Franco Manni e Simone Bonechi

 

 

La complessità dell’atteggiamento di Tolkien verso la Seconda Guerra Mondiale


 

 

 

 

Introduzione

 

“In its capacity to warn about such extremes, fantastic fiction has the edge over what is called realism. ‘Realism’ has a knee-jerk tendency to avoid extremes as implausible, but ‘Fantasy’ actively embraces them” : così John Garth[1], che osserva come, se non ci fossero state le guerre mondiali noi oggi vedremmo JRRT solo come un epigono di William Morris : “Middle-Earth looks so engagingly familiar to us, and speaks to us eloquently, because it was born with the modern world and marked by the same terrible birth pangs”.[2]

La Foreword a The Lord of the Rings (LothR) del 1966 è – anche - un concentrato di affermazioni in cui Tolkien (JRRT) – più o meno consapevolmente – altera il reale corso delle cose. Per es. egli  cominciò a scrivere LothR il 16 Dicembre del 1937 e non nel 1936 ; né si fermò alla fine del 1940 presso la tomba di Balin, ma alla fine del 1939[3]. Egli ammette che la Seconda Guerra Mondiale (WWII) ritardò la scrittura del libro, ma nega che il libro faccia riferimento ad essa. Lo nega dicendo due  banali verità (e cioè che il libro non è una allegoria one-to-one, e che in generale un autore non può rimanere insensibile alla propria esperienza) e dicendo la non banale bugia che poco o nulla del libro è stato modificato dalla WWII. JRRT inoltre vuole suggerire che se una guerra ha influenzato il LothR , questa non è stata la WWII ma la Prima Guerra (WWI) .But, I would note and suggest here, se è vero che  il capitolo cruciale “The Shadow of the Past” è stato scritto prima dello scoppio della guerra, non è affatto vero che i presagi della guerra cominciassero nel 1939 (come JRRT vuole suggerire).

Questi problemi (e la natura stessa di “excusatio non petita” della intera  Foreword) nascono da almeno due cause : la prima è il coacervo di peculiarità ideologiche e psicologiche di JRRT – di cui più sotto diremo qualcosa - che rendevano difficile per lui parlare degli avvenimenti della WWII (come, dopo tanti anni, lo è ancora per noi : fascismo, comunismo, USA sono argomenti ancora scottanti, mentre non lo sono l’Impero Austro-Ungarico, lo Zar e il Kaiser) ; la seconda è che la critica letteraria e l’opinione pubblica di allora tendevano molto più che oggi a credere che le opere di genere fantastico fossero “allegorie one-to-one” e allora Tolkien, escludendo che LothR sia una allegoria arriva a suggerire, per reazione, che esso non sia ispirato dai grandi e drammatici fatti reali. È vero che LothR ha, come egli scrive , un valore “morale” (e non è un’analisi storico-politica), ma è anche vero che qualsiasi “valore morale” non nasce dal niente, ma bensì dalla realtà storica  in cui vive uno scrittore, realtà di cui la WWII è stata una componente molto importante.

La critica tolkieniana, sia per esagerato rispetto delle affermazioni di JRRT sia per una personale tendenza dei critici stessi a condividerne le ideologie (o pregiudizi), si è spesso allontanata dall’esame del rapporto tra i fatti storici rilevanti durante la vita di JRRT e le sue opere di fiction, quasi che questo esame – che pure dalla critica letteraria viene normalmente fatto per Omero, Dante, Shakespeare o Dickens -  fosse irrispettoso farlo per JRRT, e si è concentrata invece (spesso con egregi risultati) sulle fonti letterarie, religiose e filosofiche. Ancora nei Proceedings della Centenary Conference di Oxford del 1992 solo il saggio di Tom Shippey (Tolkien as a Post-War Writer) affrontava questo argomento. Oggi le cose stanno mutando[4], ma ancora bisognerebbe consigliare a molti tolkieniani un atteggiamento più calmo, distaccato ed aperto.

 

 

Tolkien e la guerra  

                  La guerra è una elemento costante nelle opere di J.R.R. Tolkien: senza contare le due principali, il cui tono epico richiede, per così dire, la rappresentazione del confronto tra Bene e Male come uno scontro tra popoli ed eserciti opposti o la lotta di individui contro i mostri e l’avverso destino,  anche in una favola più convenzionale come Lo Hobbit il punto culminante è costituito dalla lunga ed eccitante (pur se indiretta) descrizione della Battaglia dei Cinque Eserciti.

                  Nonostante la sua importanza centrale, tuttavia, il tema della guerra è stato raramente esaminato in dettaglio dai critici di Tolkien, oltre il generico ed immediato richiamo al simbolismo della lotta tra Luce e Tenebre. I critici si sono generalmente limitati a sottolineare che Tolkien, sebbene odiasse la brutale distruttività e il futile orrore della guerra, non era un pacifista, ritenendo che vi fossero guerre che dovevano essere combattute, in difesa di una buona causa.

                  Scarsa attenzione è stata data anche allo studio della rappresentazione dei conflitti ne Il Silmarillion e Il Signore degli Anelli, così da poter valutare se le eventuali differenze tra le due opere possano essere dovute a un mutamento nell’atteggiamento di Tolkien riguardo al significato simbolico e storico della guerra, e da poter capire (dovessero queste differenze risultare sostanziali) quanto l’esperienza dei due conflitti mondiali che furono combattuti durante il più prolifico periodo della sua vita letteraria abbiano influenzato i suoi scritti sotto questo aspetto.

                  Nel presente lavoro cercheremo di mostrare che tali differenze di punto di vista e di rappresentazione si possano trovare tra le guerre degli Elfi, Uomini e Valar della Prima Era e la grande Guerra dell’Anello alla fine della Terza Era e che effettivamente esse riflettono uno sviluppo del pensiero di Tolkien direttamente collegato agli anni della Seconda Guerra Mondiale.

                  Quando Tolkien scrisse La Caduta di Gondolin, la prima delle storie che formeranno un giorno Il Silmarillion, si stava combattendo la battaglia della Somme e Tolkien stesso era stato testimone di una delle sue fasi più intense. È, pertanto, forse comprensibile che la sua prima storia racconti le vicende di un aspro conflitto, che questa e le altre narrazioni e poemi che vennero riunite nella vasta collezione inizialmente delineata nello “Sketch of the Mythology” (1930) descrivano la lotta, apparentemente senza speranza, di Elfi e Uomini, simboli di ciò che è onorevole, nobile e bello nell’umanità, contro le soverchianti armate del tiranno Melko, signore di schiavi e macchine.

                  Che significato dobbiamo dare a tutto questo? Dopo il 1918, i soldati inglesi che tornavano a casa dai vari fronti cominciarono a raccontare le loro esperienze secondo i canoni letterari del Modernismo e attraverso i memoriali, in termini di disillusione e amara rabbia contro “le vuote declamazioni e le bugie” del periodo bellico e di quello immediatamente precedente. In questo contesto, qual è il senso di un epica come quella di Tolkien? Stava egli cercando di illudere i suoi lettori (e se stesso prima ancora) che nulla era cambiato dal 1914 o stava forse cercando ansiosamente una via per sfuggire alla shock da lui stesso subito, creando un Mondo Secondario quale “terapia per una mente ferita dalla guerra”?[5]

                  Le cose non sono così semplici. Lungi dal fuggire o ignorare deliberatamente le conseguenze morali e culturali della Grande Guerra per rifugiarsi in universi alternativi, sappiamo che Tolkien usava “nascondere le proprie conoscenze e riflessioni critiche sulla vita sotto una veste mitologica e leggendaria.”[6] Identificandosi totalmente con i valori pre-modernisti sia in letteratura che in filosofia, con le tradizioni minacciate dalla nuova cultura che stava emergendo nel dopoguerra, egli intendeva donare loro nuovo vigore per affrontare le sfide del futuro. L’interazione fra le sue inclinazioni personali e lo straniamento culturale della sua epoca fece sì che egli esprimesse le sue ansie attraverso il genere epico/fantastico. È lo stesso Tolkien a dircelo, nelle sue lettere al figlio Christopher, scritte mentre infuriava un’altra guerra, ancora più distruttiva della prima.[7]

 

“Vittorie inutili”: la Prima Guerra Mondiale e Il Silmarillion

                  Se, partendo da queste premesse, focalizziamo l’attenzione sul contesto nel quale sono collocate le Guerre dei Gioielli, in modo da individuarne le caratteristiche peculiari, ci troviamo di fronte ad uno scenario nel quale il tema della guerra viene articolandosi come una critica dell’uomo in generale e del mondo del primo quarto del ventesimo secolo in particolare.

                  La creazione delle prime armi da guerra da parte dei Noldor è il diretto risultato delle menzogne e degli inganni seminati tra loro da Melkor/Morgoth a Valinor,[8] e delle visioni che ad essi si prospettano degli “immensi reami che avrebbero potuto governare a loro piacimento, potenti e liberi, all’Est”, se i Valar non li avessero tenuti “prigionieri”, cosicché la più debole razza degli Uomini “potesse venire e soppiantarli nei regni della Terra di Mezzo.”[9] In risposta a queste insinuazione e a all’orgoglio e gelosia di Fëanor, i Noldor si ribellano, fuggono da Valinor e, avendo ucciso membri della loro stessa razza ad Alqualondë, vengono maledetti e condannati a patire sofferenze e tradimenti, a vedere i propri sforzi finire nel nulla e a morire senza speranza. Per la guerra che avevano portato nel Reame Benedetto avrebbero pagato vivendo in un continuo stato di guerra. Quest’ultima, dunque, piuttosto che il semplice omicidio, viene qui scelto per rappresentare il Peccato Originale che li danna definitivamente.

                  I Noldor raggiungono la Terra di Mezzo e vi stabiliscono molti reami, ma sono divisi fra loro e guardati con diffidenza dagli Elfi Sindar e dai Nani, loro alleati contro Morgoth. Stringono rapporti di amicizia con una parte della nuova razza degli Uomini, ma molti altri di questi si uniscono a Morgoth e combattono aspramente contro di loro. Come profetizzato, tutte le loro vittorie non fanno che condurli a maggiori sofferenze e alla fine tutti i loro territori sono devastati. E anche se Morgoth è infine sconfitto dall’intervento diretto dei Valar, la causa che i Noldor avevano fatto propria è perduta, il loro orgoglio è umiliato, il “potere e la libertà” che erano venuti a conquistare si rivelano essere mere illusioni.

                  Molti sono i punti di contatto tra questa storia e lo scenario politico e culturale mondiale del primi anni del ventesimo secolo. I Noldor determinati a conquistare “possenti reami” da governare “potenti e liberi all’Est” fanno subito pensare alle potenze coloniali europee ed americane, che nel 1914 avevano esteso il “governo dell’uomo bianco” sui popoli dell’Est e Sud del mondo, in una corsa al potere e al predominio che avrebbe in breve portato allo scoppio della Grande Guerra. Confrontate tutto ciò con le motivazioni di potenti signori elfici come Fingon o la stessa Galadriel, che si entusiasma alle parole di Fëanor, “perché bramava vedere quelle ampie terre non vigilate e avere quivi un dominio proprio.”[10] E, ancora nel Silmarillion vediamo anche i Númenoreani installarsi nelle terre ad Oriente di Númenor, più come “signori, padroni, esattori di tributi, che non ausiliari e maestri.”

