La basilica di San Lorenzo in Lucina e la cappella Lovatti a Roma Cenni storici e artistici, con l'elenco aggiornato delle persone illustri seppellite in basilica
La basilica
sorge sul luogo del martirio del santo, morto durante le persecuzioni di
Valeriano nel 258 d.C. La zona era anticamente
occupata dal Campo Marzio settentrionale, un'area pianeggiante di origine
alluvionale, fra il Tevere e il Pincio, dove l’imperatore Augusto vi
aveva fatto erigere il proprio Mausoleo, nel 29 a.C. e l’ARA PACIS
AUGUSTAE, nel 9 a.C., come esaltazione alla propria gloria dinastica e per
la pace ottenuta; anche Adriano, imperatore tra il 119 e il 138 d.C., vi
fece fare lavori. Qui sorgeva un vero e proprio quartiere, con un’insula,
di cui oggi, visitando la parte sotterranea della Basilica attuale, si
possono vedere i resti. Questa zona è visitabile solamente l’ultimo
sabato del mese. La
basilica, costruita per volere di Sisto III [432-40], venne
restaurata durante il pontificato di Pasquale II nel 1281-87 ed in
seguito nel 1606, quando la chiesa venne affidata ai Chierici Regolari
Minori. L'altare maggiore è opera di Carlo Rainaldi. Dietro è collocato il famoso crocifisso di Guido Reni, mentre il coro è decorato con Vergine e santi di Placido Costanzi. La pala di Guido Reni (1575-1642) fu dipinta tra il 1637 e il 1638 e donata dalla marchesa Cristina Duglioli Angelelli di Bologna, morta nel 1669, come disposto dal suo testamento. Lungo la navata sinistra si aprono sei cappelle. La prima è il battistero, opera di Giuseppe Sardi [1721]. Nella seconda, dedicata a San Carlo Borromeo, la pala d'altare San Carlo porta in processione il chiodo della croce (1618) è di Carlo Saraceni (1585-1625), insigne e maggior discepolo di Caravaggio (è l'autore del celebre Transito della Vergine del 1610, nella chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere, che sostituì La morte della Vergine di Caravaggio, rifiutato dai carmelitani, ora al Louvre di Parigi) . Nella quarta cappella, dedicata a San Giuseppe, la pala d'altare è di Alessandro Turchi (1578-1649) e raffigura la Sacra Famiglia, mentre sulla parete sinistra vi è la tomba col busto marmoreo del cardinale Carlo Cremonesi (1866-1943), titolare della basilica dal 19 dicembre 1935 alla morte. Questa cappella era la Cappella Gentilizia dei principi Ottoboni Duchi di Fiano (la famiglia di Papa Alessandro VIII) che l'ebbero, con Breve pontificio, in "concessione perpetua" (è ancora visibile, in alto all'ingresso, il loro stemma). Nel 1943 la Cappella è stata snaturata dalla originaria destinazione per divenire il sepolcro del cardinale Cremonesi ed è stata rivestita di marmi verdi, che hanno coperto le lapidi dei defunti Ottoboni. Nella quinta cappella, intitolata a San Francesco d'Assisi e a Santa Giacinta Marescotti (1585-1640), la pala d'altare Morte di S. Giacinta Marescotti (1736) è di Marco Benefial (1684-1764), sulla parete di sinistra La tentazione di San Francesco, e su quella di destra La vestizione di San Francesco entrambi di Simon Vouet (1590-1649) dipinti nel 1624, come gli affreschi della volta.
Sotto la Chiesa
l'area archeologica che permette di ricostruire le fasi edificatorie e le
vicissitudini storiche della stessa. Accanto alla Sagrestia, si trova un
corridoio, antistante la sala parrocchiale, detta Laurentina, che dà
l'accesso ai sotterranei, portati alla luce da lavori di scavo. Le tracce
concrete che si possono vedere proprio in corrispondenza della navata
centrale e della sua parte meridiana sono in primo luogo un vano pavimentato
a mosaico bianco e nero con disegni geometrici, tipici del II secolo d.C.,
mentre il muro perimetrale dell'abside poggia su di un rettilineo, di epoca
precedente, affrescato con elementi vegetali e spartizione della parete con
larghe fasce.
