palazzo Pichi - Manfroni - Lovatti

in vicolo dei Bovari - Corso Vittorio Emanuele II, n. 154 -  via del Paradiso n. 4, Roma

 

 

Suggestioni storiche, tesori artistici e fasti d’epoche diverse circondano in una sorta d’aurea unicità Palazzo Manfroni Lovatti, a due passi da piazza Navona. L’affascinante passato di questo palazzo riflette le trasformazioni della Roma umbertina, quando l’esigenza di celebrare la nuova capitale dell’Italia unita portò a ridisegnare il centro della città.
L’impianto originale dell’edificio, attribuito a Leon Battista Alberti e da altri a Pietro Rosselli, risale alla fine del ‘400 quando Girolamo Pichi, Maestro delle Strade, fece costruire un sontuoso palazzo nell’isolato compreso tra vicolo dei Bovari, via del Paradiso, via de’ Baullari e via di S. Pantaleo, quasi di fronte alla proprietà dei Massimo. 
Nel ‘600 il palazzo passò ai Manfroni, che lo possedevano ancora nel ‘700; nel secolo successivo fu lasciato alla opera di beneficenza Pia Casa degli orfani di Santa Maria in Aquiro, da cui fu acquistato il 25 gennaio 1862 da Filippo Lovatti, figlio di Matteo Lovatti (1769-1849), e venduto poi alla Banca Romana, dopo circa quindici anni. 
Nel 1881, a causa dei lavori per la costruzione di Corso Vittorio Emanuele II, la facciata principale venne demolita e ricostruita in posizione arretrata a cura dell’ingegnere Ciriaco Baschieri Salvatori nelle forme neorinascimentali che possiamo ammirare: venne così distrutto lo stemma dei Lovatti, posto sopra l'ingresso principale.
Di notevole impatto il grande portale, che si apre su un ingresso di alta rappresentanza. Gradevole, nella sua rigorosità, la simmetria della facciata scandita da finestre centinate e con architrave. L’ingresso è caratterizzato dal soffitto a volta affrescato. L'attico è caratterizzato da un salone doppio, impreziosito dal soffitto a cassettoni e dall’antico camino in pietra. La zona giorno prosegue con la sala da pranzo e l’adiacente e ampia cucina, mentre la zona notte è composta di quattro camere da letto con balconcini che regalano una suggestiva vista sui tetti del centro storico. Tre bagni in marmo pregiato. 
Molto godibile la terrazza sovrastante, collegata all’attico da una scala interna, da cui si ammira un magnifico panorama sul centro storico. La vista spazia dalla magnifica cupola di Sant’Andrea della Valle, in primo piano, alla torre del Quirinale e la cupola del Pantheon, poco più in là. La terrazza, di ben 60 mq, consente di vivere in un vero e proprio salotto all’aperto, favoriti dalla nota mitezza del clima romano.

 

 

La tradizione lo attribuisce a Leon Battista Alberti e questa sarebbe l'unica opera sua in Roma, ma il prof. Tornaletti ha sostenuto in una sua monografia che al tempo della costruzione di questo palazzo l'Alberti era già morto. Però può darsi che fosse costruito posteriormente su suoi disegni.

Coll'apertura del corso Vittorio Emanuele fu demolita la parte posteriore e rifatta in facciata, di fronte al palazzo Massimo, con disegno analogo all'antico, ma con varianti. La parte originale del palazzo è prospiciente allo stretto vicolo dei Bovari; si vedono ancora alcuni pilastri, un basamento d'angolo e una finestra a pianterreno. Sulla fregiata delle finestre ad arco del primo piano, sulla facciata che dà sul vicolo Bovari, è scritto: Hieronimus picus, che indica come il palazzo fosse stato proprietà della celebre famiglia di mercanti Pichi che possedevano diverse case, in Roma. Si vede anche un loro stemma.

 

 

 

 

 

 

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