                  Non è solo l’arroganza colonialista che Tolkien critica qui:  mostrando il lato malvagio di questi discorsi esaltanti, tutti “libertà e un posto al sole”, egli rigetta l’entusiasmo revanscista e ultranazionalista che aveva preso piede in Occidente sin dall’ultimo quarto del diciannovesimo secolo, ed era stato celebrato in Inghilterra da Rudyard Kipling, in poesie come Il Fardello dell’Uomo Bianco (1899) e in racconti come L’uomo che volle farsi re (1888).[11]

                  Le divisioni tra gli Elfi ed i loro alleati riecheggiano quelle tra le potenze dell’Intesa (ognuna concentrata nel perseguimento dei propri obiettivi nazionalistici) e sono un modo di rappresentare la difficoltà di scegliere la “parte giusta” in una contesa nella quale entrambe le parti in causa appaiono impegnate nella medesima lotta per la supremazia.

                  Questa rappresentazione dell’Europa pre-bellica come caratterizzata da una diffusa corruzione morale viene rafforzata se teniamo conto dell’ottica radicalmente negativa con la quale Tolkien guardava all’industrialismo e alla meccanizzazione della guerra, una “colpa” della quale nessuno dei belligeranti poteva dirsi innocente. La forgiatura delle prime armi da parte dei Noldor e la creazione da parte di Morgoth di mostri meccanici descritti nella prima versione della Caduta di Gondolin sono la rappresentazione epica del desiderio egoistico dell’uomo di dominare la natura e piegare alla propria la volontà altrui, un desiderio intrinsecamente malvagio e auto-distruttivo.[12]

                  Eventi e caratteristiche del conflitto stesso, inoltre, trovano una corrispondenza stretta nella descrizione che Tolkien fa delle vicende delle Guerre dei Gioielli. Le prime tre Battaglie del Beleriand, durante le quali gli attacchi di Morgoth sono sconfitti e respinti dai Sindar (la Prima) e dai Noldor (la Seconda e la Terza), sembrano rispecchiare l’andamento delle offensive tedesche del 1914, fermate dagli Alleati alla Marna, sull’Yser e ad Ypres. Questi scacchi portarono alla stabilizzazione del fronte occidentale e avviarono il lungo stallo della guerra di trincea, che doveva durare per i successivi quattro anni; allo stesso modo alla Terza Battaglia del Beleriand (Dagor Aglareb) segue il lungo Assedio di Angband, “che durò quasi quattrocento anni del Sole.”

                  Alcune delle sanguinose battaglie del 1916 e, specialmente, la prima apparizione dei carri armati riecheggiano nella Quarta Battaglia del Beleriand (Dagor Bragollach), nell’episodio in cui il drago Glurung sfonda le linee degli Elfi (con maggior successo rispetto ai veicoli corazzati inglesi sulla Somme).

                  Ma dove Il Silmarillion forse riflette in misura maggiore gli eventi della Grande Guerra è nel capitolo in cui sono descritte l’Unione di Maedhros e la disastrosa Nirnaeth Arnoediad, la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime. La concentrazione di forze per il grande assalto ad Angband, la chiamata a raccolta di alleati da ogni nazione del Beleriand (Sindar, Edain, Nani, Uomini dell’Est), la pianificazione di un’attacco a tenaglia da Ovest e da Est: tutto sembra richiamare le preparazioni per la grande offensiva dell’Intesa del 1917, pianificata nella conferenza interalleata di Chantilly del novembre 1916.

                  L’escalation della guerra nel 1917 e 1918, con l’utilizzo in numero e potenza crescenti di carri armati, aeroplani, gas asfissianti, artiglieria pesante, lanciafiamme, mortai da trincea e mitragliatrici leggere riverbera nei feroci, estenuanti combattimenti della Nirnaeth, la più sanguinosa delle battaglie delle Guerre, nella quale gli Elfi ed i loro alleati affrontano la potenza delle “nuove armi” di Morgoth: lupi e cavalcalupi, Balrog e draghi e il Grande Verme Glaurung. E il tradimento che porta alla rovina l’Armata Orientale e distrugge le speranze degli Elfi non può non far pensare alla Rivoluzione Russa e al crollo del Fronte Orientale nel 1917.

                  Da quanto precede, possiamo vedere che nel Silmarillion la guerra viene rappresentata, senza distinguo e sfumature, come una delle conseguenze della Caduta, una mala pianta germogliata dalle menzogne di Morgoth e dall’orgolgio e possessività dei Noldor. Sebbene Tolkien ritenesse durante il conflitto che, “nonostante tutto il male che possiamo trovare dalla nostra parte”, la Grande Guerra fosse “in termini generali una lotta del Bene contro il Male”, quando dovette dare una rappresentazione della guerra nella sua opera, egli scelse di mettere l’accento sulle sue radici malvagie, ponendo in primo piano il tema pessimista dell’eterna sconfitta, piuttosto che far risaltare l’ottimismo della vittoria finale del Bene sul Male.

                  Tutto l’eroismo e lo spirito di sacrificio degli Elfi, così come quelle degli Inglesi, degli Italiani, dei Francesi e Russi e anche dei Tedeschi e degli Austriaci, realmente finisce nel nulla, poiché i regni elfici sono alla fine distrutti e il mondo reale ripiomba in una nuova guerra venti anni dopo la fine della prima. “Ho visto tre ere ad ovest del mondo, molte sconfitte e molte vittorie inutili”: queste dolorose parole avrebbero potuto stare altrettanto bene sulle labbra di uno dei diplomatici presenti alla Conferenza di Pace di Parigi nel 1919, allorché, nell’autunno del 1939, tutto ricominciò da capo; sebbene solo molto pochi, anche dopo “la guerra per por fine alle guerre”, avranno davvero pensato “che il male fosse ucciso per sempre.”[13]

                  Attraverso Elrond udiamo qui parlare Tolkien stesso: il tenente Tolkien, che vide con i propri occhi gli orrori della Somme, e il Professor Tolkien, che esprimeva, molti anni dopo, il proprio “commento sul mondo” e sulla sua storia attraverso l’epica del Silmarillion.[14]  Ma laddove poeti come Siegfied Sassoon, Wilfred Owen e T.S. Eliot vedevano nella guerra solo vecchie bugie e terre desolate, e memorialisti come Rober Graves scrivevano per dare l’Addio a tutto questo, volendo significare che la guerra aveva aperto una voragine invalicabile tra la Belle Époque e il mondo “moderno” del dopoguerra, Tolkien rifiutava di considerare il conflitto e le sue conseguenze solo in termini di disillusione e disincanto (sebbene egli fosse ben consapevole della realtà di entrambi e ci abbia dato una convincente e commovente rappresentazione del “veterano disilluso” descrivendo la vita di Frodo dopo il suo ritorno alla Contea) e scelse di risolverli inquadrandoli in un’epica senza tempo su Bene e Male, bellezza e perdita, nobili valori e egoismo auto-distruttivo.[15]

                  Sempre con lo sguardo rivolto al grande arazzo della storia, piuttosto che concentrato sul dettaglio contingente come memorialisti e poeti, Tolkien vide la Grande Guerra come un’altra delle innumerevoli battaglie della eterna lotta dell’uomo contro i “mostri”: un fardello da portare, una punizione da sopportare. Nella mitica atemporalità del Silmarillion, con l’animo ancora appesantito dalle cicatrici fisiche e morali di una futile guerra,[16] la nota dominante è ancora quella della tragedia, della perdita e dell’eterna sconfitta. Il romanzo eroico de Il Signore degli Anelli,  scritto durante una seconda guerra mondiale, gli darà invece modo, “nonostante vi siano un bel po’ di Orchi dalla nostra parte”, di far risuonare le corde della lealtà, della gloria, del coraggio e della (non così inutile) vittoria.

Stuart Lee ha scritto : “Diversamente dalla Seconda Guerra Mondiale, che più facilmente cade nella categoria di ‘guerra giusta’ della ragione contro il torto, la Prima Guerra Mondiale appare come un conflitto i cui scopi furono rapidamente persi di vista”[17]. 

 

Opinioni sul rapporto tra LothR e la Seconda Guerra Mondiale

Peter Jackson ha detto : “It’s easy for people to speak of the theme of Lord of the Rings as though it were a classical struggle between good and evil.  But it’s not that simple; Tolkien hated war, the futility and devastation of war, but he also said that sometimes there are things worth fighting for. Above all, freedom.  Those who are enslaved, who are victims of the horrors of invasion and oppression, are right to offer resistance. This is the theme of the Second World War.  The First World War was merely futile and devastating, a stupid war which should not have been fought. The Second, though, if it’s possible to justify war in the 20th century independently of one’s personal position towards war, had to be fought. I believe that Tolkien judged the War of the Ring – which I have portrayed in the film – as a war to be fought”[18]. E Ian McKellen ha detto : “Tolkien and I both lived through the second World War, and he was writing this during the war, and I was sleeping under a metal shelter in the north of England waiting for the bombs to fall. So there was a Sauron around. And although he doesn’t think of it as an allegory for the second World War, how could he not be affected? /.../ Whenever I had to think, What is Sauron? I would think of Hitler. He’s the great evil force of our time, and certainly of Tolkien’s..”[19].

                  Se la massa prevalente dei critici tolkieniani  o non trova nel LothR riferimenti alle guerre del XX secolo, o le trova solo alla WWI, Jackson e McKellen hanno dunque una differente opinione, ma non sono i soli.  Per esempio Philip French scrive : Traditional quests are in search of some numinous object that confers power and a special grace on its owner. But Tolkien, writing after the Nazis had come to power and during the Second World War, thought Wagner's interpretation of the ancient Ring stories was dangerously perverse. So he made the object of Frodo's journey not a search for power but its abnegation. The aim is to take the One Ring to Mount Doom and destroy it in the Fire of Doom where it was originally forged.”[20]. E Edmund Fuller : “it has for  me an allegorical relation to the struggle of Western Christendom against forces embodied, successively but overlapping, in Nazism and Communism. The work was conceived and carried forward when the darkest shadow of modern history was cast over the West and, for a crucial part of the time, over England in particular[21]. E John Reilly : “No medieval epic, and indeed no epic of which I am aware, conveys the sense of the world in motion that the "Lord of the Rings" does. The work is more like The Winds of War than Le Morte d'Arthur.[22]" E Isabelle Smadja : “despite Tolkien's protests to the contrary, the moral universe of The Lord of the Rings is recognizably that of the Second World War[23]. E Joe Hartney : “However, it is worth considering why this novel has proven to be so popular. My own view is that it is a Second World War story displaced to the realms of magic and mythology. Tolkien's tale of the reluctant hero suddenly drawn into a global struggle of good against evil reflects the official presentation of the Second World War still familiar to us today. The sense of menace and threat, especially in the first book of the trilogy, surely reflects the anxiety of the liberal world faced with the military successes of the Nazis.”[24] E Keith Akers : “Reading LOTR one seems to be caught up in a world which is very similar to how we remember the Second World War: as an epic struggle of good versus evil. For most of us, the Second World War was surely justified: and surely the violence used in resisting the evil Sauron in LOTR would be justified /.../ I think it is best just to admit at the outset that the way in which Tolkien is able to evoke the ethos of the Second World War, in a mythical way, is absolutely uncanny. In both the battles of Middle Earth and the Second World War we had an epic, universal struggle of good versus evil. Many tried to remain neutral, but found it impossible. Frodo, Gandalf, and friends are not just up against a personal evil, but against universal evil, involving them in a struggle which obliterates all other petty struggles and concerns”.[25] And Charles Nelson wrote: “Saruman’s long disquisition on the exercise of power refers to the old order and former alliance that must be sept away along with sneering asides about the fading races /.../ His argument echoes Hitler’s justifications for WWII”[26].