Una di queste residenze era di proprietà di una certa Lucina, che
aveva fornito ospitalità alle prime comunità cristiane per le loro
riunioni,e nell'abitazione stessa si sarebbe tenuta, probabilmente,
all'incirca nel 366 d.C., l'elezione di Papa Damaso,che aveva come
segretario niente meno che S. Girolamo, Padre della Chiesa. In
seguito, il luogo fu adibito o trasformato in chiesa. Della prima basilica
abbiamo notizia nel Liber Pontificalis, riguardo alla vita di Sisto
III, papa da 432 al 440 dove si legge che egli fece anche una basilica
dedicata a San Lorenzo, con la concessione dell'imperatore Valentiniano II,
basilica di cui abbiamo pochissime notizie. Di essa, si possono vedere: le
tre soglie, poggianti sui resti dell'insula, ai quali si sovrappone la
facciata odierna, che mantiene una sola delle tre porte originarie; le
strutture corrispondenti alle tre navate originarie e al rialzamento del
pavimento della basilica nel XVI secolo; il muro di fondazione della navata
centrale in mattoni e tufelli.
|
Papa Benedetto
II, dal 684-685, intraprese dei lavori di restauro e donò dei paramenti
alla Chiesa di San Lorenzo "qui appellatur lucinae" (ovvero:
"che si chiama di Lucina"), dal quale si evince che era già
nota questa nomea. Seguirono in vari secoli, molti interventi sull'
edificio e donazioni da parte dei papi. Dai documenti storici vengono
annotate anche due inondazioni della Chiesa, dovute allo straripamento del
Tevere nella metà del IX secolo. Nel portico antistante la chiesa una
lapide indica il livello raggiunto dalla piena. Nel 1084 la chiesa subì saccheggi da parte dei Normanni guidati da Roberto il Guiscardo, a seguito dei quali furono eseguiti ampi lavori di ristrutturazione nel secolo successivo. Nel 1103 l'antipapa Anacleto II dedica la Chiesa il 25 maggio e depone le reliquie di Alessandro e altri martiri nell'altare maggiore. Nel 1112 il papa Pasquale II depone numerose reliquie della Chiesa: la graticola, che proveniva da un vecchio altare della Chiesa, viene portata presso l'altare maggiore; le reliquie di San Ponziano e i suoi compagni martiri dell'Acquatraversa e molte altre. Sulla cattedra Papale, che oggi è nascosta da una porta del coro dietro l'altare maggiore, c'è un'iscrizione dell'antipapa Anacleto II, che afferma che papa Pasquale II aveva fatto levare la graticola da un vecchio altare, con due ampolle di sangue e che il vescovo Leone Ostiense aveva ricollocato il tutto sotto questo nuovo altare e questa è la più importante testimonianza della ristrutturazione medievale della Chiesa. Quando nel 1606 venne data in custodia all'Ordine dei Chierici Regolari Minori di San Francesco Caracciolo, la basilica, da paleocristiana, si trasformò in barocca: furono rialzate le mura e il tetto della navata centrale; le cappelle laterali furono allestite gradualmente e furono tutte completate nel 1779. In breve, attorno alla metà del XVII secolo l'interno fu completamente trasformato da Cosimo Fanzago, che trasformò la chiesa in un aula a navata unica e ridusse le navate laterali a cappelle gentilizie (notevole la "Cappella di San Giuseppe" concessa "in perpetuo" alla famiglia degli Ottoboni Duchi di Fiano e distrutta nel 1943 dal Carlo Cremonesi per farne il suo sepolcro). Un ulteriore restauro del XIX secolo eliminò le decorazioni in stile barocco lasciando in opera solo il pulpito. Nel 1800, sempre a causa della persistente
umidità, venne condotto un nuovo restauro durato il quale fu
completamente rifatto il soffitto e furono costruite due nuove Cappelle ai
lati del presbiterio. Dopo il 1870, con l'Unità d'Italia, la Chiesa
passò al Fondo per il Culto e dal 1906 è gestita dal clero secolare
della diocesi di Roma.
