Paola Volonghi

 

 

 

appunti tratti dalle lezioni di filosofia del
 prof. Maurilio Lovatti 
(anno scolastico 2006-07)

 

La teoria dell'evoluzione

 

 

Nel 1859 Darwin pubblica L'origine della specie. Per primo spiega il passaggio da specie a specie, e quindi la nascita di nuove speci,  non in termini lamarchiani (che diceva che la giraffa aveva il collo lungo perché gli si era allungato per lo sforzo di raggiungere le cime degli alberi, per mangiare le foglie).
Secondo Darwin l'evoluzione avviene come risultato di caso e necessità: nelle specie si hanno della mutazioni naturali casuali (piccoli errori nella riproduzione) e l'ambiente salva quelli adatti e elimina gli altri, principalmente attraverso la lotta per la vita.
Es: da una giraffa con il collo corto nascono 20 cuccioli con il collo corto e 1 con il collo lungo. Viene una siccità. Quelle con il collo corto muoiono, non c'è più erba a sufficienza, quella con il collo lungo sopravvive e trasmette questo carattere alla prole.
La lotta per la vita, cioè la competizione per acquisire risorse alimentari quando sono scarse, per Darwin è la forma principale di selezione dovuta all'ambiente, ma non l'unica. Esiste anche una selezione sessuale, i più forti e sani si riproducono di più; la predazione selettiva (le farfalle chiazzate si mimetizzano sulla corteccia degli alberi; in certe zone dell'Inghilterra, la forte industrializzazione con combustione enorme di carbone aveva annerito le cortecce; la varietà melanica, cioè nera, di farfalla chiazzata si mimetizzava meglio sugli alberi anneriti e così si è moltiplicata notevolmente, mentre nelle stesse zone quella chiazzata era mangiata dai predatori ed è molto diminuita di numero) ed altre forme di selezione dovute all'ambiente.
Per Darwin, la specie umana deriva dalle scimmie, forse dallo scimpanzé, perché alcune scimmie si abituarono alla posizione eretta, poi per selezione naturale (i bipedi sopravvivono più facilmente) e per selezione sessuale.


Obiezioni culturali e scientifiche:
· Viene messo da parte il finalismo perché tutto avviene per caso. Gli esseri viventi erano sempre stati considerati come prova della finalità presente nella natura (nella teologia ogni ente ha un fine ultimo intrinseco alla sua natura, perché creato da Dio).
· Viene ridimensionato il ruolo dell'uomo nel mondo. In quel periodo si credeva che il mondo fosse stato creato da Dio affinché l'uomo lo potesse utilizzare; con questa teoria l'uomo viene considerato una specie come la altre.
· Darwin non spiegò le cause di questi piccoli errori, mutazioni naturali. Solo oggi sappiamo, con lo studio del DNA, che sono dovuti a errori nella trascrizione del patrimonio genetico. Poiché la sequenza delle basi azotate che compone il DNA è composta da miliardi di unità, sui grandi numeri qualche errore nella copiatura è probabile. Se dovessimo copiare un romanzo di centinaia di pagine, è facile fare qualche errore di trascrizione
· Obiezioni epistemologica: viene mossa a Darwin l'accusa di non aver reso la teoria una teoria pienamente scientifica. Secondo Popper una teoria è scientifica quando un certo evento contrario può falsificarla. La fisica di Newton è scientifica. Se dico che tutti i corvi sono neri è una legge scientifica, perché nel momento in cui trovo un corvo non nero falsifico la teoria. Darwin dice semplicemente che sopravvive la specie che è adatta all'ambiente. Per falsificarla si dovrebbe trovare una specie che non è adatta all'ambiente, ma che sopravvive. Cosa che però non si può fare, perché Darwin non ha dato dei criteri per definire la specie adatta all'ambiente. E' la sopravvivenza di fatto di una specie che fa capire ai biologi che questa era adatta all'ambiente. La teoria di Darwin è come una tautologia, e quindi non può essere falsificata. Se nell'affermazione "sopravvive la specie adatta all'ambiente" sostituiamo alla locuzione "adatta all'ambiente" con "che sopravvive" (non possedendo una definizione indipendente di adattamento all'ambiente) otteniamo appunto una tautologia. Perciò la teoria dell'evoluzione non può essere sottoposta a severa verifica sperimentale.