E Brian Rosebury ritiene che Tolkien non avrebbe potuto scrivere LothR se non  fosse stato un uomo del XX sec.  sec. “LothR describes a continental war in which the survival of wholes peoples and cultures is at stake”[27]. E Christopher Garbowski : “In the forward to the American paperback edition Tolkien drew attention to the impact of WWI on his imagination, but he did not in fact deny the impact  of WWII. You could almost call them one war. Much like the War of the Ring in fact includes the war of the Last Alliance /.../ When I read the chapters on the Riders of Rohan's participation in rescuing Gondor I think of the participation of  Polish soldiers on many fronts of WWII ‘For you freedom and ours’, as it is  written on their section of the war cemetery at Monte Cassino. The choice  Polish soldiers had to face of whether to continue to support the Western  Allies after it was clear that the Soviets had overrun Poland was a  monumental one, and one that has hardly been recognized by the rather ungrateful Western Europeans.”[28]

                  E John A. Ellison, confrontando LothR e la WWII, scrive : “one may continue by remarking on the odd but diverting impression of amateurishness pervading much of The Fellowship of the Ring; not on Tolkien's part, one hastens to add, but on that of the participants. 'And you are lucky to be alive too, after all the absurd things you have done since you left HoME', says Gandalf to Frodo at Rivendell. He too, though, has been markedly 'slow in the uptake', in reaching vital conclusions about the Ring, in the light of all the evidence that he had had available to him. If there is really a war in progress, being fought in order to meet and destroy a deadly menace of worldwide proportions, is not this a somewhat casual way of preparing for it, and carrying it on? Tolkien himself remarked on the evident contrast of tone between the bulk of FotR [Fellowship of the Rings] and LotR as a whole. Does this not faintly recall the wholly distinct atmosphere that pervaded the early months of wartime; the sense of unreality that acquired the nickname of 'the Phoney War'. A sense of unreality that, in the months before Churchill became Prime Minister, arose from indications apparent to everybody of general unpreparedness, incompetence in high places, and military bungling of this and that kind. It was not long, of course, before this sense faded from everyone's consciousness as the total dedication and professionalism with which war came to be carried on, took over on all fronts and at HoME. 'Total war' came to mean concentration on everyone's part, in or out of the forces, on the single objective of the defeat of the Axis powers to the exclusion of everything else. The latter course of the War of the Ring seems to reflect this attitude of mind, as much in regard to Gandalf as in any other respect. When he reappears, to the astonishment of Merry and Pippin, amid the debris of Isengard, he has changed in a way they find difficult to understand. He act as a briskly professional commander in the field; with, 'ten thousand orcs to manage', he has no time on his hands for acting as a father-figure for a pair of rather puzzled hobbits. In a similar fashion the 'Strider' of the earlier stages of the 'History of the War of the Ring' becomes more impersonal and remote as 'Aragorn', as the nature of his role changes, and becomes, as the war moves towards its final issues, concentrated on leadership in the field, and in battle."[29]

E Shippey ricorda molte evidenti connessioni tra personaggi e scene Il Signore degli Anelli e la storia recente : per esempio tra Saruman e i molti intellettuali europei e la loro “trahison des clercs” a favore di Hitler e di Stalin ; tra le perplessità di Frodo all’inizio del viaggio e il quietismo di Neville Chamberlain, fautore della politica dell’appeasement verso Hitler ; tra i ricordi di Elrond Mezzelfo riguardanti la  precedente vittoria su Sauron ed il rinnovellarsi del conflitto europeo tra Prima e la Seconda Guerra Mondiale ; tra la faticosa ed inefficace costruzione del vallo di Rammas Echor davanti a Minas Tirith e l’illusione di sicurezza data alla Francia dalla Linea Maginot ; tra le dure clausole di pace dettate da Bocca di Sauron e il dominio hitleriano sul suolo francese annesso al Reich dopo la débacle mentre veniva costituito il “governo fantoccio” di Vichy in quello non annesso ; tra la Contea dominata da Sharkey e lo spettro – sospeso sull’Europa del secondo dopoguerra – di un comunismo di tipo sovietico tanto retorico nei proclami quanto banditesco nei fatti ; tra gli sradicamenti arborei e gli inquinamenti di Saruman e i disastri ecologici prodotti dal comunismo nei Paesi della Europa Orientale. ; tra l’odio competitivo (e disperato) di Denethor verso Sauron e la corsa occidentale agli armamenti nucleari – corsa tendenzialmente suicida (“better dead than red”) – seguita al 1947.[30]

But the position of the “Vulgate” of Tolkienian criticism is distant from the opinion that WWII had a marked effect on the content of LothR. Janet Brennan Croft has written an entire book – War and the Works of JRRT[31] - which represents well the prevalent conviction amongst Tolkien’s critics: “thematically and stylistically the LothR is in many ways more clearly a product of Tolkien’s WWI experiences”[32].  Both in Croft’s work and in the “Vulgate”– we believe – the fundamental reason for this position is the uncritical attitude taken towards JRRT’s Foreword, an approach which has lead American scholars to accept that LothR was begun in 1936[33]!

 

Una proporzione

Propongo una analogia di proporzione . Sil : LothR = WWI : WWII. Gli attacchi imprudenti di Feanor e di Fingolfin contro Angband, la rabbia di Hurin verso Thingol, la vendicatività di Feanor e dei suoi figli, l’orgoglio isolazionista di Turgon, l’avidità di Thingol, il desiderio di dominio di Galadriel, la guerra dei figli di Feanor contro il Doriath, l’imperialismo dei Numenoreani assomigliano agli attacchi con “èlan vital” dell’esercito francese di Joffre, alle sfide degli ultimatum e delle mobilitazioni (come quella zarista) che iniziarono la WWI, alla révanche francese, all’isolazionismo della Russia bolscevica, all’avidità del Regno d’Italia, al supporto dell’Intesa alla guerra delle armate “bianche” contro la Russia bolscevica, all’imperialismo britannico. I “buoni” del Sil spesso non hanno motivazioni buone, proprio come militarismo, nazionalismo e machtpolitik impregnarono le potenze della Intesa. Invece Aragorn, Gandalf, Elrond, Theoden, la Galadriel “maturata” hanno solo motivazioni buone, proprio come le quattro potenze Alleate nella WWII ebbero solo motivazioni buone per fare la guerra : la fecero tutte e quattro in maniera riluttante e solo per difendere la propria vita e la propria libertà. E non solo: ma, almeno le tre potenze occidentali, anche per difendere la libertà del mondo e la dignità etica degli esseri umani. Anche Shippey non può fare a meno di osservare che Bertrand Russell - che fu pacifista durante la WWI -  dolorosamente capì allo Scoppio della WWII che il pacifismo in certe circostanze è indifendibile.[34]

Vi è nella WWII una dimensione ideologica ed etica[35] che non è presente nella WWI. Proprio come nel LothR rispetto al Sil .

When I proposed this analogy to John Garth – the author of a serious and erudite biographical study of JRRT’s youth, and in particular of the WWI years – he replied that it was an “interesting” hypothesis and did not raise objections to it. But I do not believe that Garth or the majority of Tolkien scholars are in agreement with the idea.

 

 

La composizione di The Lord of the Rings

Nella History of Middle-Earth (HoME) Christopher Tolkien ci dà varie informazioni sulla cronologia di composizione di LothR, information  that is still  seldom used in  critical studies on JRRT’s work. Una mia ipotesi generale “debole” è che sia i tempi sia i contenuti of the various parts of LothR possano avere dei collegamenti con i fatti esterni della WWI. Una  ipotesi generale più “forte” è che via via che la WWII si prospetta lunga, di conseguenza anche il piano (contenuti e articolazione della trama) del LothR si allunga. Inoltre – essendo conscio della loro discutibilità – propongo qui di seguito delle ipotesi specifiche riguardo a particolari momenti della vicenda redazionale.

Tra il 16 e il 19 Dicembre del 1937, tre mesi dopo la pubblicazione de Lo Hobbit, JRRT comincia – su richiesta dell’editore – a scriverne il seguito (called “New Hobbit” at first, and then “The Lord of the Rings”)[36]. Il 24 Luglio 1938 the writing has its first halt :  JRRT scrive all’editore che il sequel ha perso il suo “favore” : Bilbo avrebbe dovuto vivere felice e contento e la storia finire così.[37] Forse è la politica di “appeasement” di Chamberlain – che in quei mesi sembra non avere un freno – a demotivare JRRT ? Ma il 28 Agosto Chamberlain, con pubblicità presso l’opinione pubblica, vuole dare un segno di fermezza e convoca l’ambasciatore Henderson per dare un monito a Hitler in difesa della Cecoslovacchia, e JRRT il 31 Agosto scrive all’editore che da due o tre giorni si è rimesso a scrivere (qui decide il nome “The Lord of the Rings”)[38] : forse JRRT è stato spinto alla riscossa letteraria dalla presunta riscossa politica? In questi soli “due o tre giorni” la storia di LothR fa un balzo in avanti : gli hobbit finalmente lasciano la Contea, passano nella Old Forest, incontrano Bombadil e il Barrowight e raggiungono Bree.[39] Ma il 30 Settembre Chamberlain e Daladier si accordano con Hitler a Monaco e molti sperano che la guerra sia scongiurata per sempre : Chamberlain  returned to England a popular hero, speaking of "peace with honour" (echoing an earlier prime minister, Benjamin Disraeli) and "peace in our time.". E Christopher osserva che nell’Ottobre del 1938 ancora la natura dell’Unico è lontana da essere pensata, non esistono ancora le vaste e lontane terre di Gondor, Lothlorien, Fangorn, Isengard , Rohan,  e che ciò che in quel momento suo padre pensava era solo che dopo le Misty Mountains l’anello dovesse essere gettato nella voragine della Fiery Mountain.[40] Forse che, pensando con Monaco finita la prospettiva della guerra (la quale invece ci fu e presentò via via teatri sempre più lontani e vasti ), JRRT fosse deciso anche sul piano letterario a finire subito il dramma?

 Poi appare chiaro che Hitler non si accontenta dei Sudeti e Francia e Inghilterra appaiono debolissime e spiazzate come nei peggiori tempi dell’appeasement ; intanto – Dicembre 1938  - JRRT interrompe la scrittura di LothR.[41] Forse che lo scoraggiamento e soprattutto la confusione e indecisione del momento influiscono su di lui? >>>>

JRRT riprende a scrivere il suo libro nell’Agosto 1939 e il 15 settembre 1939 (12 giorni dopo l’entrata in guerra della Gran Bretagna contro il Terzo Reich) scrive una lettera all’editore e accenna al “gloom of the approaching disaster[42].  Nelle carte del padre scritte in questo cruciale Agosto Christopher trova che questi aveva pensato di stravolgere la linea finora seguita nella narrazione : ”New Plot. Bilbo is the hero all through. Merry and Frodo his companions. This helps with Gollum (though Gollum probably gets new ring in Mordor)”. E Christopher osserva : “The astonishing suggestion in the first part of this note ignores the problem of ‘lived happily ever after’, which had bulked so large earlier”[43]. Forse JRRT nell’imminenza del grande conflitto mondiale è posto di fronte al pensiero – inconscio, credo -  di dovervi partecipare direttamente (Bilbo = JRRT) e non solo attraverso i figli (Merry e Frodo = Michael e Christopher)?

                  Una lunga interruzione nella composizione è nel tardo 1939 (tomba di Balin) e Christopher dice che suo padre si sbaglia dicendo nel Foreword  del 1966 che tale interruzione  fosse cominciata  nel 1940[44]. In una lettera all’editore del 19 dicembre 1939 JRRT  parla delle “anxieties and troubles that all share”, afferma ancora di avere  quasi finito LothR e di poterlo terminare prima della primavera del 1940. Perchè questa continua sottostima che JRRT fa dello sviluppo del plot e dei tempi di scrittura? Forse la “Phoney War”[45]gli fa pensare a una prossima pace tra Inghilterra e Reich, e dunque, sul piano della ispirazione letteraria, a una rapida soluzione del dramma della Terra di Mezzo ?