|
L'ingresso della Chiesa
oggi è costituito da un portico con sei colonne di granito con capitelli
e basi, sormontato da un'architrave realizzata da un enorme colonna
scanalata antica, di reimpiego, mentre il coronamento con frontone
triangolare e modanature è più alto perché corrisponde al rialzamento
dei muri della navata centrale effettuato nel 1643. In questo portico di
ingresso sono state collocate varie iscrizioni e rilievi ritrovati a più
riprese nell'area di scavo, tra il 1927-28.
Nella visita della chiesa si possono seguire tre itinerari.
- Itinerario Mariano.
Molti i riferimenti alla Vergine in questa Basilica, che è impossibile
descrivere tutti. Sulla volta si hanno scene che raccontano fatti della
vita di Maria attribuite a Simon Vouet (1590 -1649), che raffigurano la sua
Nascita (episodio tra l'altro non descritto nei Vangeli Canonici, ma solo
negli Apocrifi), l' Annunciazione, la Presentazione al Tempio,
l'Assunzione. Abbiamo una Annunciazione, di Ludovico Gimignani, allievo
del Reni, copia dipinta nel 1664 sull'originale di Guido Reni conservato
nella cappella omonima al Quirinale. Sicuramente l'immagine più in vista
è quella presente nella Cappella dell'Immacolata, che risale al XIX sec.
e
che si ritiene eseguito nella circostanza della proclamazione del dogma
dell'Immacolata Concezione da parte di papa Pio IX. L'autore si è
ispirato alla visione descritta nel libro dell'Apocalisse 12,1 "Nel
cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna
sotto i suoi piedi". Nella quarta cappella sul lato destro è quella
dell'Annunziata, che ha sculture eseguite da Gian Lorenzo Bernini per
incarico di Gabriele Fonseca, un'illustre medico che al tempo era
proprietario della cappella stessa. Un dipinto curioso della Vergine lo si
può osservare al di sopra della cappella di San Francesco d'Assisi e
Santa Giacinta Marescotti, intitolato Madonna delle Grazie, attribuito a
Girolamo Siciolante da Sermoneta (1521 1575), eseguito con una tecnica
piuttosto rara, olio su ardesia. Sul capo della Vergine risplende una
corona di stelle, notiamo il volto dolce e sorridente di Maria che ha le
braccia sollevate e le tre dita allargate, curiosa iconografia
-
Itinerario
laurentino, cioè relativo a San Lorenzo martire, il titolare della
Chiesa. San Lorenzo fu il primo dei sette diaconi di Roma, che secondo la
tradizione subì il martirio durante la persecuzione dell'imperatore
Valeriano, che nel 258 d.C. aveva ordinato l'uccisione di vescovi, preti e
diaconi cristiani con relativa confisca dei loro beni. Il 10
agosto San Lorenzo è martirizzato e padri della Chiesa come
Sant'Agostino, Sant'Ambrogio e San Prudenzio ci hanno tramandato che subì
il supplizio della graticola. La Tradizione vuole che questo strumento sia
presente nella Basilica: sotto l'altare della cappella Lovatti è visibile l'urna contenente la
reliquia della graticola, mentre il reliquiario con le catene di San
Lorenzo è conservato nel Museo parrocchiale. Il 18 luglio 1910 si celebrò il funerale del padre di mons. Domenico Tardini, che sarà cardinale dal 1958 e Segretario di Stato di Giovanni XXIII. Così lo ricorda Tardini nel suo diario: "La Chiesa di S. Lorenzo in Lucina era discretamente popolata: in enorme maggioranza eran seminaristi e amici miei. La musica fu eseguita dai migliori cantori di Roma: li avevo chiamati io, avevo stabilito io il programma. L'accompagnamento funebre fu fatto da un certo numero di cappuccini e con una qualche solennità..." Il 18 marzo 1928 nella chiesa si celebrò la consacrazione episcopale di mons. Pietro Ciriaci, che sarà cardinale dal 1953 e titolare di S. Lorenzo in Lucina dal 1964 alla morte. Mons. Ciriaci fu consacrato vescovo dal card. Pietro Gasparri, Segretario di Stato vaticano, concelebranti mons. Carlo Cremonesi e mons. Agostino Zampini.
