Franco Manni

 

 

Croce discusso dai neoscolastici

 

in Studium, maggio - giugno, 1987

 

 

 

 

Benedetto Croce nel campo degli studi filosofici fu un "modernista", nel senso che i suoi Autori erano quelli della Età Moderna: Machiavelli, Campanella, Cartesio, Leibniz, Vico, Kant, Hegel, e non era affascinato né dalla Età Antica né dal Medio Evo.

In Italia quella corrente filosofica novecentesca chiamata "neoscolastica" (il cui impulso teorico era stato dato dalla Aeterni Patris di Leone XIII e quello pratico dalla Università Cattolica di padre Gemelli), che invece studiava Platone, Aristotele, Tommaso d'Aquino , Duns Scoto, il Suarez e il card. Caietano, era rappresentata da persone che - come tutti i filosofi di quel periodo - erano fortemente in contatto col pensiero di Benedetto Croce... come seguaci, come critici, come nemici.

In questo mio scritto racconto la discussione della filosofia crociana fatta da alcuni neoscolastici italiani degli anni Venti-Quaranta (mons. Olgiati, padre Chiocchetti, mons. Tredici, padre Luigi Di Rosa, M. Collalto. P. T. Bartolomei), e in questo racconto emergono alle somme vari gradi di incomprensione e di rifiuto.

Io però conosco quella che dei neoscolastici italiani mi sembra il migliore filosofo, e cioè Sofia Vanni Rovighi, che in un periodo successivo (e cioè negli Anni Cinquanta e Sessanta), la quale mantenne (forse in parte anche per questioni di "scuderia") il rifiuto ma non certo mancò di comprensione e, io credo, accolse anche in pieno il messaggio più profondo del crocianesimo: fare filosofia teoretica attraverso la continua diuturna lettura, meditazione, discussione dei Classici della Storia della Filosofia, col proposito di rivolgersi a tutti (al "non-filosofo", all'uomo della strada, avrebbe detto Croce) e non in primis e soprattutto agli specialisti della Accademia.

 

 

 

 

 

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