                  Dopo l’Agosto del 1940 JRRT ricomincia a portare avanti la narrazione con il Ponte di Khazad-dûm[46] : come non connettere la ripresa della volontà di scrivere e il “You cannot pass!” di Gandalf al Balrog con la Battaglia di Inghilterra, che, col 15 Settembre 1940, era - per la sua parte più pericolosa - oramai vinta ? Dal tardo 1940 fino al termine del 1942 JRRT continua la narrazione fino al termine del Libro Terzo di LothR : appaiono Lothlorien, il Great River, Rohan, Isengard, Fangorn. Non è possibile pensare all’aprirsi veloce e massiccio dei nuovi teatri della WWII nello stesso periodo : Cirenaica, Etiopia , Iraq e Siria, Grecia e Jugoslavia, e poi la Russia, e poi il Sud-Est asiatico e l’Oceania ?

C’è poi una seconda lunga interruzione dalla fine del 1942 all’Aprile del 1944[47] : nel Novembre 1942 i sovietici accerchiavano von Paulus a Stalingrad e Montgomery vinceva ad el-Alamein gli italo-tedeschi comandati da Römmel, e poi nel 1943 ci furono le avanzate americane nel Pacifico e quelle sovietiche in Russia, e la caduta dell’Italia, e il 1 Dicembre la conferenza di Tehran tra Churchill, Roosevelt e Stalin. Il 9 Dicembre JRRT scriveva a Christopher una lettera proprio sulla conferenza di Tehran , in cui deplora “that bloodthirsty old murderer Josef Stalin”, dice che Churchill “actually looked the biggest ruffian present”, antevede la globalizzazione americanizzante del mondo futuro e la deplora fortemente, e arriva a suggerire che “in the long run” la vittoria degli Alleati potrebbe non risultare migliore per il mondo di quella dei loro nemici.[48] Avanzo l’ipotesi che JRRT  prenda una lunga pausa anche per meditare su tutto il problema dell’Anello, cioè sul problema (anche!) del Potere Mondiale.

Dall’Aprile all’Ottobre del 1944 JRRT scrive tutto il Libro Quarto (Marshes, Ithilien, Shelob’s Lair, Sam davanti a Cirith Ungol) e inizia Minas Tirith, il primo capitolo del Quinto[49].

Il 20 Ottobre dagli Alleati era stata conquistata Aachen (Aquisgranum), la prima città della Germania prebellica a cadere, il 15 Ottobre i Sovietici avevano conquistato l’Estonia e assediato i tedeschi in Latvia, il 20 Ottobre avevano conquistato Belgrade. E nell’Ottobre del 1944 JRRT di nuovo interrompe il libro. Potremmo chiederci : nella mente di JRRT chi è assediato, ora, e da chi ? Nella Minas Tirith assediata certamente  confluiscono molte fonti letterarie (per es. l’assedio di Troia, come dice Alex Lewis[50]), ma anche storiche, e - tra queste - ipotizzo che nella mente di Tolkien comincino a fondersi l’Inghilterra assediata dai nazisti del 1940 e la Germania assediata da Americani e Sovietici nel 1944.

Questa lunga pausa della stesura di LothR dura fino al Settembre 1946. In questo mese i Trattati di Pace stabiliscono che la Germania rimarrà divisa in due Stati e la paventata (da JRRT![51]) guerra con l’URSS non scoppia. Il 30 settembre 1946 annuncia di avere ricominciato a scrivere LothR da una settimana[52], e verso la fine dell’anno aveva completato il Libro Quinto col capitolo The Black Gate Opens. JRRT rimase poi largamente improduttivo nel 1947 e la maggior parte dell’ultimo Libro, il Sesto (Mount Doom, The Scouring of the Shire, etc.),  fu   scritto nel 1948 e finito prima del 31 ottobre 1948, poi fino all’autunno del 1949 c’è il lavoro di revisione[53].

Spero di non avere irritato quei tolkieniani che sono convinti che JRRT non sia stato influenzato dalla WWII nella scrittura del romanzo. Ciascuna di queste ipotesi specifiche da me fatte può essere sbagliata, presa singolarmente Ma sono sicuro che le due ipotesi generali -  that I suggested at the beginning of this section - non possano essere sbagliate, e spero che il lavoro da me fatto in quelle specifiche serva a suscitare interessanti dubbi in altri studiosi tolkieniani, che eventualmente volessero esaminare più a fondo questo argomento.

 

 

Influenze della “History” sulla “Story”

Matthew Dickerson, osserva[54] che. Gandalf nel capitolo The Last Debate si dà molto da fare per l’aspetto militare,  ma capisce  che - senza la distruzione dell’Anello - qualsiasi vittoria è insignificante. Questo mi fa pensare che, se dopo la WWII  non ci fosse stata un’opera civile di ricostruzione dei valori morali e sociali,  la vittoria degli Alleati non sarebbe stata utile. Dickerson osserva anche che Gandalf non glorifica la guerra perchè afferma che, se in guerra si uccide, egli però ha pietà anche degli schiavi di Sauron ; inoltre verso Gollum i nemici di Sauron si comportano con pietà[55]. Questo mi fa pensare a come e realmente diverso sia stato nella WWII il comportamento degli Alleati verso i  nemici vinti - militari e i civili -  rispetto a quello del Terzo Reich (differenza che non c’era tra i due schieramenti della WWI).

John Garth scrive “The Russian revolution had established the first totalitarian dictatorship /.../ Lenin became a template for Hitler, Stalin , Mao and the other political monsters of the twentieth century[56]. A me questo fa pensare al regime politico di Sauron vigente a Mordor (mentre non c’erano stati totalitari nella WWI).

Elrond al Consiglio dice di avere visto “many defeats and many fruitless victories”, e poi dice che nell’Ultima Alleanza la vittoria “did not achieved its end”, cioè non riuscì a distruggere Sauron, e che le  fondamenta della Torre Oscura rimasero, e scompariranno solo con la distruzione dell’Anello[57]. Questo mi fa pensare a quelli storiografi che affermano che la WWI e la WWII furono le due fasi di un’unica guerra, che chiamano “Guerra dei Trenta Anni”. Il che implica che la seconda fase – la WWII – ebbe qualcosa di diverso dalla prima, perchè la seconda riuscì a finire la contesa e le sue motivazioni, la prima invece no. Denethor – ricorda Gandalf – aveva affermato: “You may triumph on the fields of the Pelennor for a day, but against the Power that has now arisen there is no victory[58]. Questo mi fa pensare al disfattismo francese – che preparava Vichy -  di cui scrive così bene Marc Bloch[59] e di cui parlava al Parlamento Canadese Churchill il 30 Dicembre del 1941: But their generals misled them. When I warned them that Britain would fight on alone whatever they did, their generals told their Prime Minister and his divided Cabinet: ‘In three weeks England will have her neck wrung like a chicken’. Some chicken; some neck.”[60]

Proprio la figura di Churchill mi sembra un’ispirazione per JRRT. Vedo già aggrottarsi le sopracciglia di tanti tolkieniani a questa mia affermazione. Ma io penso che la mente umana sia complessa e non sia semplice, e vi siano in essa contraddizioni e semicontraddizioni, e che vi siano vari piani o livelli consci, semiconsci, preconsci e inconsci. Ho ben presente le allusioni a Churchill nelle Letters di JRRT! Ma credo anche che una persona possa essere, più o meno consapevolmente, influenzata su un piano della propria vita da un’altra persona a lei non simpatica su un altro piano della vita. E , in specifico, che la parte ideologica e politica del cittadino  JRRT sia un piano della sua mente non necessariamente coerente con la parte poetica del JRRT romanziere.

Nei suoi discorsi Churchill spesso parla di “Free Peoples” , the same phrase we often read in,  in LothR. Gandalf nel Consiglio di Elrond parla di una saggezza che può sembrare follia rispetto alla disperazione e  alle false speranze, proprio come la linea di Churchill rispetto all’appeasement e al disfattismo.

So it was that Gandalf took command of the last defense of the City of Gondor. Wherever he came men’s hearts would lift again/../ Tiredlessly he strode from Citadel to Gate, etc.[61]” : come Churchill diventato Primo Ministro, che vola frequentemente in Francia per rianimare quel Governo in fuga da Hitler. E in un discorso dell’October 29 del 1941 alla sua vecchia scuola di Harrow : “surely from this period of ten months this is the lesson: never give in, never give in, never, never, never, never-in nothing, great or small, large or petty - never give in except to convictions of honour and good sense. Never yield to force; never yield to the apparently overwhelming might of the enemy”.

Churchill scrive che il 3 settembre 1939 scese nel rifugio antiaereo armato di una bottiglia di brandy e notò “Erano tutti allegri e scherzosi , com’è abitudine degli inglesi quando vanno incontro all’ignoto”. Questo mi ricorda le parole di Shippey riguardo agli Hobbit: “ Is it possible to be cheerful and without hope at the same time? Modern optimistic convention says not/.../ but the Gamgee family seems to take a skeptical view of that idea : While there’s life there’s hope, says the Gaffer, conventionally enough, but he usually tacks on the deflating words, and need of vittles”.[62]

E alla vigilia della cruciale Battaglia d’Inghilterra il 14 luglio 1940 Churchill dichiarò alla radio: “We must show ourselves equally capable of meeting a sudden violent shock or-what is perhaps a harder test-a prolonged vigil. But be the ordeal sharp or long, or both, we shall seek no terms, we shall tolerate no parley; we may show mercy-we shall ask for none. /.../ but let all strive without failing in faith or in duty, and the dark curse of Hitler will be lifted from our age”. Parole che a me ricordano le  parole di Gandalf su Sauron e la Terra di Mezzo, e il suo comportamento con Bocca di Sauron. Nello stesso discorso Churchill disse : “while we toil through the dark valley we can see the sunlight on the uplands beyond”. E mi viene in mente il capitolo Helm’s Deep : “So King Theoden rode from Helm’s Gate and clove his path to the great Dike. There the company halted. Light grew bright about them. Shafts of the sun flared above the eastern hills /:::/There suddenly upon a ridge appeared a rider, clad in white, shining in the rising sun.[63]

 

Ideologia

Nella su Introduction alle Letters of JRRT Carpenter scrive : “it became obvious that an enormous quantity of material would have be omitted”. Il che appare chiaramente al lettore : per es. in un periodo così cruciale come quello tra  il febbraio del 1939 e il Dicembre del 1939 non troviamo nessuna lettera, e così anche dal Marzo 1940 a fine Settembre del 1940, e dal Novembre 1941 al Dicembre del 1942. Su JRRT e la WWII dobbiamo dunque constatare che il materiale epistolare è fortemente lacunoso.

Carpenter nella sua biografia di JRRT scrive : “his distress for the continuation of hostilities was almost as much for ideological as for personal reasons[64]. In questo paragrafo vorrei dire qualcosa sulle prime, nel successivo sulle seconde.