la crocifissione di Guido Reni, pala dell'altare maggiore
La cappella Lovatti La prima cappella a destra fu concessa alla famiglia Lovatti sotto il pontificato di Pio IX alla metà del XIX secolo. Nel secolo XVII era stata posta sotto la protezione della famiglia Monatana. L'originaria decorazione seicentesca della cappella, opera di Tommaso Salini (1575-1625), Giovanni Baglione (1573-1643), e Giovanni Battista Speranza (1600-1640), purtroppo non si è conservata. Nella cappella sono collocate le tombe di Clemente (1779-1860), Matteo (1769-1849) ed Edmondo (1845-1855) Lovatti e quella del card. Pietro Ciriaci. La pala dell'altare della cappella Lovatti è di Sigismondo Rosa (mediocre allievo di Carlo Maratta e di Tommaso Chiari), dipinta nel 1716, e raffigura Lucina mentre presenta la pianta della chiesa a San Lorenzo. Sotto la mensa dell'altare è posta un'urna del XVIII secolo che contiene i resti della graticola con la quale, secondo la tradizione, Lorenzo fu martirizzato. Sulla parete sinistra della cappella, il dipinto di Giuseppe Creti (XIX sec.) raffigura San Lorenzo che presenta i poveri a Daciano, Prefetto dell'Urbe nel 258, con un esplicito richiamo alla tradizione, secondo la quale Daciano concesse tre giorni a Lorenzo: se avesse consegnato i tesori della chiesa romana, avrebbe avuto salva la vita. Il 10 agosto Lorenzo si presentò al Prefetto seguito da un corteo di poveri e disse: «Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono.» Nella parete destra il martirio di San Lorenzo è rappresentato in un dipinto, sempre di Giuseppe Creti. Pietro
Ciriaci (1885-1966), titolare come cardinale presbitero della chiesa
dal 1964 al 1966, divenne cardinale nel 1953. Laureato in filosofia,
teologia e diritto, sacerdote nel 1909, vescovo dal 1928, insegnò
filosofia al Collegio di Propaganda Fide e al S. Apollinare e poi fu
nunzio in Cecoslovacchia e Portogallo. Il 20 marzo 1954 fu nominato
Prefetto della Sacra Congregazione del Concilio. Partecipò ai conclavi
del 1958 e del 1963 e al Concilio Vaticano II, durante il quale fu
presidente della commissione sulla disciplina del clero e redattore del
decreto conciliare Presbyterorum Ordinis. Prima del Concilio, il
5 giugno 1960, fu nominato da Giovanni XXIII presidente della Commissione
preparatoria del Concilio per la Disciplina del Clero e del popolo
cristiano, che aveva competenza sulla ripartizione del clero, sulla questione dell'inamovibilità dei parroci, la santità
della vita sacerdotale, i precetti ecclesiastici, l'istruzione dei fedeli
e il catechismo, i benefici ecclesiastici, il
patrimonio storico e artistico delle chiese, le confraternite, la
previdenza sociale del clero, le donazioni e l'ordinazione di ministri
convertiti. Mons. Domenico Tardini
lo ricorda nel suo diario quando era nunzio a Lisbona. Il 13 settembre
1934 scrive: " Ragionatore inesauribile e brillante, costruisce tutta
una fantasmagoria di castelli, che sono armonici, attraenti, verosimili...
