo Daniel Dennett, possiamo ricordare
      il sociobiologo Edward Wilson, e il biologo contemporaneo, Richard Dawkins,
      che è anche etologo e divulgatore scientifico, autore del famoso Il
      gene egoista (1976).  
      La convinzione di fondo degli ultradarvinisti è che  lo scopo della vita
      sia la riproduzione dei geni, rispetto alla quale gli organismi degli
      esseri viventi sono  meri strumenti. In particolare essi sostengono che la
      forma minima è il singolo gene. Il funzionamento dei geni può essere
      modificato da mutazioni casuali, ma l'esperienza di vita dei corpi in cui
      i geni abitano non influenza per nulla "l'informazione genetica"
      che trasmetteranno agli eredi. Il DNA è visto come informazione che passa
      alla proteine prodotte e poi alle cellule, ma in modo irreversibile (una
      volta che l'informazione contenuta nel DNA è passata alle proteine
      "non può più uscirne"). Inoltre sostengono che ogni aspetto
      del  fenotipo (del corpo del vivente che percepiamo) come forma, struttura,
      funzionamento è conseguenza solo del processo di adattamento, in quanto
      tutte le mutazioni non funzionali all'adattamento sono eliminate dalla
      selezione naturale. 
      Contro l'ultradarwinismo si può obiettare: 
      1) il singolo gene non è il solo livello al quale si attua la selezione.
      Vi è per esempio anche una selezione tra le cellule o tra le popolazioni.
      Inoltre la semplice mutazione genetica non si trasmette quasi mai
      immediatamente in una variazione corrispondente del fenotipo. Vi sono
      vincoli strutturali della crescita dell'organismo e vincoli di
      cooperazione tra le cellule che non consentono a tutte le variazioni
      genetiche di manifestarsi nell'organismo. Stephen Gould e Niles Eldrege
      hanno elaborato la teoria degli  equilibri punteggiati (1977) che rafforza
      questo tipo di critica all'ultradarwinismo. 
      2) La selezione naturale non è la sola causa del cambiamento evolutivo.
      Vi sono possono essere caratteri del fenotipo dovuti al caso, oppure
      conseguenza di altri vincoli. Per esempio, il fenicottero ha le zampe rosa
      e si potrebbe pensare che il colore sia stato selezionato perché volando
      al tramonto sia meno distinguibile e quindi esso sfugga meglio ai
      predatori. Invece le zampe dei fenicotteri sono sottili e si intravedono
      le vene, e le vene sono rosse perché il sangue contiene emoglobina che
      serve a trasportare l'ossigeno. Il colore rosso dell'emoglobina è casuale
      rispetto alla sua funzione. 
      3)  Non tutte le variazioni genetiche possono realizzarsi nel
      fenotipo, poiché vi sono dei vincoli dovuti alla morfogenesi, come ad
      esempio il rapporto tra peso e volume di un animale o di un organo o di
      una cellula. Il volume aumenta in proporzione al cubo del raggio, la
      superficie al quadrato. Tutti gli organismi devono avere scambi con
      l'esterno attraverso la superficie: per esempio quando il volume della
      cellula aumenta, è sempre più difficile espellere i rifiuti all'esterno.
      Per un organismo unicellulare la dimensione massima è prestabilita dalle
      leggi chimiche e fisiche. Vi sono altri limiti dovuti ai  tassi allometrici
      (esempio rapporti tra massa corporea e frequenza cardiaca, tra velocità
      di circolazione del sangue e crescita embrionale, ecc.). Il primo ha
      scoprire e sottolineare l'importanza di questi vincoli formali è stato
      Conrad Waddington (1968). 
      4) Gli organismi viventi non si limitano a subire passivamente la
      selezione naturale determinata dalle condizioni ambientali, ma hanno un
      ruolo attivo nel proprio destino e possono modificare parzialmente
      l'ambiente. Per esempio un organismo unicellulare si allontana nuotando da
      una zona scarsa di nutrimento alla ricerca di cibo. Popper parla di
      darwinismo attivo. Alcune idee di questo tipo furono anticipate dal
      filosofo Teilhard de Chardin (1881-1955). 
        
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