Nella lettera n° 52 ( fine del 1943) JRRT dice di propendere verso l’anarchia o la monarchia non costituzionale, vorrebbe un Re che possa licenziare il suo visir se questi critica il taglio dei suoi pantaloni, e dice che è innaturale per gli uomini comandare gli altri uomini. Io commento : JRRT dice “non costituzionale” e  non dice “monarchia assoluta” (aggettivo che farebbe troppo a pugni con l’idea “power tends to corrupt, and absolute power corrupts absolutely”, cioè che gli uomini non siano adatti a comandare gli altri uomini, an idea that JRRT stated in the same letter),  ma la realtà storica in effetti eguaglia le due cose : le monarchie non costituzionali  sono state monarchie assolute. E nel suo ultimo libro Brian Rosebury commenta : “I still regret Tolkien’s expressed indifference to what I called in 1992 the necessity of those unaesthetic political structures which, however imperfectly, curtail the concentration of power.[65]” Nella stessa lettera 52 JRRT fa un riferimento sarcastico a “Winston and his gang”, e nella lettera n° 53 scrive di amare l’Inghilterra ma non la Gran Bretagna, il Commonwealth e gli USA. Io mi chiedo : cosa sarebbe successo se a combattere la WWII ci fossero stati solo Inglesi e non anche Scozzesi, Canadesi, Australiani, Indiani, Neozelandesi, Sudafricani e Americani ? E nella n° 100 del 29 Maggio 1945 scrive che non gli è rimasto  più un goccio di patriottismo e che, se fosse un uomo libero, non sottoscriverebbe un penny per non dire un figlio per la guerra. A me viene da pensare ai giovani soldati Americani che in quel momento morivano a Okinawa, e che la Manciuria - dove i giapponesi avevano perpetrato terribili crimini di guerra sui cinesi - era ancora occupata.

Mi sembra, cioè, che quella ideologia di JRRT che Patrick Curry descrive con acutezza e simpatia[66], abbia anche alcuni aspetti contraddittori e negativi. D’altra parte – per es. nella lettera n° 45 – JRRT esprime odio per quell’Hitler che ha corrotto il “Germanic ideal/:::/ that noble northern spirit/.../that nowhere was it nobler than in England, nor more early sanctified and Christianized”. E in varie altre lettere – in nome del proprio cristianesimo e della propria “englishness” – esprime avversione per l’hitlerismo.

E in effetti – come scrive Rosebury – molti lettori assimilano le osservazioni presenti in  LothR sulla natura dell’Anello, alla teoria liberale della divisione e bilanciamento dei poteri e non hanno interamente torto perchè LothR ha una “liberal temper” e si oppone ad altri scrittori come Sartre e Pound e molti altri “sneering at liberal humanism [67]. Lo stesso JRRT nella n° 81 ha un attacco di rabbia e paragona la stampa Inglese a Goebbles : gli Inglesi parlano dei Tedeschi come i Tedeschi parlavano dei Polacchi e degli Ebrei. Poi però si riscuote e aggiunge : “of course there is a difference here. The article was answered, and the answer printed”.

Un esempio interessante di confusione e contraddizione presente nella ideologia di JRRT è il seguente. Nella n°53 scrive “I am not really sure that its victory is going to be so much the better for the world as a whole and in the long run than the victory of OMISSIS”. E nella n° 66 scrive che gli Alleati tentano di vincere Sauron usando l’Anello, ma così accadrà loro di allevare nuovi Sauron e così - “slowly” – di trasformare gli Uomini in Orchi.  Ma queste preoccupazioni di JRRT cittadino frustrato e arrabbiato divergono da una convinzione profonda del JRRT novelist. Nel LothR non hanno posto quelle frasi (“in the long run”, “slowly”) : nel romanzo non viene detto che è inutile combattere contro il male di ora perchè nel futuro ci saranno altri mali, al contrario ascoltiamo Gandalf: “Other evils there are that may come; for Sauron is himself but a servant or emissary. Yet is not our part to master all the tides of the world, but to do what is in us for the succour of those years wherein we are set, uprooting the evil in the fields that we know, so that those who live after may have clean earth to till. What weather they shall have is not ours to rule”[68].

Quando JRRT si fa prendere dal suo umore rancoroso si mette a vaticinare che di buono nel mondo rimarrà solo una chiesa catacombale in mezzo al tramonto della civiltà; ma , quando si mette a pensare seriamente - e lo fa nella stessa lettera n° 79 - usa parole molto simili a quelle di LothR : “gloomy thoughts, about things one cannot really know anything of ; the future is impenetrable especially to the wise

Anni dopo, commentando la recensione di W. H. Auden all’ultimo volume di LothR oramai pubblicato, JRRT espone delle idee sulla guerra che appaiono nuove . Molte volte nelle lettere scritte  durante la WWII egli aveva mostrato di equiparare o quasi equiparare i due schieramenti in guerra, a causa del fatto che persone e gruppi degli Alleati erano, secondo lui, per un  motivo o per l’altro moralmente biasimevoli. Ora (1956) invece il giudizio cambia : “There are clear cases: e. g. acts of sheer cruel aggression, in which therefore right is from the beginning wholly on one side, whatever evil the resentful suffering of evil may eventually generate in members of the right side”. E se gli individui che combattono dalla parte giusta fanno azioni malvagie, ciò li condanna moralmente come individui, ma non invalida la bontà della causa. Coloro che combattono dalla parte sbagliata “at any rate have not right to demand that their victims when assaulted should not demand an eye for an eye or a tooth for a tooth./.../Similarly, good actions by those on the wrong side will not justify their cause/.../A judge may accord them honour /.../but this will not alter his judgement as to which side was in right, nor his assignment of the primary blame for all the evil that followed to the other side”.[69]

Nel 1956 Stalin era morto e la guerra tra USA e URSS - che JRRT temeva - non era scoppiata, sempre più il mondo era venuto a conoscenza delle testimonianze sugli orrori della Shoah, e JRRT sembra accogliere l’idea che la WWII sia stata un “bellum iuxtum”.

In quanto “poeta” JRRT lo aveva capito presto[70]: il LothR parla di un bellum iuxtum dei Free Peoples of Middle-earth. Nel 1956 sembra capirlo anche in quanto “filosofo”, cioè studioso di una Teoria Etica.  E questo cambiamento ideologico – secondo me -  è un frutto della WWII e della meditazione of JRRT sul suo svolgimento e sui suoi effetti successivi, e non certo an effect of reading dei trattati tomistici sul “bellum iuxtum”![71]

Perchè, dunque, ancora 10 anni dopo, nel Foreword del 1966, JRRT nega le influenze della WWII su di sè e su LothR ? Un tentativo di risposta è che la mente umana non è una monade cristallina, ma, piuttosto, è costruita da strati geologici, e quindi un cambiamento ideologico di una persona adulta è sempre parziale e problematico. Schematizzando: il cambiamento maturativo che raggiunge il JRRT “filosofo” - che si interroga sullo statuto ultimo del bene e del male - non raggiunge il JRRT “critico letterario”, preoccupato di difendere LothR sia dalla ostile critica “mainstream”, sia da quella calorosa ma a volte ingenua dei fans. E il JRRT “critico letterario” compie tale difesa ancora in massima parte avvolto da quella  “ideologia Inkling” (rinforzata forse anche dal grande successo editoriale, come a dire: avevamo ragione noi!) la quale disprezzava la modernità, romanticamente sopravvalutava la creatività individuale rispetto ad ambiente, società, fatti esterni, etc., e sottovalutava o ignorava le teoria psicanalitiche sulla formazione della personalità.

 

Psicologia

Ho cercato -  ma non sono riuscito a trovare -  degli specifici studi psicologici sulla personalità di JRRT. Nel mio bagaglio di conoscenze – certamente  imperfetto – in primo piano emergono ancora quelle informazioni che ho potuto leggere nella biografia di Carpenter e in quella recente di Garth (che tratta però solo il periodo giovanile). Penso che sarebbe molto interessante avere in futuro – ripeto, se già non esistono! – degli studi su questo argomento. Qui vorrei presentare solo alcuni pochi segmenti e suggestioni per un’analisi psicologica di JRRT, e solo in riferimento all’argomento del presente saggio.

La critica letteraria - almeno dal XIX secolo in poi - ritiene pacifico che la esegesi che un autore fa delle proprie opere possa non essere di per sè stessa e in generale la esegesi più esatta, informativa e anche veritiera. Non vedo perchè JRRT debba costituire una eccezione. Non mi sembra una eresia che anche negli studi tolkieniani un critico – se ne ha motivo e se dispone di una qualche argomentazione – possa contestare qua e là alcune affermazioni che JRRT fa sulle proprie opere. Un eminente medievalista di oggi - Norman F. Cantor - nel suo colto e brillante studio sui medievalisti del XX secolo, dopo avere passato in rassegna le molteplici ed eterogenee spiegazioni del significato di LothR che JRRT via via espresse, scrive : “The LothR exists, apart from what Tolkien said at one time or another it was supposed to mean. It was largely a product of the realm of fantasy in the unconscious : that was the ultimate source. Therefore, what Tolkien later consciously thought about it is interesting, but not authorative as to the work’s meaning[72].

Dai tre libri curati da Carpenter[73] emergono vari aspetti della personalità di JRRT non necessariamente armonici in sè stessi né armonizzati tra di loro : un “amico” devoto ma anche possessivo ed esclusivo ; un “marito” romantico ma anche non empatico, silenzioso e assente ; un “padre” affettuoso ma anche troppo dipendente dalla compagnia dei figli ; un “critico” indipendente e anticonformista ma anche aristocratico, unilaterale ed eccessivamente polemico ; un filologo coltissimo ed eminente ma anche pigro e non aggiornato ; un insegnante preciso e laborioso ma anche noioso e poco carismatico ; un filosofo profondo ma anche dilettantesco e non sistematico ; un cittadino rispettoso della legge ma anche  passivo e qualunquista riguardo alla vita politica. L’aspetto della personalità che giganteggia sugli altri è quello di JRRT romanziere e poeta, quello in cui egli diede il meglio di sè. Io credo che questo aspetto sia il migliore perché soprattutto in esso JRRT era libero da ruoli e  pregiudizi impostigli dalla società in generale e dai gruppi particolari che frequentava. In questo aspetto egli meglio che in tutti gli altri armonizzava le sue profonde convinzioni consce con le sue profonde convinzioni inconsce.

Ma quando scrive la Foreword del 1966 JRRT non è nei panni del romanziere e del poeta ma  è in quelli dello “critico”, dell’esegeta di sé stesso, del membro degli Inklings, e ci tiene a affermare che la guerra che lo aveva influenzato era la WWI - in cui quasi tutti i suoi amici erano morti -  e non la WWII, e anche che la parte finale di LothR non si ispira alla Inghilterra del secondo dopoguerra, ma a quella dei primi anni del secolo, quando già la campagna inglese cominciava ad esser deturpata dalla industrializzazione. In queste due affermazioni JRRT sembra volere negare l’emergere di novità nella Storia e nella propria vita, come se tutto ciò che veramente contasse  fosse già – e da molto tempo – avvenuto . Perchè ? Certamente egli aveva avuto nuove decisive amicizie dopo quelle adolescenziali del TCBS (il suo club scolastico), e certamente aveva visto molte cose nuove in Inghilterra dopo quelle del regno di Edoardo VII.