ma sono castelli in aria. Di ciò Ciriaci non si avvede: egli fila
imperterrito verso l'applicazione pratica di quel che il ragionamento gli
ha così luminosamente suggerito e, quindi, sbaglia apprezzamenti,
rovescia situazioni, scopre inesistenti amicizie o inimicizie, si
preoccupa, si angustia, si agita. E siccome il suo temperamento e la sua
tremenda nostalgia di cui soffre, per quanto voglia nasconderla, lo
portano verso il pessimismo, egli non è mai tranquillo, mai in pace, ma
sempre sul piede di guerra, sempre irrequieto, sempre ansioso, come chi
vede quasi dappertutto trame e insidie. Mettete dunque insieme
intelligenza, vivacità, cocciutaggine, nostalgia, pessimismo,
irrequietezza ed otterrete un Ciriaci , al quale nella realtà della vita
dovrà mancare senz'altro l'equilibrio. [...] Nei miei confronti Ciriaci
è anche questa volta, come sempre, cordiale, caloroso, espansivo."
|
Giuseppe Creti Lorenzo presenta i poveri a Daciano
Giuseppe Creti Martirio di San Lorenzo
Sigismondo Rosa Lucina presenta a Lorenzo la pianta della chiesa
Urna contenente i resti della graticola, sotto la mensa dell'altare della cappella Lovatti
|
Persone seppellite nella basilica:
All'interno
della basilica si trovano alcuni monumenti funebri di varie epoche molto
interessanti tra cui, sul
pilastro dalla seconda e la terza cappella a destra, si trova il monumento
a Nicolas Poussin (1594 –1665). Non si conosce il motivo per cui il pittore
francese venne sepolto proprio in questa Chiesa. Un’altra curiosità è
che venne eretta una lapide, sul suo sepolcro, nel 1823-30, commissionata
da Renè de Chateaubriand (1768-1848), scrittore francese, quando era
ministro di Francia a Roma. La
struttura marmorea è dovuta all’architetto Louis Vaudoyer e consta di
una sorta di ‘edicola’ molto semplice, di colore bianco, in cui il
busto centrale di Poussin è entro un archetto e poggia su una base, al di
sotto della quale è stato inserita una lastra marmorea di colore diverso
(avorio) con una dedica di Chateaubriand a Poussin e un rilievo che
riproduce il quadro del pittore, del 1640,
Les bergers d'Arcadie,
“I Pastori di Arcadia”.
Si
legge chiaramente la scritta “ET IN ARCADIA EGO” . Il rilievo
riproduce, si è detto, un quadro di Poussin, artista attivo a Roma dal
1624 al 1640 e dal 1642 fino al 1665 (data della sua morte). Raffigura tre
pastori e una pastora che sono intenti a leggere l’iscrizione presente
su una tomba antica, che dice, appunto “Et in Arcadia ego” con lo sfondo
di un cupo monte. Il dipinto di Poussin, realizzato tra il 1637 e il 1639,
oggi è conservata presso il Museo
del Louvre di Parigi. Negli anni ’70 si è appurata una curiosa
coincidenza, ovvero che la tomba, uguale per dimensioni e forma e anche
per il contesto paesaggistico,
esiste realmente, presso il villaggio
francese di Arques, nell’Aude. Uno dei colli che si notano, in
lontananza, è quello di Rennes le Chateau, legato ai ben noti misteri che
hanno per protagonista l’abate Sauniere. Poussin
fu certamente influenzato da un quadro di Giovan
Francesco Barbieri, detto il Guercino, che tra il 1618 e il
1622 aveva
dipinto una scena simile; oggi il dipinto è conservato nella galleria di Palazzo
Barberini a Roma.