· Darwinismo sociale: viene utilizzata la teoria dell'evoluzione per giustificare il colonialismo. Come la lotta per la vita, in un ambiente privo di risorse abbondanti, premia gli individui e le specie migliori, perché più adatte alla sopravvivenza, così nella lotta tra gli Stati, i più evoluti, sono destinati a sopravvivere e a trasmettere ai posteri la loro civiltà. Quindi è naturale che gli Stati più forti sfruttino gli Stati più deboli. Viene quindi spostata la teoria in ambito sociale, cosa che Darwin non voleva.

Il primo a utilizzare la teoria applicata alla società è HERBERT SPENCER, massimo rappresentante inglese del positivismo.
Spencer ha inglobato la teoria dell'evoluzione nela concezione di positivismo, creando il darwinismo sociale. Idea che ottiene grande successo, perché giustificava la legge del più forte. I più adatti alla sopravvivenza erano gli europei, che sono il popolo più civile ed evoluto. In questo modo viene giustificato il colonialismo: gli altri popoli si adeguano così a standard di vita migliori. Spencer ha fatto dell'evoluzione il concetto chiave del sistema filosofico.
È un filosofo che ha scritto tanto (pagava un segretario a cui dettare). La sua opera principale è I primi principi, in cui stabilisce i criteri generali del sistema e dà la definizione di evoluzione: "l'evoluzione è un'integrazione di materia e una concomitante dissipazione di movimento, durante la quale la materia passa da un'omogeneità indefinita e incoerente ad un'eterogeneità definita e coerente; e durante la quale il movimento conservato soggiace ad una trasformazione parallela".
L'evoluzione è un passaggio dal semplice al complesso e dall'omogeneo all'eterogeneo.
Dal punto di vista biologico: i primi batteri sono semplici e poco differenziati, il mammifero è complesso e c'è differenziazione tra gli organi.
Questa idea non è solo biologica, ma per Spencer, è applicabile in tutti i campi (cultura, arte, politica, religione).
Tutto è riconducibile alla legge dell'evoluzione.
Spencer è stato in assoluto il filosofo più letto, perché il suo sistema rispettava la visione dell'800 e perché rispetto al positivismo di Comte e Mill (atei) il suo era compatibile con la credenza in un Dio trascendente. Secondo Spencer esiste infatti l'inconoscibile, cioè un qualcosa che non verrà mai completamente eliminato. Per Spencer c'è sempre qualcosa di inverificabile, perché se l'uomo sapesse tutto non ci sarebbe neanche più progresso nel sapere. Quindi l'evoluzione del sapere umano, pur essendo continua, manterrà qualcosa di inconoscibile. Qualche forma di avvicinamento all'inconoscibile è data dall'arte e dalla religione.
L'inconoscibile garantisce che fra scienza e religione non ci possa essere un contrasto, perché hanno due oggetti diversi: la scienza il conoscibile, la religione l'inconoscibile.
La visione positivista di Spencer viene soprattutto accettata negli Stati Uniti.
Nel romanzo Martin Eden di London, il protagonista era prima povero, poi riesce a studiare e rimane affascinato dalla filosofia di Spencer, che aveva allora una notevole influenza sul grande pubblico.
In Italia non è tanto conosciuto, alcune opere non sono neanche state tradotte.