Sembra che JRRT voglia escludere la sua età adulta – coi suoi eventi ed incontri formativi – dall’humus di ispirazione del suo capolavoro letterario, come se dopo l’infanzia e la giovinezza nulla più fosse avvenuto di significativo a ispirare LothR.  Per me due sono le ragioni di questo comportamento: una è più ideologica,  in quanto Inkling egli disprezza la cultura “modernista” affermatasi dopo la WWI. L’altra è più intima ed individuale : JRRT da bambino e da giovane è stato fortemente traumatizzato dalla morte dei genitori e dalla terribile e sanguinosa esperienza di trincea, e come ogni persona traumatizzata continuamente si volse – con disperato desiderio di riscatto – alle parti traumatizzate del proprio Sè.[74]

Dopo la WWI la sua vita si stabilizzò : ebbe la pace, le gioie famigliari, il lavoro all’Università cui aspirava. Poteva immaginare – e illudersi – che il proprio Sè fosse simile a quello – tranquillo e spensierato - di Bilbo alla fine di The Hobbit. Ma, con la prima metà del 1938 – con le esplicite minacce di Hitler a Austria e Cecoslovacchia, e la aperta sfida a Francia e Gran Bretagna - JRRT non può fare a meno di accorgersi che c’è un “return of the Shadow” , sia nel mondo sia, di conseguenza, nella vita sua e dei suoi cari. In Luglio scrive all’editore che il “New Hobbit” (LothR) ha perso il suo favore e che, anzi,  non avrebbe mai dovuto esistere un sequel di The Hobbit, perchè Bilbo “remained very happy to the end of his days and those were extraordinarily long”. Christopher, commentando questa lettera, si stupisce : come mai la frase finale di The Hobbit è un “insuperable ostacle” al sequel, visto che le pagine finora scritte del “New Hobbit” riguardano non Bilbo ma il suo nipote Bingo (poi chiamato Frodo)?.[75] Io risponderei così : JRRT scrive questo perchè Bilbo e Frodo rappresentano due parti del suo Sè, che non riesce stabilmente a riconoscere e distinguere[76]. Grosso modo (ma sarebbe estremamente interessante fare uno studio analitico e sofisticato) Bilbo rappresenta la sua parte cristallizzata e volta melanconicamente al passato (al periodo “traumatico” della sua vita) e dunque ricoperta e “spalmata” con la  illusione consolatoria della vita “felice e tranquilla”,  in cui si fuma la pipa, si coltiva il giardino, si chiacchiera con gli amici e si scrivono dei libri, e niente più.

Invece Frodo rappresenta la parte viva che affronta i vivi avvenimenti del Presente, fuori sè e dentro di sè. La soluzione la conosciamo : exit Bilbo, entra Frodo (che eredita la casa, l’amicizia con Gandalf e il ruolo di protagonista). Ma questa soluzione viene raggiunta solo dopo tormentosi ripensamenti. Bilbo si sente stanco e vecchio e inquieto nella Contea, la vita “tranquilla” non gli basta più : la parte melanconica del Sè deve cedere il passo a quella viva. Ma i drammatici avvenimenti europei fanno oscillare  ripetutamente JRRT sulla soglia. Stavano forse per sopraggiungere nuove tragedie, come quando era bambino e giovane uomo? No, meglio rimanere il don di Oxford che coi suoi amici Inklings si chiude in discussioni letterarie e si allontana (“fuga del disertore”?) dalla realtà della sua Patria e del Mondo. Eppure non è possibile indietreggiare : Bilbo-JRRT si sente “all thin, sort of stretched, like butter that has been scraped over too much bread”.[77] Cioè l’illusione consolatoria della “vita tranquilla” non riesce più a nascondere e sorreggere la profonda depressione del Sè melanconico. Queste oscillazioni si riflettono nella composizione di LothR e nel viaggio di Frodo e sono esternamente stimolate dai grandiosi, tragici e gloriosi fatti della storia reale di quegli anni, come più su ho cercato di mostrare.

Chi deve portare a Mount Doom il “fardello” dell’Anello, Bilbo o Frodo? JRRT era nato nel 1892 e nel 1940 – quando la WWII arrivò davvero in Occidente – aveva 48 anni. Un altro eminente studioso , Marc Bloch, professore di Storia Medievale alla Sorbona era nato nel 1886 ed aveva 54 anni quando decise di arruolarsi volontario nell’Esercito Francese, combatté, non fu sopraffatto dalla disfatta militare, ma andò in Inghilterra e poi nella Francia di Vichy dove – dopo avere cercato di mettere al sicuro la moglie e i suoi 4 figli minori (i due figli maschi maggiori già facevano parte delle Free French Forces di De Gaulle) - entrò come attivo combattente nella Resistance, e nel 1944, arrestato dalla Gestapo, morì eroicamente. JRRT invece scriveva al figlio Michael : “one War is enough for any man. I hope you will spared a second”.[78] E al figlio Christopher: “if I was of military age, I should, I fancy, be grousing away in a fighting service”.[79] Si giustifica, insomma : ha già fatto una guerra (ma anche Marc Bloch aveva combattuto, e assai di più di JRRT, nella WWI), ed è troppo vecchio. Eppure stare al sicuro a Oxford non lo soddisfa : “to carry on the old pre-war job is just a poison. If only I could do something active !”[80]. Jannet Croft scrive : “WWII taught him the frustrations of a parent, too old for active duty, forced to watch his sons risking their lives”[81] ; ma io penso che almeno in una parte della sua mente JRRT dubitasse sia del “too old” sia del “forced”.

Marc Bloch nella WWI aveva conquistato La Legion d’Honeur e la Croix de Guerre, mentre JRRT non aveva mostrato in essa un particolare coraggio e certo non aveva mostrato voglia di combattere[82]. Certo, le persone non sono uguali (né bisogna auspicarlo), non sto deplorando che JRRT non abbia combattuto durante la WWII : sto solo cercando di descrivere una certa qual confusione mentale di JRRT in quel momento della sua vita. Se avesse avuto maggiore chiarezza nella sua mente avrebbe dovuto dire a sè stesso e agli altri : non vado a combattere non perchè basta una guerra in una vita o perché sono troppo vecchio, ma perchè la mia vocazione è un’altra e ho altri doveri , ho altre cose da fare. In primo luogo scrivere LothR!

Comunque, anche senza una conscia chiarezza, JRRT si muove in questa direzione : riesce a tacitare l’impulso a lasciare la “vita tranquilla” identificandosi fortemente nel figlio Christopher arruolato nella RAF, che ora rappresenta il suo Sè-Frodo : “I certainly live in your letters although my circumstances are so very much more easy. In my case weariness, sheer boredom of sameness is the enemy. I were younger, I should wish to exchange with you[83]. Ma Christoper per JRRT rappresenta anche il suo Sè-Bilbo – quello che scrive il libro – perchè sembra essere un fedele discepolo del padre e un Inkling in pectore. E a Christopher manda – unica cosa valida che a JRRT sembra di poter fare a Oxford – le parti di LothR, un libro di guerra, the War of the Ring. Quest’opera non si concentra sul “fatuous” mondo della Shire – cioè l’illusione della “vita tranquilla da filologo di Oxford - ma neanche ripete la “pure mythology of The Silmarillion” (lettera n° 31), cioè il melanconico ritorno al romanticismo dei TCBS e alle “fruitless victories” della WWI. È qualcosa di nuovo, che va a trasformare sia il mondo della Shire e di The Hobbit, sia il mondo di The Simarillion, come bene mostrano Alex Lewis e Elisabeth Currie nel loro libro.[84] È la maniera propria ed individuale di JRRT di prender parte ai grandiosi eventi del presente.

Non so quanto JRRT ne fosse consapevole. C’è una frase molto strana nel Foreword del 1966: “It was during 1944 that, leaving the loose ends and perplexities of a war which it was my task to conduct, or at least to report, I forced myself to tackle the journey of Frodo to Mordor”. La mia interpretazione è che qui JRRT stia dicendo che nel 1944 – quando il suo alter ego Christopher si era allontanato da lui per servire la Patria come pilota della RAF[85] - diventò sempre più cosciente che per lui partecipare alla WWII era scrivere il LothR. Alex Lewis e Christopher Garbowski, cui ho comunicato tale interpretazione, non sono d’accordo con me[86]. Patrick Curry invece mi ha scritto : “Regarding your hypothesis, I can only say you may well be right - it's certainly an interesting idea - & I don't see any serious objections to it.  Is one  implication that WWII contributed more to TLotR than is generally realized - or admitted by T.? The more I think about the more I think you are right!”[87].

Nelle lettere a Christopher JRRT non parla dei grandi eventi della WWII ma parla dettagliatamente  di quelli della War of the Ring[88], che appare così essere la guerra “vicaria” di JRRT : egli scriveva e riscriveva, discuteva col figlio, leggeva parti di LothR e ne discuteva ai Giovedì degli Inklings. Carpenter dice che una delle cause per cui i Giovedì degli Inklings terminarono fu il fatto che JRRT, alla fine del 1947, avesse smesso di leggere LothR durante gli incontri.[89]

Il 18 June 1940 Churchill diceva alla House of Commons: “every man and every woman will have the chance to show the finest qualities of their race, and render the highest service to their cause. For all of us, at this time, whatever our sphere, our station, our occupation or our duties, it will be a help to remember the famous lines: He nothing common did or mean, Upon that memorable scene. /:::/But if we fail, then the whole world /.../  will sink into the abyss of a new Dark Age made more sinister, and perhaps more protracted, by the lights of perverted science”. Io penso che JRRT mostrò le sue “finest qualities” e diede il suo “highest service” alla causa, proprio compiendo il proprio “duty”, che era – tra l’altro – quello di scrivere LothR. Nel mistero del destino individuale (unico, irripetibile) di ogni vita umana ciascuno ha il suo peculiare talento (il suo “carisma”, come dice San Paolo), e quello di JRRT – durante quegli anni terribili e grandiosi – fu  quello di rappresentare potentemente il dramma della disperazione e della speranza. Per usare le parole di Shippey : “If Tolkien were to choose a symbol for his story and its message, it would be, I think, the horn of Eorl. He would have liked to blow it in his own country, and disperse the cloud of post-war and post-faith disillusionment, depression, acquiescence, which so strangely (and twice in his lifetime) followed on victory.”[90]

He nothing common did or mean”.

 

 

La letteratura della Seconda Guerra Mondiale

Janet Croft indica nella letteratura uscita dalla WWII alcune caratteristiche come il  “disillusionment”, il “distrust of authority”, un “ideological vacuum”, la mancanza di “romanticism”. E commenta che tali caratteristiche non sono presenti nel LothR, per avvalorare la sua tesi che “there is little if any evidence of any distinctively and clearly WWII influence on its themes or style”, in quanto in LothR troviamo i temi dell’onore, del coraggio, delle imprese gloriose,etc.[91]. Ma John Garth mostra come quelle caratteristiche erano in realtà  proprie della letteratura uscita dalla WWI, in scrittori come Wilfred Owen, Siegfried Sassoon e Robert Graves[92] E inoltre Croft non ha presente quanta letteratura uscita dalla WWII è piena – invece – dei temi del coraggio, della netta opposizione tra giusta causa e cattiva causa, dell’avventura, del coraggio, delle imprese gloriose. Né la studiosa sembra consapevole di come, se nelle trincee della WWI i militari poterono sperimentare quel “animalic horror” di cui scrive Garth, nella WWII milioni di civili e militari sperimentarono anche una “malvagità diabolica” assente nella WWI. Ricordiamo per esempio : Ann Frank, Diary ; Primo Levi, Survival in Auschwitz ;  Alistair MacLean, Guns of Navarone ; Frank Bonham, Burma Rifles ; Lore Cowan, Children of the Resistance ; William Brinkley, The Ninety and Nine ; Janina David, A Square of Sky ; Mladin Zarubica, The Year of the Rat ; James Jones, The Pistol ; Corrie Boom, The Hiding Place ; John R. Tunis, Silence over Dunkerqu, e tantissimi altri. Per questo Shippey accosta il romanzo di JRRT ad altri romanzi usciti durante o dopo la  WWII, quali  quelli di C. S. Lewis, T. H. White, G. Orwell, W. Golding. E, a suo tempo, C. S. Lewis aveva riconosciuto che JRRT in LothR aveva trovato (diversamente dagli estremi della propaganda militarista  e del disincanto) “the cool middle point between illusion and disillusionment[93].