Pare
che Nicola Poussin facesse parte dell’Accademia Arcadia, una sorta di
Circolo Esoterico, e quindi cosa ci hanno voluto dire, lui e Guercino, con
questi dipinti? E
perché lo scrittore Renè de
Chateaubriand sentì – due secoli dopo la scomparsa di Poussin - di dover
apporre una lastra dedicatoria scegliendo proprio quel tema, tra i molti
quadri che l’artista realizzò? "Trattieni
le pie lacrime, vive in (questa) tomba Poussin che
sembrava non dovesse morir mai. Eppure
egli ora tace; ma se vuoi sentirlo parlare nei
suoi quadri egli è vivo e (da essi) parla" Sappiamo che Chateaubriand
prestò servizio presso la corte di Napoleone, notoriamente
filomassonico e che venne a
Roma
prima come diplomatico al servizio del cardinale Fesch,
ambasciatore a Roma di Napoleone, e poi lui stesso come ambasciatore della
Francia della Restaurazione. Frequentò i pontefici Pio VII, Pio VIII,
Leone XI; tra gli artisti celebrò la memoria di Poussin e ammirò i
capolavori di Canova, oltre a conoscere due pittori, allora alle prime
armi, come Ingres e Corot. Questo collegamento tra Poussin e
Chateaubriand potrebbe essere solo un atto di ammirazione verso il
pittore seicentesco, che Renè avrebbe voluto ricordare apponendo una
lastra dedicatoria sulla di lui tomba, ma da ulteriori ricerche potrebbero
emergere nuovi ed interessanti elementi.
Ricordi di lutti precoci
(N. B. le informazioni su San Lorenzo sono state tratte da vari siti internet, dall'opuscolo di Maria Elena Bertoldi e riassunte. Tranne quelle sulla cappella Lovatti non sono dovute a ricerche specifiche)
|
Palazzo Fiano
palazzo Fiano (p. San Lorenzo in Lucina n. 2-5, angolo via del Corso, n. 405-418) fu la residenza dei cardinali titolari della basilica dalla fine del XIII secolo al 1624
Il
palazzo Fiano prende il nome da Marco Ottoboni (Venezia 1656 - Roma
1725), nipote di Papa Alessandro VIII, che il 18 aprile 1690 fu
nominato dal Pontefice duca di Fiano Romano. Il duca
acquistò il palazzo dalla famiglia Ludovisi. Nel 1624, per disposizione di papa Urbano VIII, il palazzo fu venduto per 36 mila scudi a Michele Peretti principe di Venafro (1577-1631), fratello del cardinale Alessandro. La famiglia Peretti compì diversi lavori di sistemazione e parziale ampliamento del palazzo, tra i quali venne rifatta l'ala su via Lucina con la relativa facciata. Nel corso di tali lavori furono scoperti vari reperti risalenti all'epoca augustea (attualmente uno si trova al Louvre, un altro ai Musei Vaticani); solo nel 1879 l'archeologo tedesco Friedrich von Duhn (1851-1939) stabilì che essi appartenevano alla celebre Ara Pacis fatta costruire dall'imperatore Ottaviano Augusto. Tra il 1903 e il 1905 vennero eseguiti altri scavi che permisero il recupero di altre parti dell'Ara Pacis. L'abate Paolo Savelli Peretti vendette l'edificio a Costanza Ludovisi Pamphilj, moglie di Nicolò Ludovisi principe di Piombino nella seconda metà del Seicento. Il 4 aprile 1723 il Duca Marco Ottoboni acquistò per sé e per i propri discendenti la cappella di San Giuseppe nella adiacente basilica di San Lorenzo in Lucina. Nel 1731 Maria Francesca Ottoboni (1715-1758), figlia primogenita del Duca, sposò il principe Pietro Gregorio Boncompagni Ludovisi (1709-1747), che ottenne con fedecommesso papale il nome, le armi e i titoli degli Ottoboni, compreso il titolo di Duca di Fiano, trasmissibile agli eredi. Le facciate attuali del palazzo furono realizzate nel 1888 dall'architetto Francesco Settimj per conto del duca Marco Boncompagni Ludovisi Ottoboni. Nel 1898 il palazzo fu venduto a Edoardo Almagià. Nel XIX secolo, nel palazzo era in funzione il teatro Fiano, con ingresso da via del Corso 418, nel quale si tenevano spettacoli di marionette. Il teatro è citato anche da Stendhal che vi entrò nel 1817 per assistere ad uno spettacolo di marionette (Stendhal, Roma Napoli Firenze, tr. it., Melita, La Spezia 1982).
tombe della famiglia Lovatti in San Lorenzo in Lucina Maurilio Lovatti - indice degli scritti
|