ETICA DI SPENCER
Betham (fondamentalmente illuminista) e Mill (positivista) condividono una concezione etica chiamata utilitarismo, concezioni secondo la quale un'azione umana è buona quando è utile per il benessere sociale, quando accresce il bene comune. Il bene coincide con il socialmente utile.
Bentham aveva introdotto l'utilitarismo contro il liberismo (cioè la dottrina che sostiene che lo Stato non deve intervenire nell'economia): credeva che lo Stato dovesse intervenire per tutelare e proteggere i più deboli.
Se uno nega il liberismo lo Stato deve fare leggi per correggere ispirandosi a un criterio di utilitarismo (aumento del bene comune).
Quando Spencer scrive i principi dell'etica sostiene che l'utilitarismo in astratto è il sistema migliore per un società evoluta.
Secondo Spencer l'evoluzione è graduale e solo ad uno stadio avanzato dell'evoluzione si può pensare che gli uomini convivano seguendo le regole dell'utilitarismo. Nella seconda metà dell'800 (quindi in una società poco evoluta) la società deve usare una morale relativa o provvisoria.
Es: la guerra, gli eserciti sono una cosa dannosa e inutile (consumano risorse, comportano spese molto alte) ma nella sua società, se l'Inghilterra non avesse un esercito verrebbe distrutta, oppure non potrebbe mantenere un impero coloniale, quindi è moralmente utile spendere per la guerra, nell'ambito della morale relativa. In una società evoluta i Paesi non avranno più eserciti.
Quindi l'utilitarismo sarà applicato in futuro ad una società evoluta. Si devono perciò porre delle regole della morale relativa. Le regole della morale relativa si stabiliscono adattando quelle della morale utilitaristica alle particolari condizioni di tempo e di luogo.
Critiche: Henry Sidgwick, il più grande moralista inglese dell'ottocento, autore dei Metodi dell'etica, accusava la distinzione tra morale assoluta e relativa di essere ambigua e che il metodo di ricavare le norme della morale provvisoria da quelle della morale assoluta non funzionava.

ALTRI ESEMPI DI CONCEZIONI CHE SI ISPIRANO AL DARWINISMO
Oltre al darwinismo sociale, le idee di Darwin sono state usate per fondare numerose concezioni biologiche e filosofiche che talvolta arricchiscono la teoria  dell'evoluzione, ma spesso la stravolgono e falsano il pensiero di Darwin o lo applicano a campi di ricerca estranei alla biologia.
Il filosofo della scienza Karl Popper (1902-1994) ha elaborato una interessante teoria evoluzionistica della conoscenza, che studieremo il prossimo anno.
L'immunologo Gerald Endelman, grande scienziato e premio Nobel per la biologia, ha sostenuto il "darwinismo neurale" (1987) riferendosi al fatto che, nello sviluppo del cervello nel feto e nel neonato, i neuroni si formano non nel luogo in cui si collocheranno nel cervello, ma nel tubo neurale; poiché si formano molti più neuroni di quelli, pur numerosissimi (pari a 10 alla 11) che formano il nostro cervello, durante lo spostamento vi è una selezione e i neuroni che non raggiungono la loro posizione non sopravvivono.
Il filosofo contemporaneo Daniel Dennett, nel libro L'idea pericolosa di Darwin (1995) ha cercato di dimostrare, in modo in vero poco convincente, che i meccanismi dell'evoluzione darwiniana sono come un "acido" universale che corrode tutto ciò con cui viene a contatto e si moltiplica in tutti i campi, dalla biologia, alla cultura e alla società.

Si sono anche formate una psicologia darwinistica, una medicina darwinistica, una economia darwinistica, e così via... Teniamo però presente che per Darwin la selezione era un fatto puramente biologico.

