Franco Manni

 

Laicità e religione in Piero Gobetti

 

Franco Angeli Editore, Milano 1986

 

 

 

 

 

Cosa mi attirò in primis di Piero Gobetti? … della sua “rivoluzione liberale” non il sostantivo ma l'aggettivo! Ero all'inizio degli Anni Ottanta e disgustato dal marxismo … da cui sono sempre stato immune ma che mi assediava sin da ragazzino in tutte le sue varianti e soprattutto quella italica sessantottina....

La parola “liberale” mia affascinava invece !

Mi affascinava anche che Piero fosse un Giovane che rimase Giovane per sempre...

 

Poi, nel mentre leggevo le sue opere, apprezzai queste cose di lui:

1) che aveva capito che il meglio che c'era in Italia era Benedetto Croce (altro che Gramsci! E invece la bibliografia italiana dopo la seconda guerra mondiale era tutta un gramsci /gobetti /gramsci/ gobetti/ gramsci/ gobetti... ahhh!;

2) che egli era una personalità di una intraprendenza vitale prodigiosa... il suo morire giovane non mi ha tolto questa opinione: che avendo lui un forte  Fuoco di autocritica e una forte sete di conoscenza, se fosse vissuto più a lungo, sarebbe stato una intelligenza superiore a tutte in Italia... forse anche a Benedetto Croce.

 

Affrontai la sua personalità con questa prospettiva: io ero un giovane uomo che viveva 60 anni dopo di lui, e avevo dalla mia la vittoria del Mondo Anglosassone nelle Vicende del Mondo, e avevo Freud e la psicanalisi, e Popper, e la teologia del Vaticano II, e la Linguistica Strutturale e la Antropologia Culturale... ed ero già profondo conoscitore dell'opera di Benedetto Croce e discepolo di Aristotele e della neotomista Sofia Vanni Rovighi …

Non ebbi alcuna soggezione verso Piero!... ero e mi sentivo “nano sulle spalle dei giganti”, per usare la bella espressione di Bertrando di Chartres.

 

E anche con questa prospettiva: vedevo in lui la continua lotta tra la Filosofia e Benedetto Croce da un parte, e  le tendenze viriloidi romanticoidi fascistoidi primo-novecentesche dall'altra!

Lui era un uomo già proteso verso Seconda Metà del secolo... ma morì giovane nella Prima!...

In questa prospettiva io mi identificavo in lui ... io aspiravo a una mia guarigione ideologica e psicanalitica per me stesso e vedevo in lui qualcosa di analogo a me... Quando nel mio libro più volte ripeto il paragrafo intitolato “metodi catartici”, voglio indicare proprio  questo : e cioè come sia la ragione teoretica degli studi sia la ragione pratica delle battaglie culturali e politiche servissero a lui (e a me) per combattere dei mali psicologici e morali a noi intimi...

 

Secondo me in questa Catarsi egli riuscì, come ho cercato di dimostrare nel mio libro!...

Passò da Gentile – che irretiva ii giovani della sua età - a Croce solo in un paio di anni; si districò subito dal giovanilismo fascista e divenne subito un grande antifascista; non cadde nella trappola antimodernista (ammirava Blondel) ; demitizzò il nazionalismo dei suoi tempi a cominciare dalla retorica risorgimentale; riuscì a vedere la grandezza di Aristotele; capì l'importanza della Europa; e non ebbe alcuna laus temporis acti anticapitalista...

 

In specifico (come approfondii anni dopo nel mio studio Piero Gobetti e la Filosofia) egli era portato alla Filosofia... ma non ebbe il  tempo per approfondirla... Ingatti, prima della sua morte 25enne, aveva dovuto fare il liceo classico di una volta, il servizio militare di una volta, e la laurea in giurisprudenza di una volta e … dirigere due riviste, e fondare e promuovere aziendalmente una casa editrice, e sposarsi e avere un figlio, e viaggiare qua e là  e conoscere tante persone,  e intessere lunghi epistolari e scrivere e organizzare per una vigorosa militanza antifascista... dormiva poco viveva tanto... il suo Fuoco arse forte e poi presto si estinse...

 

Nel mio lavoro diedi tre contributi originali: 1) i rapporti di Gobetti col mondo cattolico; 2) l'analisi psicanalitica della  sua personalità; 3) l'analisi linguistica dei suoi testi.

Il primo punto colpì favorevolmente gli studiosi più tradizionali (consapevoli che il mondo cattolico non era stato approfondito nella letteratura gobettiana) , gli altri due quelli più innovativi (consapevoli che questi metodi di uso  venivano usati per romanzieri e artisti ma non per personalità “politiche” come Gobetti).

 

Sono grato in primo luogo a monsignor Antonio Landi per avere potuto scrivere questo libro che è stata la mia tesi di laurea all'università di Pisa : questo mio amico e benefattore morì nel 1985 di cancro, ma nel 1981-1983 fu lui soprattutto che mi indirizzò a fare una tesi di argomento circoscritto e non come io pazzamente  avevo immaginato una assurda sparata alla “brevi cenni sull'universo” , e poi controllava quasi giorno per giorno i miei progressi nella raccolta del materiale e nella stesura dei capitoli... e mi incoraggiava e sosteneva in varie forme umane molto concrete.

Poi sono grato a Carla Gobetti e al Centro  Studi Piero Gobetti di Torino che mi hanno accolto per la ricerca del materiale e sono stati gentili ed amichevoli e poi hanno pubblicato il libro presso l'editore Franco Angeli.... e a Norberto Bobbio che leggeva i capitoli e mi dava qua e là qualche consiglio ma soprattutto mi incoraggiava... e poi scrisse la Introduzione... e al mio relatore Franco Sbarberi che mi presentò a Bobbio e anche lui mi consigliò per la redazione … e al correlatore Claudio Pavone che mi ebbe in simpatia e e mi indicò alcuni autori e letture da accostare...
E sono grato al mio amico Antonio Cannistrà che allora lavorava a Torino all'Einaudi e mi ospitava a casa sua ed era la parte umana affettiva pratica di questi miei soggiorni torinesi... e alla  Scuola Normale Superiore dove abitavo a Pisa e che mi fornì tranquillità e sicurezza logistica e un grande servizio bibliotecario per allora di livello avanzato... e a mio zio Claudio Ferrari che pagò una sua impiegata della Foster Wheeler per ricopiare il mio dattiloscritto cartaceo in testo digitale come richiestomi dall'editore...

E grato anche a  Nicola Tranfaglia che scrisse una efficace recensione del mio libro (la metto qui alla fine, apparve su “La Repubblica” del 9 ottobre 1986) che servì bene a promuoverne la conoscenza e la vendita delle due edizioni presto esaurite.

 
 

 

 

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