Voglio citare sopra tutti un libro della WWII in cui i temi del “disillusionment” della mancanze di “romanticism”, della demitizzazione del coraggio, del “ideological vacuum” - propri della letteratura della WWI – sono assenti, ed invece  risplendono i temi opposti (di cui è pieno LothR) : Le Lettere dei Condannati a Morte della Resistenza Europea.[94] É questo un libro edito nel 1954 (l’anno di Lothr!) in Italia raccogliendo gli ultimi scritti - indirizzati ai famigliari e agli amici - di combattenti antihitleriani Albanesi, Austriaci, Belgi, Bulgari, Céchi, Danesi,. Francesi, Tedeschi, Greci, Italiani, Jugoslavi, Norvegesi, Olandesi, Polacchi, Romeni, Russi, Ungheresi.

La prefazione a questo libro fu scritta da Thomas Mann[95], di cui qui vorrei citare alcune righe : “Tutti credono nel futuro, questi morenti, essi non possono fare a meno di credere che la loro morte feconderà benefica il futuro e che, se scendono così giovani nella tomba, è ‘Per fare terriccio’ : ‘Sai , papà, è bello morire nella speranza di un futuro migliore per l’umanità intera; ‘Credo che dopo questa guerra comincerà una vita di felicità’ /.../Una costellazione fatale sovverte la democrazia e la spinge nelle braccia del fascismo, che essa ha abbattuto solo per aiutarlo, non appena a terra, a risollevarsi in piedi [Mann qui si riferisce al maccartismo]/.../Sarebbe vana, dunque, superata  e respinta dalla vita, la fede, la speranza e la volontà di sacrificio d’una gioventù europea, che, se ha assunto il bel nome di Résistance, della resistenza internazionale e concorde contro lo scempio dei propri paesi, contro l’onta di un’Europa hitleriana e l’orrore di un mondo hitleriano, non voleva semplicemente ‘resistere’, ma sentiva di essere l’avanguardia di una migliore società umana? Tutto ciò sarebbe stato invano? Inutile, sciupato il loro sogno e la loro morte? No, non può essere. Non c’è stata idea per cui gli uomini abbiano combattuto e sofferto con cuore puro, e abbiano dato la vita, che sia andata distrutta. Non c’è idea che non sia stata realizzata,  a costo di contrarre tutte le macchie della realtà, ma acquistando la vita. Era un pensiero infantile,il pensiero di un diciannovenne ‘che dopo questa guerra comincerà una vita di felicità’. La terra non è la sede della felicità e della moralità pura, e meno che mai può diventarlo attraverso la guerra – e sia pure la guerra più giusta e più necessaria. Ma l’impulso ad avvicinare la vita umana al bene, a ciò che è conforme alla ragione e voluto dallo spirito, è un compito imposto dall’alto, che nessuno scetticismo può infirmare, a cui nessun quietismo può sfuggire”.[96]

 

Conclusioni

Vorrei sottolineare che quanto detto qui sono solo ipotesi di ricerca che richiedono - per noi o per altri studiosi – più tempo e lavoro futuro per trovare convincenti dimostrazioni (o confutazioni). Per concludere riepilogo tali ipotesi :

-              JRRT si ispira prevalentemente alla WWI per il SIL e prevalentemente alla WWII per il LothR

-              JRRT in part consciously, in part unconsciously - cerca di occultare la seconda ispirazione, a causa delle sue personali opinioni politiche di cittadino e a causa di alcune sue peculiarità psicologiche

-              Ma il LothR presenta una somiglianza di atmosfera morale con altre opere letterarie degli anni della WWII e del decennio successivo ad essa.

-              Non bisogna “iurare in verba magistri”, cioè “santificare” JRRT, così come nessun altro autore o persona.  La difesa della sua opera letteraria da parte  di chi – come anche noi -  molto la ammira costituisce un giusto contrappeso alla ostilità di molti critici “mainstream”. Però bisogna cercare di essere equanimi, e, in specifico, non bisogna unire in un confuso amalgama i vari aspetti della sua personalità : poeta, uomo di fede, cittadino, padre, marito, filologo, insegnante, critico letterario, filosofo, amico.

-              Quando si rifiuta l’influenza della storia politica presente (o della psicologia del profondo) nella creazione artistica di uno scrittore,  lo si fa, forse,  perchè si ha paura che - se si ammettesse tale influenza – così facendo si negherebbero o sottovaluterebbero influenze di altro tipo : quelle della storia politica antica, della letteratura, dell’arte, della filosofia e della religione. Ma bisogna così  rispondere a tale paura: una influenza non esclude le altre! Tra i tanti libri usciti dalla WWII LothR è unico ed inconfondibile perchè solo JRRT era grande studioso e amante della letteratura medievale, e assieme affascinato dalle lingue naturali e artificiali, e amante del “mode” fantastico, e capace di raccontare storie ai bambini, e vaccinato dal pregiudizio minimalista e materialista del modernismo letterario a lui contemporaneo, e veterano della WWI, e profondamente cattolico, e bambino orfano di entrambi i genitori, e inclinato alle speculazioni filosofiche, e amante dei club e dell’amicizia maschile, etc. Il Raggruppamento di tutte  queste (e altre)  caratteristiche è unico, e dovrebbe sconsigliare qualsiasi riduzionismo interpretativo.E in tale Raggruppamento qui voglio aggiungere  e valorizzare  il fatto che JRRT sia  stato testimone emotivamente partecipe del grandioso dramma della WWII. D’altra parte, alla stessa maniera con cui sarebbe deludente un riduzionismo critico di tipo politicistico o psychological, sono deludenti  anche altri riduzionismi coi quali si vorrebbe via via identificare (e limitare!)  JRRT e il LothR al neomedievalismo, al genere fantasy, al cattolicesimo, all’estetismo, all’ecologismo, etc.

 



[1]                      Tolkien and the Great War; New York, Houghton Mifflin, 2003, p. 223

[2]                      Ibidem, p. 309.

[3]                      Christopher Tolkien in JRRT, The Return of the Shadow (RothS), HoME 6, HarperCollins, London, 1993, pp. 11,461

[4]                     vedi lo stesso Shippey nel suo libro Tolkien Author of the Century, Houghton Mifflin, New York, 2000,  il libro citato di Garth, e il libro di Janet Brennan  Croft, War and the Works of JRRT, Praeger Publishers, 2004.

[5]                        Vedi il lavoro di Tom SHPPEY, J.R.R. Tolkien: autore del secolo; Milano, Simonelli, 2004; il libro già citato di John Garth e Jane BRENNAN CROFT; War and the Works of J.R.R.T.; Praeger Publisehrs, 2004.

[6]                        Tolkien a W.H. Auden, 7 giugno 1955; in J.R.R. TOLKIEN; La realtà in trasparenza. Lettere; Milano, Bompiani, 2001; pg. 239. Ho rimaneggiato la traduzione per rendere maggiormente il senso dell’originale inglese: “such knowledge as hi has and such criticism of life as he knows it, under mythical and legendary dress.”

[7]                        Ivi, pp. 91, 96 e 99.

[8]                        Vedi J.R.R. TOLKIEN, The History of Middle-Earth (d’ora in poi HOME); part One, vol. V: The Lost Road and other writings; London, HarperCollins, 2002; pg 228 e IDEM, Il Silmarillion; Milano, Bompiani, 2000; pg. 79.

[9]                        J.R.R.T.; Il Silmarillion; op. cit.; pg. 78.

[10]                      Ibidem, pg. 97.

[11]                      Lo stesso Kipling, tuttavia, si avvicinerà molto alle posizioni di Tolkien negli anni precedenti la guerra, con libri come Pook of Puck’s Hill (1906) e A History of England (1911), nei quali indica i valori tradizione dell’”inglesità” e dipinge la Storia come una sorta ci ciclica e incessante lotta della civiltà contro la barbarie. Durante e dopo la Grande Guerra, Kipling assume un tono più problematico e anche tragico nelle sue opere in prosa e nelle sue poesie, un tono di disillusione e amarezza più affine alle poesie di Wilfred Owen o Sassoon che alle esortazioni di Tolkien a recuperare la speranza e continuare la lotta. Un confronto tra le opere di Tolkien e Kipling darebbe sicuramente risultati molto interessanti.

[12]                      Su questo tema vedi J.R.R. TOLKIEN, La realtà in trasparenza; op. cit.; pg. 166; J. GARTH, Tolkien and the Great War; op. cit.; pp. 220-223; Colin DURIEZ; Tolkien and C.S. Lewis: the Gift of Friendship; Mahwah, New Jersey, Hidden Spring, 2003; pg. 200.

[13]                      Cito naturalmente le parole di Elrond al Consiglio, in J.R.R.T.; Il Signore degli Anelli; Milano, Bompiani, 2004; pg. 280.

[14]                      “Io scrivo cose che possono essere classificate come storie (...) perché, se non applico una definizione troppo pomposa, trovo che le mie riflessioni sul mondo siano espresse più facilmente e più naturalmente in questo modo.” Tolkien a Walter Allen; aprile 1959; in La realtà in trasparenza; op. cit.; pp. 335-336.

[15]                      Queste tematiche sono state esaminate in dettaglio da John Garth nel citato volume Tolkien and the Great War, specialmente nel postcriptum “One who dreams alone”, pp. 287-313.

[16]                      Scrive Stuart Lee “Al contrario della Seconda Guerra Mondiale, che più facilmente rientra nella definizione di “giusta guerra” come scontro fra bene e male, la Prima Guerra Mondiale appare come un conflitto i cui obiettivi si persero ben presto per strada”; vedi Introduction to First World War Poetry, 1996, nel sito http://www.oucs.ox.ac.uk/ltg/projects/jatp/tutorials/intro/

[17]                    Introduction to First World War Poetry, 1996, su http://www.oucs.ox.ac.uk/ltg/projects/jtap/tutorials/intro/

[18]                     nella extended version del suo film The Fellowship of the Ring

[19]                      intervistato da Steven D. Greydanus su http://www.decentfilms.com

[20]                   The Fellowship of the Ring , “The Observer”, December 16, 2001

[21]                    The Lord of the Hobbits in Zimbardo – Isaacs (editors), Understanding the Lord of the Rings, Houghton Mifflin, New York, 2004, p. 26

[22]                    su http://pages.prodigy.net/aesir/index.htm , recensendo Inventing the Middle Ages: The Lives, Works, and Ideas of the Great Medievalists of the Twentieth Century, by Norman F. Cantor, William Morrow and Company,1991

[23]                    su “Le Monde Diplomatique” , dicembre 2002, citato da Ray Cassin, Just give me that old-time mythology January 5 2003 su ww.theage.com

[24]        The Struggle of Good against Evil, March 2002,  su http://www.socialistreview.org.uk/

[25]                  su www.compassionatespirit.com . E continua : “But just how does Tolkien do this? Explanations as to how this is done often come up short. People have tried to identify Sauron with Hitler, and you might try to draw an analogy between the Hobbits, the humans, and the Western democracies, but these kinds of crude comparisons generally fall flat. /.../What Tolkien does is to evoke the social context of a great crisis, and that is what makes LOTR "feel" like the Second World War. Social relationships in a time of crisis are fundamentally different from social relationships at other times. It is not at the level of the individual, but at the level of society, that the vividness of the struggle between good and evil is brought to light. /.../ But even more bizarre is how Tolkien would have to dispose of the Orcs. In real life, Germany and Japan became some of American's closest allies. /.../The enemies of the Shire must not merely be vanquished, they must be destroyed or at least completely isolated. They are of an alien race. /.../Tolkien cannot be accused of simple racism here: clearly there are some races in Middle Earth, such as humans and Hobbits, which can co-exist; there are others, such as elves and dwarfs, which are antagonistic to each other but which can learn to cooperate. /.../However, we can see in the LOTR myth a reflection of the way in which the Nazis saw the world. For these other races of beings in LOTR are simply inherently different. And what makes the evil nations in LOTR evil, is not that they have chosen evil, but that they are evil. This is exactly how the Nazis saw their racial enemies. There was nothing specifically immoral with them, but -- like termites or rats -- they simply had to be destroyed. /.../LOTR does not merely represent in mythical form how we saw the Second World War. It also represents, in mythical form, how many Germans saw the Second World War (with a different ending, of course). In fact, in this respect it probably represents the German point of view better than it does that of the Western Allies.”  Consiglio la lettura integrale di questo saggio.