L'ULTRADARWINISMO
Sotto questa voce possiamo raggruppare quelle teorie che si ispirano a Darwin, ma cercando di ridurre a pochi concetti base la concezione dell'evoluzione, spiegano la realtà in modo "ideologico", distorcendola in qualche modo. Tra gli esponenti dell'ultradarwinismo, oltre al filosofo contemporaneo Daniel Dennett, possiamo ricordare il sociobiologo Edward Wilson, e il biologo contemporaneo, Richard Dawkins, che è anche etologo e divulgatore scientifico, autore del famoso Il gene egoista (1976). 
La convinzione di fondo degli ultradarvinisti è che lo scopo della vita sia la riproduzione dei geni, rispetto alla quale gli organismi degli esseri viventi sono meri strumenti. In particolare essi sostengono che la forma minima è il singolo gene. Il funzionamento dei geni può essere modificato da mutazioni casuali, ma l'esperienza di vita dei corpi in cui i geni abitano non influenza per nulla "l'informazione genetica" che trasmetteranno agli eredi. Il DNA è visto come informazione che passa alla proteine prodotte e poi alle cellule, ma in modo irreversibile (una volta che l'informazione contenuta nel DNA è passata alle proteine "non può più uscirne"). Inoltre sostengono che ogni aspetto del fenotipo (del corpo del vivente che percepiamo) come forma, struttura, funzionamento è conseguenza solo del processo di adattamento, in quanto tutte le mutazioni non funzionali all'adattamento sono eliminate dalla selezione naturale.

Contro l'ultradarwinismo si può obiettare:
1) il singolo gene non è il solo livello al quale si attua la selezione. Vi è per esempio anche una selezione tra le cellule o tra le popolazioni. Inoltre la semplice mutazione genetica non si trasmette quasi mai immediatamente in una variazione corrispondente del fenotipo. Vi sono vincoli strutturali della crescita dell'organismo e vincoli di cooperazione tra le cellule che non consentono a tutte le variazioni genetiche di manifestarsi nell'organismo. Stephen Gould e Niles Eldrege hanno elaborato la teoria degli equilibri punteggiati (1977) che rafforza questo tipo di critica all'ultradarwinismo.
2) La selezione naturale non è la sola causa del cambiamento evolutivo. Vi sono possono essere caratteri del fenotipo dovuti al caso, oppure conseguenza di altri vincoli. Per esempio, il fenicottero ha le zampe rosa e si potrebbe pensare che il colore sia stato selezionato perché volando al tramonto sia meno distinguibile e quindi esso sfugga meglio ai predatori. Invece le zampe dei fenicotteri sono sottili e si intravedono le vene, e le vene sono rosse perché il sangue contiene emoglobina che serve a trasportare l'ossigeno. Il colore rosso dell'emoglobina è casuale rispetto alla sua funzione.
3)  Non tutte le variazioni genetiche possono realizzarsi nel fenotipo, poiché vi sono dei vincoli dovuti alla morfogenesi, come ad esempio il rapporto tra peso e volume di un animale o di un organo o di una cellula. Il volume aumenta in proporzione al cubo del raggio, la superficie al quadrato. Tutti gli organismi devono avere scambi con l'esterno attraverso la superficie: per esempio quando il volume della cellula aumenta, è sempre più difficile espellere i rifiuti all'esterno. Per un organismo unicellulare la dimensione massima è prestabilita dalle leggi chimiche e fisiche. Vi sono altri limiti dovuti ai tassi allometrici (esempio rapporti tra massa corporea e frequenza cardiaca, tra velocità di circolazione del sangue e crescita embrionale, ecc.). Il primo ha scoprire e sottolineare l'importanza di questi vincoli formali è stato Conrad Waddington (1968).
4) Gli organismi viventi non si limitano a subire passivamente la selezione naturale determinata dalle condizioni ambientali, ma hanno un ruolo attivo nel proprio destino e possono modificare parzialmente l'ambiente. Per esempio un organismo unicellulare si allontana nuotando da una zona scarsa di nutrimento alla ricerca di cibo. Popper parla di darwinismo attivo. Alcune idee di questo tipo furono anticipate dal filosofo Teilhard de Chardin (1881-1955).

 

 

 

N. B. Gli appunti sono stati presi durante le lezioni e non sono stati rivisti, ne integrati con le spiegazioni del manuale di filosofia in adozione

 

risorse internet su Spencer

le valutazioni della Chiesa cattolica sull'evoluzione

normalita e patologia

il concetto di malattia

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