[26]                    Charles W. Nelson, The Sins of Middle-earth : Tolkien’s Use of Medieval Allegory, in JRRT and His Literary Resonances, (editors G. Clark and D. Timmons), Westport, 2000, p. 86.

[27]                    Tolkien. A Cultural Phaenomenon, Palgrave Macmillan, London, 2003, p. 163.

[28]                    Email a Franco Manni del’11 Luglio 2005

[29]                  The Legendary War and the Real One. LothR and the Climate of its Times, “Mallorn: The Journal of the Tolkien Society”, 1989, p. 17.

[30]                    Author, cit, pp.165-166. Per quanto Shippey, se vede la influenza della guerra in LothR, però non è d’accordo con noi nel vederla come prevalente rispetto alla WWI : “As regards WWI and WWII, I am reminded of a piece by my friend John Bourne (a history professor at Birmingham) in which he remarks that to people of his and my generation, attitudes to WWI were coloured by attitudes to WWII - the two wars were usually contrasted along the lines stated by Jackson. But much of this is not true. For one thing, WWII strikingly failed to reach its stated goals, the liberation of Poland, and some would say - Tolkien probably among them - succeeded only in replacing one awful tyranny by another. Was Hitler worse than Stalin? Hard to say. WWI by contrast did succeed in breaking up the German and Austro-Hungarian empires, which could have been beneficial (though of course things went badly wrong later). Perhaps we should regard the two wars as merely two phases of the same war.” (email a Franco Manni del 13 Gennaio 2005).

[31]                    Praeger, Westport, Connecticut, 2004, 174 pp.

[32]                    J. Croft, War , cit., p. 58,

[33]                    ibidem. Croft writes that to follow (without having read the HoME) the “ipsissima verba”  of JRRT in the  Foreword : “It was begun soon after The Hobbit was written and before its publication in 1937”.

[34]                    Author, cit, p.xxxi.

[35]              See Churchill’s words (January 20, 1940, Broadcast, London) : “ Very few wars have been won by mere numbers alone. Quality, will power, geographical advantages, natural and financial resources, the command of the sea, and, above all, a cause which rouses the spontaneous surgings of the human spirit in millions of hearts-these have proved to be the decisive factors in the human story. If it were otherwise, how would the race of men have risen above the apes; how otherwise would they have conquered and extirpated dragons and monsters; how would they have ever evolved the moral theme; how would they have marched forward across the centuries to broad conceptions of compassion, of freedom, and of right? How would they ever have discerned those beacon lights which summon and guide us across the rough dark waters, and presently will guide us across the flaming lines of battle towards better days which lie beyond?” These “beacons” to me remember those ones light in between Gondor and Rohan!

 

[36]                    H.umphrey Carpenter, JRRT. A Biography, HarperCollins, London, 1977, p. 185 ; JRRT, RothS, cit, p. 11 .

[37]                    Letters, cit, n°31

[38]                    Letters, cit, n°33 ; RothS, cit., p. 109

[39]                    RothS, cit, p. 110.

[40]                    Ibidem, p. 189.

[41]                    Ibidem, p. 309.

[42]                    Ibidem, p. 370

[43]                    Ibidem.

[44]                    Ibidem, p. 461

[45]                    fu così chiamata (in francese “drole de guerre”) quella fase della WWII tra il 3 Settembre del 1939 e il 10 Maggio dl 1940 in cui Francia e Inghilterra , pur essendo in guerra con il Reich, però non erano ancora state attaccate.

[46]                    Vedi cosa scrive Christopher in The Treason of Isengard, HoME 7, 1993, p. 192.

[47]                    Ibidem, p. 1

[48]                    Letters, cit, n°53

[49]                    vedi cosa scrive Christopher a p. 234 di JRRT, The War of the Ring, HoME n° 8 HarperCollins, London, 1992.

[50]                    Alex Lewis and Elisabeth Currie, The Forsaken Realm of Tolkien, Medea Piblishing, Wimbledon, 2005, pp. 144-181

[51]                    il 29 Maggio 1945 scriveva “But at least the Americo-Russian War won’t break out for a year yet” : Letters, cit, n°100.

[52]                    Letters, cit., n°106.

[53]                    Sauron Defeated, HoME 9, 1993, pp. 12-13 ; Humphrey Carpenter , JRRT. A Biography, HarperCollins, London, 1977, p. 207 ; Letters, cit.,n°117.

[54]                    Following Gandalf. Epic Battles and Moral Victory in The Lord of the Rings, Brazos Press, Grand Rapids, 2003, p. 54.

[55]                    Ibidem, pp. 55, 69.

[56]                    Tolkien and the Great War, cit., p. 223.

[57]                    Jrrt, TLothR, Unwin Paperbacks, London, 1986, p. 260.

[58]                    Ibidem, p. 912

[59]                      Strange Defeat: A Statement of Evidence (1940), 1946

[60]                  Winston S. Churchill, Unrelenting Struggle, p. 363

[61]                    LothR, cit., 856.

[62]                    Author, cit., p. 152

[63]                    LothR, cit., pp. 564-5.

[64]                    Humphrey Carpenter, JRRT. A Biography, HarperCollins, 1992, p.197

[65]                    Tolkien, cit., p. 191.

[66]                    Defending Middle-earth. Tolkien : Myth and Modernity, HarperCollins, London, 2004, especially the first two chapters.

[67]                    Tolkien, cit., p. 166.

[68]                    LothR, cit, p. 913.

[69]                    Letters, cit., n°183

[70]              Presto, ma non subito:  Christopher scrive (RothS, cit., p. 189) che nell’Ottobre del 1938: “If the nature of the Ring, in its effects on the bearer was now fully conceived, there is as yet no suggestion that the fate of Middle-earth lay within its circle”. Infatti l’idea iniziale (vedi il capitolo Of Gollum and the Ring in RothS, pp. 73-87) di JRRT era distruggere l’Anello, cioè un anello malvagio sì, ma solo uno tra i tanti anelli del potere, che soggioga il portatore al malvagio Lord of the Rings, ma causando in primo luogo una tragedia individuale (secondo una concezione etica individualistica, di tipo ellenistico), non una tragedia per la Terra di Mezzo (secondo una concezione etica comunitaristica, di tipo giudaico-cristiano). Ma poco tempo dopo (in RothS, p. 220 Christopher scrive di non potere dare una datazione esatta) emerge la concezione del Ruling Ring cruciale per il destino del mondo (RothS, pp. 226-227).

[71]                    Janet Croft (War and the Works, cit., p. 140) analizza questo testo di JRRT ma – data la sua convinzione generale – non riesce a vedere la connessione e il cambiamento rispetto ai giudizi sulla WWII da lui espressi negli anni precedenti.

[72]                    Inventing the Middle Ages. The Lives, Works and Ideas of the Great Medievalists of the Twentieth Century, William Morrow, New York,  1991, pp. 230-231

[73]                    The Inklings, Biography, Letters.

[74]                                                                                                                                                                                                                                                                                See (if you have any interest in it, of course!) : Sigmund Freud, Mourning and Melancholia, 1915 ; Melanie Klein, Mourning and its Relation to Maniac-Depressive States (1940) in Contributions to Psycho-Analysis 1921-1945, The Hogarth Press, London, 1948 ; .Ronald Fairbairn, Endopsychic Structure Considered in Terms of Object Relationship (1944) in Psychoanalytic Studies on Personality, Tavistock Publications, London, 1952 ; Roger Money-Kyrle, The World of the Unconscious and the World of Common Sense (1956) in The Collected Papers of Roger Money-Kyrle, Clunie Press, Pertshire, 1978 ; Donald W. Winnicott, The Maturational Processes and the Facilitating Environment. Studies in Theory of Emotional Development, The Hogarth Press, London, 1965 ; John Steiner, Psychic Retreats, Routledge, London, 1993.

[75]                    RothS, cit., pp. 108-109.

[76]                    Vedi in RothS la tormentatissima redazione di A Long-expected Party (il primo capitolo di LothR.), in cui continuamente i ruoli di Bilbo e di Bingo-Frodo mutano, si scambiano, confondono e così le loro motivazioni e la relazione che li unisce.

[77]                    LothR, cit., p. 45.

[78]                    Letters, cit., n° 45.

[79]                    Letters, cit., n° 53.

[80]                    Letters, cit., n°45

[81]                    War and the Works, cit., p. 145.

[82]                    See  John Garth, Tolkien and the Great War, cit.

[83]                    Letters, cit., n° 73.

[84]                    The Uncharted Realms of Tolkien, Medea Publishing, Wimbledon, 2002, pp. 68-147.

[85]                  Ian McKellen: “ I'm really taken by the fact that when Tolkien was writing Lord of the Rings during the Second World War, that Tolkien's own son Christopher was serving in Europe, fighting the ultimate evil”. E a me vengono in mente le parole di Churchill alla House of Commons del 4 June 1940 : “There never has been, I suppose, in all the world, in all the history of war, such an opportunity for youth. The Knights of the Round Table, the Crusaders, all fall back into the past-not only distant but prosaic; these young men, going forth every morn to guard their native land and all that we stand for,/.../ deserve or gratitude”.

[86]                  A. Lewis :  Yes, the sentence in Tolkien's Foreword is a real conundrum: The problem we have is as follows: a) is JRRT talking about LotR in both the first part of the sentence and the second? If so, then the 'war' he is conducting and reporting is the War of the Ring, perhaps the progress of Aragorn and other Fellowship members. b) is JRRT talking about something else in the first part of the sentence, and LotR in the second part only? This is NOT the usual read given by most scholars (who seem to assume JRRT is only discussing LotR - however that is difficult to sustain as an argument, for Tolkien when talking about allegory, gives an example of how the War of the Ring is not similar to the real war WW2 and how it would have played out if he had meant to write an allegory).” (email to me , 22 July 2005) , C. Garbowski : “I myself don't really see any other meanings to the passage you are wondering about than the one that is at the surface: that Tolkien had got up to the Siege of Gondor / Battle of Pelennor Fields on the one hand, but had got behind on the Frodo/Sam strain. In other words he had written the easier stuff before getting down to the more difficult work” (email to Franco Manni, 26  July 2005)

[87]                    email to Franco Manni , 24 July 2005.

[88]                    Vedi la carrellata di Carpenter, Biography, cit., pp. 200-203.

[89]                    The Inklings, George Allen & Unwin Publishers, London, 1978.

[90]                    Author, cit., p. 220.

[91]                    War and the Works, cit., pp. 62-63.

[92]                    Tolkien, cit., pp. 287-313

[93]                    Ibidem, p. 312.

[94]                  a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli, Einaudi , Torino, 1954, 816 pages.

[95]                    Questa  Prefazione è del Marzo 1954 ; nel 1944 Thomas Mann era diventato cittadino degli USA.

[96]                    Le Lettere dei Condannati a Morte, cit., pp. XIV-XV, il corsivo è aggiunto da me.

 

 

 

 

 

 

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